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Il “segno” che è vicinoIl millenario regno di Dio si è avvicinato
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Capitolo X
Il “segno” che è vicino
1. Perché ci dovremmo interessare vivamente per conoscere che il Millennio è vicino?
QUANDO lo esaminiamo secondo ciò che ne dice la Bibbia, il Millennio è grandemente da desiderare per tutto il genere umano, i vivi e i morti. Ecco perché l’annuncio che si è avvicinato è una notizia assai gradita per tutti quelli che hanno intendimento. Ci dovremmo interessare vivamente per conoscere quali valide ragioni abbiamo da esser convinti che s’è avvicinato. Quali sono? Prenderemo il tempo per considerarne alcune?
2. (a) Quale radunamento che vediamo aver luogo è in se stesso una chiara prova che il Millennio si è avvicinato? (b) Dalla parte di Dio chi conduce la “guerra”, e con quale funzione già rende servizio?
2 Dalla considerazione del Millennio che abbiamo fatto finora, ci rendiamo conto del fatto che dev’essere immediatamente preceduto dalla più distruttiva guerra di tutto il genere umano, “la guerra del gran giorno dell’Iddio Onnipotente” ad Har-Maghedon. Ora possiamo vedere i governanti politici o i “re dell’intera terra abitata” radunarsi, sotto forze al di là del controllo umano, per quella Guerra di tutte le guerre. Questo fatto dovrebbe essere in se stesso una chiara prova che si è anche avvicinato l’atteso millennio che seguirà la Guerra. (Rivelazione 16:13-16) Dalla parte di Dio Onnipotente prenderà parte attiva in quella guerra il Condottiero dei celesti eserciti divini, colui che è chiamato il Fedele e Verace, la Parola di Dio. Già prima che cominci questa guerra di Har-Maghedon, questo Condottiero celeste è un Re. “Sulla sua testa sono molti diademi”, e, “sul suo mantello, e sulla coscia, ha scritto un nome, Re dei re e Signore dei signori”. (Rivelazione 19:11-16) Quindi già domina come Re prima di entrare in quel periodo di regno della durata di mille anni con i suoi 144.000 coeredi cristiani. — Rivelazione 12:5; 14:1-4; 20:4-6.
3. In riferimento al principio del premillenario regno di Cristo, che cosa vide Giovanni quando furono aperti i primi due suggelli del rotolo (Rivelazione 6:1-4)?
3 Il riferimento al principio di questo premillenario regno di questo Re dei re, Gesù Cristo, viene fatto in un precedente quadro degli avvenimenti mondiali del nostro ventesimo secolo. Questo quadro si trova nel capitolo sei di Rivelazione, in cui l’apostolo Giovanni ci dice quello che vide quando l’Agnello di Dio, Gesù Cristo, comincia ad aprire i sette suggelli che suggellano il chiuso “rotolo” che ha ricevuto dalla mano di Dio che siede sul trono celeste. Giovanni dice: “E vidi quando l’Agnello aprì uno dei sette suggelli e udii una delle quattro creature viventi dire con voce come di tuono: ‘Vieni!’ E vidi, ed ecco, un cavallo bianco; e colui che vi sedeva sopra aveva un arco; e gli fu data una corona, ed egli uscì, vincendo e per completare la sua vittoria. E quando aprì il secondo suggello, udii la seconda creatura vivente dire: ‘Vieni!’ E uscì un altro cavallo color fuoco; e a colui che vi sedeva sopra fu concesso di togliere la pace dalla terra onde si scannassero gli uni gli altri; e gli fu data una grande spada”. — Rivelazione 6:1-4.
4, 5. (a) Cosa vediamo simboleggiato nel cavaliere che cavalca il cavallo color fuoco? (b) In quei tempo chi uscì per vincere completamente, e come questo stabilì la scena dell’adempimento di Salmo 2:1-6?
4 Qui vediamo i simboli che raffigurano la prima guerra mondiale, che scoppiò nell’anno 1914 E.V., ma che semplicemente precedette la seconda guerra mondiale che tolse la pace dalla terra per altri sei anni. Quella prima guerra mondiale segnò il tempo in cui il giusto guerriero, Gesù Cristo, ricevette la corona celeste e uscì contro i suoi nemici sulla terra, per vincere il combattimento, per sconfiggere completamente i suoi nemici terreni. Ciò significa che in seguito egli avrebbe combattuto dalla parte di Dio la “guerra del gran giorno dell’Iddio Onnipotente” ad Har-Maghedon. Che al tempo della prima guerra mondiale fosse incoronato in cielo quale Re, indica la scena dell’adempimento delle parole del Salmo Due:
5 “Perché sono state in tumulto le nazioni e gli stessi gruppi nazionali borbottavano una cosa vuota? I re della terra si presentano e gli stessi alti funzionari si sono ammassati insieme come un sol uomo contro Geova e contro il suo unto [il suo Cristo, Versione dei Settanta greca], dicendo: ‘Strappiamo i loro legami e gettiamo via da noi le loro funi!’ Il Medesimo che siede nei cieli riderà; Geova stesso si farà beffe di loro. In quel tempo parlerà loro nella sua ira e nella sua accesa collera li turberà, dicendo: ‘Io, sì, io ho insediato il mio re sopra Sion, mio santo monte’”. — Salmo 2:1-6; si paragoni Atti 4:24-30.
6. Hanno forse le guerre mondiali e le Nazioni Unite spodestato il Re di Geova sul monte Sion, e che cosa ci assicurerà il risultato della guerra di Har-Maghedon?
6 Nonostante tutto il tumulto che ha turbato le nazioni dalla prima guerra mondiale del 1914-1918 E.V., Geova ha fatto sedere il suo Re, il suo Figlio Gesù Cristo, sul celeste seggio di governo reale, Sion. (Rivelazione 14:1; Ebrei 12:22) Né la prima guerra mondiale né la seconda guerra mondiale né l’organizzazione delle Nazioni Unite riuscirono a spodestare questo Re messianico. Ad Har-Maghedon la “guerra del gran giorno dell’Iddio Onnipotente” lo confermerà sul suo celeste trono, ed egli vi sarà per dare inizio al suo regno millenario con i suoi leali 144.000 coeredi. (Rivelazione 19:19-21) Per questa essenziale ragione il promesso Millennio ci è assicurato con le sue vivificanti benedizioni per il genere umano. Esso si è avvicinato!
7. Perché non siamo come l’antica “generazione malvagia e adultera”, eppure dove troviamo un “segno” datoci da Gesù onde lo consideriamo?
7 Benché ci siano le summenzionate prove, molti scettici chiederanno un “segno” prima di decidere che sono convinti che il Millennio s’è davvero avvicinato, sì, che comincerà entro la nostra generazione. Noi non siamo di quella “generazione malvagia e adultera” dei religiosi scribi e Farisei di diciannove secoli fa, che vollero da Gesù Cristo un segno che li convincesse che egli era il Messia. (Matteo 12:38, 39) Comunque, abbiamo la descrizione di un “segno” che fu fatta da Gesù Cristo stesso, e poiché egli ce la rese disponibile, ci terremmo in una grave ignoranza rifiutando di considerarla. La descrizione ci è resa disponibile nei capitoli ventiquattro e venticinque di Matteo, nel capitolo tredici di Marco e nel capitolo ventuno di Luca. La descrizione del segno fu fatta ai suoi apostoli su richiesta, non per provare che egli era il Messia o Cristo ma per indicare che certi promessi avvenimenti futuri erano vicini, stavano per adempiersi. Fu fatta l’undicesimo giorno del mese primaverile di Nisan dell’anno 33 E.V., tre giorni prima della sua morte violenta.
