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    Svegliatevi! 1987 | 8 luglio
    • Pagina 2

      Nel novembre del 1986 il Mihara, un vulcano che si trova sull’isola di Izu-Oshima, in Giappone, eruttò all’improvviso, mettendo in pericolo l’intera isola e la popolazione di diecimila persone, fra isolani e turisti. Quando fu dato l’ordine di evacuare immediatamente la zona, come reagirono?

      Leggete i seguenti articoli e pensate come avreste potuto reagire voi nelle varie situazioni menzionate.

  • Dare ascolto a un avvertimento può salvarvi la vita
    Svegliatevi! 1987 | 8 luglio
    • Dare ascolto a un avvertimento può salvarvi la vita

      UN AVVERTIMENTO può consistere in un segnale stradale che dice “Rallentare”, “Attenzione!” o “Dare la precedenza”, oppure in un semaforo giallo lampeggiante. Può trattarsi di un’avvertenza sul flacone di un medicinale o di un veleno. Dare ascolto ad avvertimenti simili non comporta grandi disagi, ma può salvarvi la vita.

      In alcuni casi, però, può mandare all’aria certi progetti o significare la perdita di beni materiali. Gli avvertimenti riguardanti tempeste e uragani possono costringere i pescatori a tornare a riva o a rimanere in porto quel giorno senza lavorare. Gli avvertimenti possono non solo mandare all’aria i progetti ma costringere ad abbandonare la propria casa e i propri beni, o a sopportare il disagio di una sistemazione provvisoria. A volte questi avvertimenti non vengono ascoltati, e alcuni ci rimettono la vita.

      Per citare un esempio, nella primavera del 1902 tutto procedeva bene sulla bella isola caribica di Martinica. Poi cominciarono ad apparire i segni premonitori del disastro allorché la Montagne Pelée, un complesso vulcanico situato a circa otto chilometri da Saint Pierre, la principale città dell’isola, diede segni di attività. Infine, gli abitanti cominciarono a preoccuparsi a causa della fuoriuscita di fumo, cenere, particelle di roccia ed esalazioni irritanti. Le condizioni continuarono a peggiorare, e avrebbe dovuto essere evidente che incombeva un vero pericolo.

      Avvertimenti non ascoltati

      Essendo vicina la raccolta della canna da zucchero, gli uomini d’affari di Saint Pierre assicurarono alla gente che non c’era alcun pericolo. I politici, preoccupati per le vicine elezioni, non volevano che la gente scappasse, per cui ebbero anch’essi parole rassicuranti. Gli esponenti religiosi cooperarono dicendo ai parrocchiani che tutto andava bene. Poi, l’8 maggio, il vulcano esplose con un boato terrificante. Nubi nere surriscaldate si diressero velocemente verso Saint Pierre, e circa 30.000 persone persero la vita.

      Per molte generazioni il Mount St. Helens, nello stato di Washington (USA), era stato un luogo di pace e serenità. La zona ospitava una ricca fauna selvatica ed era l’ideale per le escursioni e la pesca. Ma nel marzo del 1980 si ebbero segnali di pericolo sotto forma di ripetute scosse telluriche e piccole eruzioni di vapore. Ai primi di maggio il vulcano aveva intensificato la sua attività. Funzionari statali e locali cominciarono a dare avvertimenti di pericolo a coloro che abitavano nella zona del vulcano.

      Nonostante ciò, alcuni rimasero nella zona, mentre altri ignorarono i cartelli che avvertivano di non attraversare la zona pericolosa. All’improvviso, nelle prime ore della domenica mattina del 18 maggio, ci fu una tremenda esplosione che fece saltare per aria 400 metri di vetta del vulcano, seminando distruzione fra le piante e gli animali e causando anche la morte di 60 persone che non avevano dato ascolto agli avvertimenti.

