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Tolleranza: Da un estremo all’altroSvegliatevi! 1997 | 22 gennaio
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Tolleranza: Da un estremo all’altro
LA BELLEZZA della valle del Kashmir spinse un filosofo del XVI secolo ad esclamare: “Se esiste un paradiso, è qui!” Chiaramente non immaginava cosa sarebbe successo in seguito in quella regione. Lì, negli ultimi cinque anni, il conflitto tra i separatisti e l’esercito indiano ha fatto almeno 20.000 morti. Il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung ora definisce la regione una “valle di lacrime”. La valle del Kashmir insegna una lezione semplice ma preziosa: L’intolleranza può rovinare quello che potrebbe essere un paradiso.
Cosa significa tolleranza? Il Dizionario della lingua italiana di F. Palazzi e G. Folena (Loescher, 1992) la definisce “qualità di chi mostra rispetto per le opinioni diverse dalle sue e accetta che siano professate e praticate”. Che bella qualità! Ci sentiamo sicuramente a nostro agio con chi rispetta le nostre opinioni anche se sono diverse dalle sue.
Dalla tolleranza al fanatismo
L’opposto della tolleranza è l’intolleranza, che ha vari gradi di intensità. Si può iniziare ad essere intolleranti disapprovando, per ristrettezza mentale, la condotta o il modo di fare di qualcun altro. La ristrettezza mentale toglie sapore alla vita e chiude la mente a nuove idee.
Per fare un esempio, una persona molto austera potrebbe disprezzare l’esuberanza e l’entusiasmo di un bambino. Un giovane potrebbe trovare noioso il modo di fare riflessivo di qualcuno più avanti con gli anni. Chiedete a una persona prudente di lavorare spalla a spalla con qualcuno più audace, ed entrambi potrebbero irritarsi. Da cosa nascono il disprezzo, la noia, l’irritazione? Dal fatto che, in ciascun caso, una persona trova difficile tollerare il modo di pensare o di agire dell’altra.
Dove l’intolleranza trova un terreno fertile, dalla ristrettezza mentale si può passare al pregiudizio, che è l’avversione per un gruppo, una razza o una religione. Più intenso del pregiudizio è il fanatismo, che può sfociare in odio violento. Ne risultano sofferenze e spargimento di sangue. Pensate a cosa ha portato l’intolleranza durante le Crociate! Anche oggi, l’intolleranza è una delle cause dei conflitti in Bosnia, in Ruanda e nel Medio Oriente.
Per essere tolleranti bisogna essere equilibrati, e mantenere l’equilibrio non è facile. Siamo come il pendolo di un orologio, che oscilla da una parte all’altra. A volte siamo poco tolleranti, a volte troppo.
Dalla tolleranza all’immoralità
È possibile essere troppo tolleranti? Il senatore americano Dan Coats, in un discorso pronunciato nel 1993, disse che era in corso “una battaglia per stabilire cosa significa e come si esercita la tolleranza”. Cosa intendeva dire? Il senatore deprecava il fatto che in nome della tolleranza alcuni “abbandonano l’idea che esista una verità etica, che esistano il bene e il male, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato”. Costoro ritengono che la società non abbia il diritto di giudicare se un comportamento è giusto o sbagliato.
Nel 1990 l’uomo politico britannico lord Hailsham scrisse che “il nemico peggiore della moralità non è l’ateismo, l’agnosticismo, il materialismo, l’avidità o qualsiasi altra causa accettata. Il vero nemico della moralità è il nichilismo: il non credere, letteralmente, in nulla”. È ovvio che se non crediamo in nulla non abbiamo norme di comportamento, e tutto si può tollerare. Ma è giusto tollerare ogni forma di condotta?
Il preside di una scuola superiore danese pensava di no. Agli inizi degli anni ’70 quest’uomo scrisse un articolo su un quotidiano protestando contro il fatto che sui giornali fossero apparsi annunci pubblicitari di spettacoli pornografici in cui si assisteva a rapporti sessuali tra esseri umani e animali. Questi annunci erano permessi a motivo della “tolleranza” della Danimarca.
È chiaro che nascono problemi non solo quando si è poco tolleranti, ma anche quando lo si è troppo. Perché è difficile evitare di andare agli estremi e mantenere il giusto equilibrio? Vi invitiamo a leggere il prossimo articolo.
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Il giusto equilibrio può addolcire la vitaSvegliatevi! 1997 | 22 gennaio
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Il giusto equilibrio può addolcire la vita
LA TOLLERANZA è come lo zucchero in una tazzina di caffè. Nella giusta dose può addolcire la vita. Ma mentre forse siamo generosi con lo zucchero, spesso con la tolleranza siamo avari. Come mai?
