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  • Malattie cardiache: Un nemico potenzialmente letale
    Svegliatevi! 1996 | 8 dicembre
    • Malattie cardiache: Un nemico potenzialmente letale

      OGNI anno in tutto il mondo milioni di uomini e di donne hanno un infarto. Molti sopravvivono con scarse conseguenze. Altri non sopravvivono. Ad altri ancora il cuore rimane talmente danneggiato che “non si può garantire il ritorno a una vita produttiva”, afferma il cardiologo Peter Cohn, il quale aggiunge: “È dunque fondamentale stroncare gli infarti sul nascere ogni volta che sia possibile”.

      Il cuore è un muscolo che pompa il sangue in tutto il corpo. In caso di infarto (o, più precisamente, infarto del miocardio) parte del muscolo cardiaco muore per carenza di sangue. Per rimanere sano il cuore ha bisogno di ossigeno e di altre sostanze nutritizie trasportate dal sangue. Queste cose le ottiene grazie alle arterie coronarie, che avvolgono la sua parete esterna.

      Le malattie possono colpire qualsiasi parte del cuore. La più comune, però, è l’insidiosa malattia delle coronarie detta aterosclerosi. In caso di aterosclerosi, sulle pareti delle arterie si formano delle placche, ovvero accumuli di grassi. Con il tempo le placche possono aumentare di volume, indurirsi e restringere il diametro delle arterie, riducendo l’afflusso di sangue al cuore. È questa malattia delle arterie coronarie, o coronaropatia, che causa la maggior parte degli infarti.

      L’ostruzione di una o più arterie provoca un infarto quando la richiesta di ossigeno da parte del cuore supera l’offerta. Anche quando la riduzione del lume delle arterie è meno grave, la placca depositata sulle pareti si può rompere determinando la formazione di un coagulo (trombo). Le arterie malate sono anche più soggette agli spasmi. Nel luogo dello spasmo si può formare un coagulo, con conseguente liberazione di una sostanza chimica che restringe ulteriormente le pareti dell’arteria, provocando un infarto.

      Quando il muscolo cardiaco rimane senza ossigeno per un tempo abbastanza lungo, i tessuti vicini possono venire danneggiati. A differenza di alcuni tessuti, il muscolo cardiaco non si rigenera. Più lungo è l’infarto, maggiore è il danno al cuore e maggiori sono le possibilità di morte. Se viene danneggiato il circuito elettrico del cuore, il ritmo cardiaco può diventare caotico e il cuore può cominciare a pulsare all’impazzata (fibrillazione). In presenza di una simile aritmia, il cuore non è più in grado di pompare efficacemente il sangue al cervello. Nel giro di dieci minuti il cervello smette di funzionare e si muore.

      Pertanto, è essenziale l’intervento immediato di personale medico specializzato. Può evitare ulteriori danni al cuore, prevenire o curare l’aritmia e persino salvare la vita.

  • Riconoscere i sintomi e intervenire
    Svegliatevi! 1996 | 8 dicembre
    • Riconoscere i sintomi e intervenire

      QUANDO si avvertono i sintomi di un infarto è essenziale rivolgersi immediatamente a un medico, in quanto il rischio di morire è massimo durante la prima ora dopo l’infarto. Intervenendo subito si può evitare che il muscolo cardiaco subisca danni irreparabili. Maggiore è la parte di muscolo cardiaco risparmiata, maggiore sarà l’efficacia con cui il cuore pomperà dopo l’infarto.

      Alcuni infarti, però, sono silenti, ovvero privi di sintomi. In questi casi la persona può non rendersi conto di avere una malattia coronarica (coronaropatia). Purtroppo, alcuni si accorgono di soffrire di cuore solo nel momento in cui hanno un grave infarto. In caso di arresto cardiaco (ovvero quando il cuore smette di battere) ci sono poche possibilità di sopravvivenza se non si chiama immediatamente l’ambulanza e non si pratica subito la rianimazione cardiopolmonare (RCP).

      Parlando di coloro che accusano i sintomi di una malattia coronarica, come avviene nella maggioranza dei casi, una pubblicazione medica dice che circa la metà d’essi non si rivolgono immediatamente al medico ma rimandano. Perché? “Di solito perché non sanno interpretare i sintomi che provano oppure non li prendono sul serio”. — Harvard Health Letter.

