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Mantenete la lingua sotto controlloLa Torre di Guardia 1968 | 15 febbraio
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neppure mangi’”. È una gioia, perciò, e non il modo di fare dell’uomo pigro, comportarsi come Bereani di ‘mente nobile’, che esaminarono le Scritture ogni giorno con attenzione. — 2 Tess. 3:8-10; Atti 17:11.
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La lingua: Potere per il bene o per il maleLa Torre di Guardia 1968 | 15 febbraio
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La lingua: Potere per il bene o per il male
“Io vi dico che di ogni parola non profittevole gli uomini renderanno conto nel Giorno del Giudizio; poiché dalle tue parole sarai dichiarato giusto e dalle tue parole sarai condannato”. — Matt. 12:36, 37.
1, 2. Da che cosa può dipendere la nostra vita futura, e come ne possiamo controllare le conseguenze?
QUANDO Gesù proferì le suddette parole poté aver pensato alle parole di Salomone riportate in Ecclesiaste 12:14: “Il vero Dio stesso porterà ogni sorta di opera in giudizio relativamente a ogni cosa nascosta, in quanto a se è buona o cattiva”. Fa soffermare e pensare. È la parola così importante da determinare la nostra vita futura? In tal caso, sembrerebbe profittevole che ognuno faccia un ‘inventario’. Vale la pena dunque controllare da ora in poi la nostra vita al fine di poter sperare di vivere nel nuovo ordine di cose di Dio?
2 Perché lo sforzo sia rimuneratore deve farsi per uno scopo. Ricordate che l’apostolo Paolo disse di percuotere piuttosto il suo corpo e controllarlo come suo schiavo anziché andare incontro alle conseguenze d’essere rigettato. Comprendendo che “la condotta dell’uomo non è nelle sue proprie mani; non sta all’uomo aver controllo delle sue azioni”, dobbiamo cercare la giusta guida. (Ger. 10:23, Mo) La sorgente di tale guida è la Bibbia, l’ispirata Parola di Dio. “Confida in Geova con tutto il tuo cuore e non t’appoggiare al tuo proprio intendimento. In tutte le tue vie riconoscilo, ed egli stesso renderà diritti i tuoi sentieri”. (Prov. 3:5, 6) Con tale guida divina dovremmo essere in grado di parlare rettamente, di controllare il nostro discorso con intelligenza e di portare “ogni pensiero in cattività per renderlo ubbidiente al Cristo”. — 2 Cor. 10:5.
3, 4. Di quale condizione delle congregazioni si preoccupò Giacomo, e a che cosa poté attribuirla?
3 Per capire la grandezza del compito, considerate ciò che il discepolo Giacomo ha da dire di quella cosa che chiama “indisciplinata e dannosa”. (Giac. 3:8) Egli comprendeva che vi era potere nella lingua, che poteva influire per il bene o per il male. Sorvegliante nella congregazione di Gerusalemme e membro del corpo governante della chiesa o congregazione primitiva, egli si preoccupava seriamente delle difficoltà interne delle congregazioni, come se ne era preoccupato l’apostolo Paolo circa la congregazione di Corinto, dove esistevano lotta, gelosia, ira, contesa, maldicenza, sussurri, presunzione e disordine generale. (2 Cor. 12:20) Giacomo invitò perciò “le dodici tribù che sono disperse” a considerare attentamente il bisogno di eliminare ogni sudiciume, cattiveria morale, distinzione di classe e cose che facevano inciampare. — Giac. 1:1, 21; 2:4, 9.
4 Giacomo chiese loro di riconoscere le loro imperfezioni e la tendenza naturale a inciampare. Disse: “Se uno non inciampa in parola, questi è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche l’intero corpo.
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