BIBLIOTECA ONLINE Watchtower
BIBLIOTECA ONLINE
Watchtower
Italiano
  • BIBBIA
  • PUBBLICAZIONI
  • ADUNANZE
  • g88 22/4 pp. 11-15
  • Dalle soglie della morte

Nessun video disponibile.

Siamo spiacenti, c’è stato un errore nel caricamento del video.

  • Dalle soglie della morte
  • Svegliatevi! 1988
  • Sottotitoli
  • Vedi anche
  • Crisi inaspettata
  • Le condizioni di Bonnie peggiorano
  • Pressioni per indurre ad accettare sangue
  • Alle soglie della morte
  • Le condizioni di Bonnie migliorano
  • I medici hanno tentato di portarci via nostra figlia
    Svegliatevi! 1989
  • Essere amico di Dio mi sarà d’aiuto?
    Svegliatevi! 1995
  • La decisione che le salvò la vita
    Svegliatevi! 1979
  • Né maghi né dèi
    Svegliatevi! 1994
Altro
Svegliatevi! 1988
g88 22/4 pp. 11-15

Dalle soglie della morte

MENTRE guardavo mia moglie Bonnie sdraiata su quel letto d’ospedale, non potevo fare a meno di pensare a come tutto era accaduto così in fretta. Aveva gli occhi chiusi con un cerotto così da non sprecare le poche energie rimaste nel suo organismo neppure con un movimento involontario. La pelle era bianchissima; perfino le lentiggini avevano perso il loro colore. Nelle prime ore di quella mattina il medico aveva detto: “Oggi muore di sicuro”. Un’infermiera aveva detto: “Non arriva a mezzogiorno”.

Perché Bonnie era in condizioni tanto disperate? Come mai la nascita di un bambino, solitamente considerata una benedizione, era divenuta una minaccia per la sua vita? Lasciate che vi racconti gli avvenimenti che avevano portato mia moglie a quella difficile prova.

Quando Bonnie seppe d’essere di nuovo incinta, ne fummo felici e preoccupati allo stesso tempo. Eravamo preoccupati perché la nostra figlia di dieci anni, Ashley, era nata mediante taglio cesareo e perché dopo Bonnie aveva avuto due aborti. A questi fatti preoccupanti si doveva aggiungere la possibilità che sorgesse il problema delle trasfusioni di sangue. Siamo convinti che il Creatore sa quello che dice quando in Atti 15:29 ammonisce: ‘Astenetevi dal sangue’.

Crisi inaspettata

Mancavano solo cinque settimane alla data prevista per il parto quando decidemmo di trascorrere il sabato allo zoo di San Diego. Era il 28 febbraio 1987. Non pensavamo certo che entro meno di ventiquattr’ore il bambino sarebbe nato. Sì, proprio la mattina dopo la nostra tranquillità fu turbata allorché Bonnie si svegliò con un’emorragia in corso. Chiamammo immediatamente il medico ed entro pochi minuti eravamo in viaggio per l’ospedale.

Il medico conosceva la nostra posizione riguardo alle trasfusioni di sangue, e per tale motivo decise immediatamente di eseguire il taglio cesareo. Andammo in sala operatoria dove entro brevissimo tempo il medico porse all’infermiera la nostra bambina. L’infermiera fece vedere un attimo la bambina a Bonnie, poi la portò nella nursery. Mi fu detto di andare nella sala d’attesa e che entro mezz’ora circa avrei potuto parlare con mia moglie nella sala di risveglio.

Nel frattempo alcuni nostri amici si erano riuniti nella sala d’attesa, così uscii pensando che tutto fosse normale e annunciai che ci era nata una femmina. Non sapevo però che durante il taglio cesareo il medico aveva scoperto qualcosa per cui aveva dovuto eseguire un’isterectomia. Circa due ore dopo il medico uscì e mi informò dell’accaduto. Mi spiegò che all’inizio del parto i valori dell’emoglobina di Bonnie erano di 12,5 ma che erano scesi a 6,1. Le sue condizioni erano considerate quasi critiche, ma il medico pensava che tutto sarebbe andato bene. I problemi, comunque, cominciarono ben presto ad accumularsi.

