-
C’è il nome di Dio nella vostra Bibbia? Dovrebbe esserci?La Torre di Guardia 1978 | 1° settembre
-
-
C’è il nome di Dio nella vostra Bibbia? Dovrebbe esserci?
LA DOMENICA mattina 8 maggio 1977, Jack Siebert, un ministro, era impegnato a parlare della Bibbia agli inquilini di un palazzo a New York.
Una donna poco più che ventenne ascoltò con piacere il messaggio biblico e disse che desiderava avere una Bibbia. Il sig. Siebert gliene offrì una copia. “È una Bibbia vera?” chiese la donna. Ricevuta l’assicurazione che era una Bibbia completa in lingua moderna, l’accettò volentieri e contribuì per la spesa.
Successivamente il ministro tornò con un amico. La donna li invitò a entrare, ma disse: “La settimana scorsa mi avete ingannato. Questa non è una Bibbia vera!” Cosa voleva dire?
Essa continuò: “In questa Bibbia c’è tante volte il nome Geova. Mi sono così arrabbiata che, mentre la leggevo, ho cancellato il nome tutte le volte che l’ho trovato!”
Pensate che questa donna sincera avesse motivo di inquietarsi? È vero che “Geova” non è il nome di Dio e che non dovrebbe essere nella Bibbia? Si trova nella Bibbia che usate? Dovrebbe esserci? Parlando di Dio, usate un nome personale?
In questo caso, il ministro fece notare alla donna alcune informazioni sul nome di Dio che la sorpresero. Anzi, ne fu turbata e disse: “Perché non ho imparato queste cose nella mia chiesa? Perché non me l’hanno insegnato?”
Effettivamente, tutti quelli che leggono la Bibbia dovrebbero conoscere alcune delle cose che il sig. Siebert spiegò. Dovrebbero conoscerle anche tutti quelli che dicono la preghiera del Padre Nostro, cioè: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo Nome”. — Matt. 6:9, versione di Fulvio Nardoni.
Qual è in realtà questo nome? “Signore”, “Dio”, “Geova”, “Yahweh”, “Iavè”, o qualche altro? Nella versione di Salvatore Garofalo, il nome “Jahve” compare migliaia di volte. Qual è la forma corretta? E alcune traduzioni hanno il nome divino in quello che viene chiamato “Nuovo Testamento”. C’è nella vostra Bibbia? Dovrebbe esserci?
Negli ultimi tempi, sono state scoperte alcune nuove e interessanti informazioni riguardo al nome di Dio. Le troverete negli articoli che seguono. Esaminatele, poiché riguardano voi personalmente. In che senso?
La Bibbia dice che Dio presta speciale attenzione a coloro che lo riveriscono e parlano di lui. Poi aggiunge: “È stato scritto un libro di memorie al suo cospetto per quelli che temono il Signore e che pensano al suo nome”. (Mal. 3:16, La Bibbia Concordata) Può dirsi questo di voi? Ha Dio preso nota di voi nel suo libro di memorie, perché lo temete e pensate al suo nome e lo invocate? Gli articoli che seguono si riferiscono sia al suo nome che al vostro.
-
-
Che ne è stato del nome di Dio?La Torre di Guardia 1978 | 1° settembre
-
-
Che ne è stato del nome di Dio?
LA DONNA menzionata alla pagina precedente era abituata a Bibbie che hanno “Signore” e “Dio” in molti punti dove ora leggeva “Geova”.
Ma quando il ministro le fece gentilmente notare che Signore è un titolo, non un nome personale, essa ne convenne. Quindi egli citò Isaia 42:8, che in molte Bibbie dice: “Io sono il Signore: questo è il mio nome. Ad altri non darò la mia gloria”. (La Bibbia Concordata) Essa osservò che Signore si riferiva ovviamente al Creatore, ma ammise che non è un nome. Dato che questo versetto parla del “nome” di Dio, qual è questo nome?
Per capire la risposta, dobbiamo esaminare in breve alcuni fatti in merito alla Bibbia, scritta originariamente in ebraico e in greco. Anche se di solito non vi interessate di questi particolari, considerate in breve quanto segue, poiché ha relazione con la considerazione che faremo più avanti del nome di Dio e del vostro.
Nell’originale ebraico di Isaia 42:8, invece del titolo “Signore” troverete queste quattro lettere ebraiche che sono il nome di Dio יהוה (ebraico moderno). Sono chiamate spesso Tetragramma (che significa “quattro lettere”) e sono rappresentabili con YHWH o JHVH. Le pronunce del Tetragramma più comuni in italiano sono “Geova” e “Jahve”. (Più avanti diremo dell’altro a questo riguardo).
Gli Ebrei, l’antico popolo di Dio, tenevano in grande considerazione il Suo nome e lo usavano. Ricevette molto risalto nella Bibbia, poiché vi ricorre più di 6.900 volte. Capite ciò che questo significa? Il nome di Dio era continuamente sotto gli occhi dei veri adoratori mentre leggevano la “parola” di Dio o ne ascoltavano la lettura. (Gios. 1:8; 8:34, 35) Per esempio, Mosè comandò al popolo di radunarsi regolarmente per ascoltare la lettura della legge in Deuteronomio, il che significava udire il nome di Dio più di 500 volte. (Deut. 31:10-12) Inoltre, sembra che i Salmi da 113 a 118 fossero cantati a Pasqua da tutte le famiglie. Nei 29 versetti del solo Salmo 118, il nome personale di Dio era cantato 22 volte. — Confronta Matteo 26:30.
PERCHÉ SMISERO DI USARE IL SUO NOME?
Gli adoratori ebrei avevano numerose ragioni per usare il nome di Dio. La Bibbia li esortava a ‘invocare il suo nome’ e ad ‘amare il suo nome’. (Isa. 12:4; Sal. 69:36) Ciò malgrado, in un’epoca posteriore, gli Ebrei cominciarono a evitare superstiziosamente di pronunciare quel sacro nome. Nel leggere la Bibbia, quando lo incontravano, dicevano Adonay (Signore) o Elohim (Dio). Ma perché?
Alcuni dicono che accadde per il timore di usare erroneamente il sacro nome di Dio. I Dieci Comandamenti dicevano che non ci si doveva servire del suo nome in modo indegno. (Eso. 20:7) È chiaro che qualsiasi irriverente o disonesto uso del nome era proibito. E Levitico 24:16 comandava di mettere a morte chi abusava del nome di Dio, che si trattasse di un Ebreo di nascita o di un residente forestiero. Ma questo significava evitare di abusarne, non di usarlo. Pertanto, secondo l’evidenza, durante gran parte dei tempi biblici gli Ebrei comuni usarono il nome di Dio, sia nelle attività religiose che rispettosamente negli aspetti della vita quotidiana.
Per esempio, nel 1961, fu scoperta a una trentina di chilometri a sud-ovest di Gerusalemme un’antica caverna usata come luogo di sepoltura. Pare che la caverna risalga al tempo del re Ezechia (745-716 a.E.V.). Sulle pareti furono trovate iscrizioni ebraiche contenenti il Tetragramma, come “Geova è l’Iddio di tutta la terra”. E nel 1966 fu pubblicato un resoconto relativo a frammenti di coccio trovati ad Arad, nella parte meridionale di Israele, frammenti contenenti uno scritto. Uno di essi, quello che vedete nella figura, era una lettera privata in lingua ebraica scritta da un dipendente a Eliashib. La lettera comincia dicendo: “Al mio signore Eliashib, Yahweh chieda la tua pace. E ora . . .” — Israel Exploration Journal, Vol. 13, N. 2, pagg. 74-92; Vol. 16, N. 1, pagg. 1-7.
