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Il giorno in cui sono crollate le torri gemelleSvegliatevi! 2002 | 8 gennaio
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Il giorno in cui sono crollate le torri gemelle
QUELLO che è accaduto l’11 settembre 2001 a New York, a Washington e in Pennsylvania rimarrà impresso indelebilmente nella mente di milioni, se non di miliardi, di persone in tutto il mondo. Dove vi trovavate quando avete sentito la notizia o avete visto le prime immagini dell’attacco al World Trade Center di New York e al Pentagono di Washington?
L’incredibile rapidità con cui sono andati distrutti così tanti beni e, cosa di gran lunga più drammatica, così tante vite umane ha dato a tutti motivo di riflettere.
Cosa ci ha insegnato quella tragedia circa la nostra scala di valori e le nostre scelte di vita? In che modo ha fatto emergere alcune delle più nobili qualità umane, come abnegazione, compassione, tenacia e altruismo? Questo articolo e il successivo cercheranno di rispondere a quest’ultima domanda.
I racconti dei sopravvissuti
Subito dopo il disastro la metropolitana di New York si fermò, ed enormi folle evacuarono la parte sud di Manhattan a piedi; molti lo fecero attraversando i ponti di Brooklyn e di Manhattan. Da lì si vedevano chiaramente gli edifici amministrativi e lo stabilimento tipografico della sede mondiale dei testimoni di Geova. Alcuni degli scampati al disastro ben presto si diressero lì.
Tra i primi ad arrivare ci fu Alisha (a destra), la figlia di una Testimone. Era tutta coperta di polvere e cenere.a Ha raccontato: “Mi trovavo sulla metropolitana e stavo andando al lavoro quando notai del fumo che veniva dal World Trade Center. Quando arrivai sul luogo del disastro per terra c’erano dappertutto vetri rotti, e avvertivo un forte calore. La gente correva in ogni direzione, mentre la polizia cercava di evacuare la zona. Sembrava un teatro di guerra.
“Mi rifugiai di corsa in un vicino edificio. Poi, quando il secondo aeroplano colpì la torre sud, udii l’esplosione. Era una scena indescrivibile: dappertutto c’era fumo nero. Ci dissero di allontanarci dalla zona di pericolo. Fui imbarcata su un traghetto diretto a Brooklyn, dall’altro lato dell’East River. Arrivata sull’altra sponda del fiume alzai lo sguardo e vidi una grande insegna: ‘WATCHTOWER’. La sede della religione di mia madre! Mi diressi immediatamente verso l’edificio che ospita gli uffici. Sapevo che non potevo essere in mani migliori. Potei ripulirmi e chiamare i miei genitori”.
Wendell (a destra) faceva il portiere al Marriott Hotel situato fra le due torri. Ha raccontato: “Ero in servizio nell’atrio quando ci fu la prima esplosione. Dappertutto cadevano detriti. Guardai dall’altra parte della strada, e vidi a terra un uomo avvolto dalle fiamme. Mi strappai via la giacca e la camicia e corsi da lui per cercare di estinguere le fiamme. Un altro passante si unì a me. Le fiamme consumarono tutti gli indumenti di quest’uomo all’infuori dei calzini e delle scarpe. Poi arrivarono i pompieri e lo portarono a un pronto soccorso.
“Poco dopo Bryant Gumbel, della rete televisiva CBS, telefonò per avere una testimonianza su quello che stava accadendo. La mia famiglia, nelle Isole Vergini, sentì l’intervista in televisione e in questo modo seppe che ero vivo”.
Donald, un robusto impiegato del World Financial Center alto quasi due metri, si trovava al 31º piano del suo grattacielo, proprio di fronte alle torri gemelle e al Marriott Hotel. Ha detto: “Ciò che vidi mi lasciò impietrito e inorridito. C’era gente che cadeva e si buttava giù dalle finestre della torre nord. Mi prese il panico e corsi fuori dall’edificio più in fretta che potei”.