      John,a un testimone di Geova che ha avuto un infarto, raccomanda: “Quando capite che c’è qualcosa che non va interpellate subito un medico, non rimandate per paura di apparire esagerati. Per non aver agito abbastanza in fretta io ci ho quasi rimesso la vita”.

      Cosa è accaduto

      John spiega: “Un anno e mezzo prima che avessi l’infarto un medico mi avvertì che avevo il colesterolo alto, il che costituisce uno dei principali fattori di rischio per le coronaropatie. Io però non feci nulla al riguardo, visto che mi consideravo giovane (avevo meno di 40 anni) e in buona salute. Mi pento amaramente di non aver agito allora. Avevo avuto anche altri segni premonitori: quando facevo sforzi fisici mi veniva il fiatone, provavo dolori che io attribuivo a cattiva digestione e per diversi mesi prima dell’infarto avevo avuto un senso di spossatezza. Attribuivo la maggior parte di questi disturbi alla mancanza di riposo e all’eccessivo stress sul lavoro. Tre giorni prima dell’infarto ebbi quello che scambiai per uno spasmo muscolare al torace. Era un piccolo infarto che anticipava quello che mi avrebbe colpito tre giorni dopo”.

      Circa la metà degli infarti è preceduta da un dolore o una sensazione di schiacciamento al torace, la cosiddetta angina pectoris. Alcuni accusano sintomi come fiato corto oppure spossatezza e debolezza, i quali indicano che il cuore non riceve abbastanza ossigeno a motivo di un’ostruzione delle coronarie. Chi ha questi sintomi premonitori dovrebbe andare dal medico per farsi controllare il cuore. Il dott. Peter Cohn afferma: “Una volta che l’angina viene curata, non è detto che non possa esserci un infarto, ma almeno si riducono le probabilità di un infarto imminente”.

      L’infarto

      John prosegue il suo racconto: “Quel giorno dovevamo andare a giocare a softball. Quando, a pranzo, trangugiai un hamburger e patatine fritte, non diedi peso a una leggera sensazione di malessere, nausea e rigidità della parte superiore del corpo. Ma quando arrivammo sul campo da gioco e iniziammo a giocare, capii che c’era qualcosa che non andava. Nel corso del pomeriggio mi sentii sempre peggio.

      “Diverse volte mi distesi supino sulle panchine e tentai di sciogliere i muscoli pettorali, ma questi si irrigidivano sempre più. Mentre giocavo dicevo tra me e me: ‘Forse ho l’influenza’, in quanto a volte mi sentivo sudaticcio e debole. Quando correvo mi mancava subito il fiato. Mi distesi nuovamente su una panchina. Quando mi misi a sedere capii che mi stava succedendo qualcosa di grosso. Urlai a mio figlio James: ‘Devo andare all’ospedale ADESSO!’ Mi sentivo come se mi avessero sfondato il torace. Il dolore era tale che non riuscivo ad alzarmi. Pensai: ‘Possibile che stia avendo un infarto? Ho solo 38 anni!’”

      Il figlio di John, che all’epoca aveva 15 anni, racconta: “Nel giro di pochi minuti papà perse le forze, per cui dovemmo portarlo di peso alla macchina. Un mio amico guidò la macchina facendo domande a papà per controllare le sue condizioni. A un certo punto papà non rispose più. ‘John!’, gridò il mio amico. Ma mio padre non rispondeva. Poi sussultò sul sedile e cominciò ad avere le convulsioni e a vomitare. Cominciai a gridare come un ossesso: ‘Papà! Ti voglio bene! Non morire!’ Dopo le convulsioni papà si accasciò sul sedile. Pensai che fosse morto”.

      All’ospedale

      “Arrivati all’ospedale corremmo in cerca d’aiuto. Da quando avevo pensato che papà fosse morto erano passati due o tre minuti, ma speravo che lo si potesse rianimare. Con mia sorpresa, una ventina di altri testimoni di Geova che erano insieme a noi al campo da gioco erano nella sala d’attesa. Mi confortarono e mi espressero il loro affetto, il che fu di grande aiuto in un momento così difficile. Dopo una quindicina di minuti venne un dottore che spiegò: ‘Siamo riusciti a rianimare tuo padre, ma ha avuto un grave infarto. Non possiamo garantire che sopravvivrà’.

