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UcrainaAnnuario dei Testimoni di Geova del 2002
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Il decreto di amnistia non significava che i fratelli ricevessero più libertà di predicare. Molti fratelli e sorelle furono liberati, ma poco dopo furono condannati di nuovo a lunghe pene detentive. Per esempio, grazie all’amnistia del marzo 1955 Mariya Tomilko, di Dnepropetrovsk, scontò solo 8 dei 25 anni di prigionia a cui era stata condannata. Tuttavia tre anni dopo fu nuovamente condannata a dieci anni di carcere e a cinque di deportazione. Perché? Nella sentenza si leggeva: “Possedeva e leggeva pubblicazioni e manoscritti di stampo geovista” e “svolgeva un’opera attiva diffondendo il credo geovista tra i vicini”. Fu rilasciata sette anni dopo perché invalida. La sorella Tomilko ha sopportato ogni genere di prove ed è rimasta fedele fino a oggi.
L’amore non viene mai meno
Le autorità ce la mettevano tutta per dividere le famiglie dei testimoni di Geova. Spesso i servizi di sicurezza cercavano di mettere i Testimoni davanti alla scelta: o Dio o la famiglia. Nella maggioranza dei casi, comunque, i servitori di Geova si dimostrarono leali a Geova nonostante le prove più dure.
Hanna Bokoch, della Transcarpazia, il cui marito Nutsu fu arrestato per la sua zelante predicazione, ricorda: “Durante la sua permanenza in prigione mio marito subì tanti oltraggi. Trascorse sei mesi in isolamento, senza un letto e con nient’altro che una sedia. Fu picchiato a sangue e privato del cibo. In pochi mesi dimagrì fino a pesare appena 36 chili, metà del suo peso normale”.
La sua fedele moglie rimase sola con la loro piccola. Le autorità facevano pressione sul fratello Bokoch perché rinnegasse la propria fede e collaborasse con loro. Gli fu chiesto di scegliere tra la famiglia e la morte. Il fratello Bokoch non tradì la sua fede e rimase fedele a Geova e alla sua organizzazione. Trascorse 11 anni in prigione e, dopo il suo rilascio, continuò a svolgere la sua attività cristiana come anziano e poi come sorvegliante di circoscrizione fino alla morte nel 1988. Spesso traeva forza dalle parole di Salmo 91:2: “Certamente dirò a Geova: ‘Sei il mio rifugio e la mia fortezza, il mio Dio in cui di sicuro confiderò’”.
Considerate un altro esempio di grande perseveranza. Yurii Popsha era sorvegliante viaggiante in Transcarpazia. Dieci giorni dopo le nozze fu arrestato. Anziché andare in luna di miele, trascorse dieci anni in prigione in Russia, nella Repubblica dei Mordvini. La sua fedele moglie Mariya andò a trovarlo 14 volte, percorrendo ogni volta circa 1.500 chilometri all’andata e altrettanti al ritorno. Attualmente il fratello Popsha serve come anziano in una congregazione della Transcarpazia, col fedele e amorevole sostegno della cara moglie Mariya.
Un altro esempio di perseveranza in mezzo alle difficoltà è quello dei coniugi Oleksii e Lydia Kurdas, che abitavano nella città di Zaporožje. Furono arrestati nel marzo 1958, 17 giorni dopo la nascita della loro figlia Halyna. Anche altri 14 Testimoni furono arrestati in quella zona. Il fratello Kurdas fu condannato a 25 anni di campi di prigionia e la moglie fu condannata a 10 anni. Furono divisi: Oleksii fu mandato nei campi della Repubblica dei Mordvini e Lydia con la loro bambina in Siberia.
Ecco come la sorella Kurdas descrive il viaggio di tre settimane dall’Ucraina alla Siberia: “Fu terribile. Eravamo io e mia figlia, Nadiya Vyshniak con la sua bambina, nata appena pochi giorni prima in prigione durante l’istruttoria, e altre due sorelle. Fummo messe tutte e sei su un vagone merci, in uno scompartimento destinato al trasporto di soli due prigionieri. Sistemammo le nostre bambine nella cuccetta inferiore e noi per tutto il viaggio stemmo rannicchiate in quella superiore. Vivemmo di pane, aringhe salate e acqua. Le razioni erano solo per quattro prigionieri adulti. Non ricevemmo nulla da mangiare per le bambine.