Un’altra esperienza è quella di una madre sulla sessantina e delle sue due figlie sulla quarantina. Ruth e sua sorella Joni alloggiavano insieme alla madre Janice in un albergo vicino alle torri gemelle. Ruth, che è infermiera, spiega cosa accadde: “Ero sotto la doccia quando d’un tratto mia madre e mia sorella mi gridarono di uscire subito dalla doccia. Eravamo al 16º piano e dalla finestra si vedevano cadere dei detriti. Mia madre vide il corpo di un uomo volare sopra il tetto di un edificio vicino come se fosse stato catapultato da qualche forza misteriosa.
“Mi vestii in fretta e furia e imboccammo le scale. C’era molta gente che gridava. Uscimmo in strada, dove udimmo delle esplosioni e vedemmo delle fiammate. Ci fu ordinato di andare subito verso Battery Park, dove c’è il traghetto per Staten Island. Per strada perdemmo di vista mamma, che soffre di asma. Come sarebbe sopravvissuta in mezzo a tutto quel fumo, quella cenere e quella polvere? La cercammo inutilmente per circa mezz’ora. Sulle prime, però, non ci preoccupammo troppo perché è una donna molto in gamba e dotata di presenza di spirito.
“Alla fine ci dissero di dirigerci verso il ponte di Brooklyn e di attraversarlo. Potete immaginare quale sollievo fu per noi arrivare a Brooklyn, dall’altro lato del ponte, e vedere l’enorme insegna ‘WATCHTOWER’! Sapevamo di essere al sicuro.
“Ci accolsero e ci diedero una stanza. Ci diedero anche dei vestiti, perché non avevamo nulla. Ma dov’era mamma? Passammo tutta la notte tentando invano di rintracciarla nei vari ospedali. Verso le undici e mezza del mattino seguente ricevemmo un messaggio. Mamma era giù all’ingresso! Cosa le era successo?”
Janice, la madre, continua il racconto: “Quando ci precipitammo fuori dall’albergo ero in pensiero per una mia amica anziana che non era riuscita a uscire insieme a noi. Volevo tornare indietro e portarla fuori di persona. Ma era troppo pericoloso. Nella confusione generale persi di vista le mie figlie. Comunque ero abbastanza tranquilla, perché sono giudiziose e Ruth è infermiera.
“Dovunque guardassi c’erano persone che avevano bisogno di aiuto, soprattutto bambini e neonati. Aiutai tutti quelli che potei. Mi recai nella zona in cui le vittime venivano smistate e assistite in base alla gravità delle loro condizioni. Diedi una mano a lavare le mani e il viso ai poliziotti e ai vigili del fuoco, incrostati di fuliggine e polvere. Rimasi lì fino alle tre di notte. Poi presi l’ultimo traghetto per Staten Island. Pensavo che forse le mie figlie avevano trovato rifugio lì, ma non riuscii a trovarle.
“La mattina provai a salire sul primo traghetto per Manhattan, ma non potei perché non facevo parte delle squadre di emergenza. Poi vidi uno dei poliziotti che avevo aiutato. Gridai: ‘John! Devo tornare a Manhattan’. Mi rispose: ‘OK, vieni con me’.
“Giunta a Manhattan mi diressi di nuovo verso il Marriott Hotel. Forse potevo ancora fare qualcosa per la mia amica anziana. Macché! L’albergo era semidistrutto. Tutte le strade erano deserte: non c’era segno di vita. C’erano solo poliziotti e vigili del fuoco sfiniti, con l’angoscia dipinta sul volto.
“Mi diressi verso il ponte di Brooklyn. Quando l’ebbi quasi attraversato vidi un’insegna familiare: ‘WATCHTOWER’. Forse le mie figlie erano lì! E difatti scesero subito all’ingresso a salutarmi. Quanti abbracci e quante lacrime!
“La cosa straordinaria era che non avevo avuto un solo attacco di asma, nonostante tutto il fumo, la polvere e la cenere. Continuavo a pregare, perché volevo rendermi utile, non essere di peso”.
