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La scrittura: un’arte antica quanto l’uomoLa Torre di Guardia 1963 | 15 febbraio
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La scrittura: un’arte antica quanto l’uomo
DOVE possiamo trovare notizie degne di fede sull’arte della scrittura? Qual è la fonte più antica? Nel suo libro La scrittura semitica (inglese), G. R. Driver identifica questa fonte, quando mette in evidenza il fatto che ogni notizia disponibile sull’uso della scrittura durante i primi secoli viene principalmente dalla Bibbia. In tale libro troviamo che Adamo, qualche tempo prima della sua morte, avvenuta nel 3096 prima dell’èra cristiana, scrisse: “il libro della posterità di Adamo”. (Gen. 5:1, VR) Ma che specie di scrittura si usava allora? Esplorando questo campo troveremo indicazioni che ci serviranno per rispondere a questa domanda e a molte altre.
Si ritiene, in generale, che l’alfabeto sia una invenzione relativamente recente, giacché esso è la più semplice forma di scrittura. Comunque, David Diringir, nella pubblicazione L’alfabeto: una chiave per la storia dell’umanità (inglese), osserva: “Sta di fatto che le più semplici forme di scrittura, sia antiche che moderne, sono non alfabetiche, ma questi sistemi di scrittura non alfabetica non sono in ogni caso più antichi delle forme di scritto alfabetico. Alcune delle più semplici forme di scrittura sono ancora in uso oggi, e in realtà si sono cominciate a usare molto tempo dopo che gli alfabeti erano stati saldamente istituiti e largamente usati”. Certamente Adamo, che ebbe principio come uomo perfetto, preparato da Dio per il suo compito nella vita, non imparò ad esprimersi verbalmente o per iscritto con un noioso metodo di successivi tentativi ed errori. Benché caduto nel peccato, egli tenne appropriate registrazioni degli eventi del suo tempo, registrazioni che furono più tardi usate da Mosè, sotto la guida di Dio, come base per scrivere una parte del racconto di Genesi.
Entro un periodo di tempo relativamente breve, dopo l’espulsione dell’uomo dall’Eden, furono edificate città, mentre la famiglia umana cresceva di numero. Vi fu la città di Enoc, ricordata nella Bibbia, ed Eridu, Larak, Sippar e altre, a cui si riferiscono le registrazioni di tavolette di fonte non biblica che sono state dissotterrate. (Gen. 4:17) Si svilupparono i commerci, l’allevamento del bestiame, l’artigianato, e altre arti utili alla società. (Gen. 4:20, 22) Il fatto che la scrittura sia usata per tenere le registrazioni di tali transazioni e contratti quotidiani, come è necessario negli affari, è messo in luce dalle molte tavolette che sono state trovate.
L’arte dello scrivere, comunque, non restò invariata. Man mano che la famiglia umana si allontanava sempre più dalla perfezione dell’uomo in Eden, le sue capacità diminuivano gradualmente. Dopo il diluvio dei giorni di Noè, quando il linguaggio dell’uomo fu confuso alla torre di Babele, fu aperta la strada alle più grandi varietà di scritture che, apparentemente, si svilupparono secondo un certo numero di linee.
LA SCRITTURA PER MEZZO DI IMMAGINI
Siano esse di origine antidiluviana o postdiluviana, molte delle più antiche tracce di scrittura che siano state trovate sono semplici disegni, tanto che il sistema è stato chiamato pittografico. Per raffigurare una casa, la cosa più semplice era disegnare una casa. Un animale poteva essere facilmente disegnato con semplici linee che ne raffigurassero il contorno. Alle volte, il metodo era reso più rapido adoperando una parte dell’oggetto in raffigurazione del tutto. Per esempio, la testa di un animale rappresentava l’animale stesso. Mentre il sistema aveva notevoli limitazioni esso era, a quanto sembra, adeguato al tempo in cui venne usato.
Edward Chiera, nel suo libro Scrissero sull’argilla (inglese), parla del modo nel quale il sistema poté probabilmente essere ampliato. “Era facile rappresentare idee concrete. . . . Un’idea astratta era più difficile da rappresentare, ma veniva in aiuto l’associazione delle idee. Un piede non indica sempre una determinata parte dell’anatomia umana; talvolta dà l’idea del camminare”. Questi sono chiamati ideogrammi. Un braccio potrebbe rappresentare la forza; una mano, il dare. Una goccia d’acqua, unita ad un occhio per rappresentare le lacrime, potrebbe significare piangere o sospirare. Una stella potrebbe indicare l’altezza, e un sole nascente potrebbe indicare il giorno. Ma in che modo il lettore poteva sapere come classificare i segni? Il problema fu risolto con l’uso di un segno determinativo, un ideogramma che indicava la classe generale a cui apparteneva l’oggetto.