      “Poi mi permise di vedere brevemente papà. Le parole con cui papà esprimeva il suo amore per la famiglia mi fecero venire un nodo alla gola. In preda al dolore disse: ‘Figlio mio, ti voglio bene. Ricorda sempre che Geova è la persona più importante nella nostra vita. Non smettere mai di servirlo, e aiuta tua madre e i tuoi fratelli a non smettere mai di servirlo. La nostra speranza nella risurrezione è ben fondata, e se muoio, quando torno voglio rivedervi tutti’. Entrambi avevamo il volto rigato di lacrime d’amore, di paura e di speranza”.

      Mary, la moglie di John, arrivò un’ora dopo. “Quando entrai nel pronto soccorso il medico mi disse: ‘Suo marito ha avuto un grave infarto’. Ero stordita. Spiegò che il cuore di John era stato defibrillato otto volte. In questa procedura d’emergenza si usa una scarica elettrica per fermare i battiti convulsi del cuore e ristabilire il ritmo cardiaco normale. Insieme alla RCP, alla somministrazione di ossigeno e ai farmaci endovena, la defibrillazione fa parte del cosiddetto supporto cardiaco avanzato.

      “Quando vidi John provai un tuffo al cuore. Era pallidissimo e pieno di tubi e fili che lo collegavano a monitor. Silenziosamente pregai Geova chiedendogli di darmi la forza di superare questa prova per amore dei nostri tre figli e di aiutarmi a prendere decisioni sagge in merito a ciò che poteva succedere. Nell’avvicinarmi al letto di John pensai: ‘Cosa si può dire alla persona che si ama in una circostanza del genere? Si può essere preparati a una situazione in cui la vita stessa è in pericolo?’

      “‘Amore’, disse John, ‘lo sai che potrei non farcela. Tuttavia è importante che tu e i ragazzi rimaniate fedeli a Geova perché presto questo sistema finirà e malattie e morte non ci saranno più. Voglio risvegliarmi in quel nuovo sistema e trovarci te e i ragazzi’. Entrambi avevamo il volto rigato di lacrime”.

      La spiegazione del medico

      “In seguito il medico mi chiamò in disparte e mi spiegò che dagli esami risultava che l’infarto di John era dovuto a un’occlusione totale dell’arteria discendente anteriore sinistra. In più si era occlusa anche un’altra arteria. Il medico mi disse che dovevo prendere una decisione in merito alla terapia a cui sottoporre John. Potevo scegliere tra i farmaci e l’angioplastica. Secondo lui era meglio l’angioplastica, così optammo per questa. I medici, però, non promisero nulla, dato che la maggior parte di coloro che hanno un infarto del genere non sopravvive”.

      L’angioplastica è una tecnica chirurgica in cui un catetere con un palloncino sulla punta viene inserito in un’arteria coronaria, dopo di che si gonfia il palloncino per eliminare l’ostruzione. Questa tecnica ha un’alta percentuale di successo nel ripristinare il flusso sanguigno. Quando ci sono diverse arterie con gravi occlusioni, di solito viene raccomandato un intervento di by-pass.

      Una prognosi poco piacevole

      Dopo l’angioplastica John rimase in pericolo di vita per altre 72 ore. Alla fine il suo cuore cominciò a riprendersi dal trauma. Tuttavia, l’efficienza del cuore di John nel pompare il sangue era solo la metà di prima, e buona parte d’esso era diventato tessuto cicatriziale, per cui era quasi inevitabile che John diventasse invalido.

      Ripensando a quello che è successo, John raccomanda: “Di fronte al nostro Creatore, alla nostra famiglia, ai nostri fratelli e sorelle spirituali e a noi stessi abbiamo il dovere di ascoltare gli avvertimenti e di avere cura della nostra salute, soprattutto se siamo a rischio. In notevole misura, possiamo essere causa di felicità o di dolore. Dipende da noi”.

      Il caso di John era grave e richiedeva un intervento immediato. Certo, non tutti quelli che accusano un dolore simile a un bruciore allo stomaco devono precipitarsi da un dottore. Nondimeno, la sua esperienza è un avvertimento, e chi pensa di avere i sintomi dovrebbe sottoporsi a un check-up.

      Cosa si può fare per ridurre il rischio di infarto? Il prossimo articolo tratterà questo argomento.

      [Nota in calce]

      a I nomi che appaiono in questi articoli sono stati cambiati.