PROFEZIA DEL “SEGNO”
8. Come indicò Gesù che sarebbe andato via, e quali parole sarebbero state dette al suo ritorno?
8 Gesù aveva appena predetto qualche cosa che suonò assai terribile agli orecchi dei Giudei, cioè la distruzione del loro tempio di Gerusalemme. Lì aveva dichiarato ai suoi oppositori religiosi: “Ecco, la vostra casa vi è abbandonata. Poiché io vi dico: Da ora in poi non mi vedrete più, finché diciate: ‘Benedetto colui che viene nel nome di Geova!’” (Matteo 23:38, 39) Ciò indicò che egli stava per andar via. Quando tornò, ci sarebbero stati quelli che avrebbero preso le profetiche parole del Salmo 118:26 dicendo: “Benedetto sia Colui che viene nel nome di Geova!”
9. Come indicò Gesù che quelle parole con le quali sarebbe stato accolto al suo ritorno non sarebbero state usate dagli adoratori nel tempio di Gerusalemme?
9 Evidentemente non era nel tempio materiale di Gerusalemme che gli adoratori di Geova avrebbero accolto con quelle parole profetiche colui che veniva nel nome di Geova. Questo è ciò che Gesù fece capire molto chiaramente, secondo il racconto che segue le sue premonitrici parole: “Dipartitosi, Gesù se ne andava ora dal tempio, ma i suoi discepoli gli si accostarono per mostrargli gli edifici del tempio. Rispondendo, egli disse loro: ‘Non vedete tutte queste cose? Veramente vi dico: Non sarà lasciata qui pietra sopra pietra che non sia diroccata’”. — Matteo 24:1, 2.
10. Sul monte degli Ulivi che sovrastava il tempio, quale domanda quattro apostoli fecero a Gesù, e come varie traduzioni rendono la loro domanda?
10 I dodici apostoli non fecero nessuna domanda su questa spaventosa profezia finché non giunsero sul monte degli Ulivi, che sovrasta Gerusalemme e da cui si poteva avere un’ottima veduta di quel tempio ch’era stato rinnovato dal re Erode il Grande. Sembra che la veduta stimolasse fra quattro apostoli una memorabile domanda, che suscitò l’interesse anche degli altri, giacché leggiamo: “Mentre sedeva sul monte degli Ulivi, i discepoli gli si accostarono privatamente, dicendo: ‘Dicci: Quando avverranno queste cose, e quale sarà il segno della tua presenza [pa·rou·siʹa, greco] e del termine del sistema di cose?’” (Matteo 24:3) La Sacra Bibbia di Fulvio Nardoni traduce dal greco le loro parole: “Spiegaci, quando avverranno queste cose? E quale sarà il segno della tua presenza e quello della fine dell’èra?” The Emphasised Bible di Rotherham similmente dice: “Dicci quando avverranno queste cose, e quale sarà il segno della tua presenza e della conclusione dell’èra”. La Nuova Traduzione (Testo corretto) dell’arcivescovo Newcome dice: “Quale sarà il segno della tua apparizione e della fine dell’èra?” — Edizione del 1808.
11. (a) Quando ebbe luogo la distruzione del tempio di Gerusalemme, ma allora che cos’altro non avvenne? (b) Che cosa sarebbe dunque naturale fare rispetto alla storia?
11 Oggi sappiamo quando ebbe luogo la distruzione del tempio letterale di Gerusalemme. Accadde millenovecento anni fa, nell’estate dell’anno 70 E.V., quando le legioni romane al comando del generale Tito distrussero l’intera città. (Luca 21:20-24) Ma che dire di quelle altre cose, il “segno” della Parusia (presenza, apparizione) di Cristo e della conclusione dell’èra o sistema di cose (o, dello statoa), come furono incluse nella domanda dei discepoli? È vero che la piena fine o termine dello stato o sistema di cose giudaico si raggiunse nell’anno 70 E.V., ma non il termine del più ampio sistema di cose di cui il sistema giudaico fu semplicemente un modello o tipo profetico. Inoltre, la Parusia, presenza o apparizione del Signore Gesù Cristo non avvenne quell’anno. Poiché viviamo in questo ventesimo secolo E.V., la cosa più naturale da fare sarebbe quella di esaminare la storia di questo nostro ventesimo secolo per determinare se il preannunciato “segno” è apparso durante la nostra propria generazione.
12. Considerato ciò che Stefano disse della prima venuta di Cristo, perché dovremmo chiedere se gli apostoli chiedevano della “venuta” o “Avvento” di Gesù?
12 Dovremmo notare che i discepoli chiesero della Parusia del Signore Gesù Cristo. Ciò facendo, domandavano intorno alla sua “venuta”? Al suo “Avvento”, come alcuni lo chiamano? Questa domanda merita d’esser posta, perché il martire cristiano Stefano, quando parlò della prima “venuta” del Signore Gesù, disse al Sinedrio giudaico di Gerusalemme: “Quale dei profeti non perseguitarono i vostri antenati? Sì, essi uccisero quelli che fecero in anticipo l’annuncio della venuta [eʹleu·sis, greco] del Giusto, di cui voi siete stati ora i traditori e gli assassini”. (Atti 7:52) Notiamo che, quando parlava della prima venuta di Cristo, Stefano usò non la parola pa·rou·siʹa, ma la parola greca eʹleu·sis. Queste due parole greche non sono solo diverse di forma e derivazione ma anche diverse di significato.
13. Per derivazione, che cosa significa letteralmente la parola parousía, ma come ne spiegano il significato le autorità delle parole greche?
13 La parola pa·rou·siʹa significa letteralmente “essere accanto”, essendo tratta dalla preposizione greca paraʹ (“accanto”) e ousía (un “essere”). Un vocabolario greco, A Greek-English Lexicon di Liddell e Scott, Volume II, pagina 1343, colonna 2, dà come prima definizione di parousía la parola “presenza”. Come sua seconda definizione dà arrivo, e quindi aggiunge: “Specialmente visita di un personaggio reale o ufficiale”. In armonia con ciò il Theological Dictionary of the New Testament (di Gerhard Friedrich), nel Volume V, dà come “Significato generale” la parola “Presenza”. (Pagina 859) Quindi, come “Uso tecnico dei termini”, nell’ellenismo, dà “1. La visita di un governante”. A pagina 865 dice dell’“Uso tecnico di pareimi [verbo] e parousía nel N.T.”: “Nel N.T. i termini non sono mai usati per la venuta di Cristo nella carne, e parousía non ha mai il senso del ritorno. L’idea di più di una parousía si trova per la prima volta solo nella Chiesa posteriore”.
14. (a) Secondo l’uso tecnico del termine greco nell’ellenismo, quale espressione sarebbe usata invece di “presenza”? (b) In quale traduzione parousía è coerentemente reso “presenza”, con quale contrasto mostrato in Filippesi 2:12?
14 Or dunque, i discepoli di Gesù chiedevano non del suo “arrivo”, ma di dopo il suo arrivo. Essi chiedevano della sua “presenza”. E se, invece di usare la parola “presenza”, ricorriamo all’“uso tecnico dei termini” nell’ellenismo, si comprende che i discepoli chiesero a Gesù: “Quale sarà il segno della tua [visita come personaggio reale] e del termine del sistema di cose?” Una “visita” comprende più che un “arrivo”. Comprende una “presenza”. Nel cosiddetto Nuovo Testamento la parola greca parousía ricorre ventiquattro volte, e tutte le volte che vi ricorre non solo la Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture traduce la parola ogni volta come “presenza”, ma fanno questo anche altre traduzioni, come Young’s Literal Translation of the Holy Bible, del 1862 E.V.; The Emphatic Diaglott di Wilson, del 1857-1863 E.V.; e The Emphasised Bible di Rotherham, del 1897 E.V. Notiamo come Filippesi 2:12 mette appropriatamente in contrasto “presenza” e “assenza”, dove l’apostolo Paolo dice: “Avete sempre ubbidito, non solo durante la mia presenza, ma ora ancor più prontamente durante la mia assenza”.