Tenendo presente il fatto che molti antichi Ebrei usavano il nome divino perfino in contesti che non erano esclusivamente religiosi, ci si potrebbe chiedere quando sorse la superstiziosa abitudine di evitarlo. In effetti, oggi nessuno può dirlo con certezza. Alcuni, sulla base di scritti rabbinici giudaici, sostengono che nel primo secolo, quando Gesù era sulla terra, il nome non era usato. Ma anche se allora si stava diffondendo la superstiziosa abitudine di evitarlo, ciò non significa che il nome personale di Dio non fosse mai usato. A questo riguardo, il dott. M. Reisel scrisse: “Il Tetragramma dovette essere pronunciato dal Sommo Sacerdote fino alla distruzione del Secondo Tempio nel 70 E.V.”
Ma forse vi è sorta una domanda riguardo a Gesù e agli apostoli. Avrebbero essi usato il nome di Dio nello scrivere, nel parlare o nel leggere le Scritture? Per esempio, che dire di quella volta in cui Gesù si alzò in piedi nella sinagoga di Nazaret e lesse Isaia 61:1? Il Tetragramma compare nel testo ebraico, che comincia dicendo: “Lo spirito del Signore Jahve è sopra di me, . . .” (Versione di Garofalo [Ga]) Pensate che, anche se alcuni Giudei superstiziosi rifiutavano di usare il nome divino, Gesù l’avrebbe evitato di proposito? Ricordate che disse: “Io ho reso manifesto il tuo nome agli uomini che mi hai dati dal mondo”. — Giov. 17:6.
Il racconto di ciò che Gesù disse leggendo Isaia 61:1 si trova in Luca 4:18, 19. Se cercate questi versetti in qualsiasi altra versione italiana di larga diffusione che non sia la Traduzione del Nuovo Mondo, non vi troverete il nome personale di Dio. Noterete invece che sono messe in bocca a Gesù queste parole: “Lo Spirito del Signore è sopra di me . . .” — Ga.
Pensate che Gesù dicesse proprio così? Perché in questo punto la maggioranza delle Bibbie dicono “Signore” anziché usare il nome personale di Dio? La risposta è collegata a una recente indagine che ha tutto il fascino di un racconto poliziesco. Vi invitiamo a seguire le tracce e a notare alcuni dei sorprendenti indizi che sono stati scoperti.
[Immagine a pagina 5]
Tetragramma in un’antica lettera su coccio
-
-
Nuove sorprendenti prove portate alla luce!La Torre di Guardia 1978 | 1° settembre
-
-
Nuove sorprendenti prove portate alla luce!
RISCHIAVANO letteralmente la vita scendendo lungo le ripide pareti rocciose fino a quella che ora è chiamata Grotta degli Orrori. Non si aspettavano certo di trovare in mezzo a degli scheletri un importante indizio che ha a che fare con la vostra Bibbia.
Per immedesimarvi, immaginate d’essere nell’arida e selvaggia regione raffigurata a pagina 9, sui monti a ovest del mar Morto.
A sud c’è Masada, la fortezza isolata dove, nel 73 E.V., fu espugnato dai Romani l’ultimo caposaldo della rivolta giudaica. A nord ci sono le rovine di Qumran, centro di una comunità ebraica del primo secolo che nascose nelle grotte vicine il famoso Rotolo del mar Morto di Isaia e altri scritti.
All’inizio del 1961, un’équipe di esperti si accinse a esplorare le grotte dell’impervio Nahal Hever. Erano equipaggiati con ricercatori di mine, maschere antipolvere, corde e imbracature di paracadute. Fu una pericolosa discesa di 80 metri fino all’ingresso della grotta numero 8, ribattezzata Grotta degli Orrori. Un passo falso poteva significare una caduta di centinaia di metri sulle rocce sottostanti.
Il macabro nome di Grotta degli Orrori deriva da ciò che gli esploratori trovarono all’interno: gli scheletri di una quarantina di uomini, donne e bambini. Erano stati seguaci del condottiero giudeo Bar Kokeba, che nel 132 E.V. capeggiò una guerra contro Roma. L’ipotesi è che quando i Romani si accamparono sulla cima del dirupo, essi rimasero intrappolati, morendo di sete o di fame.
Ma forse vi chiedete che cosa c’entri tutto questo con la domanda se Gesù e gli apostoli usassero il nome personale di Dio, e, per estensione, se esso debba comparire nella vostra Bibbia o se voi dobbiate pronunciarlo. Il legame si trova in nove piccoli frammenti di pergamena, scritti in greco, scoperti nella Grotta degli Orrori.
Dopo averli attentamente studiati, gli eruditi riconobbero che questi frammenti provenivano da un antico rotolo in pelle contenente i Dodici Profeti (da Osea a Malachia). È un testo greco a cui è attribuita una data che va dal 50 a.E.V. al 50 E.V. Si sapeva da dove proveniva il rotolo, la Grotta degli Orrori nel deserto della Giudea. Anche se ancora non ne comprendete l’importanza, questo è uno dei principali indizi per stabilire se il nome divino dovrebbe comparire nella Bibbia.
Affinché questo indizio abbia vero significato per voi, dobbiamo considerare quali rotoli ebbero a disposizione Gesù e gli apostoli nel primo secolo E.V.
LA PAROLA DI DIO IN GRECO
I libri biblici da Genesi a Malachia furono scritti originariamente in ebraico, con piccole parti in aramaico. Tuttavia, quando gli Ebrei furono dispersi in tutto il mondo antico cominciarono a parlare la lingua internazionale, il greco. Quindi, verso il 280 a.E.V., le Scritture Ebraiche cominciarono a essere tradotte in greco, e ne risultò quella che è chiamata Versione dei Settanta (LXX) greca.
Allorché Gesù cominciò il suo ministero, questa versione era largamente usata dai Giudei di lingua greca. Dalle parole usate dagli apostoli nei loro scritti possiamo dedurre che conoscevano bene la Settanta, come la conosceva senz’altro anche Gesù.
Ma quella traduzione greca conteneva il nome di Dio? I manoscritti più completi della Settanta che ci sono pervenuti, risalenti al quarto secolo E.V., rivelano una situazione sorprendente. In tutti i punti in cui la Bibbia ebraica aveva il Tetragramma, la Settanta greca sostituì le parole “Dio” (Theos) e “Signore” (Kyrios). Quindi fra gli eruditi c’era l’idea che Gesù e gli apostoli non usassero il nome personale di Dio. Alcuni dicevano che essi, leggendo o citando le Scritture in ebraico, seguivano l’usanza di pronunciare invece le parole che stanno per “Signore” o “Dio”. E in quanto alla copia dei Settanta che usavano, non conteneva neppure il Nome.
La maggior parte dei teologi si sono attenuti fiduciosamente a questa idea. Ma che dire ora dell’indizio trovato nella Grotta degli Orrori?
