-
1991-2001 “Nel forno fusorio dell’afflizione” (Isa. 48:10) (Parte 1)Annuario dei Testimoni di Geova del 2014
-
-
1991-2001 “Nel forno fusorio dell’afflizione” (Isa. 48:10) (Parte 1)
La guerra civile
Negli anni ’80 i problemi sociali, politici ed economici innescarono conflitti in tutta l’Africa occidentale. Quando la guerra sconvolse la vicina Liberia, molti si rifugiarono nella Sierra Leone. La filiale dispose che i Testimoni rifugiati fossero ospitati nelle case dei fratelli e nelle Sale del Regno, e che i fratelli locali si prendessero cura di loro.
Sebbene quelli fossero giorni duri, ci furono anche momenti divertenti. Isolde Lorenz, che è missionaria da molti anni, racconta: “Un ragazzino fu mandato da suo padre a riscaldare del cibo sul fornello del giardino dietro la Sala del Regno, all’interno della proprietà della filiale. Quando tornò dal padre, il ragazzino gli disse che quel giorno non avrebbero avuto nulla da mangiare. Il padre gliene chiese la ragione. ‘Perché oggi Geova mi ha salvato dalla bocca del leone!’ esclamò il figlio. Cos’era successo? Mentre tornava indietro portando in mano il piatto con il cibo, si era imbattuto in Lobo, il grosso pastore tedesco della filiale, che era comunque piuttosto innocuo. Si era preso un grosso spavento e aveva steso in avanti le braccia per tenere a distanza il cane. Lobo, naturalmente, aveva considerato quel gesto un invito a servirsi: non si era fatto pregare due volte e aveva vuotato il piatto!”
Il 23 marzo 1991 il conflitto armato in Liberia varcò il confine della Sierra Leone, dando il via a una guerra civile che sarebbe durata 11 anni. Un gruppo di ribelli chiamato Revolutionary United Front (RUF, Fronte unito rivoluzionario) avanzò rapidamente verso Kailahun e Koindu costringendo la maggior parte della popolazione a fuggire in Guinea. Tra i rifugiati c’erano circa 120 fratelli e sorelle. Altri Testimoni rifugiati provenienti dalla Liberia erano giunti nella Sierra Leone prima dell’arrivo dei ribelli.
“Per diversi mesi alla Betel di Freetown arrivarono gruppi di fratelli stravolti, emaciati e affamati”, dice Billie Cowan, all’epoca coordinatore del Comitato di Filiale. “Molti erano stati testimoni oculari di atrocità indescrivibili e per non morire di fame avevano mangiato erbe selvatiche. Subito demmo loro cibo e indumenti, e ci occupammo dei parenti e degli interessati che erano con loro. I fratelli e le sorelle locali aprirono il loro cuore e le loro case ai rifugiati. I Testimoni sfollati si diedero immediatamente da fare nel servizio di campo e aiutarono le congregazioni locali. La maggior parte di loro in seguito si trasferì, ma nel periodo che rimasero con noi ci rafforzarono!”
La Sierra Leone è stata sconvolta da 11 anni di guerra civile
Si trasmettono conforto e speranza
La filiale mandò cibo, farmaci, materiali da costruzione e attrezzi ai Testimoni che si trovavano nei campi profughi nella Guinea meridionale. Gli aiuti comprendevano una grande quantità di indumenti donati dalla Francia. Un padre scrisse: “I miei bambini ballavano, cantavano e lodavano Geova; avevano indumenti nuovi da mettersi per le adunanze!” Alcuni fratelli e sorelle dissero che non si erano mai vestiti così bene come allora!
Ai rifugiati, però, non servivano solo cose materiali. Gesù disse: “L’uomo non deve vivere di solo pane, ma di ogni espressione che esce dalla bocca di Geova” (Matt. 4:4). Perciò la filiale spedì pubblicazioni bibliche nella regione e organizzò assemblee su base regolare. Furono inoltre inviati nella zona pionieri e sorveglianti viaggianti.
Quando si recò a Koundou, in Guinea, André Baart, un sorvegliante di circoscrizione, incontrò un funzionario del campo profughi che lo invitò a pronunciare un discorso biblico ai rifugiati. Una cinquantina di persone ascoltò il discorso dal tema “Rifugiamoci in Geova”, basato sul Salmo 18. Al termine del discorso una donna anziana si alzò e disse: “Lei ci ha reso davvero felici. Avere del riso da mangiare non risolve i nostri problemi; la Bibbia invece ci mostra come nutrire speranza in Dio. La ringraziamo dal profondo del cuore per averci portato conforto e speranza”.