LA PARABOLA DELLE DIECI VERGINI
15. Un certo numero di aspetti del “segno” predetto da Gesù come richiede che si renda Parusia, come, per esempio, in quale parabola?
15 Il significato di “presenza” per parousía è richiesto in un certo numero di aspetti della profezia di Gesù circa il “segno” della Parusia e del termine del sistema di cose. Per esempio, consideriamo quella parte della profezia di cui si parla generalmente come della parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte. Gesù aveva appena profetizzato dello “schiavo fedele e discreto” e dello “schiavo malvagio”, e ora profetizza di un altro aspetto inerente alla sua Parusia. Egli dice: “Il regno dei cieli diverrà allora simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, andarono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque erano discrete. Poiché le stolte presero le loro lampade ma non presero con sé l’olio, invece le discrete presero l’olio nei loro ricettacoli, con le loro lampade”. — Matteo 25:1-4; 24:45-51.
16. In qual senso le donne sono “vergini”, secondo l’introduzione della parabola?
16 Prima di tutto, vorremmo notare che questa parabola implica una classe di persone e non si deve dunque applicare nella sua completezza alla vita e alla morte di ogni individuo. Quelli che vi sono implicati son “vergini” in un senso particolare, in quanto rappresentano il “regno dei cieli”, perché “allora”, come Gesù disse, “il regno dei cieli diverrà [simile a che cosa?] simile a dieci vergini”. Questo è il “regno” di cui in precedenza Gesù aveva parlato nella sua profezia, dicendo: “Questa buona notizia del regno sarà predicata in tutta la terra abitata, in testimonianza a tutte le nazioni; e allora verrà la fine”. — Matteo 24:14.
17. (a) Le “vergini”, essendo dieci di numero, chi raffigurano? (b) Quando cominciò ad adempiersi la parabola, e perché allora?
17 Poiché il numero “dieci” è un numero che scritturalmente significa perfezione riguardo alle cose terrestri, le “vergini” essendo dieci di numero raffigurerebbero tutti i cristiani che hanno la prospettiva o dichiarano d’avere la prospettiva del regno celeste quali coeredi di Gesù Cristo. Quando, perciò, cominciò ad adempiersi la parabola profetica? La domenica 6 Sivan, il giorno della Festa di Pentecoste, dell’anno 33 E.V. Come mai? Perché allora venne all’esistenza la classe delle vergini. Ciò accadde perché i fedeli discepoli di Gesù Cristo, che erano radunati in una stanza di piano superiore in Gerusalemme, furono battezzati quel giorno con spirito santo. In tal modo furono generati da Dio per essere suoi figli spirituali in grado d’essere ‘eredi di Dio’ e “coeredi di Cristo”. (Romani 8:17) Ma, nella Bibbia, gli eredi sono di solito i figli; e perché, nella parabola, tutti i componenti della congregazione dei discepoli di Cristo generati dallo spirito son raffigurati come femmine, come fanciulle vergini che, una notte nuziale, escono incontro allo sposo? e chi è questo “sposo”?
18. Riguardo alle disposizioni matrimoniali, a chi Giovanni il Battista paragonò se stesso e Gesù, e a chi Giovanni indirizzò i suoi propri discepoli?
18 Prima di tutto, questo “sposo” è il risuscitato, glorificato Signore Gesù Cristo. Giovanni il Battista ne parlò da questo punto di vista e conformemente si paragonò all’“amico dello sposo”. In quei giorni generalmente l’“amico dello sposo” combinava il matrimonio fra lo sposo e la sposa. La notte dell’unione delle due persone fidanzate, si prestava più attenzione allo sposo che all’amico dello sposo. E pertanto Giovanni il Battista disse ai propri discepoli, che egli preparava per Gesù Cristo come loro figurativo “sposo”: “Non sono io il Cristo, ma sono stato mandato davanti a lui. Chi ha la sposa è lo sposo. Comunque, l’amico dello sposo, quando sta ad ascoltarlo, prova molta gioia a motivo della voce dello sposo. Questa mia gioia è stata perciò resa piena. Egli deve continuare a crescere, ma io devo continuare a diminuire”. (Giovanni 3:28-30) Giustamente, dunque, Giovanni indirizzò i suoi discepoli a Gesù.
19, 20. (a) Come Gesù, nella parabola e in Rivelazione, si paragona a uno sposo? (b) In maniera corrispondente, come sarà chiamata la Nuova Gerusalemme?
19 Da parte sua, Gesù si paragonò a uno sposo in un’altra parabola che dichiarò. Questa fu la parabola della “festa nuziale” che un re preparò per suo figlio, e questo figlio rappresentava il Figlio del grande Re d’Eternità, Geova Dio. (Matteo 22:1-14) E nella Rivelazione, che Gesù Cristo ricevette da Dio e trasmise all’apostolo Giovanni, Gesù come l’Agnello di Dio è paragonato a uno sposo che si sposa con la congregazione dei suoi discepoli, in queste parole: “Rallegriamoci ed esultiamo, e diamo a lui la gloria, perché è arrivato il matrimonio dell’Agnello e la sua moglie s’è preparata. Sì, le è stato concesso di adornarsi di lino luminoso, puro e fino, poiché il lino fino rappresenta gli atti giusti dei santi. . . . Scrivi: Felici gli invitati al pasto serale del matrimonio dell’Agnello”. Per giunta, l’apostolo Giovanni narra che un angelo venne da lui e dice:
20 “Mi parlò, dicendo: ‘Vieni qui, ti mostrerò la sposa, la moglie dell’Agnello’. E mi trasportò nella potenza dello spirito su un grande e alto monte, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, avendo la gloria di Dio”. — Rivelazione 19:7-9; 21:9-11.
21. In Efesini 5:23-27, a che cosa Paolo paragona la relazione fra Gesù Cristo e la sua congregazione?
21 L’apostolo Paolo paragona la relazione fra Gesù Cristo e la sua congregazione di 144.000 coeredi a quella di un marito e una moglie. Egli scrive: “Il marito è capo della moglie come anche il Cristo è capo della congregazione, essendo egli il salvatore di questo corpo. Infatti, come la congregazione è sottoposta al Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in ogni cosa. Mariti, continuate ad amare le vostre mogli, come anche il Cristo amò la congregazione e si consegnò per essa, affinché la santificasse, purificandola col bagno dell’acqua per mezzo della parola, affinché presentasse la congregazione a sé nel suo splendore, non avendo macchia né grinza né alcunché di simile, ma affinché fosse santa e senza biasimo”. — Efesini 5:23-27.
22. Dove ha luogo il matrimonio, e perché la parabola di Gesù non fa nessuna menzione della sposa dello sposo?
22 Il matrimonio dello sposo Gesù Cristo e della sua congregazione o “sposa” avviene, naturalmente, in cielo, dove saranno uniti con la benedizione di Geova Dio, il Padre celeste. Comunque, si deve notare che nella parabola delle dieci vergini non si fa nessuna menzione della sposa. Questo viene fatto per evitare la confusione di pensiero. Si fa, realmente, perché la “sposa” è tratta o scelta dalle stesse “dieci vergini”. Le scelte “vergini” sono quei “felici” che sono “invitati al pasto serale del matrimonio dell’Agnello”. (Rivelazione 19:9) In armonia con ciò, la parabola di Gesù mostra che le “vergini” qualificate entrano per la porta nella stanza del banchetto nuziale. Esattamente come siano qualificate, è illustrato ulteriormente dalla parabola.