“Quando arrivammo a destinazione mi misero con la bambina nell’ospedale della prigione. Lì incontrai diverse sorelle e dissi loro che l’agente investigativo aveva minacciato di prendersi la mia bambina e di mandarla in un orfanotrofio. In qualche modo le sorelle riuscirono a informare della mia situazione i fratelli del posto in Siberia. In seguito Tamara Buriak (ora Ravliuk), che aveva 18 anni, venne nell’ospedale del campo a prendere mia figlia Halyna. Era la prima volta che vedevo Tamara. Fu molto doloroso affidare la mia cara bambina a una persona che non avevo mai visto prima, anche se era una mia sorella spirituale. Tuttavia fui confortata quando alcune sorelle che erano nel campo mi parlarono della lealtà della famiglia Buriak. La mia bambina aveva cinque mesi e 18 giorni quando l’affidai alle cure di Tamara, e potei ricongiungermi a lei solo sette anni dopo.
“Nel 1959 fu concessa dall’URSS un’altra amnistia. Si applicava alle donne con figli di età inferiore ai sette anni. Ma le autorità carcerarie mi dissero che dovevo prima rinunciare alla mia fede. Io non acconsentii, e così dovetti rimanere nel campo di prigionia”.
Il fratello Kurdas fu rilasciato nel 1968, quando aveva 43 anni. In tutto aveva scontato 15 anni di prigione per la verità, di cui 8 in un carcere di massima sicurezza. Infine tornò in Ucraina dalla moglie e dalla figlia. La loro famiglia era finalmente riunita. Quando vide il padre, Halyna si sedé sulle sue ginocchia e disse: “Papà, per tanti anni non ho potuto sedermi sulle tue ginocchia, perciò ora voglio ricuperare il tempo perduto!”
In seguito la famiglia Kurdas si trasferì da un posto all’altro perché ogni volta le autorità la espellevano dal luogo in cui abitava. Prima visse nell’Ucraina orientale, poi nella Georgia occidentale e in Ciscaucasia. Infine i Kurdas andarono a vivere ad Harkov, dove sono felici di risiedere tuttora. Adesso Halyna è sposata, e tutti continuano a servire fedelmente il loro Dio Geova.
Un magnifico esempio di fede
A volte difficili prove di fede si protrassero per mesi, anni e anche decenni. Considerate questo esempio. Yurii Kopos era nato e cresciuto in Transcarpazia, non lontano dalla bella città di Hust. Nel 1938, all’età di 25 anni, era diventato testimone di Geova. Nel 1940, durante la seconda guerra mondiale, fu condannato a otto mesi di carcere per aver rifiutato di far parte di una formazione militare ungherese che sosteneva il regime nazista. A quel tempo le leggi locali in Transcarpazia non consentivano di mettere a morte chi era stato imprigionato per motivi religiosi. Pertanto i fratelli venivano mandati al fronte, dove la legge nazista consentiva questo tipo di esecuzioni. Nel 1942 il fratello Kopos, scortato dai militari insieme ad altri prigionieri tra cui 21 altri Testimoni, fu spedito al fronte vicino a Stalingrado, in Russia. Erano stati mandati lì per essere giustiziati. Poco dopo il loro arrivo, però, l’esercito sovietico sferrò un attacco e catturò le truppe tedesche e i fratelli. I Testimoni furono inviati in un campo di prigionia sovietico, dove rimasero fino alla loro liberazione nel 1946.
Il fratello Kopos tornò a casa e prese parte attiva all’opera di predicazione nel suo territorio. Per questa attività nel 1950 le autorità sovietiche lo condannarono a 25 anni di reclusione in un campo di prigionia. Grazie a un’amnistia, comunque, fu rimesso in libertà sei anni dopo.
Dopo il suo rilascio il fratello Kopos, che allora aveva 44 anni, fece i preparativi per sposare Hanna Shyshko. Anche lei era Testimone e aveva appena finito di scontare dieci anni di carcere. Presentarono una domanda per la registrazione del loro matrimonio. La sera prima delle nozze furono arrestati e condannati a dieci anni di detenzione nei campi di prigionia. Comunque sopravvissero a tutte queste difficoltà e il loro amore sopportò ogni cosa, anche dieci lunghi anni in cui dovettero rimandare il loro matrimonio. (1 Cor. 13:7) Infine, dopo la loro liberazione nel 1967, si sposarono.