Quando i missionari William e Claudia Slaughter furono inviati a Guékédou, in Guinea, gli oltre 100 rifugiati che componevano la congregazione erano “ferventi nello spirito” (Rom. 12:11). “Molti giovani stavano maturando spiritualmente”, dice William. “Se qualcuno non poteva pronunciare il discorso che gli era stato assegnato alla Scuola di Ministero Teocratico, c’erano dai 10 ai 15 giovani fratelli che si offrivano di sostituirlo. I fratelli partecipavano con zelo alla predicazione in gruppi numerosi. Alcuni di questi giovani volenterosi successivamente diventarono pionieri speciali e sorveglianti viaggianti”.
Lavori di costruzione nel bel mezzo del conflitto
Subito dopo l’inizio della guerra civile i fratelli di Freetown acquistarono una proprietà di 6 ettari al numero 133 di Wilkinson Road, a poche centinaia di metri dalla filiale. “Volevamo costruire una nuova Betel su quel terreno, ma eravamo preoccupati per la guerra”, dice Alfred Gunn. “In quei giorni avevamo in visita Lloyd Barry del Corpo Direttivo e gli facemmo presenti le nostre preoccupazioni. Egli rispose: ‘Se permettiamo alle guerre di fermarci, non realizzeremo mai niente!’ Le sue parole di incitamento ci diedero il coraggio necessario per andare avanti”.
Centinaia di fratelli parteciparono ai lavori, compresi più di 50 volontari provenienti da 12 paesi e molti volenterosi delle congregazioni locali. I lavori iniziarono nel maggio del 1991. “I passanti rimanevano colpiti dalla qualità dei mattoni che venivano prodotti sul posto. La struttura in acciaio era molto diversa dagli edifici locali”, dice Tom Ball, il responsabile dei lavori. “La gente rimaneva ancor più meravigliata vedendo gli stranieri bianchi e i neri del posto lavorare felici e uniti”.
Il 19 aprile 1997 una gioiosa folla internazionale si radunò per la dedicazione della nuova filiale. Il mese successivo, dopo cinque anni di furiosi combattimenti nelle campagne, il RUF attaccò Freetown.
Costruzione della filiale di Freetown; la filiale oggi
La battaglia per Freetown
Migliaia di ribelli con capelli arruffati e raccolti in bandane rosse si riversarono nella città, saccheggiando, stuprando e uccidendo. “La situazione era al massimo della tensione”, ricorda Alfred Gunn. “La maggior parte dei missionari stranieri fu rapidamente fatta sfollare. Gli ultimi ad andarsene furono Billie e Sandra Cowan, Jimmie e Joyce Holland, io e Catherine.
“Pregammo insieme ai beteliti locali che si offrirono di rimanere e corremmo verso il punto di evacuazione. Lungo il tragitto fummo fermati da una ventina di ribelli trasandati e ubriachi. Quando offrimmo loro riviste e denaro, ci fecero passare. Ci dirigemmo insieme a un migliaio di sfollati verso un check-point fortificato, controllato da marine americani ben armati. Lì salimmo a bordo di un elicottero militare e fummo portati via in tutta fretta su una nave militare americana. Un ufficiale della nave in seguito ci disse che quella era stata la più grande operazione di sfollamento di civili compiuta dalla marina americana dai tempi della guerra del Vietnam. Il giorno dopo andammo in elicottero a Conakry, in Guinea, e vi stabilimmo una filiale provvisoria”.
Tra gli sfollati c’erano Alfred e Catherine Gunn
I missionari attendevano con ansia notizie da Freetown. Alla fine ricevettero una lettera che diceva: “In mezzo al caos stiamo ancora distribuendo Notizie del Regno N. 35, ‘Ci sarà mai amore fra tutti gli esseri umani?’ La gente accoglie positivamente il messaggio e perfino alcuni ribelli stanno studiando con noi. Siamo quindi decisi a intensificare l’attività di predicazione”.
Jonathan Mbomah, che serviva come sorvegliante di circoscrizione, ricorda: “Tenemmo addirittura un’assemblea speciale di un giorno a Freetown. Il programma fu così incoraggiante che mi recai a Bo e a Kenema per presentarlo anche in quelle zone. I fratelli in queste città dilaniate dal conflitto ringraziarono Geova per il meraviglioso cibo spirituale.