23. Il fatto che i componenti della congregazione di Cristo son paragonati a “vergini” quale esigenza impone loro?
23 I componenti della congregazione o sposa di Cristo son paragonati a “vergini” più che per la ragione d’esser fidanzati a un vergine Sposo. Essi sono “vergini” in un altro senso spirituale. Proprio come una fanciulla vergine è pura, casta, intatta sessualmente, così questi fedeli componenti della congregazione cristiana devono esser puri e mondi mediante la separazione da questo mondo, non avendo nessuna relazione con le organizzazioni religiose e politiche di questo mondo. Non prendono parte a nessuna unione di Chiesa e Stato. Mantengono la propria verginità non immischiandosi negli affari di questo mondo. (2 Timoteo 2:3, 4) Questo è ciò che si intende quando, riguardo ai 144.000 che si vedono stare con l’Agnello di Dio sullo spirituale monte Sion, viene detto: “Questi son quelli che non si contaminarono con donne [come la meretrice religiosa, Babilonia la Grande, e le sue figlie]; infatti, sono vergini. Questi son quelli che continuano a seguire l’Agnello ovunque vada”. — Rivelazione 14:4; 17:3-5.
24. Che cosa dice Giacomo 1:26, 27 riguardo alla purezza richiesta da quelli paragonati a vergini?
24 Riguardo alla richiesta purezza, il discepolo Giacomo dice: “Se ad alcuno sembra ch’egli sia un formale adoratore eppure non tiene a freno la lingua, ma continua a ingannare il proprio cuore, la forma di adorazione di costui è futile. La forma di adorazione che è pura e incontaminata dal punto di vista del nostro Dio e Padre è questa: aver cura degli orfani e delle vedove nella loro tribolazione, e mantenersi senza macchia dal mondo”. — Giacomo 1:26, 27.
INCONTRO ALLO “SPOSO”
25. Come alla Pentecoste del 33 E.V. la congregazione di Cristo ebbe inizio con la religione che è pura e incontaminata dal punto di vista di Dio, e quale prova ne ebbero?
25 Il giorno della Festa di Pentecoste del 33 E.V., quando lo spirito santo scese come un battesimo sui fedeli discepoli di Gesù Cristo mentre aspettavano a Gerusalemme, la congregazione cristiana ebbe inizio con la “forma di adorazione che è pura e incontaminata dal punto di vista del nostro Dio e Padre”. Essi erano in senso spirituale una classe vergine, separata dall’organizzazione religiosa che aveva rigettato Gesù Cristo e l’aveva fatto mettere al palo dal governatore romano Ponzio Pilato. (Atti 2:1-42) Iniziarono con gli insegnamenti del Messia Gesù e con gli insegnamenti dei suoi dodici apostoli, e si tennero separati da quella “perversa generazione” che era radicata in antiscritturali tradizioni religiose tramandate dagli sviati antenati. (Atti 2:40; Galati 1:13-17; Matteo 15:1-9) Il battesimo dello spirito santo insieme al dono delle lingue fu una prova che avevano la vera religione, ed essi ne erano consapevoli. Ora dovevano rimanervi “vergini”.
26, 27. (a) In senso spirituale, alla Pentecoste del 33 E.V. a chi fu promessa in matrimonio la congregazione cristiana? (b) Come Paolo, simile a un “amico dello sposo”, parla in II Corinti 11:2-5 rivolgendosi ai cristiani?
26 Fu quel giorno (6 Sivan 33 E.V.) che la congregazione cristiana fu data in matrimonio, si fidanzò, fu promessa sposa al celeste sposo Gesù Cristo. Tutti quelli che in seguito si aggiunsero a quella congregazione originale di 120 discepoli di Gerusalemme divennero parte di quella classe della sposa ed ebbero l’obbligo di mantenersi “vergini”. A questo fatto si riferisce l’apostolo Paolo, quando avverte i cristiani di Corinto di non rompere il loro fidanzamento con Gesù Cristo per sposare un Cristo falso. Alquanto simile a un “amico dello sposo”, Paolo dice:
27 “Io son geloso di voi d’una santa gelosia, poiché vi ho personalmente promessi in matrimonio a un solo marito onde vi presenti come casta vergine al Cristo. Ma temo che in qualche modo, come il serpente sedusse Eva con la sua astuzia, le vostre menti siano corrotte lungi dalla sincerità e dalla castità che son dovute al Cristo. Difatti, se qualcuno viene e predica un Gesù diverso da quello che noi abbiamo predicato, o ricevete uno spirito diverso da quello che avete ricevuto, o una buona notizia diversa da ciò che avete accettato, facilmente lo sopportate. Poiché io considero di non essermi mostrato inferiore in una sola cosa ai vostri apostoli sopraffini”. — 2 Corinti 11:2-5.
28. Come fu detto ai discepoli, sia da Gesù che dagli angeli, che egli sarebbe venuto come uno sposo giudeo a condurli a casa?
28 Il loro matrimonio col vergine Sposo in cielo doveva avvenire nell’indefinito futuro, in qualche tempo lontano da quel giorno della promessa di matrimonio della Pentecoste del 33 E.V. Cinquantadue giorni prima di ciò, la notte del suo tradimento da parte dell’apostolo infedele Giuda Iscariota, Gesù aveva detto ai suoi fedeli apostoli: “Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore. Altrimenti, ve l’avrei detto, perché vado a prepararvi un luogo. E se sarò andato e vi avrò preparato un luogo, verrò di nuovo e vi riceverò a casa presso di me, affinché dove sono io siate anche voi. E di dove io vado, conoscete la via”. (Giovanni 14:2-4) Quarantadue giorni dopo, quando ascendeva dal monte degli Ulivi e andava in cielo dinanzi agli occhi di un certo numero dei suoi discepoli, apparvero loro due angeli che dissero: “Uomini di Galilea, perché state a guardare in cielo? Questo Gesù che di fra voi è stato ricevuto in cielo verrà nella stessa maniera in cui l’avete visto andare in cielo”. (Atti 1:9-11) Quindi, i discepoli seppero che, come uno sposo giudeo la notte delle nozze, il dipartito Gesù sarebbe venuto a condurli alla dimora del suo Padre celeste, proprio come Gesù aveva precedentemente assicurato loro. — Giovanni 14:1-3.
29. (a) Quando la classe della “vergine” cominciò ad andare incontro allo Sposo? (b) Quale domanda ora sorse, e che cosa è indicato dal fatto che entrambe le specie di vergini erano uguali di numero?
29 Con questa prospettiva dell’occasione nuziale, la classe della vergine promessa in matrimonio si accinse a incontrare lo Sposo, ad accoglierlo e a rallegrarsi con lui. Dovevano mantenersi vigilanti, perché non sapevano “né il giorno né l’ora”. (Matteo 25:13) Quanti di quelli che iniziarono il giorno di Pentecoste del 33 E.V. e delle migliaia di quelli che s’unirono a loro in seguito avrebbero dato prova d’esser simili alle vergini “discrete” della parabola, e quanti simili alle vergini “stolte” o indiscrete? La parabola raffigura il numero dei discreti e il numero degli stolti come uguali, per indicare che ci fu un’opportunità uguale per tutti quelli che realmente iniziano, e anche per non indicare che ce ne sarebbero stati più di una specie che dell’altra; la cosa fu lasciata indefinita. Ma la parabola effettivamente preannunciò che non tutti quelli che cominciarono come “vergini” si sarebbero mostrati degni d’essere ammessi a entrare e a prender parte al “pasto serale del matrimonio dell’Agnello”. — Luca 12:35-38.