      In contrasto con ciò, nel novembre del 1986, il Mihara, un vulcano che si trova sull’isola di Izu-Oshima, in Giappone, eruttò all’improvviso, minacciando l’intera isola e la popolazione di diecimila persone, fra isolani e turisti. Quando fu dato l’ordine di evacuare immediatamente la zona, diedero ascolto all’avvertimento. I seguenti articoli del corrispondente di Svegliatevi! in Giappone narrano cosa avvenne.

  • “Evacuazione immediata!”
    Svegliatevi! 1987 | 8 luglio
    • “Evacuazione immediata!”

      Dal corrispondente di “Svegliatevi!” in Giappone

      Messe in salvo diecimila persone in una notte

      “EVACUAZIONE immediata!” A causa dell’eruzione del Mihara, il 21 novembre 1986 gli ospiti della Casa di Riposo di Oshima furono invitati a rifugiarsi in una scuola elementare. Sebbene il personale della casa di riposo fosse pronto per l’evacuazione da quando alcuni giorni prima il vulcano aveva dato segni di attività, la subitaneità e la violenza dell’eruzione quel pomeriggio non facilitarono certo la fuga.

      “Non pensammo neppure alle barelle che avevamo preparate”, spiega Kazuko, membro del personale della Casa di Riposo. “Prendemmo gli anziani in braccio o li trasportammo sulle spalle fino ai due autobus che il municipio aveva messo a nostra disposizione. Ben presto questi furono pieni e alcune persone dovettero essere portate a un rifugio in autocarro”.

      Quando gli anziani arrivarono al porto vennero fatti salire a bordo del battello dell’Ente per la Sicurezza Marittima. Furono tra i primi a lasciare l’isola. Seguì l’evacuazione di oltre diecimila persone fra isolani e turisti.

      Scosse telluriche ed eruzioni

      Il Mihara, che sorge sull’isola di Izu-Oshima, solitamente chiamata Oshima, è uno dei quattro vulcani attivi del Giappone tenuti sotto stretta sorveglianza. È noto per la sua modesta attività. Il 15 novembre 1986, però, il vulcano eruttò, appena due settimane dopo che la Conferenza per la Previsione delle Eruzioni Vulcaniche aveva detto che non c’era pericolo. L’eruzione dal cratere numero uno si andava intensificando. (Vedi cartina a pagina 6). La lava fuoriusciva dal bordo interno di questo cratere e si gettava nella caldera del vulcano. Poi, il giorno 21, un’improvvisa eruzione spaventò gli isolani. Si formò un nuovo cratere. Si ebbero poi altre eruzioni dalle fessure nel terreno da cui fuoriuscivano fontane incandescenti alte più di 100 metri. Nuove fontane incandescenti uscivano dalle fessure che continuavano a formarsi sul fianco della montagna.

      Scosse telluriche sconvolsero le persone già atterrite dalle eruzioni. Nel giro di un’ora, 80 scosse fecero tremare l’isola. La lava che fuoriusciva dal bordo esterno del cratere scendeva tortuosamente dal vulcano dirigendosi verso Motomachi, la zona più popolosa di Oshima. La colata in direzione di Motomachi spinse il sindaco, Hidemasa Uemura, a ordinare l’evacuazione degli abitanti di Motomachi. A questo punto si pensava che la parte meridionale dell’isola, la zona di Habu, non corresse pericolo.

      ‘Una nube a fungo come quella di un’esplosione atomica’

      “Stavamo prendendo il tè”, rammenta Jiro Nishimura, l’unico anziano della Congregazione dei testimoni di Geova di Izu-Oshima. “Poi ci fu una grande esplosione. Uscii e sopra il Mihara vidi una nube a fungo proprio come quella di un’esplosione atomica. Capii che non si trattava di un’eruzione da poco. L’altoparlante del municipio trasmetteva qualcosa, ma dato che non riuscivo a distinguere chiaramente l’annuncio, telefonai al municipio. Dissero che gli abitanti della zona di Motomachi non avevano ancora ricevuto l’ordine di evacuazione. Sapevo che bisognava mangiare qualcosa, così dissi a mia moglie di cucinare un po’ di riso. Avevamo appena cominciato a mangiare quando fu dato l’ordine di evacuazione.