Ma la loro storia non termina qui. Nel 1973 il fratello Kopos, ormai sessantenne, fu di nuovo arrestato e condannato a cinque anni di detenzione in un campo di prigionia e cinque di deportazione. Fu internato insieme alla moglie Hanna in Siberia, a 5.000 chilometri da Hust, la sua città natale. Non esistevano collegamenti stradali né ferroviari con quella zona, ma soltanto aerei. Nel 1983 il fratello Kopos e sua moglie tornarono a casa, a Hust. Hanna morì nel 1989 e lui continuò a servire fedelmente Geova fino alla morte nel 1997. Complessivamente il fratello Kopos scontò 27 anni in varie prigioni e 5 anni di deportazione, per un totale di 32 anni.
Quest’uomo mite e modesto trascorse quasi un terzo di secolo nelle prigioni e nei campi di lavoro forzato sovietici. Questo straordinario esempio di fede dimostra chiaramente che i nemici non possono infrangere l’integrità dei leali servitori di Dio.
Una scissione temporanea
Il nemico dell’umanità, Satana il Diavolo, usa molti metodi per combattere contro coloro che praticano la vera adorazione. Oltre a procurare maltrattamenti fisici, cerca di alimentare dubbi e seminare discordia tra i fratelli. Questo è particolarmente evidente nella storia dei testimoni di Geova dell’Ucraina.
Durante gli anni ’50 i testimoni di Geova venivano perseguitati senza tregua. Le autorità erano alla perenne ricerca dei luoghi in cui si stampavano le pubblicazioni. I fratelli responsabili venivano continuamente arrestati. Per questo motivo i fratelli che avevano mansioni direttive e di sorveglianza nell’opera venivano sostituiti spesso, a volte anche a distanza di pochi mesi.
Visto che deportazione, detenzione, violenza fisica e tortura non servivano a mettere a tacere i testimoni di Geova, i servizi di sicurezza impiegarono nuove tattiche. Tentarono di provocare una scissione all’interno dell’organizzazione seminando sfiducia e sospetti tra i fratelli.
Verso la metà degli anni ’50 i servizi di sicurezza smisero di eseguire arresti immediati di tutti i fratelli attivi e che avevano responsabilità, e cominciarono invece a spiarli. Questi fratelli venivano regolarmente chiamati a presentarsi negli uffici dei servizi di sicurezza. Veniva detto loro che se avessero collaborato avrebbero ricevuto denaro e avrebbero fatto una bella carriera. Il rifiuto di collaborare avrebbe portato alla detenzione e all’umiliazione. Alcuni che avevano poca fede in Dio scesero a compromessi per paura o avidità. Rimanendo nelle file dell’organizzazione, informavano i servizi di sicurezza delle attività dei testimoni di Geova. Inoltre seguivano ubbidientemente le istruzioni delle autorità facendo apparire fratelli innocenti come traditori agli occhi degli altri fratelli fedeli. Tutto questo alimentò uno spirito di diffidenza tra molti fratelli.
Pavlo Ziatek soffrì molto a motivo di tale diffidenza e dei sospetti infondati. Questo fratello umile e zelante passò molti anni nei campi di prigionia e dedicò l’intera vita al servizio di Geova.
A metà degli anni ’40 il fratello Ziatek era servitore responsabile dell’opera nel paese. Arrestato, trascorse dieci anni in una prigione dell’Ucraina occidentale. Nel 1956 fu liberato e nel 1957 riprese la sua opera come servitore responsabile. Il comitato che soprintendeva all’opera nel paese era composto da otto fratelli oltre al fratello Ziatek: quattro della Siberia e quattro dell’Ucraina. Questi fratelli curavano l’opera di predicazione del Regno in tutta l’Unione Sovietica.
A causa delle enormi distanze e della costante persecuzione, questi fratelli non potevano tenersi bene in comunicazione e avere regolari incontri. Col tempo si diffusero dicerie e pettegolezzi sul conto del fratello Ziatek e di altri membri del comitato. Correva voce che il fratello Ziatek stava collaborando con i servizi di sicurezza, che si era costruito una grande casa con il denaro che si sarebbe dovuto usare per promuovere l’opera di testimonianza e che era stato visto in uniforme militare. Simili storie erano state raccolte in un album e inviate ai sorveglianti di distretto e di circoscrizione in Siberia. Nessuna di queste accuse era vera.