30. (a) Che cosa distinse le vergini discrete da quelle stolte? (b) Si avviarono tutte con le lampade accese, e quale fu dunque a questo riguardo la domanda essenziale?
30 Che cosa, dunque, distinse le vergini discrete o prudenti dalle vergini stolte o imprudenti? Questo: “Le stolte presero le loro lampade ma non presero con sé l’olio, invece le discrete presero l’olio nei loro ricettacoli, con le loro lampade”. (Matteo 25:3, 4) Tuttavia, tutte sapevano che avendo lampade accese sino alla fine della processione di accoglienza sarebbero state identificate, si sarebbero mostrate degne d’essere ammesse alla festa nuziale. In vista di ciò avevano bisogno di olio sufficiente che durasse loro finché la processione nuziale non fosse giunta alla casa dello sposo. Nell’adempimento della parabola, che cosa fu raffigurato dall’olio? Esse si avviarono per andare incontro allo sposo prima che ne fosse annunciato l’arrivo, e quando si avviarono le loro lampade erano accese. Così almeno allora c’era olio nelle loro lampade. Ma bastava per mantenere le loro lampade accese finché la processione nuziale non sarebbe entrata nella casa dello sposo?
31, 32. (a) Che cosa ebbe lo scopo di mostrare la parabola rispetto a quelle simboliche “vergini”? (b) Quale attitudine di attesa dovevano mantenere, come espresse Paolo in Filippesi 3:20, 21?
31 L’olio era un liquido illuminante. Senza di esso lo stoppino delle lampade non avrebbe dato una luce continua, ininterrotta. Che cosa simboleggiò il fatto che portarono alla festa nuziale una lampada accesa? In risposta a questa domanda, dobbiamo ricordare lo scopo per cui Gesù disse questa parabola. Lo scopo fu quello di mostrare che coloro che desideravano essere ammessi al matrimonio celeste avrebbero dovuto avere una certa identità, una certa personalità, e avrebbero dovuto ritenerla chiaramente sino alla fine, non importa in qual tempo cominciasse la processione nuziale e proseguisse in modo da giungere infine alla casa dello Sposo per prendervi la sua “sposa”. Prima di tutto la classe del “regno dei cieli”, mentre era sulla terra in mezzo a questo mondo ottenebrato, doveva rimanere “vergine” in senso spirituale. Avevano le loro speranze rivolte verso lo Sposo celeste, e questa attitudine non permetteva che si contaminassero col mondo impuro. Dovevano continuare “a seguire l’Agnello ovunque vada”. (Rivelazione 14:4) Dovevano mantenersi come l’apostolo Paolo, che disse:
32 “La nostra cittadinanza esiste nei cieli, dal qual luogo pure aspettiamo premurosamente il salvatore, il Signore Gesù Cristo, che rimodellerà il nostro corpo umiliato onde sia conforme al suo corpo glorioso secondo l’operazione della potenza che egli ha, di sottoporsi ogni cosa”. — Filippesi 3:20, 21.
33. (a) Per quanto tempo dovevano ritenere questa verginità spirituale, per mantenersi degni di che cosa? (b) Come Gesù parlò del fatto che essi riflettono questa condizione accettevole?
33 Così la loro sostenuta verginità spirituale è da attribuire al loro desiderio e alla loro determinazione di mostrarsi degni d’essere accettati dallo Sposo celeste come sua “sposa”. La loro vita quotidiana deve riflettere ciò in mezzo alle tenebre di questo mondo del genere umano. Nel suo Sermone del Monte, l’anno 31 E.V., Gesù Cristo lo Sposo disse ai suoi discepoli: “Voi siete la luce del mondo. Una città non può esser nascosta quando è situata sopra un monte. Non si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, ed essa risplende su tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce dinanzi agli uomini, affinché vedano le vostre eccellenti opere e diano gloria al Padre vostro che è nei cieli”. — Matteo 5:14-16.
34. Secondo le parole di Paolo in Filippesi 2:14-16, come dovevano risplendere i cristiani?
34 L’apostolo Paolo pure disse ai conservi cristiani: “Continuate a fare ogni cosa senza mormorii e discussioni, affinché siate irriprovevoli e innocenti, figli di Dio senza macchia in mezzo a una generazione perversa e storta, fra la quale risplendete come illuminatori nel mondo, mantenendo una salda stretta sulla parola della vita, affinché io abbia causa d’esultanza nel giorno di Cristo, di non aver corso invano né faticato invano”. — Filippesi 2:14-16.
35. Così che cosa è dunque raffigurato dalle vergini che tengono le loro lampade accese, e questo in attesa di che cosa?
35 Affinché la classe del “regno dei cieli” risplenda come “la luce del mondo” devono impegnarsi nelle “opere eccellenti” che glorificano il Padre celeste; devono fare ogni cosa senza mormorii e discussioni, mantenersi irriprovevoli e innocenti in quanto alla loro vita cristiana, mostrandosi senza macchia quali figli di Dio. Devono far questo in attesa che lo Sposo venga per condurli alla dimora del Padre celeste. Che facciano tutto questo è raffigurato dal fatto che le vergini tennero accese le loro lampade. È qualche cosa che farà piacere allo Sposo in mezzo alla notte di tenebre del mondo.
OLIO E RICETTACOLI SIMBOLICI
36. Che cosa raffigura l’“olio” come liquido illuminante?
36 Cosa raffigura dunque l’olio, il liquido illuminante? Simboleggia ciò che mantiene risplendente la classe del “regno dei cieli” come illuminatori in mezzo a un mondo ottenebrato. Conformemente, raffigurerebbe la “parola della vita”, sulla quale devono mantenere una “salda stretta”; poiché è scritto: “La tua parola è una lampada al mio piede, e una luce al mio cammino”. (Salmo 119:105) “Il medesimo dischiudersi delle tue parole dà luce, facendo comprendere agli inesperti”. (Salmo 119:130) Come figura, l’“olio” includerebbe anche lo spirito santo di Dio, poiché questa santa forza attiva invisibile di Dio aiuta a capire la Parola di Dio. (Giovanni 16:13) Inoltre, questo spirito santo si manifesta nel cristiano con i frutti, i frutti dello spirito quali amore, gioia, pace, longanimità, benignità, bontà, fede, mitezza, padronanza di sé. (Galati 5:22, 23) Tale “olio” spirituale ha potere illuminante.
37. Che cosa raffigura il fatto che le vergini avevano nei loro “ricettacoli” una provvista d’olio, e perché?
37 Nella parabola, le “vergini” dovettero avere una provvista d’olio nei ricettacoli, da cui potevano versarlo nelle lampade che portavano. Non potevano fare “ricettacoli” del proprio corpo bevendo l’olio per poi rigettarlo, secondo la necessità, nelle lampade per mantenerle accese. Comunque, che avessero i “ricettacoli” pieni d’olio significò che avevano in loro possesso una provvista d’olio, non naturalmente nel proprio corpo come contenitore. Quindi la classe del “regno dei cieli” ha realmente in suo possesso, sì, ha dentro di sé, una provvista della Parola di Dio e del suo spirito santo. Appropriatamente, dunque, i “ricettacoli” della parabola rappresentano i componenti della classe delle “vergini” stesse quali possessori dell’“olio” simbolico. Per certo hanno bisogno di un’ampia provvista di tale “olio” mentre escono incontro allo Sposo e si uniscono alla sua processione.