      [Riquadro a pagina 6]

      I sintomi dell’infarto

      • Una spiacevole sensazione di oppressione, costrizione o dolore al torace che dura più di qualche minuto. Potrebbe essere scambiata per un forte bruciore allo stomaco

      • Un dolore che si può irradiare alla mandibola, al collo, alle spalle, alle braccia, ai gomiti o alla mano sinistra, o che può presentarsi solamente lì

      • Dolore prolungato nell’alto addome

      • Respiro corto, capogiri, svenimento, sudorazione fredda

      • Affaticamento fisico (a volte anche settimane prima dell’infarto)

      • Nausea o vomito

      • Frequenti attacchi di angina non provocati da sforzi fisici

      I sintomi possono essere deboli o intensi, e non sempre si presentano tutti insieme. Se però avvertite una qualsiasi combinazione di questi sintomi, cercate subito aiuto. A volte, tuttavia, non ci sono sintomi; in questi casi si parla di infarto silente.

      [Riquadro a pagina 7]

      Azioni che possono salvare la vita

      Se avvertite i sintomi dell’infarto, o se li avverte qualcuno che conoscete:

      • Riconoscete i sintomi.

      • Interrompete qualsiasi cosa stiate facendo e mettetevi seduti o sdraiati.

      • Se i sintomi non cessano nel giro di qualche minuto, chiamate un’ambulanza. Dite all’operatore che sospettate di avere un infarto, e fornite le informazioni necessarie per localizzarvi.

      • Se potete portare la vittima al pronto soccorso più velocemente con la vostra macchina che chiamando un’ambulanza, fatelo. Se pensate di avere un infarto, chiedete a qualcuno di accompagnarvi al pronto soccorso.

      Mentre aspettate l’ambulanza:

      • Slacciate gli indumenti aderenti, compresa l’eventuale cintura e la cravatta. Mettete la vittima in una posizione comoda, sorreggendola con cuscini se necessario.

      • Rimanete calmi, che siate la vittima o il soccorritore. L’eccitazione può facilitare l’insorgere di un’aritmia potenzialmente fatale. La preghiera può aiutare molto a rimanere calmi.

      Se sembra che la vittima smetta di respirare:

      • Chiedete a voce alta: “Mi senti?” Se la vittima non risponde e non respira, e il polso è assente, iniziate la rianimazione cardiopolmonare (RCP).

      • Ricordate i tre passi fondamentali della RCP:

      1. Sollevate il mento della vittima per liberare le vie aeree.

      2. Dopo aver verificato che le vie aeree siano libere, chiudete le narici della vittima con le dita e soffiate lentamente per due volte nella bocca fino a che il torace non si solleva.

      3. Premete da 10 a 15 volte in mezzo al petto, tra i capezzoli, per far uscire il sangue dal cuore e dal petto. Ogni 15 secondi praticate due insufflazioni seguite da 15 compressioni fino alla ricomparsa del polso e della respirazione o all’arrivo dei soccorsi.

      La RCP andrebbe praticata da personale addestrato. Tuttavia, in mancanza d’altro, “qualsiasi RCP è meglio di niente”, dice il dott. R. Cummins, che dirige un’unità coronarica. A meno che qualcuno non intraprenda questi passi, le possibilità di sopravvivenza sono minime. La RCP fa guadagnare tempo fino a che non arrivano i soccorsi.

  • Come si può ridurre il rischio?
    Svegliatevi! 1996 | 8 dicembre
    • Come si può ridurre il rischio?

      LE MALATTIE delle coronarie sono state messe in relazione con diversi fattori genetici e ambientali oltre che con le abitudini di vita. Malattie coronariche e infarto possono essere il risultato di anni, se non di decenni, di rischi dovuti a uno o più di questi fattori.

      Età, sesso ed ereditarietà

      Il rischio di infarto aumenta con l’età. Circa il 55 per cento degli infarti colpisce persone al di sopra dei 65 anni. Circa l’80 per cento dei decessi dovuti a infarto interessa persone al di sopra dei 65 anni.

      Gli uomini sotto la cinquantina sono più a rischio delle donne della stessa età. Per le donne, dopo la menopausa il rischio di infarto aumenta a motivo del brusco calo del livello di estrogeno, un ormone che ha un effetto protettivo. Secondo alcune stime, la somministrazione terapeutica di estrogeni potrebbe ridurre del 40 per cento o più il rischio di malattie cardiache nelle donne, anche se potrebbe aumentare il rischio di sviluppare qualche tipo di tumore.

      I fattori ereditari possono giocare un ruolo molto importante. Le persone i cui genitori hanno avuto un infarto prima dei 50 anni sono maggiormente a rischio di infarto. Anche se i genitori hanno avuto un infarto dopo i 50 anni, il rischio è maggiore. Quando in famiglia c’è una storia di problemi cardiaci, è più probabile che i figli sviluppino problemi simili.