“Verso la fine del 1997 tenemmo un’assemblea di distretto al National Stadium di Freetown. L’ultimo giorno alcuni ribelli entrarono nello stadio e ci ordinarono di uscire. Li implorammo di lasciarci terminare l’assemblea. Dopo lunghe trattative i ribelli desisterono e se ne andarono. All’assemblea assisterono più di 1.000 persone e i battezzati furono 27. Vari fratelli intrapresero un viaggio pericoloso diretti a Bo e assisterono una seconda volta all’assemblea. Quelle furono assemblee meravigliose, davvero emozionanti!”
-
-
Da bambino-soldato a pioniere regolareAnnuario dei Testimoni di Geova del 2014
-
-
SIERRA LEONE E GUINEA
Da bambino-soldato a pioniere regolare
AVEVO 16 anni quando i ribelli mi costrinsero a unirmi a loro. Mi imbottivano di stupefacenti e alcol, e infatti spesso combattevo sotto l’effetto di qualche droga. Ho partecipato a molti combattimenti e mi sono macchiato di terribili atrocità, cose di cui mi pento profondamente.
Un giorno un Testimone di una certa età che era in predicazione si presentò alle nostre camerate. La maggioranza delle persone ci temeva e ci disprezzava, eppure lui era lì con l’obiettivo di aiutarci spiritualmente. Mi invitò a un’adunanza e io accettai. Non ricordo cosa venne detto, ma ho perfettamente chiara nella mente l’amichevole accoglienza che ricevetti.
Quando il conflitto si intensificò, persi i contatti con i Testimoni. In seguito rimasi gravemente ferito e mi inviarono in una zona controllata dai ribelli dove potermi riprendere. Prima della fine della guerra scappai in una regione sotto il controllo governativo e partecipai a un programma di disarmo e reintegrazione dei combattenti nella società.
Avevo un bisogno disperato di aiuto spirituale. Frequentavo le riunioni dei pentecostali, i quali però mi chiamavano “Satana”. Mi misi così alla ricerca dei Testimoni di Geova e, dopo averli trovati, cominciai a studiare e a frequentare le adunanze. Quando confessai tutto il male che avevo fatto, i fratelli mi lessero le confortanti parole di Gesù: “I sani non hanno bisogno del medico, ma quelli che stanno male sì. [...] Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Matt. 9:12, 13).
Quelle parole mi arrivarono dritte al cuore! Consegnai il mio pugnale al fratello con cui studiavo la Bibbia e gli dissi: “Lo tenevo per proteggermi in caso di ritorsioni, ma ora che ho capito che Geova e Gesù mi amano, non voglio più portarlo”.
I fratelli mi insegnarono a leggere e scrivere. Poi mi battezzai e divenni pioniere regolare. Oggi quando mi capita di predicare a ex commilitoni, spesso mi sento dire che loro mi rispettano per il modo in cui ho ripulito la mia vita. Ho perfino studiato la Bibbia con l’attendente del plotone di cui facevo parte.
Nel periodo che trascorsi da combattente ebbi tre figli. Dopo aver conosciuto la verità volevo aiutare spiritualmente anche loro. Con mia grande gioia due di loro hanno risposto positivamente: uno dei miei figli è un proclamatore non battezzato mentre il maggiore serve oggi come pioniere ausiliario.
-
-
1991-2001 “Nel forno fusorio dell’afflizione” (Isa. 48:10) (Parte 2)Annuario dei Testimoni di Geova del 2014
-
-
1991-2001 “Nel forno fusorio dell’afflizione” (Isa. 48:10) (Parte 2)
La Betel sotto attacco!
Nel febbraio 1998 l’esercito governativo e le truppe dell’ECOMOG, il gruppo di monitoraggio e d’intervento della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale, lanciarono un attacco a oltranza per allontanare i ribelli da Freetown. Purtroppo, durante uno di quei feroci scontri un fratello rimase ucciso, colpito da una scheggia vagante.
Circa 150 proclamatori trovarono riparo nelle case missionarie di Kissy e di Cockerill. Laddie Sandy, uno dei guardiani notturni della Betel, ricorda: “Una volta, a notte fonda, mentre io e Philip Turay eravamo di turno, due uomini armati del RUF si presentarono alla Betel e ci intimarono di aprire la porta di vetro dell’ingresso. Io e Philip fuggimmo per metterci in salvo e loro si misero a sparare ripetutamente alla serratura della porta. Fortunatamente la serratura non cedette e i due non pensarono di sparare al vetro; così, delusi, se ne andarono.