“Gli esseri umani non vogliono essere tolleranti”, ha scritto il prof. Arthur M. Melzer, che insegna all’Università Statale del Michigan. “La reazione naturale è . . . il pregiudizio”. Perciò l’intolleranza non è solo il difetto caratteriale di una minoranza; tutti tendiamo per natura a manifestare ristrettezza mentale perché tutti siamo imperfetti. — Confronta Romani 5:12.
Potenziali impiccioni
Nel 1991 la rivista Time parlò della crescente ristrettezza mentale che si riscontra negli Stati Uniti. L’articolo parlava degli “impiccioni che si intromettono nelle scelte altrui” cercando di imporre a tutti le proprie norme di condotta. È successo che chi non si conformava è stato preso di mira. Ad esempio, a Boston una donna ha perso il lavoro perché non voleva truccarsi. A Los Angeles un uomo è stato licenziato perché era in sovrappeso. Come mai tanto zelo nel pretendere che gli altri si conformino?
Chi ha una mentalità ristretta è irragionevole, egoista, ostinato e dogmatico. Ma non siamo quasi tutti, in qualche misura, irragionevoli, egoisti, ostinati e dogmatici? Se queste caratteristiche mettono radice nella nostra personalità dimostreremo anche noi ristrettezza mentale.
Che dire di voi? Scuotete la testa davanti ai gusti altrui in fatto di cibo? Volete avere sempre l’ultima parola nelle conversazioni? Quando lavorate in un gruppo, vi aspettate che gli altri la pensino come voi? In tal caso, forse sarebbe bene che aggiungeste un po’ di zucchero al vostro caffè!
Tuttavia, come diceva l’articolo precedente, l’intolleranza si può manifestare sotto forma di ostilità e pregiudizio. Un fattore che può intensificare l’intolleranza è l’ansietà.
“Un profondo senso di insicurezza”
Gli etnologi hanno studiato la storia dell’uomo per scoprire quando e dove si è manifestato il pregiudizio razziale. Hanno scoperto che questa forma di intolleranza non emerge sempre, né è evidente in ogni paese nella stessa misura. La rivista tedesca di scienze naturali GEO fa notare che il pregiudizio razziale emerge in periodi di crisi, quando “la gente prova un profondo senso di insicurezza e sente minacciata la propria identità”.
Oggi è diffuso questo “profondo senso di insicurezza”? Sicuramente sì. L’umanità è colpita da una crisi dopo l’altra in misura senza precedenti. Disoccupazione, aumento costante del costo della vita, sovrappopolazione, diminuzione dello strato di ozono, criminalità urbana, inquinamento dell’acqua potabile, riscaldamento globale: ciascuno di questi problemi crea preoccupazione e quindi fa aumentare l’ansietà. Le crisi generano ansietà, e l’indebita ansietà conduce all’intolleranza.
Questa intolleranza viene a galla, ad esempio, dove si mischiano vari gruppi etnici e culturali, come in alcuni paesi europei. Secondo un articolo pubblicato nel 1993 dal National Geographic, i paesi dell’Europa occidentale ospitavano allora oltre 22 milioni di immigrati. Molti europei “si sentivano sommersi dall’afflusso di stranieri” diversi per lingua, cultura o religione. C’è stato un aumento di sentimenti xenofobi in Austria, Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Spagna e Svezia.
Che dire dei leader politici mondiali? Negli anni ’30 e ’40 Hitler elevò l’intolleranza a politica di governo. Triste a dirsi, oggi alcuni leader politici e religiosi fanno leva sull’intolleranza per raggiungere i propri fini. Questo è successo in paesi come Austria, Francia, Irlanda, Ruanda, Russia e Stati Uniti.
Evitate la trappola dell’apatia
Se nel caffè mettiamo poco zucchero sentiamo che manca qualcosa; se ce ne mettiamo troppo diventa stucchevole. La stessa cosa accade con la tolleranza. Prendete il caso di un insegnante universitario statunitense.
Anni fa David R. Carlin jr. escogitò un modo semplice ma efficace per stimolare il dibattito in classe. Faceva un’affermazione studiata apposta per contraddire l’opinione degli studenti, sapendo che questi avrebbero protestato. In questo modo nasceva una discussione animata. Nel 1989, però, Carlin scrisse che questo metodo non funzionava più. Come mai? Gli studenti continuavano a non essere d’accordo con quello che diceva, ma non si prendevano più la briga di controbattere. Secondo Carlin avevano adottato la “facile tolleranza degli scettici”: un atteggiamento di completa indifferenza e menefreghismo.