L’INDIZIO TROVATO IN GIUDEA
Rammentate che nella Grotta degli Orrori, nel deserto della Giudea, c’erano alcuni frammenti di un rotolo in pelle contenente i Dodici Profeti scritto intorno all’epoca della nascita di Gesù. Era in greco, nella forma della Settanta. Ma che dire del nome di Dio? Notate il testo riprodotto qui a fianco.
Questi frammenti rinvenuti nel deserto della Giudea contenevano il nome divino in un antico stile di ebraico! Anche se il testo principale era in greco, il nome di Dio era stato conservato in lettere ebraiche. Il Tetragramma non era stato sostituito con il titolo greco Kyrios, come si fece con i manoscritti della Settanta nei secoli successivi.
Ma ancora più recentemente si è prestata attenzione a un altro importante indizio. Anch’esso è molto utile per stabilire se nella vostra Bibbia ci dovrebbe essere il nome di Dio, e, quindi, se voi dovreste usare tale nome. Questo indizio è venuto alla luce al Cairo.
L’INDIZIO TROVATO IN EGITTO
L’indizio consiste in molti frammenti di un antico rotolo papiraceo di Deuteronomio, frammenti che nel museo sono elencati con il nome di Papiri Fouad Numero 266. Sebbene questi frammenti fossero trovati negli anni quaranta, gli studiosi non poterono accedervi per studiarli.
Nel 1950 la Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane (inglese) fu la prima a pubblicare fotografie di alcuni di questi rari frammenti. Ma per tutti gli anni cinquanta e sessanta la maggioranza degli esperti non poté esaminare i frammenti veri e propri, e nessun’altra pubblicazione specializzata ne riprodusse fotografie o li poté analizzare tutti. Ciò fu fatto infine nel volume Études de Papyrologie del 1971. Ma cosa c’era di così straordinario in quei frammenti? E cosa c’entrano con l’uso del nome di Dio?
I papiri Fouad 266 furono preparati nel secondo o nel primo secolo a.E.V. Non sono in ebraico ma in greco. Date un’occhiata alla scrittura nei campioni dei Fouad 266 riprodotti qui sotto. Vedete che, anche se il testo principale è in greco, viene usato il Tetragramma in chiare lettere ebraiche? Quindi neppure il copista di questo rotolo papiraceo sostituì al Nome le parole greche per “Signore” (Kyrios) o “Dio”. Invece, inserì più di 30 volte — nel corso della scrittura greca — il Tetragramma in lettere ebraiche!
Il dott. Paul E. Kahle di Oxford ha spiegato che questi frammenti contengono “forse il più perfetto testo di Deuteronomio della Settanta che ci sia pervenuto”. In Studia Patristica, aggiunge: “Qui in un rotolo papiraceo abbiamo un testo greco che presenta il testo della Settanta in forma più attendibile del Codice Vaticano e che fu scritto oltre 400 anni prima”. E conserva il nome personale di Dio, com’è conservato nei frammenti greci del rotolo dei Dodici Profeti trovati nel deserto della Giudea. Sono entrambi d’accordo.
Nel Journal of Biblical Literature (Vol. 79, pagg. 111-118), il dott. Kahle esamina il cumulo di evidenze inerenti all’uso del nome divino da parte dei Giudei e conclude:
“Tutte le traduzioni greche della Bibbia fatte da Giudei per i Giudei nei tempi precristiani devono aver usato, come nome di Dio, il Tetragramma in caratteri ebraici e non [Kyrios], o abbreviazioni d’esso, come troviamo nelle [copie] cristiane” della Settanta.
L’attenzione prestata alla conservazione del nome divino si riscontra anche in testi di lingua ebraica che risalgono al primo secolo. In alcuni rotoli ebraici rinvenuti nelle grotte attorno al mar Morto, il Tetragramma era scritto in inchiostro rosso o in uno stile ebraico più antico facilmente distinguibile. J. P. Siegel fece questi commenti in proposito:
“Non appena furono scoperti i manoscritti di Qumran oltre vent’anni fa, una delle loro più sorprendenti caratteristiche fu il fatto che, in un gruppo limitato di passi, compariva il Tetragramma scritto in caratteri paleoebraici. . . . Questo è ovviamente indice di profonda riverenza per il Nome Divino”. — Hebrew Union College Annual, 1971.
Per di più, si afferma che nella Gerusalemme del primo secolo esisteva un rotolo ebraico dei cinque libri di Mosè con il Tetragramma in lettere d’oro. — Israel Exploration Journal, Vol. 22, 1972, pagg. 39-43.
Queste nuove evidenze non indicano in modo vigoroso che Gesù deve aver ben conosciuto e usato il nome divino, sia che leggesse le Scritture in greco o in ebraico?
[Immagine a pagina 7]
Frammento del mar Morto in greco, con il Tetragramma ebraico (Abac. 2:15-20; 3:9-14)
[Immagine a pagina 8]
Tetragramma in frammenti della Settanta rinvenuti in Egitto (Papiri Fouad 266)
-
-
Qualcosa di nuovo sul nome di Dio?La Torre di Guardia 1978 | 1° settembre
-
-
Qualcosa di nuovo sul nome di Dio?
NELLE pagine precedenti abbiamo considerato alcune nuove sorprendenti evidenze circa l’uso del nome di Dio all’epoca in cui Gesù e gli apostoli furono sulla terra.
Capite quale conclusione è additata da queste evidenze? Che relazione hanno con ciò che dovreste trovare nella Bibbia e con il modo in cui voi personalmente considerate il nome di Dio? Notate le conclusioni tratte da un insigne studioso che ha vagliato l’evidenza dei manoscritti:
Poco più di un anno fa, George Howard, professore incaricato di religione presso l’Università della Georgia (U.S.A.), si occupò di tale questione nel Journal of Biblical Literature. (Vol. 96, N. 1, 1977, pagg. 63-83) Il suo articolo comincia così:
“Le recenti scoperte fatte in Egitto e nel deserto della Giudea ci permettono di vedere direttamente l’uso del nome di Dio nei tempi precristiani”.
Quindi egli si sofferma sui testi greci del periodo precristiano recentemente pubblicati e riprodotti nelle pagine precedenti. Riguardo all’idea accettata in precedenza che nella Settanta al nome di Dio fosse sempre stato sostituito il termine greco Kyrios, leggiamo:
“In base a questi ritrovamenti ora possiamo dire con certezza quasi assoluta che il nome divino, יהוה, non fu sostituito da [Kyrios] nella Bibbia greca precristiana, come così spesso si è pensato”.
Che dire dei Rotoli del mar Morto in generale? Il prof. Howard scrive:
“Forse l’osservazione più significativa che possiamo fare su questo multiforme uso del nome divino è che il Tetragramma era considerato molto sacro. . . . Nella copiatura del testo biblico il Tetragramma fu custodito con cura. Questa salvaguardia del Tetragramma fu estesa anche alla traduzione greca del testo biblico”.
MA CHE DIRE DI GESÙ E DEI DISCEPOLI?
Tutto ciò che è stato detto sopra può interessare in special modo gli studiosi, ma cosa c’entra con la vostra Bibbia? Come dovreste considerare l’uso del nome personale di Dio?