      “In cinque, compresa la madre di mia moglie che ha 90 anni, ci dirigemmo di corsa al parcheggio del porto di Motomachi. La gente faceva la fila per salire sul battello e lasciare l’isola. La fila era lunga, ma siccome la madre di mia moglie era anziana e non ce la faceva a camminare da sola, ci permisero di salire su un battello diretto ad Atami che partiva prima”.

      Per alcuni non fu facile lasciare l’isola a cui erano molto attaccati. L’ottantaquattrenne Kichijiro Okamura, un agopuntore della Casa di Riposo di Oshima, è vissuto per 40 anni a Oshima. Okamura dice come si sentiva: “Le scosse erano fortissime, ma io pensavo che non ci fosse pericolo e volevo vedere come sarebbero andate le cose per qualche giorno. Sono abituato alle eruzioni vulcaniche e ai terremoti. Non mi preoccupavo troppo perché sapevo che alla fine tutto sarebbe cessato. Ma i pompieri mi costrinsero a partire. Dovetti cedere”. Partì insieme alla moglie Yoshie, le loro due figlie e quattro nipoti.

      Ordine di evacuare tutta l’isola

      Dapprima la colata lavica minacciò solo la parte settentrionale dell’isola. Alcuni che abitavano nella zona di Motomachi furono trasportati nella zona di Habu. Gli abitanti della parte meridionale dell’isola furono solo consigliati di radunarsi nelle palestre o nelle scuole.

      “Avevo solo due coperte e questa borsa”, dice Kaoko Hirakawa, che alle 5 del pomeriggio si recò nella palestra Nomashi. “Pensai che fosse solo per quella notte”. Suo marito Rinzo pensò ai genitori malati, che abitavano vicino al nuovo cratere. Preoccupati, salirono su una macchina per andare a prendere i genitori. “Le scosse erano tremende”, narra Rinzo. “Sembrava d’essere in barca. Avevamo appena fatto salire i miei genitori sull’auto quando, a pochi chilometri dalla casa dei miei genitori, nel terreno si aprì una bocca eruttiva”. Riuscirono a raggiungere la palestra Nomashi, ma più tardi fu detto loro di trasferirsi ad Habu.

      Alle 22,50, il sindaco ordinò di evacuare l’intera isola. “Ci rifugiammo nella Scuola Media di Habu”, narra la sig.ra Tamaoki, “poi ci dissero di raggiungere il porto a piedi. Nel porto di Habu, però, le acque sono troppo basse per le grosse imbarcazioni, così alla fine dovemmo prendere l’autobus per andare a Motomaki, dove salimmo a bordo di un battello per Tokyo”.

      Alle 5,55 del 22 novembre i diecimila isolani e turisti erano stati messi tutti in salvo. Il sindaco e le autorità salirono a bordo dell’ultimo battello messo a disposizione degli sfollati. L’evacuazione di Izu-Oshima venne effettuata entro cinque ore dalla maggiore eruzione. Le cose si svolsero per lo più con calma e ordine, il che fa onore alle autorità cittadine, alla compagnia di navigazione che mise a disposizione i battelli per l’evacuazione e alla pronta cooperazione degli isolani. Salvo rare eccezioni, essi ubbidirono con sollecitudine all’ordine di evacuazione. Rimasero sull’isola solo alcune centinaia di poliziotti, pompieri e altri addetti ai servizi pubblici, oltre a un piccolo numero di persone che non se ne vollero andare.

      Ma dove si stabilirono gli sfollati? Chi si sarebbe preso cura di loro? Come se la cavarono i testimoni di Geova dell’isola?