38. Che cosa simboleggiano dunque le lampade delle vergini, e in che senso c’è splendore?
38 Nella parabola, le dieci vergini usarono lampade a olio per illuminare la scena notturna. Cosa raffigurano dunque quelle lampade nell’adempimento odierno della parabola? La stessa cosa che raffigurano i “ricettacoli” dell’olio, poiché le lampade antiche contenevano olio illuminante come i “ricettacoli” della provvista. I componenti della classe del “regno dei cieli” sono essi stessi lampade simboliche. Non che essi ingoino tutto l’olio e poi se lo versino completamente addosso dandosi fuoco per divenire “torce viventi” in fila lungo il percorso della processione come martiri che si sacrifichino in onore dello Sposo. No, ma sono ripieni della illuminante Parola di Dio e del suo spirito santo, e questo li fa risplendere in senso spirituale a onore del glorioso Sposo celeste. Essi stessi, a causa delle loro qualità spirituali, sono “illuminatori nel mondo”. A causa della specie di vita che vivono sotto l’influsso della Parola e dello spirito di Dio, risplendono alla Sua gloria.
39. (a) Perché le “vergini” non sapevano per quanto tempo dovessero aspettare lo sposo? (b) Le vergini discrete che cosa ritennero perciò consigliabile fare?
39 Non essendo stata stabilita nessun’ora della notte in cui lo sposo lasciasse la casa dove gli si diede la sua sposa e di lì conducesse una processione fino alla sua propria casa per la vita da sposato, le vergini della parabola non sapevano con esattezza quanto tempo potessero dover aspettare per la comparsa dello sposo. Non sapevano dunque quanto tempo dovessero tenere accese le loro lampade. Era perciò consigliabile non solo che riempissero le loro lampade ma anche un ricettacolo con altro olio. Le vergini “discrete” o prudenti lo capirono e “presero l’olio nei loro ricettacoli”, insieme alle loro lampade accese. Le vergini “stolte” o indiscrete, imprudenti non fecero questo, e la loro stoltezza a questo riguardo fu evidente col passar del tempo.
40. (a) Nell’adempimento della parabola, come la classe delle vergini “discrete” prende olio nei propri ricettacoli? (b) Come questo li aiuta a mostrarsi fedeli alla promessa di matrimonio fatta al loro Sposo?
40 Nell’adempimento della parabola, quelli raffigurati dalle cinque vergini “discrete” prendono per così dire altro olio nei loro ricettacoli, riempiendosi della Parola di Dio, avendola nella mente e nel cuore per mezzo del privato studio personale, dell’assistenza alle adunanze cristiane dove è insegnata ed esaminata la Parola di Dio, e mediante l’uso di tale Parola di Dio in quanto viene condivisa con altri. Pregano per avere lo spirito di Dio e cercano d’essere continuamente “pieni di spirito”. (Efesini 5:18) In qualsiasi futuro tempo d’emergenza questa pienezza d’“olio” spirituale li avrebbe aiutati a rinnovare le loro facoltà di perseveranza e a continuare a risplendere come la “luce del mondo” a prova che si mantenevano fedeli alla loro promessa di matrimonio con il loro Sposo celeste.
“MENTRE LO SPOSO RITARDAVA”
41. (a) Quando i Gentili divennero in principio parte della classe della “casta vergine” che uscì incontro allo Sposo? (b) A causa di ciò che accadde ai Giudei nel 70 E.V., le “vergini” incontrarono allora lo Sposo?
41 Nell’autunno dell’anno 36 E.V., fu aperta la porta onde gli incirconcisi non Giudei, Gentili, si convertissero al cristianesimo che è la “forma di adorazione che è pura e incontaminata” dal punto di vista di Dio. Questi credenti gentili ricevettero lo spirito santo di Dio e i suoi doni come li avevano ricevuti i credenti Giudei il giorno di Pentecoste del 33 E.V. (Atti da 10:1 a 11:18; 15:7-19) Così anche questi divennero parte della classe della “casta vergine” che è ‘promessa in matrimonio’ a Cristo. (2 Corinti 11:2) Da allora in poi ebbero una parte nell’adempimento della parabola delle “dieci vergini” e, per usare il linguaggio della parabola, “prese le loro lampade, andarono incontro allo sposo”. Nell’anno 70 E.V. la città di Gerusalemme e il suo sontuoso tempio furono distrutti dalle legioni romane, ma, sebbene quell’orribile distruzione fosse un’espressione del giudizio di Dio contro gli increduli, anticristiani Giudei, la classe della “casta vergine” non trovò lo Sposo celeste a cui erano usciti incontro. — Luca 21:20-24; Matteo 24:15-22; Marco 13:14-20.
42, 43. (a) Verso la fine del primo secolo, quale rivelazione dovette incoraggiare la classe della “casta vergine” nella sua speranza, ma come finì quella rivelazione? (b) Nella sua prima lettera scritta in seguito, alla presenza di chi già fece riferimento Giovanni?
42 Passarono gli anni, e verso la fine del primo secolo E.V., all’incirca nell’anno 96 E.V., l’apostolo Giovanni ricevette la meravigliosa Rivelazione con ciò che doveva rivelare intorno al celeste sposo Gesù Cristo e alla sua “sposa”, che fu raffigurata come la Nuova Gerusalemme. (Rivelazione da 21:1 a 22:17) Questo dev’essere stato d’indicibile incoraggiamento per la classe della “casta vergine” che ancora persisteva nella speranza d’incontrare lo Sposo al suo ritorno. Comunque, il celeste Sposo terminò quella Rivelazione, dicendo: “Colui che rende testimonianza di queste cose dice: ‘Sì; vengo presto’”. In risposta, l’anziano apostolo Giovanni disse: “Amen! Vieni, Signore Gesù”, e nella conclusione Giovanni quindi aggiunse: “L’immeritata benignità del Signore Gesù Cristo sia con i santi”. (Rivelazione 22:20, 21) Forse due anni dopo, verso il 98 E.V., l’apostolo Giovanni scrisse la prima delle sue tre lettere, e in essa disse:
43 “Fanciullini, è l’ultima ora, e, come avete udito che viene l’anticristo, così ora vi sono molti anticristi; da cui acquistiamo la conoscenza che è l’ultima ora”. “Sappiamo che ogni persona che è stata generata da Dio non pratica il peccato, ma Colui ch’è stato generato da Dio vigila su lui e il malvagio non fa presa su di lui. Noi sappiamo d’avere origine da Dio, ma tutto il mondo giace nella potenza del malvagio”. — 1 Giovanni 2:18; 5:18, 19.
44. (a) La successiva morte di Giovanni aprì la via alla venuta di chi? (b) Allora quanto brillantemente dovettero ardere le lampade accese della classe delle “dieci vergini”, e quale speranza c’era d’incontrare lo Sposo?
44 Poco dopo avere scritto le sue tre lettere e anche il racconto della vita di Gesù noto come il Vangelo di Giovanni, l’anziano apostolo dovette morire, indubbiamente l’ultimo dei “dodici apostoli dell’Agnello”. La scomparsa di Giovanni avrebbe consentito perciò la graduale apertura della porta alla venuta non di Cristo lo Sposo, ma dell’anticristo, riguardo al quale Giovanni aveva dato avvertimento. (2 Tessalonicesi 2:7, 8) Quindi la “luce del mondo” fu quasi spenta. Le simboliche “lampade” della classe raffigurata dalle “dieci vergini” dovettero ardere molto debolmente. Infatti, il numero delle vere “vergini” dovette ridursi a pochissimi. Altri interessi, interessi materiali mondani, anziché il desiderio del ritorno del Signore Gesù, dovettero tenere occupata l’attenzione di quelli che semplicemente pretendevano d’esser cristiani. Passò un tempo così lungo, eppure egli non comparve.
