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  • Gionatan, ‘un uomo fra mille’
    La Torre di Guardia 1980 | 1° giugno
    • Gionatan, ‘un uomo fra mille’

      IL SAGGIO re Salomone disse: “Fra mille ho trovato un uomo”. (Eccl. 7:28) Questo per indicare che è raro trovare un uomo ideale. Pochi eccellono sotto il profilo morale. Uno di questi pochi fu Gionatan, il figlio del re Saul. Fu coraggioso, leale e altruista. Se mai un uomo si fosse potuto sentire giustificato a cedere a sentimenti di gelosia, rivalità o invidia, quell’uomo avrebbe dovuto essere Gionatan. Ma egli manifestò profondo affetto e lealtà a una persona che uomini meno nobili avrebbero considerato una pericolosa minaccia alla loro posizione.

      Agli inizi del regno di suo padre, Gionatan si distinse come coraggioso guerriero. Con mille uomini male equipaggiati, egli sopraffece l’agguerrita guarnigione filistea a Gheba. (I Sam. 13:1-3) All’epoca Gionatan doveva avere almeno vent’anni, l’età minima per fare il soldato in Israele. — Num. 1:3.

      In seguito, con l’aiuto di Dio, Gionatan e il suo scudiero abbatterono una ventina di nemici filistei. Questa azione aprì la via agli israeliti, che riportarono una vittoria sui loro nemici. In questa campagna Gionatan violò senza saperlo l’inconsulto giuramento fatto dal padre. Per Saul, rispettare completamente i termini di quel giuramento voleva dire far mettere a morte il figlio. Gionatan non si tirò codardamente indietro, ma disse al padre: “Eccomi! Fammi morire!” Ma il popolo, comprendendo che Gionatan aveva avuto l’appoggio di Geova, redense Gionatan. — I Sam. 14:1-45.

      Quasi venti anni dopo, Davide uccise il gigante filisteo Golia. La coraggiosa impresa di Davide, portata a termine con piena fede nel potere salvifico di Geova, colpì il cuore di Gionatan. La Bibbia narra: “La medesima anima di Gionatan si legò all’anima di Davide, e Gionatan lo amava come la sua propria anima”. (I Sam. 18:1) In segno di amicizia Gionatan diede a Davide le sue vesti, la sua spada, il suo arco e la sua cintura. — I Sam. 18:4.

      Quando in seguito Davide mostrò il proprio coraggio conducendo le forze di Israele in battaglia contro i filistei, le donne accolsero con canti e danze i vincitori di ritorno. Cantavano: “Saul ha abbattuto le sue migliaia, e Davide le sue decine di migliaia”. (I Sam. 18:5-7) Questo accese la gelosia di Saul, che cominciò a guardare Davide con grande sospetto. Fallito il tentativo di uccidere Davide con un colpo di lancia, Saul acconsentì a dargli in moglie la figlia Mical chiedendogli in cambio di portargli la prova dell’uccisione di cento nemici filistei. Saul era convinto che così Davide sarebbe stato ucciso dai nemici. Ma Davide tornò con duecento prepuzi di filistei, come prova che ne aveva uccisi tanti. Questo non fece altro che accrescere la paura di Saul e il suo odio per Davide. — I Sam. 18:8-29.

      Ma Gionatan non permise che l’odio e la gelosia di suo padre distruggessero la sua amicizia con Davide. Quando Saul manifestò apertamente il desiderio di far uccidere Davide, Gionatan intervenne e riuscì a strappare al padre la promessa che non avrebbe ucciso il suo amico. Ma in seguito Davide fu costretto a fuggire per salvarsi la vita in quanto Saul gli aveva nuovamente scagliato contro una lancia. Il re mandò anche degli uomini a montare la guardia durante la notte alla casa di Davide, con l’intento di ucciderlo al mattino. Quella notte Davide riuscì a fuggire da una finestra. — I Sam. 19:1-12.

      A questo punto Gionatan, d’accordo con Davide, fece un tentativo per scoprire le vere intenzioni del padre riguardo all’amico. Saul si adirò e inveì contro il figlio con queste parole: “Figlio d’una serva ribelle, non conosco bene io che tu scegli il figlio di Iesse a tua propria vergogna e a vergogna delle parti segrete di tua madre? Poiché per tutti i giorni che il figlio di Iesse vive sulla terra, tu e il tuo regno non sarete fermamente stabiliti. Or dunque manda e conducilo da me, poiché è destinato alla morte”. Alle proteste di Gionatan, il padre infuriato gli scagliò contro la lancia. — I Sam. 20:1-33.