“Due notti dopo i ribelli ritornarono, questa volta insieme a una ventina di compagni risoluti e ben armati. Immediatamente demmo l’allarme a tutta la famiglia Betel e ci precipitammo nel rifugio che era stato preparato precedentemente nel seminterrato. Tutti e sette andammo a nasconderci al buio dietro due grossi barili, tremando di paura. I ribelli irruppero nell’edificio facendo esplodere dei colpi e fondendo così la serratura della porta. ‘Trovate quei testimoni di Geova e tagliategli la gola’, gridò uno di loro. Rimanemmo rannicchiati in silenzio mentre per sette ore misero a soqquadro l’edificio. Alla fine, soddisfatti di quello che avevano fatto, i ribelli andarono via.
“‘Raccogliemmo le nostre cose e ci dirigemmo in tutta fretta alla casa missionaria di Cockerill, la vecchia Betel, che non era molto lontana. Nel cammino fummo derubati da un altro gruppo di ribelli. Quando arrivammo alla casa missionaria eravamo sconvolti dalla paura ma contenti di essere ancora vivi. Rimanemmo lì qualche giorno e poi tornammo alla Betel per risistemare tutto”.
Due mesi dopo, quando le forze dell’ECOMOG avevano preso il controllo della città, i missionari cominciarono a tornare dalla Guinea, ma non sapevano che la loro permanenza sarebbe stata breve.
Operazione No living thing
Otto mesi più tardi, nel dicembre 1998, presso il National Stadium di Freetown, centinaia di delegati stavano assistendo gioiosamente all’assemblea di distretto “Il modo di vivere che piace a Dio”. Improvvisamente sentirono un boato e videro una nube di fumo che si innalzava dalle colline. I ribelli erano tornati.
Nei giorni che seguirono, la situazione a Freetown andò sempre peggiorando. Il Comitato di Filiale prese a noleggio un piccolo aeroplano per trasferire a Conakry 12 missionari, 8 beteliti stranieri e 5 volontari nelle costruzioni. Tre giorni dopo, il 6 gennaio 1999, le truppe dei ribelli lanciarono una spietata campagna omicida: l’operazione No living thing (“nessun essere vivente”). Con una violenza inaudita misero a ferro e fuoco la città massacrando circa 6.000 civili. I ribelli amputarono arti indiscriminatamente, rapirono centinaia di bambini e distrussero migliaia di edifici.
Edward Toby, un fratello amato da tutti, fu ucciso barbaramente. Più di 200 proclamatori traumatizzati furono ospitati alla Betel o nella casa missionaria di Cockerill. Altri si nascosero nelle loro case. I Testimoni che avevano trovato rifugio nella casa missionaria di Kissy, nella periferia orientale di Freetown, avevano un disperato bisogno di cure mediche, ma attraversare la città era estremamente pericoloso. Servivano dei volontari: Laddie Sandy e Philip Turay, i due impavidi guardiani della Betel, si offrirono immediatamente.
“La città era nel caos”, racconta Philip. “I ribelli presidiavano diversi posti di blocco, commettendo soprusi a loro piacimento. C’era poi un rigido coprifuoco, da metà pomeriggio fino a metà mattina del giorno dopo, che limitava i nostri spostamenti. Dopo aver viaggiato per due giorni arrivammo alla casa missionaria di Kissy, solo per scoprire che era stata saccheggiata e data alle fiamme.
“Perlustrando la zona trovammo un fratello, Andrew Caulker, che aveva delle spaventose ferite alla testa. I ribelli lo avevano legato e colpito più volte con un’ascia, ma incredibilmente era sopravvissuto ed era riuscito a fuggire. Lo portammo di corsa in ospedale, dove col tempo si riprese. In seguito Andrew prestò servizio come pioniere regolare”.