Gli ideogrammi non sono certo caduti in disuso. Quando guardate un numero, o il simbolo del dollaro, o il teschio e le tibie incrociate su una bottiglia di veleno, state leggendo uno scritto ideografico che è chiaramente intelligibile qualunque sia la lingua che parlate. Molto spesso i bambini dei testimoni di Geova, che sono stati oralmente ammaestrati circa la Parola di Dio, usano annotazioni pittografiche o ideografiche per pronunciare brevi discorsi su soggetti biblici nella scuola di ministero della congregazione, prima ancora di aver cominciato a frequentare le normali scuole secolari.
In un sistema strettamente ideografico, si potrebbero moltiplicare all’infinito i disegni o i simboli usati, e tuttavia alcune parole non si potrebbero scrivere. Per esempio, come si potrebbe scrivere un nome? Si dovrebbe poter disegnare un ritratto della persona, ma ciò richiederebbe notevole abilità, per non confonderla con qualcun altro, e per poter “leggere” il disegno sarebbe necessario conoscere la persona in questione. La questione fu risolta con l’impiego del valore fonetico, o sonoro, dei simboli. Il simbolo corrispondente ad “occhio” avrebbe potuto essere usato non solo per rappresentare quella data parte del corpo, ma anche per il suo suono. Parecchi di questi simboli uniti insieme avrebbero potuto essere usati per aiutare il lettore a tirar fuori il suono della parola desiderata. Questa fu detta scrittura sillabica.
I CARATTERI CUNEIFORMI E I GEROGLIFICI CI NARRANO LA STORIA
La scrittura cuneiforme, largamente usata in Mesopotamia e adattata a varie lingue, non è un sistema che differisca dai metodi già descritti. Al contrario, “in principio la scrittura cuneiforme non era affatto cuneiforme: i caratteri erano meramente pittorici, e i simboli pittorici rappresentavano i vari oggetti, animati e inanimati”. (L’alfabeto [inglese] di D. Diringir) La parola “cuneiforme” significa semplicemente “a forma di cuneo”, e indica la forma dell’impressione lasciata nella molle argilla dallo strumento usato per scrivere. Quando le iscrizioni erano fatte sulla pietra, coloro che scolpivano la pietra copiavano lo stile dei segni fatti sull’argilla. Così la scrittura cuneiforme era al tempo stesso pittografica e ideografica; usava “immagini–suono”, molte delle quali furono catalogate per formare un sillabario, e fu anche usata nella scrittura alfabetica.
L’iscrizione cuneiforme che l’Encyclopedia Americana definisce del massimo interesse è la grande pietra monolitica sulla quale si trova il Codice di Hammurabi, un insieme di leggi riguardanti vari aspetti della vita sociale. Sir Charles Marston fa questo commento in merito al codice di leggi: “Sembra certo che le leggi di Hammurabi siano una codificazione delle più antiche e già esistenti leggi e usanze della Razza Semitica: la razza che ebbe origine da Sem, figlio di Noè, la razza a cui appartenevano gli Ebrei”. Poiché rappresentava molte delle leggi e usanze derivate dal primitivo sistema patriarcale di Noè, vi sono molte analogie fra quest’ultimo e il successivo codice mosaico di leggi date a Israele.
In Egitto si cominciarono a usare i geroglifici. Il nome stesso ha un chiaro significato. Esso significa “incisioni sacre”, ed era un’arte considerata un dono del loro dio Thoth. Anche i geroglifici, usati soprattutto per iscrizioni su monumenti ed edifici pubblici, erano una combinazione dei sistemi di scrittura pittografica, ideografica e fonetica. Di solito venivano tracciati da destra a sinistra; a volte, da sinistra a destra; e, per simmetria, anche dal centro verso l’esterno. Quando, nel diciottesimo secolo, i soldati di Napoleone invasero l’Egitto, trovarono la Pietra di Rosetta, che conteneva in greco e in caratteri geroglifici la stessa iscrizione in onore di Tolomeo Epifane. Questa fu la chiave che dischiuse la storia sigillata nei geroglifici egiziani.