Il prof. Howard trae alcune importanti conclusioni. Prima fa notare quanto segue:
“Sappiamo di sicuro che i Giudei di lingua greca continuarono a scrivere יהוה nelle loro Scritture greche. Inoltre, è molto improbabile che i primi cristiani ebrei di lingua greca, che erano conservatori, si distaccassero da questa usanza. . . . Sarebbe stato molto strano che togliessero il Tetragramma dal testo biblico stesso”.
Cosa fecero gli scrittori delle Scritture Greche Cristiane citando i libri della Bibbia ebraica, sia dall’ebraico originale che da una traduzione greca? Usarono il Tetragramma quando compariva nella fonte da essi citata? In base all’evidenza ora disponibile, il prof. Howard spiega:
“Dato che il Tetragramma era ancora scritto nelle copie della Bibbia greca che formavano le Scritture della chiesa primitiva, è ragionevole credere che gli scrittori del N[uovo] T[estamento], citando la Scrittura, conservassero il Tetragramma nel testo biblico. Da ciò che facevano gli Ebrei in èra precristiana possiamo supporre che il testo del NT incorporasse il Tetragramma nelle citazioni del VT”.
Perché, allora, in tutte le copie esistenti del “Nuovo Testamento” manca il Tetragramma? È possibile che il nome di Dio sia stato tolto dopo la morte degli apostoli? Questo è ciò che indica l’evidenza. Il prof. Howard prosegue dicendo:
“Naturalmente, in queste citazioni il Tetragramma sarebbe rimasto finché continuava a essere usato nelle copie cristiane della LXX. Ma quando fu tolto dal VT greco, fu tolto anche dalle citazioni del VT nel NT”.
“Pertanto, verso l’inizio del secondo secolo, l’uso di sostituti [del nome di Dio] deve aver fatto sparire il Tetragramma da entrambi i Testamenti. Dopo non molto il nome divino scomparve completamente dalla chiesa gentile salvo riflettersi nei sostituti contratti o essere ricordato ogni tanto dagli eruditi”. (Il corsivo è nostro)
È PROPRIO UNA NOVITÀ?
Molti eruditi lettori del Journal of Biblical Literature possono essere rimasti sorpresi dalla conclusione raggiunta, cioè che quando fu scritto originariamente il “Nuovo Testamento” vi compariva il nome divino, Geova (Yahweh). Può essere sembrata loro una novità, poiché è un completo capovolgimento rispetto alla vecchia idea che gli scrittori cristiani evitassero di usare il nome divino. Ma è veramente una novità?
Già nel 1796 Dominikus von Brentano usò il nome divino in certi passi della sua traduzione in tedesco del “Nuovo Testamento”. Considerate, ad esempio, Marco 12:29, che riportiamo sotto. A Gesù era stato chiesto: “Qual è il principale comandamento?” La traduzione di Brentano dice quindi: “Il principale comandamento, rispose Gesù, è questo: Odi Israele! Geova, nostro Dio, è il solo Dio”.
29. Das allervornehmste Gebot, antwortete Jesus, ist dieß: Höre Israel! Jehovah, unser Gott, ist der einige Gott◊).
Brentano aveva delle buone ragioni per mettere in bocca a Gesù il nome divino? Sì, perché Gesù citava Deuteronomio 6:4, che contiene il Tetragramma. Gesù non era certo un tradizionalista, come lo era la maggioranza dei capi religiosi giudei, poiché Gesù ‘insegnava come una persona che ha autorità e non come gli scribi’. (Matt. 7:29) Cristo disse pubblicamente che desiderava glorificare il nome del Padre suo, sia il nome stesso che tutte le opere e i propositi associati a quel nome. (Giov. 12:28) E verso la fine della sua vita terrena disse che aveva fatto conoscere il nome del Padre suo. Il traduttore Brentano aveva dunque un motivo logico per ritenere che Gesù pronunciasse il nome di Dio quando citava un versetto contenente tale nome. — Giov. 17:6, 26.
Allo stesso modo, il solo racconto del Vangelo di Matteo contiene più di 100 citazioni delle Scritture Ebraiche. Nel 1950 la Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane (inglese) disse di Matteo: “Nei casi in cui queste citazioni includevano il nome divino, egli era obbligato a includere fedelmente il tetragramma”.
Questa traduzione pervenne nel 1950 alla stessa fondamentale conclusione esposta in seguito, nel 1977, nel Journal of Biblical Literature. In base all’evidenza secondo cui gli scrittori del “Nuovo Testamento” incontravano il Tetragramma, sia che citassero le Scritture dal testo ebraico o dalla Settanta greca, la Prefazione della Traduzione del Nuovo Mondo diceva:
“Il traduttore moderno è giustificato a usare il nome divino come equivalente [delle parole greche per “Signore” e “Dio”] nei punti dove Matteo, ecc., citano versetti, passi ed espressioni delle Scritture Ebraiche o della LXX in cui ricorre il nome divino”.
Pertanto, la conclusione indicata dal prof. Howard nel 1977 non è del tutto nuova. Ma ha reso note alcune recenti e ottime prove che non erano disponibili quando nel 1950 la Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane usò “Geova” 237 volte nel “Nuovo Testamento”.
Il nome di Dio, pertanto, deve comparire nelle traduzioni della Bibbia. Quello è il suo posto, per essere usato e apprezzato da tutti i veri adoratori che desiderano fare quello che fece Gesù — glorificare il nome del Padre suo — e che pregano: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo Nome”. — Matt. 6:9, versione di Fulvio Nardoni.
[Immagine a pagina 9]
Nahal Hever, in direzione est verso il mar Morto
-
-
Troppa fretta di criticare!La Torre di Guardia 1978 | 1° settembre
-
-
Troppa fretta di criticare!
NEL 1950 la Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane (inglese) offrì delle prove a sostegno del suo uso del nome divino. Nondimeno, certi scrittori religiosi criticarono il fatto che aveva inserito il nome “Geova” nel “Nuovo Testamento”. Rivelarono così apertamente di ragionare in modo diverso da come ragionava Davide, che cantò: “Oh magnificate con me Geova, ed esaltiamo insieme il suo nome”. — Sal. 34:3; confronta Salmo 74:10, 18.
Un opuscolo pubblicato dai Cavalieri di Colombo, cattolici romani, muoveva la seguente accusa:
“I primi cristiani che scrissero il Nuovo Testamento certo non usarono [Geova], bensì la parola ‘Signore’, che usarono pure in riferimento a Cristo. Perciò, abbiamo qui un pietoso esempio di Pseudoerudizione in cui si tenta di difendere l’indifendibile”.
Anche lo studioso presbiteriano Bruce M. Metzger parlò di posizione “indifendibile” e aggiunse:
“L’introduzione della parola ‘Geova’ nel testo del Nuovo Testamento, . . . è un chiaro esempio di opportunismo”.
Jack P. Lewis, professore presso un college della Chiesa di Cristo, scrisse riguardo all’uso del nome “Geova”:
“Già abbastanza discutibile nel Vecchio Testamento, è del tutto ingiustificato nel Nuovo Testamento”.
E il ministro battista Walter R. Martin mosse quest’accusa denigratoria:
“La superficiale erudizione dei testimoni di Geova, con la loro arrogante pretesa d’avere una base valida per ripristinare il nome divino [Geova] nelle Scritture, . . . è una vana frode scolastica”.