Infine nel marzo 1959 alcuni sorveglianti di circoscrizione della Siberia smisero di inviare i loro rapporti del servizio di campo al comitato che soprintendeva all’opera nel paese. Quelli che si separarono lo fecero senza consultare la sede mondiale. Non seguirono nemmeno la direttiva dei fratelli locali a cui era stata affidata la sorveglianza. Questo causò per alcuni anni una divisione nelle file dei testimoni di Geova dell’URSS.
I fratelli che si erano separati persuasero altri sorveglianti di circoscrizione a sostenerli. Di conseguenza i rapporti mensili del servizio di campo di alcune circoscrizioni venivano inviati ai fratelli che si erano separati anziché al comitato nominato per soprintendere all’opera nel paese. La maggior parte dei fratelli delle congregazioni non sapeva che i loro rapporti del servizio di campo non arrivavano al comitato del paese, per cui l’attività delle congregazioni non ne risentì. Il fratello Ziatek fece diversi viaggi in Siberia, dopo di che molte circoscrizioni ripresero a inviare al comitato del paese i loro rapporti del servizio di campo.
Ritorno all’organizzazione teocratica
Il 1º gennaio 1961, mentre tornava da un viaggio di servizio in Siberia, il fratello Ziatek fu arrestato sul treno. Fu di nuovo condannato a dieci anni di carcere, questa volta da scontare in uno “speciale” campo di prigionia nella Repubblica dei Mordvini, in Russia. Perché questo campo era “speciale”?
Il fatto di scontare le loro pene detentive in campi di prigionia diversi dava ai fratelli la possibilità di predicare ad altri prigionieri, molti dei quali diventavano Testimoni. Questo infastidiva le autorità, che pertanto decisero di riunire in un unico campo i Testimoni più in vista per impedire loro di predicare ad altri. Verso la fine degli anni ’50 oltre 400 fratelli e circa 100 sorelle furono tolti da vari campi di prigionia dell’URSS e riuniti in due campi di prigionia della Repubblica dei Mordvini. Tra i prigionieri c’erano fratelli del comitato che soprintendeva all’opera nel paese, oltre a sorveglianti di circoscrizione e di distretto che si erano separati dal canale di comunicazione impiegato da Geova. Questi ultimi, quando videro che il fratello Ziatek era detenuto con loro, si resero conto che c’erano ben pochi motivi per credere che avesse collaborato con i servizi di sicurezza.
Nel frattempo, in considerazione dell’arresto del fratello Ziatek, si erano già prese disposizioni perché il fratello Ivan Pashkovskyi svolgesse al suo posto l’opera di servitore responsabile. A metà del 1961 il fratello Pashkovskyi incontrò i fratelli responsabili della Polonia e spiegò che nell’URSS c’erano divisioni tra i fratelli. Chiese se Nathan H. Knorr, della sede mondiale di Brooklyn, poteva scrivere una lettera che esprimesse un consenso nei confronti del fratello Ziatek. In seguito, nel 1962, il fratello Pashkovskyi ricevette una copia della lettera inviata ai testimoni di Geova dell’URSS in data 18 maggio 1962. Essa dichiarava: “Le notizie che mi giungono di tanto in tanto rivelano che voi fratelli dell’URSS conservate il forte desiderio di essere fedeli servitori di Geova Dio. Ma alcuni di voi avete avuto problemi nel cercare di mantenere l’unità con i vostri fratelli. Credo che ciò sia dovuto alle scarse possibilità di comunicare e alle false storie fatte circolare da alcuni che si oppongono a Geova Dio. Perciò vi scrivo per farvi sapere che la Società riconosce il fratello Pavlo Ziatek e i fratelli che lavorano con lui come i sorveglianti cristiani responsabili dell’opera nell’URSS. Bisogna respingere sia i compromessi che le idee estremiste. Dobbiamo essere assennati, ragionevoli, flessibili, oltre che fermi nei princìpi di Dio”.