45. In che modo si adempì che, “mentre lo sposo ritardava, tutte sonnecchiarono e si addormentarono”, specialmente al tempo di Costantino?
45 Questo è ciò che la parabola delle dieci vergini preannunciò con queste parole: “Mentre lo sposo ritardava, tutte sonnecchiarono e si addormentarono”. (Matteo 25:5) In modo simile entro il gruppo religioso che professava d’essere la congregazione cristiana, i componenti si stancarono di aspettare la venuta dello Sposo. Infatti, con la cosiddetta “conversione” di Costantino il Grande e con la sua azione mediante cui fece del cristianesimo professato nel suo giorno la Religione di Stato dell’Impero Romano, parve che non ci fosse nessun bisogno del ritorno di Cristo. Fu stabilita ora la cristianità, molti vescovi religiosi delle chiese divennero alleati dello Stato Romano e cominciarono a regnare in senso religioso. Non solo i veri apostoli di Gesù Cristo dormivano nella morte, ma questi professanti vescovi cristiani si addormentarono rispetto alla responsabilità cristiana e al bisogno di mantenere la congregazione cristiana pura, libera dalle filosofie e dalle tradizioni degli uomini, e rispetto al bisogno di mantenersi assolutamente puri e senza macchia dal mondo in una forma di adorazione pura, incontaminata dinanzi a Dio.
46. (a) In che modo questo sonno della classe delle “dieci vergini” è parallelo a ciò che Gesù predisse nella parabola del grano e delle zizzanie? (b) Per quanto tempo doveva durare il sonno spirituale, e in quale tempo doveva porsi l’adempimento dell’aspetto finale della parabola?
46 Questa situazione religiosa sembra parallela a quella che fu raffigurata nella parabola di Gesù del grano e delle zizzanie, in cui egli disse: “Il regno dei cieli è divenuto simile a un uomo che seminò seme eccellente nel suo campo. Mentre gli uomini dormivano, il suo nemico venne e seminò zizzanie fra il grano, e se ne andò”. (Matteo 13:24, 25) Solo dopo una lunga stagione di crescita sarebbe venuta la mietitura e il tempo della venuta dell’“uomo” della parabola per l’opera di mietitura e per ordinare di strappare via le zizzanie e di raccogliere il puro “grano” nei suoi depositi. È interessante che nella spiegazione di tutta questa parabola, Gesù usò la stessa espressione che usarono i suoi apostoli quando gli fecero la domanda riportata in Matteo 24:3. Gesù disse: “La mietitura è il termine di un sistema di cose”. (Matteo 13:39) Fino al termine del mondano sistema di cose c’era ancora molto tempo, e il sonno preannunciato nella parabola delle “dieci vergini” risultò lungo. L’adempimento degli aspetti finali della parabola delle vergini doveva far parte del “segno” che siamo al “termine del sistema di cose”.
[Nota in calce]
a The Sacred Writings of the Apostles and Evangelists of Jesus Christ Commonly called the New Testament, di Campbell, Macknight e Doddridge, del 1828 E.V.
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“Ecco lo Sposo!”Il millenario regno di Dio si è avvicinato
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Capitolo XI
“Ecco lo Sposo!”
1. Durante questo sonno di durata indefinita delle “dieci vergini” da parte di chi ci sarebbe stata emozione, e specialmente dopo quale risveglio religioso?
DURANTE quel sonno indefinitamente lungo predetto nella parabola di Gesù, dovette esserci qualche emozione da parte delle simboliche “vergini”, specialmente da parte delle vergini “discrete” che avevano portato nei loro ricettacoli una straordinaria provvista d’olio. Questo avvenne in particolar modo dopo che c’era stato un risveglio religioso all’inizio del sedicesimo secolo E.V. e in Europa s’era compiuto uno strenuo sforzo per tornare alle ispirate Sacre Scritture come l’unico libro di verità divina, la vera guida ispirata per i seguaci di Cristo lo Sposo. La promessa di Cristo di venire di nuovo fece notevole impressione ai sinceri lettori e studenti della Bibbia. Essi videro che questa seconda venuta sarebbe stata premillenaria, vale a dire anteriore all’inizio del Millennio promesso, essendo questo il millennio in cui Satana dovrà esser legato e imprigionato nella “fossa senza fondo” o “abisso”.
2. Come il teologo luterano J. A. Bengel ebbe una parte in tali emozioni religiose?
2 Per esempio, nella prima metà del diciottesimo secolo sorse un teologo luterano chiamato Johann Albrecht Bengel, che nacque a Winnenden di Wuerttemberg, in Germania, nel 1687 e morì nel 1752 E.V. Egli scrisse un certo numero di libri sulle Sacre Scritture. L’Encyclopædia Britannica (undicesima edizione) riguardo a essi dice:
I più importanti sono: Ordo Temporum [Ordine dei tempi], un trattato sulla cronologia della Scrittura, in cui fa considerazioni riguardo alla fine del mondo, e un’Esposizione dell’Apocalisse che un tempo ebbe in Germania grande popolarità, e fu tradotta in diverse lingue. — Volume 3, pagina 737.
La Cyclopædia di M’Clintock e Strong dice di Bengel:
Le sue opere cronologiche, che cercano di fissare il “numero della bestia”, la data del “millennio” (egli fu positivo nel fissare il principio del millennio nell’anno 1836), ecc., hanno piuttosto sminuito la sua reputazione in quanto alla solidità del giudizio. — Volume 1, pagine 749, 750.
3. (a) Perché non risultò che quei pubblicati scritti di Bengel fossero il grido di mezzanotte riguardo allo Sposo? (b) Come vennero altre emozioni con William Miller di Pittsfield, nel Massachusetts?
3 Comunque, non risultò che gli scritti di Bengel pubblicati nella prima metà del diciottesimo secolo fossero il grido di mezzanotte: “Ecco lo sposo! Uscitegli incontro”. “Ecco lo sposo! Andategli incontro!” (Matteo 25:6, Traduzione del Nuovo Mondo; Versione di Fulvio Nardoni) Quelli che seguirono le pubblicazioni di Bengel e vi conformarono le loro azioni non incontrarono nell’anno 1836 lo Sposo celeste a un Suo visibile ritorno nella carne. Con l’andar del tempo ci furono fra quei cristiani che professavano d’essere della classe della “casta vergine” altre emozioni, in particolare quella relativa a un uomo che nacque l’anno 1781 a Pittsfield del Massachusetts, negli U.S.A. Quest’uomo fu William Miller, che divenne il fondatore dei cosiddetti Milleriani o Avventisti. La Cyclopædia di M’Clintock e Strong, Volume 6, pagina 271, dice:
Verso il 1833, quando risiedeva a Low Hampton, in New York, egli cominciò la sua carriera come apostolo della nuova dottrina, la quale insegnava che il mondo sarebbe giunto alla fine nel 1843. L’argomento principale su cui poggiava la sua convinzione era quello relativo al termine dei 2300 giorni di Daniele 8:14, che egli considerava come anni. Quindi prendendo in esame le settanta settimane di Daniele 9:24, come la chiave per la data dei 2300 giorni del capitolo precedente, e datando i periodi a.C. dal 457, quando Artaserse, re di Persia, mandò Esdra dalla sua cattività, per restaurare a Gerusalemme il governo giudaico (Esdra 7), e ponendo la fine delle settanta settimane, come fanno in genere i commentatori, nel 33 d.C., con la crocifissione di Cristo, egli trovò che il rimanente dei 2300 giorni, che era 1810, sarebbe terminato nel 1843. Per dieci anni si attenne a questo concetto, e riuscì a radunare un gran numero di seguaci, che si dice giungessero a cinquantamila, i quali attendevano, con credula aspettazione, il giorno fissato. Essendo stato comunque riscontrato che il risultato era contrario all’insegnamento del loro apostolo, gli Avventisti, come a volte sono chiamati, abbandonarono gradualmente Miller. Egli morì a Low Hampton, contea di Washington, in New York, il 20 dicembre 1849.