(Da sinistra) Laddie Sandy, Andrew Caulker e Philip Turay
Altri Testimoni si salvarono da morte certa o da maltrattamenti a motivo della loro reputazione di cristiani neutrali. Un fratello racconta: “I ribelli ci ordinarono di indossare bandane bianche e di ballare in mezzo alla strada a sostegno della loro causa. ‘Se rifiutate di farlo vi strappiamo un braccio o una gamba, oppure vi ammazziamo’, ci dissero. Terrorizzati, io e mia moglie uscimmo fuori e pregammo Geova in silenzio. Vedendo la situazione, un nostro vicino di casa, un ragazzo che collaborava con i ribelli, disse al comandante: ‘Questo è un nostro “fratello”. Non si immischia in politica, quindi balleremo noi per lui’. Soddisfatto, il comandante se ne andò, e noi corremmo a rifugiarci in casa”.
Quando sulla città scese una calma irreale, i fratelli, prendendo tutte le precauzioni, ricominciarono a tenere le adunanze e a predicare. I proclamatori indossavano i distintivi dell’assemblea per essere facilmente identificati ai posti di blocco. Nelle lunghe file che si formavano i fratelli divennero pratici nell’iniziare conversazioni bibliche.
In città cominciò a scarseggiare tutto, e così la filiale inglese fece arrivare 200 scatole di generi di conforto mediante trasporto aereo. Billie Cowan e Alan Jones volarono da Conakry a Freetown per scortare il carico di viveri che avrebbe dovuto superare una serie di posti di blocco. Il carico arrivò alla Betel appena prima che scattasse il coprifuoco serale. Inoltre James Koroma fece la spola tra Freetown e Conakry, tornando con pubblicazioni e altri beni di prima necessità. Parte di quel cibo spirituale fu poi inviato ad alcuni proclamatori isolati di Bo e Kenema.
Generi di conforto arrivano a Freetown
Il 9 agosto 1999 i missionari cominciarono a ritornare da Conakry a Freetown. L’anno seguente un contingente dell’esercito britannico spinse i ribelli fuori da Freetown. Per un periodo ci furono ancora sporadici combattimenti, ma nel gennaio del 2002 la guerra terminò ufficialmente. Il bilancio degli 11 anni di conflitto fu di 50.000 morti, 20.000 mutilati, 300.000 abitazioni distrutte e 1.200.000 sfollati.
Qual era la situazione dell’organizzazione di Geova? Egli l’aveva chiaramente protetta e benedetta. Durante gli anni del conflitto si erano battezzate circa 700 persone. Sebbene centinaia di Testimoni fossero fuggiti dalle zone di guerra, il numero dei proclamatori nella Sierra Leone era cresciuto del 50 per cento, mentre in Guinea c’era stato un aumento del 300 per cento. Cosa ancor più importante, i servitori di Geova avevano mantenuto la loro integrità. Nel “forno fusorio dell’afflizione” si erano attenuti ai princìpi cristiani, dimostrando un’unità e un amore indissolubili, e ‘avevano continuato senza posa a insegnare e a dichiarare la buona notizia’ (Isa. 48:10; Atti 5:42).
-
-
Siamo sfuggiti ai ribelliAnnuario dei Testimoni di Geova del 2014
-
-
SIERRA LEONE E GUINEA
Siamo sfuggiti ai ribelli
Andrew Baun
NATO 1961
BATTEZZATO 1988
PROFILO Quando nel 1991 scoppiò la guerra era pioniere regolare a Pendembu, nella provincia Orientale della Sierra Leone.
UN POMERIGGIO i ribelli entrarono nella nostra città, sparando colpi in aria per circa due ore. Alcuni di loro erano adolescenti e a malapena riuscivano a portare le armi. Erano sporchi, con i capelli arruffati e sembravano sotto l’effetto di droghe.
L’indomani cominciò la mattanza. Mutilazioni selvagge, donne stuprate ed esecuzioni indiscriminate: la città era nel caos. Il fratello Amara Babawo, la sua famiglia e quattro persone interessate vennero a rifugiarsi in casa mia. Eravamo terrorizzati.
Ben presto un comandante dei ribelli venne da noi e ci ordinò di presentarci la mattina seguente per l’addestramento militare. Noi eravamo determinati a mantenerci neutrali anche a rischio della vita. Pregammo per quasi tutta la notte. Al mattino ci svegliammo presto e considerammo la scrittura del giorno in attesa dei ribelli, ma non venne nessuno.
“Fate la scrittura del giorno. . . quindi siete testimoni di Geova”
Successivamente un ufficiale dei ribelli e quattro suoi uomini mi requisirono la casa. Ci dissero che potevamo rimanere, così continuammo a tenere le adunanze e a fare la considerazione della scrittura del giorno. Alcuni combattenti ci dissero: “Fate la scrittura del giorno. . . quindi siete testimoni di Geova”. Non erano interessati alla Bibbia ma ci rispettavano.