      Dopo questi fatti Gionatan incontrò Davide in un luogo convenuto. I due uomini riaffermarono la loro amicizia e la loro lealtà. (I Sam. 20:35-42) È davvero rimarchevole che una tale amicizia fosse sorta e continuasse. Gionatan era l’erede al trono, ma sapeva che alla fine il regno sarebbe passato a Davide. Inoltre aveva circa 30 anni più di Davide. Tuttavia Gionatan si rallegrava dei successi di Davide e piangeva con lui per la sua afflizione. Indubbiamente l’amicizia di Gionatan aiutò Davide a mostrare il giusto rispetto per il re, tanto che non approfittò delle opportunità di fargli del male. Mentre Saul dava spietatamente la caccia a Davide, Gionatan ebbe occasione di rafforzare l’amico. Riguardo a una tale occasione leggiamo: “Gionatan figlio di Saul si levò e andò da Davide a Ores, per rafforzare la sua mano riguardo a Dio. E continuò a dirgli: ‘Non aver timore; poiché la mano di Saul mio padre non ti troverà, e tu stesso sarai re su Israele e io stesso ti sarò secondo; e anche Saul mio padre ne ha conoscenza’”. — I Sam. 23:16, 17.

      Che nobiltà d’animo mostrò Gionatan dicendosi contento di occupare il secondo posto nel regno! Questa altruistica devozione fu possibile perché Gionatan aveva accettato Davide come l’uomo scelto da Geova per essere re e lo amava per le sue ottime qualità.

      Gionatan, però, non divenne secondo nel regno, ma morì col padre in battaglia. (I Sam. 31:2) La morte di Saul e di Gionatan fornì a Davide l’occasione per comporre un canto funebre, “L’Arco”. Dapprima questo canto funebre entrò a far parte della raccolta di poemi, canti e altri scritti che formavano il libro di Iashar. In seguito “L’Arco” fu trascritto nel racconto ispirato di II Samuele. Il brano doveva essere insegnato ai figli di Giuda. — II Sam. 1:17-27.

      Quando pensiamo al meraviglioso vincolo d’amicizia fra Davide e Gionatan, possiamo facilmente capire perché Davide si espresse in questo modo nell’“Arco”: “Sono angustiato per te, fratello mio Gionatan, tu mi eri molto piacevole. Il tuo amore mi era più meraviglioso dell’amore delle donne”. (II Sam. 1:26) Gionatan fu veramente ‘un uomo fra mille’.

  • Mosè si rimangiò la parola?
    La Torre di Guardia 1980 | 1° giugno
    • Mosè si rimangiò la parola?

      AL TERMINE della nona piaga — tre giorni di buio totale — Faraone minacciò Mosè: “Guardati! Non cercar di vedere di nuovo la mia faccia, perché il giorno che vedrai la mia faccia morrai”. (Eso. 10:28) Secondo Esodo 10:29 Mosè replicò: “Così hai parlato. Io non cercherò di vedere più la tua faccia”.

      Nel successivo capitolo di Esodo, versetti da 4 a 8, leggiamo però che Mosè annuncia a Faraone la decima piaga. Mosè si era forse rimangiato la parola? No, non sembra che le cose siano andate così. Evidentemente Esodo 11:1-3 va preso come una narrazione parentetica. Per cui, dopo aver detto: “Io non cercherò di vedere più la tua faccia”, Mosè non smise di parlare, ma continuò preannunciando la decima piaga. Poi, come dice il racconto, Mosè “uscì da Faraone acceso d’ira”. — Eso. 11:8.

      Solo sapendo che la decima piaga sarebbe stata l’ultima Mosè avrebbe potuto dire a Faraone che non avrebbe cercato di rivedere la sua faccia. Altrimenti sarebbe stato un atto di presunzione acconsentire a qualcosa che poteva non essere in armonia con la volontà di Geova. Le parole di Esodo 11:1-3 mostrano che Mosè era consapevole che la decima piaga sarebbe stata l’ultima, e queste parole forniscono anche informazioni su ciò che gli israeliti avrebbero dovuto fare quando quella piaga si sarebbe abbattuta sugli egiziani. — Confronta Esodo 11:2, 3 con Esodo 12:35, 36.

      Sotto la spinta degli eventi Faraone fu costretto a mandare a chiamare Mosè e Aaronne. Umiliato dalla decima piaga, Faraone disse loro: “Levatevi, uscite di mezzo al mio popolo, voi e gli altri figli d’Israele, e andate, servite Geova, proprio come avete affermato. Prendete i vostri greggi e le vostre mandre, proprio come avete affermato, e andate. Inoltre dovete anche benedirmi”. (Eso. 12:31, 32) Che contrasto! Il Faraone che aveva minacciato di morte Mosè ora implorava una benedizione. Non voleva che Mosè e gli altri israeliti lasciassero l’Egitto maledicendolo ancora e invocando su di lui altre calamità.

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