Quella lettera e il fatto che il fratello Ziatek era stato condannato a dieci anni di carcere contribuirono a unire il popolo di Geova nell’URSS. Molti fratelli separati che erano nelle prigioni e nei campi di prigionia cominciarono a ricongiungersi all’organizzazione. Compresero che il fratello Ziatek non aveva tradito l’organizzazione e che la sede mondiale lo sosteneva appieno. Quando scrivevano alla famiglia e agli amici, questi fratelli imprigionati incoraggiavano gli anziani delle rispettive congregazioni a contattare i fratelli rimasti fedeli e a iniziare a fare rapporto del loro servizio di campo. Nel successivo decennio la maggioranza dei fratelli che si erano separati seguirono questi consigli, anche se, come vedremo, era ancora difficile raggiungere l’obiettivo dell’unificazione.
Rimangono leali nei campi di prigionia
La vita nei campi di prigionia era dura. Eppure, grazie alla loro spiritualità, i Testimoni detenuti spesso stavano meglio degli altri prigionieri. Avevano qualche pubblicazione e comunicavano con compagni di fede maturi. Tutto questo favoriva il buon umore e la crescita spirituale. In un campo di prigionia le sorelle erano state così abili nel sotterrare alcune pubblicazioni che nessuno riusciva a trovarle. Una volta un ispettore disse che per sgomberare il territorio da tutti gli “scritti antisovietici” avrebbero dovuto scavare intorno alla prigione fino a due metri di profondità e setacciare il terreno! Le sorelle detenute studiavano le riviste così a fondo che ancora oggi, 50 anni dopo, alcune di loro sono in grado di ripetere a memoria interi brani di quei numeri della Torre di Guardia.
I fratelli e le sorelle rimasero leali a Geova e non tradirono i princìpi biblici, malgrado i tempi difficili. Mariya Hrechyna, che per la sua attività di predicazione trascorse cinque anni nei campi di prigionia, riferisce quanto segue: “Quando ricevemmo La Torre di Guardia contenente l’articolo ‘Siate innocenti rispettando la santità del sangue’, decidemmo che non avremmo mangiato nella sala da pranzo del campo di prigionia quando veniva servita la carne. Spesso la carne che si mangiava in quei campi non era stata debitamente dissanguata. Appena scoprì perché le Testimoni non consumavano certi pranzi, il direttore del carcere decise che ci avrebbe costrette a violare i nostri princìpi. Ordinò che venisse servita carne tutti i giorni, a colazione, a pranzo e a cena. Per due settimane non mangiammo altro che pane. Confidammo pienamente in Geova, consapevoli che vede ogni cosa e sa per quanto tempo riusciamo a resistere. Al termine della seconda settimana di quella ‘dieta’ il direttore cambiò idea e cominciò a darci verdure, latte, e perfino un po’ di burro. Vedemmo che Geova ha veramente cura di noi”.
Aiutati a perseverare
A differenza degli altri prigionieri, i fratelli conservavano una visione serena e molto ottimistica della vita. Questo permetteva loro di sopportare le pene delle prigioni sovietiche.
Il fratello Oleksii Kurdas, che ha trascorso molti anni nelle prigioni, narra: “Quello che mi ha aiutato a perseverare è stato la profonda fede in Geova e nel suo Regno, prendere parte all’attività teocratica nella prigione e pregare regolarmente. Un’altra cosa che mi ha aiutato è stata la convinzione che mi stavo comportando nella maniera gradita a Geova. Inoltre mi tenevo occupato. La noia è uno spauracchio in tutte le prigioni. Può annichilire la persona e causare problemi mentali. Perciò cercavo di tenermi impegnato in faccende teocratiche. Inoltre ordinavo qualsiasi libro di storia, geografia e biologia fosse disponibile nella biblioteca della prigione. Cercavo quelle parti che concordavano con il mio modo di vedere la vita. In tal modo potei rafforzare la mia fede”.
Nel 1962 Serhii Ravliuk trascorse tre mesi in isolamento. Non poteva parlare con nessuno, nemmeno con le guardie carcerarie. Per mantenersi mentalmente sano provò a ricordare tutti i versetti biblici che conosceva. Ne ricordava più di un migliaio e li annotò su pezzetti di carta usando una mina di matita, che teneva nascosta in una fessura del pavimento. Ricordava inoltre più di 100 titoli di articoli della Torre di Guardia che aveva studiato in precedenza. Calcolò la data della Commemorazione per i successivi 20 anni. Tutto questo lo aiutò sia sotto il profilo mentale che spirituale, permettendogli di perseverare. Mantenne viva e forte la sua fede in Geova.