Che presunzione e dogmatismo in tali critiche! Tuttavia, come mostrano gli articoli di questa rivista, tali critiche erano del tutto infondate! Ora perfino fra gli studiosi si ammette che gli apostoli di Gesù usarono il nome divino, anzi, che lo inclusero nel “Nuovo Testamento”.
-
-
I teologi inciampano nel nome di DioLa Torre di Guardia 1978 | 1° settembre
-
-
I teologi inciampano nel nome di Dio
COME hanno potuto ecclesiastici e teologi inciampare nel nome di Dio?
Anzitutto, sembra che l’aver tolto dalla Bibbia il nome di Dio abbia causato un grosso errore dottrinale. Com’è stato menzionato in un articolo precedente, fu evidentemente “verso l’inizio del secondo secolo” che il nome divino cominciò a essere sostituito nel “Nuovo Testamento” con “Signore” o “Dio”. Questo causò un problema di identificazione. Quale Signore si intendeva?
Nelle Scritture Ebraiche ci sono versetti dove si parla di Geova che sono citati nel “Nuovo Testamento” in un contesto dove si parla del Figlio. (Isa. 40:3—Matt. 3:3—Giov. 1:23; Gioe. 2:32—Rom. 10:13; Sal. 45:6, 7—Ebr. 1:8, 9) Questo è comprensibile, poiché Gesù fu il principale rappresentante del Padre. Infatti, in modo analogo, perfino di un angelo si parlò come se fosse Geova, perché serviva come rappresentante di Geova. (Gen. 18:1-33) Quale può essere stato tuttavia l’effetto del togliere il nome di Dio?
Il Journal of Biblical Literature dice:
“In molti passi dove c’era chiara distinzione fra la persona di Dio e quella di Cristo, la rimozione del Tetragramma deve avere creato considerevole ambiguità. . . . Sorta la confusione con il cambiamento del nome divino nelle citazioni, la stessa confusione si estese ad altre parti del NT dove le citazioni non c’entravano affatto”.
Comprendendo evidentemente che questo poté contribuire allo sviluppo della dottrina della Trinità, l’articolo chiede:
“Fu forse tale ristrutturazione del testo a far sorgere in seguito le controversie cristologiche [sulla natura di Cristo] in seno alla chiesa, e i passi del NT oggetto di queste controversie erano identici a quelli che nell’èra del NT non crearono evidentemente nessun problema? . . . Gli studi [cristologici attuali] si basano sul testo del NT come appariva nel primo secolo, o si basano su un testo alterato che rappresenta un periodo nella storia della chiesa in cui la differenza tra Dio e Cristo divenne confusa nel testo e poco chiara nella mente degli uomini di chiesa?”
Quindi, la rimozione del nome di Dio dal “Nuovo Testamento” poté contribuire in seguito a far accettare la dottrina della Trinità, che non era affatto insegnata nella Bibbia originale.
Una seconda pietra d’inciampo per i teologi riguarda il modo di pronunciare il Nome. In ebraico si scrive con quattro consonanti, traslitterate di solito in YHWH o JHVH. Nell’antico Israele si imparava la pronuncia tramandata da tempi precedenti. Ma evidentemente qualche tempo dopo il 70 E.V. la pronuncia esatta andò perduta. Quando copisti ebrei posteriori aggiunsero segni vocalici alle consonanti per facilitare il lettore, usarono i segni di Adonay (Signore) ed Elohim (Dio), da cui si giunse alla forma “Geova”.
Molti studiosi di ebraico preferiscono ora la pronuncia “Yahweh”. Tuttavia oggi nessuno può dire con certezza in che modo Mosè, ad esempio, pronunciava il nome divino.
In Vetus Testamentum (Ott. 1962) il dott. E. C. B. Maclaurin dichiarò: “Si deve ripetere che non esiste nessuna prova antica e definitiva che il nome venisse pronunciato Yahweh mentre sono chiaramente dimostrate molte forme antiche, come Hu’, Yah, Yo-, Yau-, -yah e forse -yo”. Il dott. M. Reisel, in The Mysterious Name of Y.H.W.H. (Il misterioso nome di Y.H.W.H.), disse che la “vocalizzazione del Tetragramma dovette essere in origine YeHuàH o YaHuàH”. Tuttavia, il canonico D. D. Williams di Cambridge sostenne che “l’evidenza indica o meglio quasi prova, che Jahweh non era la vera pronuncia del Tetragramma, . . . Il Nome stesso era probabilmente JAHOH”. — Zeitschrift für die alttestamentliche Wissenschaft, Vol. 54.
Nella maggioranza delle lingue c’è un modo comune di scrivere e pronunciare il nome di Dio, e questo varia da lingua a lingua. In italiano è Geova, in figiano è Jiova e in danese è Jehova. Perché pretendere che oggi tutti debbano cercare di imitare qualche antica pronuncia ebraica su cui non sono d’accordo neppure le autorità in materia? Il prof. Gustav Oehler di Tübingen, dopo avere discusso in un libro varie pronunce, dice:
“Da questo punto in poi uso la parola Geova, perché in effetti questo nome è stato adottato nel nostro vocabolario, e non può essere sostituito, come il termine più corretto Yarden non può sostituire la forma usuale Giordano”.
Questa è una veduta sensata, poiché consente di usare una pronuncia largamente conosciuta che ancora identifica chiaramente il Creatore e Dio, il quale ci esorta a usare il suo nome. (Isa. 42:8; Rom. 10:13) Molti teologi, però, hanno preferito cavillare sui lati tecnici, cadendo nella trappola di evitare il nome di Dio.
-
-
Il nome di Dio e il vostroLa Torre di Guardia 1978 | 1° settembre
-
-
Il nome di Dio e il vostro
IL VOSTRO nome giustamente vi interessa ed è importante per voi. Sentendolo nominare, drizzate le orecchie. Ma oltre al vostro nome proprio — sia esso Giovanni, Francesca o Carlo — il vostro “nome” può riferirsi anche alla vostra reputazione. Da questo punto di vista il vostro nome implica voi come individuo e ciò che siete.
Probabilmente i vostri intimi vi chiamano per nome, non con il cognome. E siete molto felici quando vi considerano una persona che ha ‘un buon nome’. (Prov. 22:1) Abbiamo ogni ragione di interessarci del nostro nome.
Se interessa agli uomini, certo interessa ancora di più al Creatore dell’universo. Egli decise di rivelarsi agli uomini con un nome personale e significativo che lo identifica come Uno che adempie i suoi propositi e le sue promesse. Perciò Dio poté appropriatamente riferirsi al suo nome Geova come al suo “memoriale”. (Eso. 3:14, 15; Osea 12:5; Sal. 135:13) Quel nome è legato a tutto ciò che egli ha fatto e che si propone ancora di fare.
Non dovremmo dunque usare e apprezzare il nome di Dio? Inoltre, ci conosce Dio per nome, sia mediante il nostro nome personale che mediante la buona reputazione che abbiamo ai suoi occhi?