“Non poteva atterrare da nessuna parte!”
Rachel, una ragazza poco più che ventenne, ha raccontato a Svegliatevi!: “Stavo camminando su un marciapiede nella parte sud di Manhattan quando udii sopra di me il rombo di un aereo. Era talmente forte che alzai lo sguardo. Non credevo ai miei occhi: c’era questo enorme aereo di linea che era chiaramente in fase di discesa. Mi chiesi come mai volasse così basso e così veloce. Non poteva atterrare da nessuna parte! Forse il pilota aveva perso il controllo. Poi sentii una donna urlare: ‘Quell’aereo si è appena schiantato contro il grattacielo!’ Dalla torre nord uscì un’enorme palla di fuoco. Nella torre c’era un gigantesco squarcio nero.
“Fu la scena più orribile a cui abbia mai assistito. Non sembrava reale. Rimasi lì impalata, a bocca aperta. Dopo non molto un altro aereo colpì la seconda torre, e alla fine entrambe le torri crollarono. Ebbi una crisi isterica. Era troppo per me”.
“Alla peggio mi metterò a nuotare”
Denise, una ragazza di 16 anni, era appena arrivata a scuola, un edificio di fianco alla borsa valori, tre isolati più a sud del World Trade Center. “Erano appena passate le nove. Sapevo che era successo qualcosa, ma non sapevo cosa. Mi trovavo all’11º piano della scuola, e c’era lezione di storia. Tutti gli studenti sembravano sotto shock. La professoressa voleva che facessimo ugualmente un compito, ma noi volevamo uscire e tornarcene a casa.
“Poi l’edificio tremò: era il secondo aereo che si era schiantato contro la torre sud. Noi, però, non sapevamo cosa fosse successo. All’improvviso udii dal walkie-talkie della professoressa: ‘Due aerei hanno colpito le torri gemelle!’ Pensai subito: ‘Non è logico restarcene qui. Questo è un attacco terroristico, e il prossimo obiettivo sarà la borsa valori’. Così uscimmo dall’aula.
“Corremmo fino a Battery Park. Mi guardai in giro per capire cosa stesse succedendo. Vidi che la torre sud stava per crollare. Allora pensai che ci sarebbe stato un effetto domino, e che sarebbero crollati tutti i grattacieli. Respiravo con grande difficoltà: avevo il naso e la gola pieni di cenere e polvere. Corsi verso l’East River, pensando: ‘Alla peggio mi metterò a nuotare’. Mentre scappavo pregai Geova e gli chiesi di salvarmi.
“Alla fine mi misero su un traghetto che andava nel New Jersey. Mia madre ci mise più di cinque ore a rintracciarmi, ma almeno ero salva!”
“Che sia questo il mio ultimo giorno?”
Joshua, un ventottenne di Princeton, nel New Jersey, teneva una lezione al 40º piano della torre nord. Ricorda: “All’improvviso ci fu come l’esplosione di una bomba. L’edificio cominciò a tremare, e allora pensai: ‘No, dev’essere stato un terremoto’. Guardai fuori, e vidi una scena incredibile: tutto intorno all’edificio c’era fumo e volavano detriti. Dissi alla classe: ‘Piantate tutto e andiamocene via!’
“Imboccammo le scale, che si stavano riempiendo di fumo, mentre gli impianti antincendio spruzzavano acqua nebulizzata. Tuttavia non c’era panico. Continuai a pregare che avessimo scelto la scala giusta così da non trovarci la strada sbarrata dalle fiamme.
“Mentre correvo giù per le scale pensai: ‘Che sia questo il mio ultimo giorno?’ Continuai a pregare Geova, e provai uno strano senso di pace. Non avevo mai provato una simile pace interiore. Non dimenticherò mai quel momento.
“Quando infine uscimmo all’aperto, la polizia faceva defluire la gente. Alzai lo sguardo e vidi che entrambe le torri erano state sventrate. Era una scena surreale.