      [Diagramma/Cartine a pagina 6]

      (Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

      Oshima

      Mihara

      Tokyo

      Ebina

      Atami

      Ito

      Inatori

      Shimoda

      Sakurajima

      [Diagramma]

      Oshima

      Okata

      Kitanoyama

      Motomachi

      Nomashi

      Mihara

      colata lavica

      cratere n. 2

      eruzioni

      cratere n. 1

      bordo esterno del cratere

      Sashikiji

      Porto di Habu

      aeroporto

      [Immagine a pagina 4]

      “I pompieri mi costrinsero a partire”

      [Fonte dell’immagine a pagina 5]

      Foto a pagina 2: K. Abe, Earthquake Research Institute, Tokyo. Diritti riservati.

  • Senza un tetto, ma vivi!
    Svegliatevi! 1987 | 8 luglio
    • Senza un tetto, ma vivi!

      Dal corrispondente di “Svegliatevi!” in Giappone

      I PRIMI battelli che trasportavano gli sfollati arrivarono nei porti della penisola di Izu durante la notte del 21 novembre. Più tardi si decise di avviare questa gente a Tokyo, visto che Oshima rientra nella giurisdizione delle autorità metropolitane di Tokyo. L’amministrazione metropolitana in collaborazione con il governo nazionale prese l’iniziativa di organizzare i soccorsi. Anche i testimoni di Geova sia della zona di Izu che di Tokyo e quelli della filiale di Ebina — città situata a soli ottanta chilometri dal Mihara — organizzarono i soccorsi.

      Quando i normali programmi televisivi furono interrotti per dare la notizia, i testimoni di Geova delle vicinanze si preoccuparono in modo particolare dei loro fratelli e sorelle spirituali abitanti sull’isola. Nobumasa Obata della Congregazione di Ito e altri si misero in contatto con i Testimoni della zona di Izu e si organizzarono per accogliere gli sfollati. Alle 6,30 del pomeriggio i Testimoni si recarono in ciascun porto della penisola di Izu e ad Atami per accogliere i loro fratelli provenienti da Oshima.

      Quando Jiro Nishimura e altri quattro arrivarono ad Atami verso le dieci di quella sera, i Testimoni di Atami erano ad accoglierli con le riviste Torre di Guardia e Svegliatevi! in mano. Dato che le autorità governative non avevano ancora deciso il da farsi, fu permesso agli sfollati di stare con chi volevano. Essi si diressero a Yugawara, dove il figlio di Nishimura serve come anziano nella congregazione locale. L’appartamento in cui si sistemarono divenne un centro di collegamento per gli sfollati della Congregazione di Oshima.

      Alle otto della mattina dopo, il Comitato di Filiale della Watch Tower Society a Ebina decise di mandare immediatamente due rappresentanti della filiale nella zona di Izu e due in quella di Tokyo per organizzare i soccorsi.

      Mentre i rappresentanti della filiale discutevano le operazioni di soccorso con Nishimura, arrivò Mitsuo Shiozaki coi soccorsi inviati dalla sua congregazione, che ha sede a Numazu. Gli sfollati apprezzarono in particolar modo gli indumenti che egli distribuì, poiché molti di loro avevano solo il vestito che indossavano al momento di lasciare l’isola. Furono anche grati dei viveri che aveva portati.

      Nella penisola di Izu e a Tokyo vennero formati comitati di soccorso per distribuire il denaro necessario ai membri della Congregazione di Oshima. Questi comitati dovevano anche provvedere a soddisfare i bisogni spirituali degli sfollati.

      Operazioni di soccorso a Tokyo

      Alle 9,55 della sera del 21 novembre, dopo la partenza di alcune navi di sfollati dirette verso città della penisola di Izu, il governatore di Tokyo ordinò di mandare tutti gli sfollati a Tokyo. Yoshio Nakamura, un anziano della Congregazione dei testimoni di Geova di Tokyo Mita, fu invitato a organizzare i soccorsi in quella zona. L’appartamento di Nakamura divenne la base delle operazioni di soccorso a Tokyo.