      Il ruolo del colesterolo

      Il colesterolo è un lipide (grasso) essenziale per la vita. Viene prodotto dal fegato e il sangue lo trasporta alle cellule, sotto forma di molecole dette lipoproteine. Ci sono due tipi di lipoproteine: quelle a bassa densità (colesterolo LDL) e quelle ad alta densità (colesterolo HDL). Il colesterolo diventa un fattore di rischio per le malattie coronariche quando il livello di colesterolo LDL nel sangue è troppo alto.

      Si pensa che le HDL svolgano un ruolo protettivo eliminando il colesterolo dai tessuti e riportandolo al fegato, dove viene modificato ed espulso dal corpo. Se il livello di LDL è alto e quello di HDL è basso, il rischio di cardiopatie è elevato. Abbassando il livello di LDL si può far diminuire in maniera significativa tale rischio. Un elemento fondamentale della terapia è la dieta, e anche l’esercizio fisico può essere utile. Vari farmaci possono risultare efficaci, ma alcuni hanno spiacevoli effetti collaterali.a

      Si raccomanda una dieta povera di colesterolo e di grassi saturi. Sostituendo cibi ricchi di grassi saturi, come il burro, con cibi che ne contengono pochi, come l’olio d’oliva o un olio di semi noto in alcuni paesi con il nome di canola oil, si può abbassare il livello di LDL e mantenere quello di HDL. D’altra parte, un periodico medico fa notare che gli oli vegetali idrogenati o parzialmente idrogenati che si trovano nella maggior parte delle margarine e dei grassi vegetali possono alzare il livello di LDL e abbassare quello di HDL. (American Journal of Public Health) Si raccomanda pure di ridurre il consumo di carni grasse sostituendole con carne magra di pollo o di tacchino.

      Diversi studi hanno dimostrato che vitamina E, betacarotene e vitamina C possono rallentare l’aterosclerosi negli animali. Uno studio è giunto alla conclusione che queste sostanze potrebbero ridurre l’incidenza degli infarti anche nell’uomo. Mangiare ogni giorno verdura e frutta ricche di betacarotene e di altri carotenoidi nonché di vitamina C (come pomodori, verdura con le foglie scure, peperoni, carote, patate dolci e meloni) può proteggere in qualche misura dalle malattie coronariche.

      Si dice pure che siano utili la vitamina B6 e il magnesio. Cereali integrali, come orzo e avena, come pure fagioli, lenticchie e alcuni tipi di semi e di frutta secca possono essere utili. In più, si pensa che mangiando pesci come il salmone, lo scombro, l’aringa o il tonno almeno due volte la settimana si possa diminuire il rischio di malattie coronariche, in quanto questi pesci sono ricchi di acidi grassi poliinsaturi omega-3.

      Vita sedentaria

      Per chi conduce una vita sedentaria il rischio di infarto è maggiore. Chi è sedentario rimane fisicamente inattivo per la maggior parte del giorno e non fa esercizio fisico regolare. Spesso queste persone hanno un infarto dopo attività faticose come fare lavori pesanti di giardinaggio, fare jogging, alzare oggetti molto pesanti o spalare la neve. Il rischio, tuttavia, diminuisce per chi fa regolarmente esercizio fisico.

      Camminando di buon passo per 20-30 minuti tre o quattro volte la settimana si può ridurre il rischio di infarto. L’esercizio fisico regolare migliora la capacità del cuore di pompare il sangue, aiuta a dimagrire e può anche abbassare il livello del colesterolo e la pressione del sangue.

      Pressione alta, sovrappeso e diabete

      La pressione del sangue alta (ipertensione) può danneggiare le pareti delle arterie, permettendo al colesterolo LDL di penetrare nel loro rivestimento e di favorire così la formazione di una placca. Man mano che la placca si accresce, aumenta la resistenza al flusso del sangue e quindi anche la pressione del sangue.

      La pressione del sangue va controllata regolarmente, in quanto potrebbe essere alta anche in assenza di segni esteriori. Per ogni unità in meno nella pressione diastolica, o minima (il secondo dei numeri con cui si esprime la pressione), il rischio di infarto può ridursi del 2-3 per cento. Per abbassare la pressione del sangue possono essere efficaci dei farmaci. Seguire una dieta, e in certi casi limitare l’assunzione di sale, oltre a fare regolarmente dell’esercizio fisico per dimagrire, può essere utile per tenere sotto controllo la pressione alta.