“Poi udii un qualcosa di sinistro: un silenzio irreale, come se migliaia di persone trattenessero il fiato. Sembrava che per un attimo New York si fosse paralizzata. Poi il silenzio fu rotto dalle grida. La torre sud si stava afflosciando su se stessa! Un’immensa nube di fumo, cenere e polvere stava avanzando minacciosa verso di noi. Sembravano gli effetti speciali di un film, ma era tutto vero. Quando la nube ci raggiunse non riuscivamo quasi a respirare.
“Riuscii a raggiungere il ponte di Manhattan, e a quel punto mi girai e vidi crollare la torre nord, con l’enorme antenna TV. Mentre attraversavo il ponte continuai a pregare di riuscire a raggiungere la Betel, la sede mondiale dei testimoni di Geova. In tutta la mia vita non sono mai stato così felice di vedere quegli edifici. E lì, sulla facciata dello stabilimento tipografico, campeggiava la grande scritta che migliaia di persone vedono ogni giorno: ‘Leggete ogni giorno la Parola di Dio, la Sacra Bibbia’! Pensai: ‘Ci sono quasi. Devo tenere duro’.
“Quando ci ripenso, questa esperienza mi ha fatto capire quanto è importante avere la giusta scala di valori: mettere al primo posto nella vita le cose veramente importanti”.
“Ho visto gente buttarsi dalla torre”
Jessica, una ragazza di 22 anni, era appena uscita da una stazione della metropolitana nella parte sud di Manhattan. “Alzai lo sguardo e vidi cadere cenere, detriti e pezzi di metallo di ogni genere. C’era gente che faceva la fila per usare i telefoni pubblici e diventava sempre più isterica a motivo dei ritardi. Pregai per rimanere calma. Poi ci fu un’altra esplosione. Dal cielo piovevano vetri e rottami metallici. Udii gridare: ‘È stato un altro aereo!’
“Guardai in alto, e vidi una scena orribile: c’era gente che si buttava dai piani più alti della torre, da cui fuoriuscivano fumo e fiamme. Ho ancora davanti agli occhi la scena: c’era un uomo insieme a una donna. Per un po’ rimasero aggrappati a una finestra. Poi dovettero mollare la presa e fecero un lungo, lunghissimo tuffo nel vuoto. Fu una cosa straziante.
“Alla fine raggiunsi il ponte di Brooklyn e lo attraversai di corsa dopo essermi tolta le scarpe scomode, raggiungendo l’altra sponda del fiume, dalla parte di Brooklyn. Entrai nell’edificio degli uffici della Watchtower, dove mi aiutarono immediatamente a calmarmi.
“Quella sera, a casa, lessi in Svegliatevi! del 22 agosto 2001 gli articoli sul tema ‘Come affrontare lo stress postraumatico’. Quanto avevo bisogno di quelle informazioni!”
Le enormi proporzioni del disastro spinsero le persone a rendersi utili in tutti i modi possibili. L’articolo che segue spiega questo aspetto.
[Nota in calce]
a Svegliatevi! ha intervistato molti più superstiti di quanti si possano citare in questo breve resoconto. La loro collaborazione è stata preziosa per redigere e documentare questi articoli.
[Diagramma/Immagini alle pagine 8 e 9]
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
DISTRUTTI
1 TORRE NORD 1 World Trade Center
2 TORRE SUD 2 World Trade Center
3 MARRIOTT HOTEL 3 World Trade Center
7 7 WORLD TRADE CENTER
GRAVEMENTE LESIONATI
4 4 WORLD TRADE CENTER
5 5 WORLD TRADE CENTER
L ONE LIBERTY PLAZA
D DEUTSCHE BANK 130 Liberty St.
6 U.S. CUSTOMS HOUSE 6 World Trade Center
N S PASSAGGI PEDONALI SOPRAELEVATI NORD E SUD
PARZIALMENTE LESIONATI
2F 2 WORLD FINANCIAL CENTER
3F 3 WORLD FINANCIAL CENTER
W WINTER GARDEN
[Fonte]
Dati aggiornati al 4 ottobre 2001 Pianta 3D della parte sud di Manhattan: Urban Data Solutions, Inc.