La maggioranza dei capi religiosi, e anche molte traduzioni della Bibbia, hanno la tendenza a ignorare o minimizzare il nome proprio di Dio, e questo impedisce agli uomini d’avere la sua approvazione. Scrivendo in merito all’omissione del nome divino in alcune Bibbie, il dott. Walter Lowrie scrisse in Theological Review, una pubblicazione anglicana:
“Nei rapporti umani è della massima importanza conoscere il nome proprio, il nome personale, di colui che amiamo, al quale parliamo, o anche di colui del quale parliamo. È esattamente la stessa cosa nella relazione fra l’uomo e Dio. Chi non conosce Dio per nome non lo conosce realmente come persona, non lo conosce fino al punto di parlargli (ciò che si intende con la preghiera), e non può amarlo, se lo conosce solo come una forza impersonale”.
Tale scrittore pensava particolarmente al fatto che in una recente versione della Bibbia il nome divino appare solo quattro volte. Sì, benché molti ecclesiastici abbiano insegnato ai loro greggi a pregare: “Sia santificato il tuo nome”, non sono stati i primi a usare quel nome o a raccomandare di includerlo nella Bibbia. — Luca 11:2, versione di Fulvio Nardoni.
Per citare un esempio, prendete la Common Bible (1973), che tanto i protestanti quanto i cattolici romani sono autorizzati a usare. La Prefazione dice specificamente che non segue l’esempio dell’American Standard Version (1901), che usava il nome di Dio migliaia di volte. Perché tralasciare questo nome? Una ragione addotta furono le opinioni discordanti in merito alla sua pronuncia. Un’altra fu questa: “L’uso di un qualsiasi nome proprio in riferimento al solo e unico Dio, come se ci fossero altri dèi da cui dovesse distinguersi, fu interrotto nel giudaismo prima dell’èra cristiana ed è del tutto inadeguato per la fede universale della chiesa cristiana”. — Pag. vii.
Ma, come abbiamo visto, ci sono crescenti evidenze che il nome divino fu effettivamente usato sia dagli Ebrei all’epoca di Cristo che dai primi cristiani. E se l’Iddio del cielo stesso dice di voler essere conosciuto con il suo nome o “memoriale”, non dovremmo accettare la sua decisione?
IL SUO NOME E IL NOSTRO
Conoscere il nome di Dio, però, include molte cose. Non si tratta solo di sapere che il nome personale del Creatore è “Geova”, o una variante d’esso. Dobbiamo anche conoscere la Persona rappresentata dal nome: i suoi propositi, le sue attività, le sue qualità e le sue esigenze rivelate nella Bibbia. (Nee. 9:10; 1 Re 8:41-43) Pertanto, allorché Gesù disse: “Ho fatto conoscere loro il tuo nome”, intese più che l’avere semplicemente pronunciato quel nome. (Giov. 17:26) Certo Cristo lo pronunciò leggendo ad alta voce le Scritture Ebraiche contenenti il nome di Dio. Ma oltre a ciò, Gesù proclamò e operò per promuovere i propositi a cui è legato quel nome. Coloro che furono ammaestrati da Gesù impararono a conoscere meglio Geova, avendo ulteriore assicurazione che “l’eterno proposito” di Dio sarà adempiuto. — Giov. 14:10; 6:38; Efes. 3:11.
Se impariamo a conoscere Geova in questo senso, saremo anche conosciuti da lui. (Giov. 17:3) Egli ci riconoscerà e ci darà la sua approvazione; avremo un buon nome presso di lui. (Eccl. 7:1) Quindi, se noi conosciamo Dio e il suo nome può darsi che egli conosca il nostro nome, che ci riconosca. Malachia 3:16 lo illustra:
“In quel tempo quelli che avevano timore di Geova parlarono gli uni agli altri, ciascuno col suo compagno, e Geova prestava attenzione e ascoltava. E un libro di memorie si scriveva dinanzi a lui per quelli che avevano timore di Geova e per quelli che pensavano al suo nome”.
Certo, il nome di Dio e il vostro sono cose di cui interessarvi. Dobbiamo interessarci di conoscere, pronunciare e onorare quel nome. Ciò richiede che viviamo in modo coerente con i propositi cui è legato il suo nome.
Per esempio, Malachia dice che “quelli che avevano timore di Geova” parlarono gli uni agli altri. Pertanto scelsero come regolari compagni alcuni che pure si interessavano di glorificare il nome di Dio. Possiamo chiederci: ‘Nella scelta dei miei compagni, bado se sono persone che conoscono Geova e che cooperano con i suoi propositi? Il mio desiderio di conoscere Dio e di essere conosciuto da lui influisce anche sulle attività della mia vita quotidiana?
E se nel regolare corso della vita — al lavoro, nel vicinato, a scuola — incontriamo persone che non conoscono Geova, siamo pronti a cogliere le occasioni appropriate per parlare di Lui? Soprattutto, cerchiamo diligentemente di ‘far conoscere il nome di Dio’ partecipando appieno alla grande opera che Gesù profetizzò per il nostro giorno quando disse: “Questa buona notizia del regno [di Dio] sarà predicata in tutta la terra abitata, in testimonianza a tutte le nazioni”? (Giov. 17:6, 26; Matt. 24:14) Se facciamo questo con gioia, dimostriamo che per noi il nome Geova non è un semplice nome scritto in un libro. Fa parte della nostra vita.
Uno degli articoli che seguono, intitolato “Sia santificato il nome di Dio”, considera altri modi eccellenti in cui possiamo mostrare di conoscere il nome di Dio e il desiderio che egli ci conosca per nome.
Se abbiamo una relazione approvata con Geova, se lo conosciamo come una Persona realmente esistente, e se facciamo conoscere ad altri il suo nome, egli ci terrà in mente, per il nostro bene duraturo. Come disse Malachia, sarà come se Egli scrivesse il nostro nome in “un libro di memorie”, con la ricompensa della vita eterna. — Giov. 17:3.
-
-
Sia santificato il nome di DioLa Torre di Guardia 1978 | 1° settembre
-
-
Sia santificato il nome di Dio
“Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome”. — Matt. 6:9.
1. Qual è la cosa più importante per cui dovremmo pregare?
Chiunque affermi d’essere cristiano avrà letto o udito la preghiera che Gesù diede come modello quando i discepoli gli chiesero: “Signore, insegnaci a pregare”. Indicando il punto più importante, Gesù disse: “Padre, sia santificato il tuo nome”. — Luca 11:1, 2.
2. Quali cose sono rappresentate dal nome di Geova?
2 Di tutti i nomi dell’universo, il nome del Padre, Geova, eccelle in splendore, dignità e reputazione. Non solo egli è il Creatore, dotato di potenza e conoscenza illimitate, che esercita perfetta giustizia, ma, oltre a ciò, la sua amorevole benignità e misericordia rendono il suo nome degno del massimo onore, sì, della massima lode e riverenza. Quando Mosè chiese di vedere la gloria di Dio, gli fu detto di andare sul monte Sinai, e “Geova scendeva nella nuvola e stava lì con lui e dichiarava il nome di Geova. E Geova passò davanti alla sua faccia e dichiarò: ‘Geova, Geova, Iddio misericordioso e clemente, lento all’ira e abbondante in amorevole benignità e verità, che serba l’amorevole benignità a migliaia, perdonando l’errore e la trasgressione e il peccato, ma non esenterà affatto dalla punizione, recando la punizione per l’errore dei padri sui figli e sui nipoti, sulla terza generazione e sulla quarta generazione’”. — Eso. 33:18-23; 34:4-7.