Appena quindici minuti dopo che avevo parlato con il medico, mi sentii chiamare all’interfono: dovevo recarmi alla nursery. Al mio arrivo fui informato che nostra figlia era diventata cianotica e aveva subìto un arresto respiratorio. La bambina era stata rianimata e le avevano dato l’ossigeno, ma ora doveva essere sottoposta a parecchi esami, alcuni dei quali potevano avere serie complicazioni. Dovetti firmare dei moduli con cui acconsentivo agli esami e nello stesso tempo ne firmai uno che diceva che non le si doveva somministrare sangue.

Infine, dopo qualche ora, vidi mia moglie e le parlai. Era desta e fiduciosa. Eravamo entrambi grati a Geova del fatto che tutto sembrava andar bene. Non le dissi che la bambina aveva qualche problema perché non volevo scombussolarla.

Le condizioni di Bonnie peggiorano

Quella stessa domenica, più tardi, le condizioni di Bonnie peggiorarono. Al successivo esame del sangue, l’emoglobina era scesa a 2,5. Aveva un’emorragia interna! La pressione sanguigna calò, tutti i segni vitali si stavano indebolendo e la respirazione le si fece affannosa. Il lunedì mattina Bonnie si sentiva confusa e in certi momenti disorientata. Per tutta la notte il medico aveva consultato degli specialisti. Si era anche informato circa l’uso di sangue artificiale. Si decise che l’unico trattamento che avrebbe potuto salvarle la vita era la camera iperbarica ad ossigeno.

La rivista Svegliatevi! del 22 settembre 1979 descrive questo trattamento: il corpo viene sottoposto a ossigeno al 100 per cento a una pressione maggiore di quella atmosferica. La maggiore pressione fa sciogliere l’ossigeno nei tessuti in concentrazioni superiori al normale. La camera viene impiegata in casi di perdita di sangue, gravi ustioni e anche infezioni acute. Bonnie doveva essere trasferita al Memorial Medical Center di Long Beach, dove ci sono camere iperbariche mobili e tecnici esperti nel loro uso.

A questo punto le condizioni di Bonnie erano così critiche che non si poteva sottoporla al disagio del viaggio di mezz’ora in ambulanza per trasferirla da un ospedale all’altro. Si dispose così di trasportarla in elicottero, un viaggio di appena quattro minuti. Un’infermiera che faceva parte dell’équipe medica dell’elicottero, dopo aver parlato con l’ospedale e appreso che l’emoglobina di Bonnie era scesa a 2,2, esclamò: “Dev’esserci un errore. Dovrebbe già essere morta!”

Il trattamento iperbarico ebbe inizio il lunedì sera e continuò per tutta la notte: un’ora e mezza dentro la camera e due ore e mezza fuori. I primi due trattamenti ridiedero vita a Bonnie e rinnovarono le sue energie. Ma l’angusto spazio della camera iperbarica cominciò ad agitarla. Poiché nella camera vi è un interfono attraverso cui parlare, me ne servii per calmarla. Facendo riferimento alla terra paradisiaca di cui parla la Bibbia in Rivelazione 21 e Isaia capitoli 35 e 65 e rammentandole le amorevoli cure di Geova, riuscii a farla sentire più rilassata dentro la camera.

Pressioni per indurre ad accettare sangue

Martedì mattina il medico mi chiese se ero disposto a riconsiderare la mia posizione riguardo al sangue. Disse che dall’incisione praticata a Bonnie usciva un liquido rosa, un’indicazione che l’emorragia non si era ancora fermata. La nostra decisione fu irremovibile: niente sangue, neppure a costo della vita. Le giuste norme di Geova non sarebbero state infrante. Allora il medico disse che avrebbe tamponato l’incisione con una speciale schiuma adesiva atta a fermare l’emorragia. La cosa sembrò funzionare.

A questo punto alcuni parenti che non sono testimoni di Geova fecero pressione su di noi perché acconsentissimo alla trasfusione di sangue. Questo è comprensibile perché i medici ripetevano tutti la stessa cosa: “Per salvare la vita di sua moglie non deve far altro che permettermi di farle una trasfusione di sangue”. Un familiare tentò varie strade per imporre una trasfusione, contattando la polizia, un procuratore e perfino un giornale.