[Immagini]
In alto: La torre sud crollò per prima
Sopra: Alcuni corsero a rifugiarsi negli edifici della Watchtower
A destra: Centinaia di vigili del fuoco e soccorritori lavorarono instancabilmente presso il “Ground Zero”
[Fonti]
AP Photo/Jerry Torrens
Andrea Booher/FEMA News Photo
[Fonte dell’immagine a pagina 3]
AP Photo/Marty Lederhandler
[Fonte dell’immagine a pagina 4]
AP Photo/Suzanne Plunkett
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Sostegno e solidarietà da molte partiSvegliatevi! 2002 | 8 gennaio
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Sostegno e solidarietà da molte parti
ARRIVARONO volontari sia da altre parti degli Stati Uniti che da altri paesi. Uno di essi era Tom (foto in alto), un vigile del fuoco di 29 anni proveniente da Ottawa, in Canada. Tom ha raccontato a Svegliatevi!: “Vidi in TV quello che stava succedendo e volevo dare un sostegno morale ai miei compagni vigili del fuoco di New York. Venerdì guidai fino a New York e sabato mi recai al ‘Ground Zero’ per offrire il mio aiuto. Fui messo nella cosiddetta ‘squadra dei secchi’, a rimuovere i detriti un secchio alla volta.
“Pian piano setacciavamo le macerie, una palata alla volta, alla ricerca di oggetti che potessero far risalire all’identità dei pompieri deceduti. Trovai uno di quegli attrezzi che abbiamo noi vigili del fuoco per forzare le porte, nonché i raccordi di una manichetta antincendio. Il lavoro era sfibrante. Eravamo una cinquantina di volontari, e ci mettemmo due ore per riempire un autocarro.
“Lunedì 17 settembre estraemmo i corpi di alcuni vigili del fuoco che si erano precipitati nell’edificio il martedì precedente. Non dimenticherò mai la scena: tutti i soccorritori si fermarono, si tolsero caschi ed elmetti, e rimasero fermi in piedi, in segno di rispetto per i nostri colleghi caduti.
“Mentre assistevo a questa scena sul ‘Ground Zero’ non potei fare a meno di pensare quanto sia effimera oggi la vita. Questo mi fece riflettere sulla mia vita, sul mio lavoro e sulla mia famiglia. Nonostante i rischi, il mio lavoro è molto soddisfacente, in quanto mi permette di aiutare altri e anche di salvare vite umane”.
I Testimoni offrono aiuto pratico
Nei primi due giorni del disastro una settantina di persone trovarono rifugio presso la sede mondiale dei testimoni di Geova. Alcuni che avevano perso la camera d’albergo e il bagaglio ricevettero alloggio e indumenti di ricambio. Fu dato loro da mangiare. Ciò che più conta, ricevettero sostegno emotivo da parte di anziani cristiani con molta esperienza.
I testimoni di Geova, inoltre, inviarono attrezzi e provviste alle squadre di soccorso che lavoravano nella zona del disastro, ribattezzata “Ground Zero”. Misero inoltre a disposizione dei vigili del fuoco alcuni mezzi per trasportare i loro uomini sul luogo delle operazioni di soccorso. Ricardo (a destra, in alto), un Testimone di 39 anni che fa lo spazzino, è tra le centinaia di persone che hanno partecipato allo sgombero delle macerie, rimuovendo giorno dopo giorno tonnellate di detriti. Ha detto a Svegliatevi!: “Le scene che si offrivano alla vista erano angoscianti, soprattutto per i vigili del fuoco, che cercavano i loro colleghi dispersi. Li ho visti tirar fuori un vigile del fuoco ancora vivo. Un altro aveva perso la vita quando gli era piombato addosso il corpo di una persona. Molti vigili del fuoco piangevano. A un certo punto anch’io scoppiai a piangere. Quel giorno nessuno ha mostrato più coraggio di questi uomini”.