L’impiego di un pennello sul papiro per uso di scrittura portò, per opera della classe sacerdotale, all’adattamento dei geroglifici a una forma corsiva chiamata “ieratica”. Lo ieratico è per il geroglifico ciò che la moderna scrittura a mano è per la stampa. Probabilmente, verso il 500 a.C., si sviluppò un sistema ancora più abbreviato, che aveva perduto molto della sua rassomiglianza con i geroglifici. Era il “demotico” o scrittura comune semplificata, usata dalla gente d’affari per la registrazione delle transazioni civili.
Anche in quei primissimi tempi le registrazioni scritte su pietra o su argilla cotta si moltiplicarono. Molte erano semplici registrazioni commerciali, che sono state trovate negli archivi reali e nei templi. Altre contenevano registrazioni di storia, di leggende, di notizie matematiche e religiose. In varie epoche esse furono raccolte in grandi biblioteche, come quelle scoperte a Babilonia e in Assiria. Poiché queste tavolette erano sovente immagazzinate in grandi vasi di coccio, gli archivi babilonesi furono designati con un vocabolo che significa “vaso di tavolette”. Furono anche usati cesti di canna e casse di legno.
L’USO DELL’ALFABETO
Mentre nel mondo antico vennero impiegati molti e svariati sistemi di scrittura, gli Ebrei usarono, a quanto sembra, la scrittura alfabetica. Si ritiene in genere che l’alfabeto sia di origine semitica. R. W. Rogers, nel 1º Volume della Storia di Babilonia e dell’Assiria (inglese), nel commentare la scrittura cuneiforme, dice: “Anche mentre lottavano ancora con ideogrammi, determinativi, e segni sillabici semplici e composti, i Fenici e gli Ebrei loro vicini, per non parlare di popoli ancora più primitivi come i Moabiti, venivano tracciando iscrizioni e, nel caso degli Ebrei, perfino libri in prosa e in versi, per mezzo di un semplice ed efficacissimo alfabeto, la cui formazione fu il più grande sforzo dell’antica civiltà”.
Degna di nota fra tali antiche iscrizioni alfabetiche è la Stele Moabita. È una iscrizione di Mesa, re di Moab, nella quale egli narra alcuni avvenimenti connessi alla sua ribellione contro Israele, a conferma del racconto di 2 Re 1 e 3. Inoltre, e di particolare interesse, è il fatto che nell’iscrizione appare il nome Geova.
La Bibbia indica chiaramente che l’arte della scrittura non solo era nota agli Israeliti ai giorni di Mosè, ma era comunemente usata dal popolo. Ciò è mostrato dall’ordine che Geova diede a tutto il popolo, quando egli disse, a proposito delle parole del comando di amare il loro Dio: “Scrivile sugli stipiti della tua casa e sopra le tue porte”. (Deut. 6:9, Na) Questo è un fatto attestato dalle antichissime prove dell’arte della scrittura, e ora confermato dalle più recenti scoperte dell’archeologia. Nell’appendice al libro La Bibbia torna in vita (inglese), è riprodotta una lettera di S. Langdon all’editore del Times che dice: “La presenza di uno scritto alfabetico del periodo mosaico a Canaan è stata una grande scoperta, che prova l’esistenza di scritti alfabetici in quel tempo, e in un testo da cui derivarono le ordinarie lettere ebraiche. Non vi può quindi essere alcun dubbio sulla possibilità che gli Ebrei scrivessero documenti in questo periodo”.
Dove ne acquistarono la capacità? Dato che Mosè si servì di documenti antidiluviani nella compilazione del libro di Genesi, è evidente che gli uomini, prima del Diluvio, avevano già la capacità di scrivere, che fu data al primo uomo, Adamo, da Dio. Essa fu usata per salvaguardarci dalla fallace memoria umana, affinché in questo tempo avessimo le informazioni che Dio ha provvedute per istruirci. (Matt. 24:37; Rom. 15:4) Un documento scritto da Sem dopo il Diluvio ci dice che quando gli uomini presuntuosamente cercarono di costruire la torre di Babele per raggiungere il cielo stesso, Dio intervenne e sventò i loro folli progetti, confondendo le loro lingue. (Gen. 11:1-9) Non vi è alcuna indicazione che il fedele Noè o Sem prendesse parte a quel tentativo di glorificare gli uomini; essi non avrebbero dovuto trovarsi fra quelli il cui linguaggio fu confuso. Così, non deve sorprenderci il trovare che, secoli dopo, i popoli semitici (discendenti di Sem) scrivevano iscrizioni, prosa e versi, mentre gli appartenenti ad altri gruppi nazionali stavano ancora lottando nel tentativo di sviluppare sistemi atti ad esprimere per iscritto le loro idee.