Menefreghismo equivale a tolleranza? Se a nessuno importa quello che gli altri pensano o fanno, non esiste nessun criterio di giudizio. In altre parole regna l’apatia, il più assoluto disinteresse. Come si può arrivare a questa situazione?
Secondo il prof. Melzer l’apatia si può diffondere in una società che accetta molti modelli di comportamento diversi. La gente finisce per credere che qualsiasi condotta sia accettabile e che ogni cosa sia solo questione di scelte personali. Anziché imparare a pensare e a chiedersi cosa è accettabile e cosa non lo è, la gente “spesso impara a non pensare affatto”. Non ha la forza morale che spinge a opporsi con coraggio all’intolleranza altrui.
Che dire di voi? Vi accorgete a volte di comportarvi con menefreghismo? Ridete quando qualcuno racconta barzellette oscene o razziste? Se avete figli adolescenti, permettete loro di guardare videocassette che promuovono l’avidità o l’immoralità? Siete d’accordo che i vostri figli giochino con videogiochi violenti?
Se una famiglia o una società esagera con la tolleranza, va incontro a guai, poiché nessuno sa (o a nessuno importa) cosa è giusto e cosa è sbagliato. Il senatore americano Dan Coats ha messo in guardia contro “la trappola della tolleranza intesa come apatia”. La tolleranza porta ad essere di mente aperta; la troppa tolleranza (o apatia) ad avere la testa vuota.
Perciò, cosa dovremmo tollerare e cosa dovremmo respingere? Qual è il segreto per raggiungere il giusto equilibrio? Di questo parlerà il prossimo articolo.
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Flessibili, ma decisi ad attenersi alle norme divineSvegliatevi! 1997 | 22 gennaio
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Flessibili, ma decisi ad attenersi alle norme divine
“GLI uomini tolleranti non sono mai stupidi, e gli uomini stupidi non sono mai tolleranti”, dice un proverbio cinese. In questo proverbio c’è molta verità, perché essere tolleranti non è facile, e richiede che ci si attenga a giuste norme di comportamento. Ma a quali norme di comportamento ci dovremmo attenere? Non sarebbe logico seguire le norme stabilite dallo stesso Creatore dell’uomo e contenute nella sua Parola, la Sacra Bibbia? Dio stesso ci dà il miglior esempio attenendosi alle sue norme.
Il Creatore, il nostro massimo Esempio
L’Iddio Onnipotente, Geova, è perfettamente equilibrato per quanto riguarda la tolleranza, non mostrandone né troppa né troppo poca. Per millenni ha tollerato chi ha biasimato il suo nome, corrotto l’umanità e abusato della terra. L’apostolo Paolo scrisse, in Romani 9:22, che Dio “tollerò con molta longanimità vasi d’ira resi adatti alla distruzione”. Perché Dio è stato tollerante così a lungo? Perché la sua tolleranza ha uno scopo.
Dio è paziente con l’umanità “perché non desidera che alcuno sia distrutto ma desidera che tutti pervengano al pentimento”. (2 Pietro 3:9) Il Creatore ha dato all’umanità la Bibbia e ha incaricato i suoi servitori di far conoscere dappertutto le sue norme di condotta. I veri cristiani si attengono a queste norme. Ma significa questo che i servitori di Dio debbano essere sempre rigidi?
Fermi ma flessibili
Gesù Cristo incoraggiò chi desiderava la vita eterna ad ‘entrare per la porta stretta’. Tuttavia entrare per la porta stretta non significa avere ristrettezza mentale. Quando siamo con altri abbiamo la tendenza ad essere autoritari o dogmatici? In tal caso sicuramente sarebbe molto meglio per tutti se reprimessimo questa tendenza. Ma come? — Matteo 7:13; 1 Pietro 4:15.
Theofano, una studentessa greca la quale ha riscontrato che stare in compagnia di persone provenienti da ambienti diversi aiuta a capirle meglio, ha detto: “È essenziale sforzarsi di capire il loro modo di pensare anziché costringerle ad adottare il nostro”. Perciò, conoscendo meglio qualcuno potremmo scoprire che i suoi gusti in fatto di cibo e persino il suo accento non sono così strani come pensavamo. Anziché parlare sempre noi o insistere per avere l’ultima parola, ascoltando il suo punto di vista impariamo molte cose utili. Sì, chi è di mente aperta si gode di più la vita.