      Il sovrappeso favorisce la pressione alta e anomalie lipidiche. Evitare o curare l’obesità è fondamentale per prevenire il diabete. Il diabete accelera le malattie coronariche e aumenta il rischio di infarto.

      Fumo

      Il fumo delle sigarette è uno dei maggiori responsabili della malattia coronarica. Negli Stati Uniti è direttamente responsabile di circa il 20 per cento di tutti i decessi per infarto e di quasi il 50 per cento degli infarti nelle donne sotto i 55 anni. Il fumo fa aumentare la pressione del sangue e introduce nel circolo sanguigno sostanze chimiche tossiche, come nicotina e monossido di carbonio. Queste sostanze chimiche, a loro volta, danneggiano le arterie.

      Chi fuma mette in pericolo anche coloro che sono esposti al fumo. Vari studi indicano che per i non fumatori che vivono insieme ai fumatori il rischio di infarto è maggiore. Perciò, smettendo di fumare si può ridurre il rischio di avere un infarto e si può anche salvare la vita ai propri cari che non fumano.

      Stress

      In condizioni di grave stress emotivo o psicologico, per chi è affetto da malattia coronarica il rischio di infarto e di morte improvvisa per cause cardiache è molto più alto che per chi ha le arterie sane. Secondo uno studio, lo stress può far restringere le arterie già parzialmente occluse dalla placca, diminuendo il flusso di sangue anche del 27 per cento. È stato osservato un restringimento significativo anche in arterie poco malate. Un altro studio fa pensare che lo stress grave possa creare le condizioni per la rottura della placca presente sulle pareti arteriose, provocando un infarto.

      Una rivista afferma: “Sembra che alcuni affrontino la vita con uno spirito del tutto negativo. Sono cinici, arrabbiati e suscettibili. Mentre la maggioranza delle persone di fronte alle piccole irritazioni lascia correre, chi è ostile ha una reazione emotiva esagerata”. (Consumer Reports on Health) Sentimenti cronici di ira e di ostilità fanno salire la pressione del sangue, accelerano il battito cardiaco e stimolano il fegato a liberare colesterolo nel sangue. Questo danneggia le coronarie e contribuisce alle malattie coronariche. Si pensa che l’ira raddoppi il rischio di infarto, e questo rischio dura per almeno due ore. Cosa si può fare?

      Secondo il New York Times il dott. Murray Mittleman ha detto che chi si sforza di rimanere calmo in un conflitto emotivo può ridurre il rischio di infarto. Questo assomiglia molto a ciò che fu scritto nella Bibbia secoli fa: “Il cuore calmo è la vita dell’organismo carnale”. — Proverbi 14:30.

      L’apostolo Paolo sapeva cosa significa essere sotto stress. Parlò delle ansietà che lo assalivano ogni giorno. (2 Corinti 11:24-28) Tuttavia ricevette l’aiuto di Dio e scrisse: “Non siate ansiosi di nulla, ma in ogni cosa le vostre richieste siano rese note a Dio con preghiera e supplicazione insieme a rendimento di grazie; e la pace di Dio che sorpassa ogni pensiero custodirà i vostri cuori e le vostre facoltà mentali mediante Cristo Gesù”. — Filippesi 4:6, 7.

      Anche se ci sono altri fattori legati alle malattie cardiache, quelli che abbiamo preso in considerazione possono aiutare a identificare i rischi, permettendo così di agire di conseguenza. Alcuni, però, si sono chiesti cosa significa vivere con i postumi di un infarto. Quanto può essere completa la guarigione?

  • Il processo di guarigione
    Svegliatevi! 1996 | 8 dicembre
    • Il processo di guarigione

      DOPO aver avuto un infarto è normale provare timore e preoccupazione. Avrò un altro infarto? Rimarrò invalido o limitato dal dolore e dalla perdita di forza e vitalità?

      John, menzionato nel secondo articolo, sperava che con il passare del tempo il disagio quotidiano e il dolore al torace sarebbero passati. Tuttavia, dopo qualche mese, disse: “Finora non sono passati. In più, mi affatico facilmente e ho palpitazioni al cuore, per cui mi chiedo continuamente: ‘Sto per avere un altro infarto?’”

      Jane, una donna statunitense che ebbe un infarto quando era giovane e vedova, ha ammesso: “Pensavo che non sarei sopravvissuta o che avrei avuto un altro infarto e sarei morta. Questo mi gettava nel panico, perché avevo tre figli a cui badare”.