      Egli chiese ad alcuni componenti della sua congregazione e di quella di Shinagawa di accompagnarlo. Dieci di loro uscirono dalla casa di Nakamura verso le due di sabato mattina e si diressero ai moli dove dovevano arrivare le navi da Oshima. I fratelli portavano dei cartelli con la scritta: “Testimoni di Geova della Congregazione di Oshima, mettetevi in contatto con noi”.

      Andarono su e giù fra i due moli di attracco finché non arrivò l’ultima nave. Erano le dieci passate di sabato mattina. I testimoni di Geova della Congregazione di Chuo si recarono a un altro molo dove arrivavano navi da Oshima. Non sapendo su quali navi si trovassero i loro compagni di fede, i Testimoni di Tokyo cercarono di essere presenti all’arrivo di tutte le navi che giungevano a Tokyo.

      “I testimoni di Geova”, rammenta Kazuyuki Kawashima, “furono gli unici rappresentanti di un gruppo religioso che andassero ai moli ad accogliere i loro compagni di fede. L’unico altro gruppo che accolse gli sfollati fu il sindacato degli insegnanti”.

      Il sabato sera, componenti delle Congregazioni di Mita e Shinagawa avevano di loro spontanea iniziativa raccolto vestiario e altre provviste da distribuire immediatamente ai loro fratelli spirituali di Oshima. I Testimoni caricarono queste provviste su un furgone e visitarono i luoghi dove erano alloggiati i Testimoni sfollati. Queste provviste furono distribuite ai Testimoni di Oshima e ad alcuni non Testimoni che si trovavano lì.

      Incoraggiati dalle premure altrui

      Un Testimone sfollato narra: “Quando partimmo da Oshima non sapevamo dove stessimo andando. Scesi dalla nave, però, vedemmo un cartello con la scritta ‘Testimoni di Geova’. Immaginate la nostra sorpresa e la nostra commozione! Allorché mia moglie vide che i fratelli erano venuti a incontrarci al molo le vennero le lacrime agli occhi e diede un sospiro di sollievo.

      “Subito dopo esserci sistemati nel Palazzo dello Sport di Koto Ward e avere telefonato al fratello Nakamura, ricevemmo una visita dei rappresentanti della filiale che erano venuti a incoraggiarci. Ne fummo veramente colpiti e non avevamo parole per esprimere la nostra gratitudine”.

      Durante la settimana i componenti del comitato di soccorso visitarono tutti i luoghi dov’erano alloggiati i Testimoni e si accertarono dei bisogni dei loro compagni di fede. Videro che le congregazioni locali si prendevano buona cura dei Testimoni sfollati. Alcuni studenti biblici furono invitati ogni giorno a mangiare nelle case di Testimoni locali e apprezzarono questi atti di benignità compiuti verso di loro da Testimoni che prima del disastro non conoscevano.

      L’evacuazione dell’isola è riuscita perché sono stati dati i debiti avvertimenti e la popolazione li ha ascoltati. Ma l’umanità intera va incontro a un pericolo molto più grande che si avvicina a grandi passi. Ora viene dato l’avvertimento per mostrare alle persone come scampare da questo pericolo e salvarsi. Darete ascolto a questo avvertimento?

      [Immagine a pagina 7]

      Jiro Nishimura chiede notizie dei compagni di fedea

      [Nota in calce]

      a Questo testimone di Geova, un carissimo fratello, è morto nel febbraio del 1987.

      [Immagini a pagina 8]

      Mitsuo Shiozaki distribuisce i soccorsi

      Molti sfollati hanno dormito sul freddo pavimento delle palestre

  • Darete ascolto agli avvertimenti di un imminente disastro?
    Svegliatevi! 1987 | 8 luglio
    • Darete ascolto agli avvertimenti di un imminente disastro?

      ALCUNI disastri naturali sconvolgono la vita delle persone; altri causano grandi perdite di vite e di beni. Di solito, però, essi colpiscono ogni volta solo una piccola parte della terra e della sua popolazione. La nostra generazione, comunque, va incontro a un disastro di portata mondiale che interesserà tutto il genere umano.