“Servizi” resi dalle guardie carcerarie
Nonostante l’opposizione dei servizi di sicurezza, le nostre pubblicazioni superavano qualsiasi barriera, raggiungendo anche i fratelli in prigione. Le guardie carcerarie lo sapevano, e ogni tanto perquisivano minuziosamente tutte le celle, andando a guardare letteralmente in ogni fessura. Inoltre, nel tentativo di trovare pubblicazioni, le guardie spostavano spesso i detenuti da una cella all’altra. Durante questi spostamenti i detenuti venivano perquisiti attentamente e se si trovavano pubblicazioni venivano sequestrate. Come facevano i fratelli a evitare che le pubblicazioni venissero scoperte?
Di solito le nascondevano nei cuscini, nei materassi, nelle scarpe e sotto i vestiti. In alcuni campi copiavano La Torre di Guardia con una calligrafia minutissima. Quando i detenuti venivano spostati da una cella all’altra, i fratelli a volte avvolgevano nella plastica una copia in miniatura della rivista e la nascondevano sotto la lingua. In tal modo riuscivano a preservare il loro scarso cibo spirituale e continuavano a nutrirsi spiritualmente.
Vasyl Bunha trascorse molti anni in prigione per amore della verità. Insieme al suo compagno di cella Petro Tokar, fece un doppio fondo in una cassetta portattrezzi. Lì nascondevano le copie originali di alcune pubblicazioni che erano state introdotte di nascosto nella prigione. Questi fratelli erano i falegnami della prigione e la cassetta degli attrezzi veniva data loro quando facevano lavori di falegnameria all’interno della prigione. Quando ritiravano la cassetta, toglievano la rivista originale per copiarla. Al termine della giornata di lavoro la rivista veniva rimessa nella cassetta. Il direttore del carcere teneva la cassetta chiusa con tre serrature dietro due porte chiuse a chiave, perché seghe, scalpelli e altri arnesi da falegname potevano essere usati dai detenuti come armi. Di conseguenza le guardie, quando frugavano alla ricerca delle pubblicazioni bibliche, non pensavano a controllare la cassetta chiusa a chiave, che si trovava tra le cose personali del direttore della prigione.
Il fratello Bunha trovò un altro posto in cui nascondere le copie originali delle pubblicazioni. Siccome ci vedeva poco, possedeva diverse paia di occhiali. Ogni detenuto poteva tenerne un solo paio alla volta. Gli altri occhiali dovevano essere conservati in un particolare posto e i detenuti potevano farne richiesta se necessario. Il fratello Bunha fece speciali custodie per i suoi occhiali e vi mise dentro le copie originali in miniatura delle pubblicazioni. Quando i fratelli avevano bisogno di duplicare le riviste, bastava che il fratello Bunha chiedesse alle guardie carcerarie di portargli un altro paio di occhiali.
In certi casi era evidente che solo gli angeli potevano proteggere le pubblicazioni dalle mani delle guardie carcerarie. Il fratello Bunha ricorda la volta in cui Cheslav Kazlauskas portò nella prigione 20 pezzi di sapone. Metà d’essi erano stati imbottiti di nostre pubblicazioni. Dopo avere scelto dieci pezzi, la guardia carceraria li forò, ma nessuno di essi conteneva le pubblicazioni.
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UcrainaAnnuario dei Testimoni di Geova del 2002
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[Riquadro a pagina 192]
Rapporto di un sorvegliante di circoscrizione, 1958
“Per capire almeno in parte quanto sia difficile per i fratelli, basti sapere che praticamente ogni fratello è spiato da una decina di membri di un’organizzazione giovanile comunista. A ciò si aggiungano vicini traditori, falsi fratelli, un gran numero di poliziotti, condanne anche a 25 anni di detenzione in campi o prigioni, deportazione in Siberia, lavori forzati a vita e detenzione, a volte lunghi periodi di detenzione in celle buie: tutto questo può accadere a una persona che dice qualche parola intorno al Regno di Dio.
“Eppure i proclamatori sono intrepidi. Hanno uno sconfinato amore per Geova e un atteggiamento simile a quello degli angeli, e non pensano affatto di smettere di combattere. Sanno che l’opera è di Geova e che deve proseguire fino al vittorioso finale. I fratelli sanno a favore di chi mantengono l’integrità. Soffrire per Geova è una gioia per loro”.
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