3. Quali sono le qualità predominanti di Dio, e perché dice che non esenterà dalla punizione?
3 Questo mostra che l’amore e la misericordia sono alcune delle qualità predominanti di Geova. Ma l’Altissimo non permetterà che il trasgressore approfitti della sua misericordia per condurre una vita di sfrenatezze. Altrimenti, non potrebbe governare l’universo per il bene di quelli che vogliono fare ciò che è giusto. Un apostolo di Cristo osserva riguardo a certi uomini: “Siccome non hanno approvato di ritenere Dio nell’accurata conoscenza, Dio li ha abbandonati a un disapprovato stato mentale, perché facciano le cose sconvenienti, essendo essi pieni d’ogni ingiustizia”. (Rom. 1:28, 29) Il loro modo di vivere, con le sue idolatrie e la sua licenziosità, si ripercuote naturalmente sulla loro progenie. (Rom. 1:21-23) Ma anche questi figli possono ricevere la misericordia di Dio se gli chiedono aiuto. — Ezec. 18:21, 22.
LO SCOPO DELLA NOSTRA VITA
4. In qualità di testimoni di Geova, quale dovrebbe essere il nostro vero tesoro e il nostro vanto?
4 Geova descrive quello che dovrebbe essere il vero tesoro di noi uomini. Egli dice: “Non si vanti l’uomo sapiente a causa della sua sapienza, e non si vanti l’uomo potente a causa della sua potenza. Non si vanti l’uomo ricco a causa delle sue ricchezze. Ma chi si vanta si vanti a causa di questa medesima cosa, l’aver perspicacia e l’aver conoscenza di me, ch’io sono Geova, Colui che esercito amorevole benignità, diritto e giustizia sulla terra; poiché di queste cose in effetti io provo diletto”. — Ger. 9:23, 24.
5. In che modo nel cuore di Gesù la santificazione del nome di Geova occupava il primo posto?
5 Perciò, il nome di Geova e tutto ciò che esso rappresenta dovrebbero essere al primo posto nel nostro cuore. Quando Gesù fu sulla terra, la cosa che gli fece più male fu il disonore che veniva recato sul nome di Dio, particolarmente dal popolo di Dio, gli Ebrei. Egli disse: “Faccio sempre le cose che gli piacciono [a Dio]”. (Giov. 8:29) Durante la severa prova nel giardino di Getsemani, la cosa che maggiormente lo preoccupò non fu il fatto che sarebbe morto. Egli era venuto sulla terra ed era nato come uomo proprio allo scopo di morire in sacrificio, e camminò verso quella meta senza deviare. Ma ciò che lo fece soffrire tanto quell’ultima notte prima di morire fu il disonore che la sua morte dietro l’accusa di bestemmia contro Dio avrebbe recato sul nome di Geova: che lui, il Figlio e rappresentante di Dio, morisse in questo modo ignominioso dinanzi al mondo intero. Era scritto di lui: “I biasimi di quelli che ti biasimavano son caduti su di me”. — Rom. 15:3.
6. Secondo la dichiarazione dell’apostolo Paolo, che effetto dovrebbero avere su di noi cristiani le parole di Romani 15:3?
6 L’apostolo Paolo usa queste parole per incoraggiare i cristiani a ricordare di fare qualche altra cosa oltre a piacere a se stessi: essere disposti a farsi in quattro per aiutare altri. (Rom. 15:1, 2) Per questo Cristo visse e morì, prendendo su di sé tutti i biasimi, affinché gli uomini avessero la giusta veduta del Padre suo, e conoscessero e lodassero Dio. Rivolgendosi ai cristiani, Paolo supplica: “[Abbiate] fra voi stessi la medesima attitudine mentale che ebbe Cristo Gesù, affinché di comune accordo glorifichiate con una sola bocca l’Iddio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo”. — Rom. 15:5, 6.
DINANZI A PERSONE VICINE E LONTANE
7. Come può il cristiano santificare il nome di Dio (a) in privato, (b) nella sua famiglia e (c) nella congregazione?
7 Come può il cristiano sul quale è invocato il nome di Geova santificare sempre il nome di Dio? Naturalmente, può santificarlo anche in privato considerandolo sacro nel proprio cuore e nella propria mente. Lo può santificare nella famiglia parlando di cose giuste e mostrando amorevole interesse per ogni familiare, rivelando le qualità che Dio mostra alla sua famiglia. Egli santifica il nome di Dio verso i fratelli della congregazione cristiana aiutandoli in ogni occasione, portando le debolezze di quelli che non sono spiritualmente forti come lui. (Gal. 6:10) Essendo il nome di Geova invocato su di lui, sa che quello che dice e quello che fa si rifletterà sul nome divino.
8. Come si può santificare il nome di Dio agli occhi delle persone di fuori, e quale atteggiamento di Dio dovremmo rispecchiare?
8 Come fa a santificare il nome di Dio agli occhi delle persone di fuori? Imitando Dio e facendo sapere ad altri perché si comporta così. Deve amarli come li ama Dio. Dio avrebbe potuto considerare tutta l’umanità come peccatori indegni, egoisti e detestabili. Sarebbe stato giustificato a manifestare solo un atteggiamento di superiorità, guardandoli dall’alto in basso per la loro condizione sordida e degradata, per la loro stupidità e le loro pratiche stolte. Tuttavia, Dio non agì in questo modo. Vedeva queste cose che non gli piacevano. Ma “Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unigenito Figlio, onde chiunque esercita fede in lui non sia distrutto ma abbia vita eterna”. (Giov. 3:16) E Cristo morì per noi “mentre eravamo ancora deboli, . . . mentre eravamo ancora peccatori, . . . quando eravamo nemici”. — Rom. 5:6-10.
9. Come può il cristiano santificare il nome di Dio parlando a persone che non sono nella verità?
9 Uno dei modi più diretti per santificare il nome di Dio è quello di parlare ad altri del provvedimento che Dio ha preso per l’umanità mediante Cristo. Parlando alle persone, che sembrino interessate o no, il cristiano deve sempre ricordare la santificazione del nome di Geova. Questo vuol dire che la nostra condotta e il nostro parlare devono essere tali da incoraggiare l’individuo, se possibile, ad avere una veduta più amichevole verso Dio. Dobbiamo ricordare che colui al quale parliamo non vede le cose come le vediamo noi. Più che le nostre parole, egli è portato a notare i nostri modi gentili, soccorrevoli e sinceri. Se non vede queste cose, non ascolterà quello che diciamo.
10. Parlando a quelli di fuori, cosa vogliamo evitare e cosa vogliamo mettere in risalto?
10 Perciò, andando di casa in casa, facciamo bene a essere positivi. Non aiuteremo il padrone di casa condannando le cose che crede o che fa. Dobbiamo sforzarci di aiutarlo a capire che quello che gli presentiamo nel nome di Geova è buono. Deve capire che è qualcosa di meglio, o qualcosa che lo aiuterà, non che lo condannerà.
11. (a) Dobbiamo forse pensare che siamo migliori di quelli fuori della congregazione per il fatto che abbiamo la verità? (b) Cosa dice l’apostolo Paolo dello scopo per cui Cristo trattò con lui quando era un grande peccatore?