Ora l’amministrazione dell’ospedale era preoccupata perché poteva essere citata in tribunale nel caso Bonnie fosse morta per non avere accettato una trasfusione di sangue. Venne disposto un incontro con una dipendente dell’ospedale che era testimone di Geova. Essa parlò per 45 minuti agli amministratori dell’ospedale sul punto di vista biblico circa il sangue. Evidentemente rimasero soddisfatti perché acconsentirono a rispettare sino in fondo i nostri desideri.

Alle soglie della morte

Intanto le condizioni di Bonnie continuavano a peggiorare. Il mercoledì mattina fu in uno stato di confusione mentale per quasi tutto il tempo e il suo battito cardiaco a riposo era 170, molto al di sopra del normale, che è circa 70. Aveva forti sbalzi di pressione. Il valore dell’emoglobina era 2,2 e l’ematocrito (il volume percentuale dei globuli nel sangue circolante) era un inquietante 6. Quando è normale va da 40 a 65.

Non dimenticherò mai quel mercoledì mattina. I medici che si erano consultati al capezzale di Bonnie chiesero di vedermi. “Così stanno le cose”, dissero. “Chiami parenti e amici. Bonnie morirà oggi. Non possiamo fare altro. Morirà o di un attacco cardiaco o di un colpo apoplettico. A questo punto neppure una trasfusione di sangue servirebbe a qualcosa. Ormai non c’è più nulla da fare. Se la pressione sanguigna scende, le istruzioni sono di non somministrarle farmaci e di non tentare di rianimarla”.

Da quel momento in poi le visite non furono più limitate solo ai familiari. Alle decine di Testimoni che erano rimasti in sala d’attesa fu permesso di vedere Bonnie prima che spirasse. Dopo che tutti le ebbero detto addio, il medico fece tenere Bonnie in uno stato di paralisi somministrandole un farmaco detto Pavulon che impedisce di muovere un qualsiasi muscolo. Si cade in uno stato di profondo sonno. Sembrava che Bonnie fosse in coma. In questa condizione, disse il medico, non avrebbe minimamente sofferto se sopravveniva un attacco cardiaco e avrebbe fatto una morte indolore. A questo punto le furono chiusi gli occhi col cerotto perché non sprecasse le poche energie rimaste nel suo organismo neppure con un movimento involontario.

Per la prima volta mia figlia Ashley ed io tornammo a casa per darci una ripulita e cercare di riposare un po’, cosa di cui avevamo tanto bisogno. Entrati in casa ci inginocchiammo entrambi e piangemmo insieme mentre aprivamo il cuore a Geova. Guardandoci attorno, tutto pareva rammentarci Bonnie. Cominciavamo a renderci conto che era stata veramente una buona madre e una buona moglie. Elencammo perfino tutte le cose che Bonnie faceva per noi e che ora avremmo dovuto fare da soli. Sapevamo che se fossimo rimasti fedeli l’avremmo sicuramente rivista dopo la distruzione di questo vecchio sistema e la sua sostituzione con uno nuovo per opera di Dio.

Il mercoledì sera tornammo all’ospedale, dove non potemmo far altro che aspettare, anche se non abbiamo mai aspettato da soli. Parenti e altri Testimoni erano sempre lì a confortarci. Passò il mercoledì e con stupore del personale ospedaliero, il giovedì Bonnie era ancora viva. Nel tardo pomeriggio il medico venne da me e mi disse che voleva tentare di nuovo il trattamento iperbarico. I trattamenti continuarono per tutta la notte.

Le condizioni di Bonnie migliorano

Il venerdì mattina stavo dormendo nell’atrio dell’ospedale quando fui svegliato da due medici. Mi rassicurarono subito dicendomi che dovevano darmi buone notizie, non cattive. Le condizioni di Bonnie si erano notevolmente stabilizzate. “Sa una cosa? Credo ci siano buone ragioni per sperare”, disse uno dei medici. “Se la pressione del sangue cala, sarebbe ingiusto ora non somministrarle farmaci, per cui ho già cambiato le istruzioni sulla sua cartella. Bisogna tenere presente che qui navighiamo in acque inesplorate perché finora non eravamo mai arrivati a questo punto senza usare sangue”.

Il sabato sera mi trovavo al capezzale di Bonnie insieme alla sua infermiera. Appendemmo una foto della nostra piccina sopra la testa di Bonnie anche se aveva ancora gli occhi chiusi col cerotto. Così, quando avesse aperto gli occhi, la prima cosa che avrebbe visto sarebbe stata la foto della sua bambina. Si sperava che questo le desse una ragione per continuare a lottare per vivere. In tali circostanze rivelai all’infermiera che il giorno dopo era il 18º anniversario del nostro matrimonio. Udendolo, si asciugò gli occhi.