      No, non si tratta di una guerra nucleare fra superpotenze, anche se questo sarebbe un terribile disastro. Parliamo invece del dichiarato proposito di Dio di eliminare dalla superficie della terra tutta la cattiveria.

      Gesù indicò le dimensioni di questo disastro nella sua profezia sul termine del sistema di cose: “Allora ci sarà grande tribolazione come non è accaduta dal principio del mondo fino ad ora, no, né accadrà più. Infatti, a meno che quei giorni non fossero abbreviati, nessuna carne sarebbe salvata”. — Matteo 24:3, 21, 22.

      Si salvarono

      Gesù paragonò questa catastrofe mondiale a una precedente calamità che colpì il mondo intero, il Diluvio dei giorni di Noè, dicendo: “Poiché come furono i giorni di Noè, così sarà la presenza del Figlio dell’uomo”. (Matteo 24:37) La Bibbia dice che nei giorni precedenti il Diluvio “la cattiveria dell’uomo era abbondante sulla terra e che ogni inclinazione dei pensieri del suo cuore era solo cattiva in ogni tempo”. Geova disse: “Cancellerò gli uomini che ho creato dalla superficie del suolo”. — Genesi 6:5-8.

      Riguardo a Noè, leggiamo in Ebrei 11:7: “Per fede Noè, dopo aver ricevuto divino avvertimento di cose non ancora viste, mostrò santo timore e costruì un’arca per la salvezza della sua casa”. Noè, sua moglie, i suoi figli e le loro mogli furono tutti preservati in vita durante il Diluvio.

      Il resto dell’umanità di quell’epoca, tuttavia, ignorò l’avvertimento. Secondo le parole di Gesù, in quei giorni prima del Diluvio “mangiavano e bevevano, gli uomini si sposavano e le donne erano date in matrimonio, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si avvidero di nulla finché venne il diluvio e li spazzò via tutti”. — Matteo 24:38, 39.

      Ai giorni di Lot, Dio decise di ridurre in rovina gli abitanti di Sodoma e Gomorra a causa della loro sfacciata immoralità. Essi tuttavia continuarono a ‘mangiare e bere, comprare e vendere, piantare ed edificare’ come se nulla fosse. Sebbene Lot avvertisse i suoi futuri generi del pericolo, ‘ai loro occhi sembrò come un uomo che scherzasse’. Dio però fece piovere fuoco e zolfo dai cieli e li distrusse tutti. Lot e le sue figlie ubbidirono all’avvertimento e si salvarono. — Luca 17:28, 29; Genesi 19:12-17, 24.

      L’avvertimento dato nei giorni di Gesù

      Ai giorni di Gesù i giudei avevano respinto la Parola di Dio preferendo le proprie tradizioni, e respinsero anche il Figlio di Dio come Cristo o Messia. Dio decise di eseguire il suo giudizio su di loro e sulla loro splendida città, Gerusalemme, per mezzo degli eserciti romani. Gesù diede un avvertimento a questo riguardo e disse ai suoi discepoli come sfuggire a quel giudizio. Egli dichiarò:

      “Quando scorgerete la cosa disgustante che causa desolazione, dichiarata per mezzo del profeta Daniele, stabilita in un luogo santo . . . , allora quelli che sono nella Giudea fuggano ai monti”. E: “Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti accampati, allora sappiate che la sua desolazione si è avvicinata. Quindi quelli che sono nella Giudea fuggano ai monti, e quelli che sono in mezzo ad essa si ritirino, e quelli che sono nelle campagne non vi entrino, perché questi sono giorni per fare giustizia, affinché tutte le cose scritte siano adempiute”. (Matteo 24:15, 16; Luca 21:20-22) Sarebbe stato un tempo in cui agire con urgenza, senza neppure fermarsi a prendere i propri beni materiali. Gesù disse: “Chi è sulla terrazza non scenda a prendere i beni della sua casa; e chi è nel campo non torni a casa a prendere il suo mantello”. — Matteo 24:17, 18.