“Il tempo e l’avvenimento imprevisto”
In quella tragedia hanno perso la vita migliaia di persone. Tra queste vi sono almeno 14 Testimoni, che si trovavano sul luogo del disastro o nelle vicinanze. Joyce Cummings, una sessantacinquenne originaria di Trinidad, aveva appuntamento da un dentista vicino al World Trade Center. Purtroppo l’orario coincise con quello del disastro. A quanto pare Joyce rimase intossicata dal fumo e fu subito trasportata in un vicino ospedale. A nulla valsero gli sforzi dei medici per salvarla. Come lei, molti altri sono stati vittime ‘del tempo e dell’avvenimento imprevisto’. (Ecclesiaste 9:11) Joyce era conosciuta come un’evangelizzatrice molto zelante.
Calvin Dawson (vedi il riquadro) lavorava in un’agenzia di mediazione finanziaria all’84º piano della torre sud. Dal suo ufficio si vedeva chiaramente la torre nord appena colpita da un aereo. Il suo principale, che era fuori, gli telefonò per chiedergli cosa fosse successo. Il principale racconta: “Calvin cercava di spiegarmi quello che vedeva. Disse: ‘C’è della gente che si butta!’ Gli dissi di uscire dall’ufficio e di far uscire anche gli altri”. Calvin non ce la fece ad uscire. Il suo principale aggiunge: “Calvin era un uomo eccezionale che tutti apprezzavamo, anche quelli fra noi che non sono religiosi. Ammiravamo la sua devozione e la sua umanità”.
Un altro Testimone tra le vittime è James Amato (in basso a destra nella pagina a fianco), padre di quattro figli e capitano dei vigili del fuoco di New York. Chi lo conosceva dice che era talmente coraggioso che “era capace di salire in un edificio in fiamme mentre tutti scappavano”. James è stato promosso in absentia al grado di capo battaglione del corpo dei vigili del fuoco.
Un altro vigile del fuoco Testimone, con sette anni di esperienza alle spalle, era George DiPasquale. Lascia la moglie Melissa e una bambina di due anni, Georgia Rose. George era anziano in una congregazione dei testimoni di Geova di Staten Island. Si trovava al decimo piano della torre sud al momento del crollo. Anche lui perse la vita mentre tentava di salvare altri.
Questi sono solo due delle centinaia di vigili del fuoco, poliziotti e soccorritori che hanno perso la vita mentre cercavano valorosamente di salvare altri. Non si sottolineerà mai abbastanza il coraggio di questi soccorritori. Il sindaco di New York, Rudolph Giuliani, dopo il disastro ha detto a un gruppo di vigili del fuoco che avevano ricevuto una promozione: “La vostra determinazione ad avanzare impavidi nelle situazioni più difficili è un esempio ispiratore per tutti noi. . . . E nessuno . . . ha dimostrato più coraggio del Corpo dei Vigili del Fuoco di New York”.
Un ministero di conforto
Nei giorni successivi alla tragedia, circa 900.000 testimoni di Geova negli Stati Uniti hanno compiuto uno speciale sforzo a livello nazionale per offrire conforto a chi faceva cordoglio. L’amore per il prossimo li ha spinti a confortare chi era in lutto. (Matteo 22:39) Nel loro ministero hanno cercato anche di additare la sola vera speranza per l’afflitta umanità. — 2 Pietro 3:13.
I Testimoni hanno avvicinato le persone mossi da sincera compassione. Il loro scopo era offrire conforto con le Scritture e imitare l’esempio ristoratore di Cristo, che disse: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, poiché io sono d’indole mite e modesto di cuore, e troverete ristoro per le anime vostre. Poiché il mio giogo è piacevole e il mio carico è leggero”. — Matteo 11:28-30.