La domenica fu una buona giornata perché l’ematocrito di Bonnie salì a 11, smisero di darle il Pavulon e Bonnie si svegliò dallo stato di paralisi in cui era stata per quattro giorni. Il medico però avvertì: “Non speri troppo, perché può capitare di tutto. Potrà cantare vittoria quando i valori dell’ematocrito saranno arrivati a 20”.

Ciò nonostante le mie speranze si ravvivarono. Vedere mia moglie con gli occhi aperti per la prima volta dopo quattro giorni era come ricominciare a vivere. Bonnie non poteva parlare perché prendeva l’ossigeno ed era molto debole. Le augurai un felice anniversario. Poté fare solo dei movimenti con la bocca, ma non ne uscì nessun suono. Era così debole che non riusciva neppure a tenere in mano una matita e a scrivere.

A questo punto si dispose di trasferire la nostra bambina al Long Beach Memorial così che Bonnie la vedesse in carne e ossa e non solo in fotografia. Quando la bambina arrivò e fu portata nel reparto di cura intensiva, le infermiere la mostrarono a Bonnie. Le contarono le dita delle mani e dei piedi, facendo vedere a Bonnie tutte le parti del corpo così che sapesse che la bambina era sana e normale. Siamo grati che la bambina si sia ripresa bene.

Il medico, però, aveva ragione nel dire di non cantare vittoria troppo presto. Sorsero nuovi problemi. Successivamente Bonnie contrasse due tipi di polmonite, e il suo polmone sinistro subì un collasso parziale. Oltre a ciò, i test per la malattia del legionario diedero esito positivo. Una qualsiasi di queste complicazioni avrebbe potuto ucciderla. Sono felice di dire che questo non è successo. Per quindici anni Bonnie aveva svolto il servizio di pioniere, come vengono chiamati i ministri a tempo pieno dei testimoni di Geova. Perciò tutto il camminare che aveva fatto nel ministero e un programma di regolari esercizi aerobici l’avevano mantenuta in ottime condizioni fisiche. Senz’altro questo le aveva dato la forza per superare tali difficoltà.

Dopo aver perso l’80 per cento del sangue ed essere rimasta in ospedale 28 giorni (22 dei quali nel reparto di cura intensiva), e dopo essere stata sottoposta a 58 trattamenti iperbarici, Bonnie fu infine dimessa e tornò a casa. Il medico esclamò con stupore: “Ha un aspetto magnifico. È un miracolo, non posso dir altro”.

Benché siano stati momenti difficili e penosi, la vicenda ha avuto anche dei risvolti positivi. Medici, infermiere, amministratori, persone di altre religioni e mezzi di informazione sono stati tutti aiutati a capire meglio il punto di vista biblico sul sangue. Sono stati anche testimoni oculari di una fede incrollabile all’opera.

Solo due mesi dopo la sua tremenda prova, Bonnie era di nuovo impegnata nell’opera pubblica di predicazione, ciò che più le piace fare. E come ulteriore benedizione ha una nuova compagna nell’opera di pioniere, la nostra piccolina, Allie Lauren. — Narrato da Steven M. Beaderstadt.

[Testo in evidenza a pagina 12]

L’infermiera dell’équipe medica dell’elicottero disse: “Dovrebbe già essere morta!”

[Testo in evidenza a pagina 14]

Il medico disse: “Qui navighiamo in acque inesplorate perché finora non eravamo mai arrivati a questo punto senza usare sangue”

[Immagine a pagina 13]

Mia moglie ha ricevuto dei trattamenti in una camera iperbarica a ossigeno come questa

[Fonte]

Memorial Medical Center di Long Beach

[Immagine a pagina 15]

Mia moglie e nostra figlia dopo la guarigione

    Pubblicazioni in italiano (1950-2025)
    Disconnetti
    Accedi
    • Italiano
    • Condividi
    • Impostazioni
    • Copyright © 2025 Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania
    • Condizioni d’uso
    • Informativa sulla privacy
    • Impostazioni privacy
    • JW.ORG
    • Accedi
    Condividi