      Hiroshi, del Giappone, ha narrato: “È stata una doccia fredda sentir dire che il mio cuore non poteva funzionare più come prima; la mia funzionalità cardiaca si era ridotta del 50 per cento. Ero quasi certo che avrei dovuto ridurre drasticamente alcune delle attività che svolgevo come ministro dei testimoni di Geova, perché ora potevo fare meno della metà di quello che facevo prima”.

      Quando ci si trova con le forze limitate è facile sentirsi depressi o inutili. Marie, un’australiana di 83 anni che si dedicava a tempo pieno all’opera di predicazione dei testimoni di Geova, ha detto: “Il fatto di non poter essere attiva come un tempo mi rattristava. Anziché aiutare altri, adesso ero io ad avere bisogno di aiuto”. In Sudafrica, Harold ha detto: “Non ho potuto lavorare per tre mesi. In quel periodo lo sforzo maggiore che potevo fare era passeggiare in giardino. Era frustrante!”

      Quando Thomas, un australiano, ebbe il secondo infarto fu necessario intervenire chirurgicamente praticando un by-pass. Thomas ha detto: “Non sopporto bene il dolore, e l’idea di dover subire un grosso intervento chirurgico era quasi insopportabile”. Jorge, del Brasile, parlando della sua convalescenza dopo un intervento al cuore ha detto: “Vista la mia misera situazione finanziaria, temevo di lasciare mia moglie sola e senza assistenza. Pensavo che non sarei vissuto ancora per molto”.

      La guarigione

      Cosa ha aiutato molti a guarire e a ritrovare l’equilibrio emotivo? Jane ha osservato: “Quando ero in preda al panico mi rivolgevo sempre a Geova in preghiera, gettavo su di lui i miei pesi e poi lasciavo che li portasse lui”. (Salmo 55:22) La preghiera aiuta ad avere la forza e la pace mentale che sono indispensabili quando si hanno ansietà. — Filippesi 4:6, 7.

      John e Hiroshi hanno seguito terapie di riabilitazione. Una buona alimentazione e l’esercizio fisico hanno rinforzato il loro cuore, così entrambi hanno ricominciato a lavorare. Ed entrambi hanno attribuito la loro guarigione psicologica ed emotiva al sostegno dello spirito di Dio.

      Grazie al sostegno dei suoi fratelli cristiani Thomas ha trovato il coraggio di affrontare l’operazione. Ha detto: “Prima dell’intervento venne a trovarmi un sorvegliante e pregò con me. Implorò Geova di rafforzarmi, e lo fece in maniera molto accorata. Quella notte riflettei sulla sua preghiera e mi sentii benedetto per il fatto di avere anziani come lui, la cui empatia quando si è agitati fa parte di per sé del processo di guarigione”.

      Anna, che vive in Italia, affronta la depressione così: “Quando sono scoraggiata, penso a tutte le benedizioni che ho già ricevuto come servitrice di Dio e alle benedizioni che ci saranno sotto il Regno di Dio. Questo mi aiuta molto a riacquistare la serenità”.

      Marie è grata dell’aiuto che Geova le ha dato. La sua famiglia le è stata vicina, e lei dice: “I fratelli e le sorelle spirituali, ciascuno col proprio carico da portare, hanno trovato il tempo di venirmi a trovare, di chiamarmi al telefono o di scrivermi bigliettini. Come potevo rimanere triste quando mi veniva mostrato tanto amore?”

      Il cuore non deve soffrire di solitudine

      È stato detto che un cuore convalescente non dovrebbe soffrire di solitudine. Il sostegno dei familiari e degli amici ha un ruolo positivo notevole nella guarigione di chi ha il cuore fisicamente e figurativamente a pezzi.

      Michael, del Sudafrica, ha commentato: “È difficile spiegare ad altri cosa significa sentirsi avviliti. Ma quando entro nella Sala del Regno, l’interessamento dei fratelli mi conforta molto e mi tira su”. Anche Henry, che vive in Australia, è stato rafforzato dal profondo amore e dalla comprensione manifestati dalla sua congregazione. Ha detto: “Avevo proprio bisogno di quelle tenere parole di incoraggiamento”.