11 Inoltre, il nostro atteggiamento verso di lui, e verso tutte le persone del mondo, dovrebbe essere quello manifestato dall’apostolo Paolo. Solo perché era privilegiato avendo conosciuto la verità, non si considerò personalmente migliore, come creatura umana imperfetta, di quelli a cui predicava. Egli disse: “So che in me, cioè nella mia carne, non dimora niente di buono”. (Rom. 7:18) Al suo compagno Timoteo disse: “Io sono grato a Cristo Gesù nostro Signore, che mi impartì potenza, perché mi considerò fedele assegnandomi al ministero, sebbene prima fossi bestemmiatore e persecutore e insolente. Tuttavia, mi fu mostrata misericordia, perché ero nell’ignoranza e agivo per mancanza di fede. Ma l’immeritata benignità del nostro Signore abbondò straordinariamente con la fede e l’amore che è in relazione con Cristo Gesù. Fedele e meritevole di piena accettazione è la parola che Cristo Gesù venne nel mondo per salvare i peccatori. Di questi io sono il principale. Tuttavia, la ragione per cui mi fu mostrata misericordia fu affinché per mezzo di me quale caso principale Cristo Gesù dimostrasse tutta la sua longanimità a modello di coloro che riporranno la loro fede in lui per la vita eterna”. — 1 Tim. 1:12-16.
DINANZI AI PARENTI
12. Quale situazione può esserci in una famiglia in cui uno diventa testimone di Geova?
12 Per santificare il nome di Geova la maggioranza di noi ha davanti a sé una grande porta aperta: i parenti che non sono testimoni di Geova. Forse presentiamo sinceramente la verità, ma può darsi non mostriamo la debita considerazione ai parenti che non conoscono o non capiscono o non accettano le cose della Bibbia come facciamo noi.
13. Come si comporta a volte una moglie che viene alla conoscenza della verità prima del marito e dei parenti?
13 Prendiamo come esempio il caso di una moglie che viene alla conoscenza della verità, e comprende che alcune cose che lei, il marito e i parenti facevano prima sono errate. Il marito e i parenti la considereranno probabilmente una fanatica se tenterà di imporre loro le proprie idee. Se lei dicesse loro apertamente che tutte queste cose, come la celebrazione di certe feste, sono errate, forse essi non vorrebbero più ascoltare. Quale potrebbe essere un modo d’agire migliore?
14. Qual è il giusto modo di pensare e d’agire di un testimone di Geova verso i parenti che non sono nella verità?
14 Mostrate pazienza, considerazione ed empatia! Pensate quanto tempo dedicate per visitare gli estranei alle porte, al tempo che dedicate per studiare con loro, aiutandoli con cura a porre un buon fondamento prima di cercare di indurli a cambiare le loro abitudini, le loro compagnie, eccetera. Perché dunque essere troppo frettolosi e tentare di imporre ai parenti le proprie idee? Prima di smettere di frequentarli o farli allontanare da voi, perché non considerare la cosa come un vero e proprio modo di servire Dio continuando a essere amichevoli, gentili, soccorrevoli e affabili come sempre? In tal modo manifesterete gli attributi di Dio e santificherete il suo nome e così, quando avrete l’opportunità di portare alla loro attenzione le buone cose dei provvedimenti di Dio, può darsi siano pronti ad ascoltarvi, perché vedono in voi le qualità di Dio.
EVITIAMO DI PENSARE TROPPO A NOI STESSI
15, 16. A quale azione poco saggia si lasciò andare Mosè nel deserto di Zin?
15 Riguardo a quelli che non sono nella verità, come anche riguardo ai nostri fratelli cristiani, la prima cosa che dobbiamo sempre pensare è questa: Metto al primo posto la santificazione di Dio con quello che faccio o che sto per fare? È facile diventare impazienti o irritarsi o divenire un po’ farisaici, dimenticando di confidare interamente in Geova. Questo non è saggio. Una volta Mosè commise proprio questo triste errore. Gli Israeliti erano molto ribelli e procuravano tanti fastidi a Mosè. Nel deserto di Zin cominciarono a litigare con Mosè per la mancanza d’acqua. Allora Geova disse a Mosè di parlare alla rupe per farne uscire l’acqua. Ma Mosè disse al popolo: “Udite, ora, ribelli! Vi faremo uscire acqua da questa rupe?” Invece di parlare alla rupe, la colpì due volte dopo avere così richiamato l’attenzione su di sé e avere chiamato il popolo “ribelli”, e l’acqua uscì. — Num. 20:1, 2, 7-11.
16 Mosè riuscì a procurare l’acqua al popolo. Ma cosa disse Geova? “Poiché non avete mostrato fede in me per santificarmi dinanzi agli occhi dei figli d’Israele, non introdurrete questa congregazione nel paese che per certo darò loro”. — Num. 20:12.
RENDIAMO ALTRI PARTECIPI DELLA BUONA NOTIZIA
17. (a) In qualità di testimoni di Geova, dobbiamo qualcosa alle persone di fuori? (b) Analizzate ciò che disse l’apostolo Paolo in I Corinti 9:19-27, e applicate il principio ai testimoni di Geova.
17 Elargendoci il privilegio di conoscere la verità, Dio ci ha effettivamente imposto un obbligo verso le persone di fuori, nonché verso i nostri fratelli. Scrivendo ai cristiani di Roma l’apostolo Paolo si espresse in questo modo al riguardo: “Io sono debitore ai Greci e ai Barbari [stranieri], ai saggi e agli insensati [senza istruzione]: quindi, da parte mia, ho premura di dichiarare la buona notizia anche a voi che siete in Roma”. (Rom. 1:14, 15) Paolo disse pure: “Sebbene io sia libero da tutti, mi son reso schiavo di tutti, affinché guadagni la maggioranza delle persone. E così ai Giudei divenni come un Giudeo, per guadagnare i Giudei; a quelli sotto la legge divenni come sotto la legge, benché io stesso non sia sotto la legge, per guadagnare quelli che sono sotto la legge. A quelli senza legge divenni come senza legge, benché io non sia senza legge verso Dio ma sotto la legge verso Cristo, per guadagnare quelli senza legge. Ai deboli divenni debole, per guadagnare i deboli. Son divenuto ogni cosa a persone di ogni sorta, per salvare a tutti i costi alcuni. Ma faccio tutto per amore della buona notizia, per divenirne partecipe con altri”. Paolo non voleva essere respinto e perdere le benedizioni della “buona notizia” dopo avere predicato ad altri. — 1 Cor. 9:19-27.
18. Come possiamo agire secondo la nostra preghiera che ‘il nome di Dio sia santificato’?
18 Perciò, quando preghiamo: “Padre, sia santificato il tuo nome”, chiediamo a Dio di aiutarci a mettere da parte tutto il resto affinché quello che facciamo glorifichi sempre il suo nome e lo faccia ritenere sacro. Quindi agiremo secondo la nostra preghiera cercando di non mettere mai una pietra d’inciampo dinanzi a quelli che cercano la verità. Baderemo d’essere più amorevoli e meno pronti a criticare. Ricorderemo sempre che il nostro obiettivo non è di giudicare, ma di ‘divenire partecipi della buona notizia e delle sue benedizioni’ con altri.
[Immagine a pagina 19]
Per non aver santificato il nome di Geova, Mosè perse un grande privilegio
-