Quando si tratta di gusti personali, dovremmo sempre essere flessibili e permettere agli altri di fare le proprie scelte. Quando invece si tratta di ubbidire o meno al nostro Creatore, dovremmo essere fermi. L’Iddio Onnipotente non condona qualsiasi condotta. L’ha dimostrato con il modo in cui si è comportato con i suoi servitori nel passato.
La trappola dell’eccessiva tolleranza
Eli, sommo sacerdote dell’antica nazione d’Israele, fu un servitore di Dio che cadde nella trappola dell’eccessiva tolleranza. Gli israeliti avevano stretto un patto con Dio, accettando di ubbidire alle sue leggi. Ma i due figli di Eli, Ofni e Fineas, erano avidi e immorali, e mancavano sfacciatamente di rispetto all’Onnipotente. Eli, pur conoscendo molto bene la Legge di Dio, si limitò a rimproverare blandamente i figli e fu troppo indulgente nel disciplinarli. Commise l’errore di pensare che Dio avrebbe tollerato la malvagità. Il Creatore fa distinzione tra debolezza e malvagità. Per aver violato volontariamente la Legge di Dio, i malvagi figli di Eli furono puniti con severità, e a ragione. — 1 Samuele 2:12-17, 22-25; 3:11-14; 4:17.
Come sarebbe tragico se fossimo troppo tolleranti in famiglia e chiudessimo un occhio qualora i nostri figli intraprendessero una condotta ostinatamente errata! Quanto è meglio “allevarli nella disciplina e nella norma mentale di Geova”! Questo significa che dobbiamo attenerci noi stessi alle norme divine e inculcarle nei nostri figli. — Efesini 6:4.
Analogamente, la congregazione cristiana non può tollerare la malvagità. Se un suo membro commette un grave errore e non vuole pentirsi, deve essere allontanato. (1 Corinti 5:9-13) Tuttavia, al di fuori della cerchia familiare e della congregazione, i veri cristiani non cercano di cambiare la società nel suo insieme.
Una stretta relazione con Geova
L’intolleranza si sviluppa in un’atmosfera di ansietà. Ma se abbiamo una stretta relazione personale con Dio proviamo un senso di sicurezza che ci aiuta a mantenere il giusto equilibrio. “Il nome di Geova è una forte torre. Il giusto vi corre e gli è data protezione”, si legge in Proverbi 18:10. Di sicuro a noi e ai nostri cari non può capitare nulla di male che il Creatore non rimedierà a suo tempo.
Una persona che trasse grande beneficio dall’avere una stretta relazione con Dio fu l’apostolo Paolo. Da giudeo noto con il nome di Saulo perseguitò i seguaci di Gesù Cristo e si rese colpevole di spargimento di sangue. Tuttavia divenne egli stesso cristiano e in seguito, come apostolo Paolo, si dedicò all’evangelizzazione a tempo pieno. Paolo dimostrò di essere di mente aperta predicando a persone di ogni genere, “ai greci e ai barbari, ai saggi e agli insensati”. — Romani 1:14, 15; Atti 8:1-3.
Come riuscì a cambiare? Acquistando accurata conoscenza delle Scritture e crescendo nell’amore per il Creatore, che è imparziale. Paolo imparò che Dio è equo in quanto giudica ciascun individuo non in base a cultura o razza, ma in base a ciò che l’individuo è e fa. Sì, per Dio le opere sono importanti. Pietro osservò che “Dio non è parziale, ma in ogni nazione l’uomo che lo teme e opera giustizia gli è accetto”. (Atti 10:34, 35) L’Iddio Onnipotente non ha pregiudizi. Sotto questo aspetto si distingue da alcuni leader mondiali, che magari sfruttano deliberatamente l’intolleranza per i propri fini.
Le cose cambieranno
Secondo John Gray, dell’Università di Oxford, in Inghilterra, la tolleranza è “una virtù che ultimamente è in forte ribasso”. Ma le cose cambieranno. Prevarrà la tolleranza temperata dalla sapienza divina.
Nel nuovo mondo di Dio ormai imminente l’intolleranza non ci sarà più. Non ci saranno più nemmeno le sue forme estreme, come pregiudizio e fanatismo. La ristrettezza mentale non priverà più del piacere di vivere. Allora ci sarà un paradiso molto più grande di quello che può mai esserci stato nella valle del Kashmir. — Isaia 65:17, 21-25
Sperate di vivere in questo nuovo mondo? Che privilegio emozionante sarà!
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