      Jorge apprezzò il profondo interessamento che altri mostrarono aiutando economicamente la sua famiglia fino a che lui non fu di nuovo in grado di lavorare. Anche Olga, che vive in Svezia, è grata dell’aiuto pratico che lei e la sua famiglia hanno ricevuto da molti fratelli e sorelle di fede. Alcuni le facevano la spesa, mentre altri le pulivano la casa.

      Spesso chi ha problemi cardiaci deve limitare la propria partecipazione ad attività che gli erano care. Sven, che vive in Svezia, ha raccontato: “A volte devo rinunciare a partecipare al ministero quando c’è troppo vento o fa troppo freddo, in quanto queste condizioni atmosferiche provocano spasmi vascolari. Sono grato della comprensione che molti altri Testimoni dimostrano sotto questo aspetto”. E quando è costretto a letto, Sven può ascoltare le adunanze perché i fratelli amorevolmente gliele registrano su cassetta. “Mi tengono informato di quello che succede nella congregazione, così mi sento partecipe”.

      Marie, che è costretta a letto, si sente benedetta perché le persone con cui studia la Bibbia vengono da lei. In questo modo può continuare a parlare del meraviglioso futuro che attende. Thomas è grato delle attenzioni che riceve: “Gli anziani sono stati molto comprensivi e mi affidano meno incarichi”.

      Le famiglie hanno bisogno di sostegno

      Per i familiari il processo di guarigione può essere difficile quanto lo è per la vittima. Sono soggetti a stress e timore in notevole misura. Riguardo all’ansietà di sua moglie, Alfred, del Sudafrica, ha osservato: “Quando tornai a casa dall’ospedale, mia moglie mi svegliava spesso durante la notte per vedere se stavo ancora bene, e insisteva che andassi dal medico per un check-up ogni tre mesi”.

      Proverbi 12:25 dice che ‘l’ansiosa cura nel cuore è ciò che lo farà chinare’. Carlo, un italiano, diceva che da quando lui aveva avuto un infarto la moglie, che lo sosteneva amorevolmente, “era caduta in depressione”. Lawrence, che vive in Australia, ha detto: “Una delle cose a cui stare attenti è che il proprio coniuge abbia le attenzioni necessarie. Per il coniuge la tensione può essere enorme”. Perciò dovremmo tener conto dei bisogni di tutti i familiari, bambini inclusi. Anche loro possono pagare un caro prezzo a livello fisico e psicologico.

      James, menzionato nel secondo articolo, si chiuse in se stesso dopo che il padre ebbe l’infarto. Dice: “Pensavo di non potermi più divertire perché temevo che non appena l’avessi fatto sarebbe successo qualcosa di grave”. Parlando dei suoi timori al padre e dandosi da fare per comunicare con altri è stato aiutato a vincere la sua preoccupazione. In quel periodo di tempo ha fatto un’altra cosa che ha influito moltissimo sulla sua vita. James dice: “Ho intensificato il mio studio personale della Bibbia e la preparazione per le adunanze cristiane”. Tre mesi dopo dedicò la sua vita a Geova e lo simboleggiò con il battesimo in acqua. “Da allora”, dice, “ho stretto una relazione molto intima con Geova. Ho davvero molte cose di cui ringraziarlo”.

      Dopo un infarto si ha il tempo di riflettere nuovamente sulla propria vita. John, ad esempio, ha cambiato modo di pensare. Egli ha detto: “Ti rendi conto della vanità delle mete mondane e capisci quanto è importante l’amore dei familiari e degli amici e quanto siamo importanti per Geova. Adesso la mia relazione con Geova, con la mia famiglia e con i fratelli e le sorelle spirituali è ancora più importante per me”. Riflettendo sulla sua esperienza traumatica, ha aggiunto: “Non riesco ad immaginare come avrei potuto superarla senza la speranza che un giorno queste cose saranno eliminate. Quando mi sento scoraggiato penso al futuro, e quello che sta succedendo ora sembra meno importante”.

      Mentre attraversano gli alti e i bassi del processo di guarigione, questi sopravvissuti all’infarto hanno la propria speranza fermamente ancorata nel Regno per cui Gesù Cristo ci insegnò a pregare. (Matteo 6:9, 10) Il Regno di Dio porterà agli uomini la vita eterna nella perfezione su una terra paradisiaca. Allora le malattie cardiache e tutte le altre forme di invalidità saranno eliminate per sempre. Il nuovo mondo è vicino. Sì, il meglio della vita deve ancora venire! — Giobbe 33:25; Isaia 35:5, 6; Rivelazione (Apocalisse) 21:3-5.

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