Gruppi di anziani delle congregazioni dei testimoni di Geova di Manhattan ottennero il permesso di recarsi nella zona del “Ground Zero” per parlare con i soccorritori e confortarli. La reazione è stata molto favorevole. Questi ministri hanno detto: “Gli uomini avevano le lacrime agli occhi mentre leggevamo loro versetti” della Bibbia. In un’imbarcazione c’erano dei soccorritori che stavano ricuperando le forze. “Gli uomini avevano un’aria sconsolata e stavano a testa bassa, sopraffatti da quello che avevano visto. Ci sedemmo insieme a loro e leggemmo alcuni versetti dalla Bibbia. Ci ringraziarono molto di essere venuti, e dissero che avevano proprio bisogno di quel conforto”.
Molti di quelli che sono stati contattati dopo la tragedia hanno chiesto qualcosa da leggere, e sono stati distribuiti gratuitamente migliaia di opuscoli, tra cui quelli intitolati Quando muore una persona cara, Ci sarà mai un mondo senza guerre? e Dio si interessa davvero di noi? Inoltre è stata richiamata l’attenzione sugli articoli di copertina di due numeri di Svegliatevi! in particolare: “Il nuovo volto del terrorismo” (22 maggio 2001) e “Come affrontare lo stress postraumatico” (22 agosto 2001). In molti casi i Testimoni hanno parlato della speranza biblica della risurrezione. (Giovanni 5:28, 29; Atti 24:15) Questo messaggio di conforto è stato portato probabilmente a milioni di persone.
Dovremmo riflettere
Tragedie come quella di New York dovrebbero spingere tutti noi a riflettere su come stiamo impiegando la nostra vita. Stiamo vivendo solo per perseguire obiettivi egoistici oppure cerchiamo di contribuire alla felicità altrui? Il profeta Michea chiese: “Che cosa richiede da te Geova, se non di esercitare la giustizia e di amare la benignità e di essere modesto nel camminare col tuo Dio?” (Michea 6:8) La modestia ci dovrebbe spingere a rivolgerci alla Parola di Dio per capire qual è la vera speranza per i morti e per scoprire cosa farà Dio fra breve per riportare condizioni paradisiache sulla terra. Se desiderate saperne di più sulle promesse della Bibbia, vi esortiamo a mettervi in contatto con i testimoni di Geova della vostra zona. — Isaia 65:17, 21-25; Rivelazione (Apocalisse) 21:1-4.
[Riquadro/Immagini a pagina 11]
LA PREGHIERA DI TATIANA
La vedova di Calvin Dawson, Lena, ha raccontato a Svegliatevi! la preghiera che sua figlia Tatiana, che ha sette anni, pronunciò pochi giorni dopo aver saputo che il papà non sarebbe tornato a casa. Dopo che Lena ebbe pronunciato una preghiera, Tatiana chiese: “Mamma, posso dire anch’io una preghiera?” La madre acconsentì e lei disse: “Geova, nostro Padre celeste, ti ringraziamo di questo cibo e di questo giorno di vita. E ti chiediamo che il tuo spirito sia con me e con la mamma così da renderci forti. E ti chiediamo che il tuo spirito sia con papà, così che sia forte quando tornerà. E quando tornerà, fa che sia bello, forte, felice e sano, e che lo rivediamo. Nel nome di Gesù... ah, e non dimenticare di dare forza alla mamma. Amen”.
Lena, che aveva qualche dubbio che Tatiana avesse capito, disse: “Tiana, hai detto una preghiera molto bella. Ma, cara, lo sai che papà non tornerà più?” Immediatamente la bambina cambiò espressione, evidentemente turbata. “Non tornerà?”, chiese. “No”, disse la madre. “Credevo di avertelo già spiegato. Credevo che tu avessi capito che papà non tornerà”. Tatiana replicò: “Ma tu mi hai sempre detto che tornerà nel nuovo mondo!” A quel punto, comprendendo finalmente cosa intendeva dire sua figlia, Lena disse: “Scusami, Tatiana. Ti avevo frainteso. Pensavo tu volessi dire che papà tornerà domani”. Lena osservò: “Vedere che il nuovo mondo è così reale per lei mi ha dato coraggio”.
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