I greci presero a prestito dai popoli semitici l’alfabeto, lo modificarono e lo trasmisero alle nazioni dell’occidente. Lo stesso alfabeto italiano deriva dal latino, come la maggior parte di quelli della moderna Europa, ma essi hanno radici più lontane, che li riportano, attraverso lo sviluppo greco, fino ai Semiti.
CAMBIAMENTI NELL’ARTE
I cambiamenti hanno contrassegnato l’arte dello scrivere fin dai tempi più antichi, e continuano ancora. Le scritture pittografiche, ideografiche, cuneiformi, geroglifiche e alfabetiche sono state tutte di moda. La scrittura di pochi secoli fa è spesso quasi inintelligibile alla gente di oggidì, benché si tratti sostanzialmente dello stesso linguaggio.
In certe epoche, i manoscritti erano tracciati interamente a lettere maiuscole, o a grandi caratteri rotondi chiamati onciali. Gli scritti primitivi non avevano spazi fra le parole, né usavano punteggiatura. Tutto questo è cambiato, così come sono cambiati i materiali per scrivere. Invece di argilla, pietra, metallo, legno, papiro, cuoio, ecc., ora si usa la carta.
L’alfabeto italiano non è perfetto. Ha ventuno lettere, per rappresentare 27 suoni. Questa antica e nobile arte dello scrivere cambierà ancora, ma continuerà ad essere una chiave per la trasmissione della conoscenza.
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Scritture per marzoLa Torre di Guardia 1963 | 15 febbraio
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Scritture per marzo
16 “Voi siete i miei testimoni”, dichiara Geova, “e il mio servitore che io ho scelto”. — Isa. 43:10. TG 15/1/62 4, 5
17 Il frutto invece dello spirito è . . . gioia. — Gal. 5:22, Na. TG 1/5/61 9a
18 Dovunque due o tre son radunati nel nome mio, quivi son io in mezzo a loro. — Matt. 18:20, VR. TG 15/12/61 23, 24
19 Dio ha scelto le cose pazze del mondo per svergognare i savi. — 1 Cor. 1:27, VR. TG 15/10/61 11
20 Lo stolto dà sfogo a tutta la sua ira, ma il savio rattiene la propria. — Prov. 29:11, VR. TG 1/5/61 22a
21 Or nella chiesa d’Antiochia v’eran dei profeti e dei dottori: Barnaba, . . . e Saulo. — Atti 13:1, VR. TG 1/9/61 7, 8
22 Avanziamo verso la maturità. — Ebr. 6:1. TG 1/12/61 1-3a
23 E quel ch’è in buona terra, son coloro i quali, dopo aver udita la Parola, la ritengono in un cuore onesto e buono, e portan frutto con perseveranza. — Luca 8:15, VR. TG 1/10/61 4, 5a
24 Sia benedetto l’Eterno Iddio, l’Iddio d’Israele, il quale solo fa meraviglie! . . . e tutta la terra sia ripiena della sua gloria! — Sal. 72:18, 19, VR. TG 1/2/62 2-4
25 Poiché a chiunque ha sarà dato, ed egli sovrabbonderà; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. — Matt. 25:29, VR. TG 1/8/61 13, 14a
26 Sapete pure che, come fa un padre coi suoi figliuoli, noi abbiamo esortato, confortato . . . ciascun di voi. — 1 Tess. 2:11, VR. TG 15/9/61 15, 16
27 In verità vi dico che in quanto non l’avete fatto ad uno di questi minimi, non l’avete fatto neppure a me. — Matt. 25:45, VR. TG 1/10/61 6a
28 D’ora in poi tu sarai pescatore di uomini! — Luca 5:10, Na. TG 15/10/61 16, 17
29 Mi son fatto tutto a tutti per salvare, in ogni modo, alcuni. E tutto questo lo faccio per il Vangelo, affinché di esso ne diventi anch’io partecipe insieme a loro. — 1 Cor. 9:22, 23, Na. TG 1/12/61 24, 25
30 Esercitatevi vigorosamente. — Luca 13:24. TG 15/1/62 2, 3a
31 Celebrate l’Eterno, . . . Colui che solo opera grandi maraviglie. — Sal. 136:1, 4, VR. TG 1/2/62 14, 15
(Indicazione dei luoghi di ulteriori commenti su queste scritture: I numeri dopo la data de “La Torre di Guardia” si riferiscono ai paragrafi nel primo articolo di studio. Quando il numero del paragrafo è seguito da “a”, il commento è nel secondo articolo di studio; quando vi è “b”, si riferisce al terzo articolo di studio.)
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