      Nel 66 E.V. Gerusalemme fu circondata dagli eserciti romani al comando di Cestio Gallo, in adempimento alla profezia di Gesù. I romani, che stavano effettivamente scalzando il muro del tempio, stabilendosi così nel luogo santo dei giudei, erano qualcosa di disgustante per loro. Il segnale di avvertimento c’era, ma la possibilità di fuggire no. Poi Cestio Gallo ritirò inaspettatamente le sue truppe. I cristiani fuggirono ai monti. La maggior parte della popolazione rimase invece nella città, e altri giudei continuarono ad affluirvi per la celebrazione delle loro feste religiose.

      Nel 70 E.V., quando la città era piena di persone che celebravano la Pasqua, gli eserciti romani al comando del generale Tito tornarono in forze e posero l’assedio a Gerusalemme. Infine aprirono una breccia nelle mura, e il tempio e l’intera città furono distrutti. Secondo lo storico Giuseppe Flavio, 1.100.000 persone morirono e 97.000 superstiti furono venduti schiavi in Egitto e in altri paesi. Questa fu la sorte di coloro che non diedero ascolto all’avvertimento di Gesù. Quelli che fuggirono dalla città, come aveva comandato Gesù, si salvarono.

      Date ascolto all’avvertimento ora

      La profezia di Gesù, riportata in Matteo 24, Marco 13 e Luca 21, doveva avere un adempimento su più vasta scala. Rammentate che Gesù stava anche rispondendo alla domanda dei suoi apostoli circa il segno della sua presenza, che la Bibbia mette in relazione con la fine di un intero sistema di cose mondiale. (Daniele 2:44; Matteo 24:3, 21) Gesù spiegò che il suo ritorno, o presenza, che doveva essere invisibile, sarebbe stato caratterizzato da un segno formato da guerre, penuria di viveri, terremoti, pestilenze, aumento dell’illegalità, persecuzione dei suoi discepoli e angoscia delle nazioni, mentre gli uomini sarebbero venuti meno per il timore e per l’aspettazione delle cose in procinto di abbattersi sulla terra abitata. — Matteo 24:7, 8, 12; Luca 21:10, 11, 25, 26.

      Chi può negare che la generazione vissuta dalla prima guerra mondiale abbia visto aumentare tutti questi dolori di afflizione? Affinché si comprendesse il significato di queste cose, Gesù profetizzò: “E questa buona notizia del regno sarà predicata in tutta la terra abitata, in testimonianza a tutte le nazioni; e allora verrà la fine”. (Matteo 24:14) I testimoni di Geova hanno predicato con zelo questa buona notizia del Regno in oltre 200 paesi in circa 200 lingue, avvertendo le persone dell’imminente esecuzione del giudizio di Dio. Riferendosi a coloro che avrebbero visto l’inizio dei dolori di afflizione, cominciati con la prima guerra mondiale, Gesù disse: “Questa generazione non passerà affatto finché tutte queste cose non siano avvenute”. — Matteo 24:34.

      Per dare ascolto all’avvertimento di Gesù non bisogna fuggire su monti letterali né trovare scampo in qualche altra parte della terra, ma bisogna volgersi al vero Dio, Geova, e acquistare conoscenza del provvedimento che ha preso per la preservazione della vita. Potete acquistare questa conoscenza contattando coloro che danno questo avvertimento, i testimoni di Geova, studiando la Bibbia con loro e associandovi con loro.

      Se per circa 10.000 giapponesi che si sono salvati dalla distruzione provocata da un vulcano è stato determinante dare ascolto agli avvertimenti, quanto più è essenziale che noi agiamo ora per avere la protezione di Geova e sfuggire alla distruzione mondiale in questo tempo della fine.

      [Immagine a pagina 10]

      Dando ascolto agli avvertimenti, Lot e le sue figlie sfuggirono alla distruzione

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