Un giorno un ufficiale superiore venne per un’ispezione alle truppe che erano alloggiate da noi. Fece un saluto al fratello Babawo e gli strinse la mano; poi, rivolgendosi ai soldati tuonò: “Quest’uomo è il mio capo e anche il vostro. Se qualcuno torce un capello a lui o agli altri che sono con lui saranno guai. Sono stato chiaro?” I soldati risposero: “Sissignore!” Quel comandante ci consegnò poi una lettera che ordinava al Fronte unito rivoluzionario di non farci del male perché eravamo cittadini pacifici.
Mesi dopo, alcune fazioni di ribelli presero a combattersi l’una con l’altra e così fuggimmo nella vicina Liberia, dove fummo minacciati da un altro gruppo di ribelli. “Siamo testimoni di Geova”, dicemmo. “Allora cosa dice Giovanni 3:16?”, chiese un soldato. Gli recitammo il versetto e ci lasciò andare.
In seguito ci imbattemmo in un altro comandante dei ribelli che ordinò a me e al fratello Babawo di accompagnarlo. Temevamo di non uscirne vivi; invece l’uomo ci disse che prima della guerra aveva studiato con i Testimoni. Ci diede dei soldi e prese una lettera da noi che consegnò ai fratelli di una congregazione nelle vicinanze. Di lì a poco arrivarono due fratelli con dei viveri e ci portarono in salvo.
-
-
“Quello della Watchtower”Annuario dei Testimoni di Geova del 2014
-
-
SIERRA LEONE E GUINEA
“Quello della Watchtower”
James Koroma
NATO 1966
BATTEZZATO 1990
PROFILO Corriere durante la guerra civile.
NEL 1997, mentre le truppe governative e quelle dei ribelli combattevano a Freetown, mi offrii come volontario per recapitare la corrispondenza da Freetown alla filiale provvisoria di Conakry, in Guinea.
All’autostazione di Freetown salii a bordo di un autobus con altri passeggeri. Gli echi degli spari ci facevano gelare il sangue. Mentre percorrevamo le strade della città, sentimmo sparare intorno a noi raffiche di armi da fuoco. L’autista fece marcia indietro e seguì un altro percorso. Poco dopo fummo fermati da un gruppo di ribelli armati che ci ordinarono di scendere. Dopo averci interrogato, ci lasciarono passare. Successivamente anche un altro gruppo di combattenti ci fermò. Siccome uno dei passeggeri conosceva il loro comandante, anche loro ci lasciarono andare. Quando stavamo per uscire dalla città incontrammo un terzo gruppo di ribelli che ci interrogarono ma poi ci ordinarono di proseguire. Mentre ci dirigevamo verso nord passammo molti altri posti di blocco finché in serata il nostro polveroso autobus arrivò a Conakry.
Nei viaggi successivi portai scatole di pubblicazioni, articoli di cancelleria, documenti della filiale e generi di conforto. Di solito viaggiavo in macchina o in minibus, ma a volte mi servivo anche di facchini o di canoe per trasportare le pubblicazioni nella foresta pluviale e per attraversare i fiumi.
Una volta stavo portando delle attrezzature da Freetown a Conakry quando il minibus fu fermato alla frontiera dai ribelli. Uno di loro volle ispezionare i miei bagagli e cominciò a interrogarmi con fare sospettoso. Proprio in quel momento vidi un mio ex compagno di scuola tra i ribelli. I commilitoni lo chiamavano “il cattivo”, e dava l’impressione di essere il più spietato del gruppo. Dissi all’uomo che mi stava interrogando che ero venuto per parlare con “il cattivo”, e così lo chiamai. Lui mi riconobbe subito e corse verso di me: ci abbracciamo e ridemmo. Poi diventò serio.
“Sei in difficoltà?”, mi chiese.
“Sto cercando di entrare in Guinea”, risposi.
Ordinò prontamente agli uomini armati di permettere che il nostro minibus superasse il posto di blocco senza essere perquisito.
Da quel giorno, quando mi fermavo a quel posto di blocco, “il cattivo” ordinava agli altri di lasciarmi passare. Davo ai combattenti copie delle nostre riviste, cosa che loro gradivano. Ben presto divenni conosciuto come “quello della Watchtower”.
-