4. (a) In che modo non risultò che il movimento di Miller fosse il grido di mezzanotte? (b) Trent’anni dopo, che cosa scoprì sulla seconda venuta di Cristo un gruppo indipendente di studenti biblici?
4 È dunque evidente che il lancio del movimento milleriano non risultò che fosse il grido di mezzanotte: “Ecco lo sposo!” Lo Sposo celeste non comparve visibilmente nella carne a quegli avventisti e non li rapì alla loro desiderata dimora celeste, nel 1843. Eppure lo studio biblico continuò. Trent’anni dopo ci fu un piccolo gruppo di uomini non associati con gli avventisti o non affiliati a qualche setta religiosa della cristianità, che studiava le Sacre Scritture a Pittsburgh (Allegheny) di Pennsylvania, negli U.S.A. Essi studiavano indipendentemente per evitar di considerare la Bibbia attraverso gli occhiali settari. Fra questi uomini era un certo Charles Taze Russell, che aveva appena superato i vent’anni. Erano, naturalmente, molto interessati alla seconda venuta dello Sposo celeste, Gesù Cristo. Comunque, i loro studi biblici fecero loro scoprire che il ritorno di Cristo sarebbe stato invisibile, non visibile nella carne come uomo materializzato, ma invisibile nello spirito, in quanto non era più carne e sangue. Il suo arrivo sarebbe stato perciò invisibile agli uomini e questo arrivo avrebbe dato inizio alla sua invisibile presenza o parusia. Ma sarebbe stato reso manifesto dalle prove.
“SETTE TEMPI”: “I TEMPI DEI GENTILI”
5. Nel corso dei loro studi, quale periodo di tempo menzionato da Gesù considerarono, e, nel 1876, che cosa aveva pubblicato Russell sulla fine di quel periodo?
5 Nel corso dei loro studi biblici, questi studenti ricercatori intrapresero una considerazione dei “tempi dei Gentili”, dei quali Gesù parla in Luca 21:24 (Con), e misero quei tempi dei Gentili in relazione con i “sette tempi” menzionati quattro volte in Daniele, capitolo quattro, versetti 16, 23, 25, 32. Cosa determinarono quegli studenti biblici che fosse la data in cui sarebbero legalmente terminati dinanzi a Dio tali “sette tempi” di dominio gentile? Ebbene, in quel tempo c’era una rivista mensile ch’era pubblicata a Brooklyn, New York, da un certo George Storrs ed era chiamata “Bible Examiner”. Nell’anno 1876 il ventiquattrenne Russell apportò il suo contributo al soggetto di questa rivista. Fu pubblicato nel Volume XXI, Numero 1, che fu l’edizione dell’ottobre 1876. Alle pagine 27 e 28 di quell’edizione, l’articolo di Russell fu stampato col titolo “Tempi dei Gentili: Quando finiscono?” In quell’articolo (pagina 27) Russell disse: “I sette tempi finiranno nel 1914 d.C.”
6. (a) Nel 1877, Russell si unì nella pubblicazione di quale libro, e che cosa diceva esso sulla fine dei Tempi dei Gentili? (b) La cronologia allora seguita quando faceva finire i seimila anni di esistenza dell’uomo, ma in quale anno si calcolava che cominciasse il settimo millennio?
6 L’anno dopo (1877) Russell si unì a Nelson H. Barbour, di Rochester, New York, pubblicando un libro intitolato “Tre mondi, e la mietitura di questo mondo”. In questo libro si esponeva che la fine dei Tempi dei Gentili nel 1914 sarebbe stata preceduta da un periodo di quarant’anni contrassegnato dall’inizio d’una mietitura di tre anni e mezzo, a cominciare dal 1874 E.V. Si comprendeva che questa mietitura sarebbe avvenuta sotto l’invisibile direttiva del Signore Gesù Cristo, la cui presenza o parusia cominciò nell’anno 1874. Poco dopo si capì che era il principio del grande Giubileo antitipico per il genere umano, che era stato prefigurato dalle antiche osservanze dei ‘giubilei’ giudaici sotto la legge di Mosè. (Levitico, capitolo venticinque) Secondo la cronologia biblica che fu in seguito adottata, i seimila anni di esistenza dell’uomo sulla terra finivano nell’anno 1872 ma il Signore Gesù non venne alla fine di quei sei millenni di esistenza umana, anzi, all’inizio dell’antitipico Giubileo nell’ottobre del 1874. Si calcolò che l’anno 1874 fosse la fine dei sei millenni di peccato fra il genere umano. Si comprese che da quest’ultima data il genere umano fosse nel settimo millennio. — Rivelazione 20:4.
7. (a) Perché la rivista religiosa di Russell quando fu pubblicata nel 1879 includeva nel suo titolo “e Araldo della presenza di Cristo”? (b) Che cosa doveva accadere quando quella “presenza” fosse giunta alla fine dei Tempi dei Gentili nel 1914?
7 Da questa comprensione degli avvenimenti, la classe della “casta vergine” cominciò ad andare incontro allo Sposo celeste nell’anno 1874, giacché credevano che egli fosse arrivato quell’anno e che da allora in poi sarebbe stato invisibilmente presente. Ritennero di vivere già all’invisibile presenza dello Sposo. A causa di questo fatto, quando Charles T. Russell cominciò a pubblicare nel luglio 1879 la sua propria rivista religiosa, la stampò col titolo “Torre di Guardia di Sion e Araldo della presenza di Cristo”. Egli aveva già buona conoscenza dell’Emphatic Diaglott di Wilson, che in Matteo 24:3 e altrove traduceva la parola greca pa·rou·siʹa come “presenza”, non “venuta”. La nuova rivista annunciava la presenza invisibile di Cristo come iniziata nel 1874. Questa presenza doveva continuare sino alla fine dei Tempi dei Gentili nel 1914, quando le nazioni gentili sarebbero state distrutte e il rimanente della classe della “casta vergine” sarebbe stato glorificato con il loro sposo in cielo mediante la morte e la resurrezione alla vita in spirito. Così la classe raffigurata dalle cinque vergini sagge sarebbe entrata per la porta alla festa nuziale.
8. (a) Il rimanente della classe della “casta vergine” che cosa attendeva con intenso interesse, e perché? (b) La mattina di quel giorno, che cosa annunciò Russell al personale della sede principale dei lavoratori di Brooklyn, in New York?
8 Mentre passavano gli anni e si avvicinava il tempo, il rimanente della classe della “casta vergine” attendeva con intenso interesse quella data critica del 1º ottobre 1914. Questi erano una classe di cristiani separati da questo sordido mondo e pienamente “consacrati” a Dio per mezzo di Cristo, e avevano simboleggiato la loro “consacrazione” a Dio con l’immersione in acqua. Cercavano di far risplendere la loro luce mentre s’avvicinavano al tempo in cui attendevano d’incontrare il loro Sposo nei cieli. Infine arrivò il giorno 1º ottobre 1914, e la mattina di quel giorno Charles T. Russell in qualità di presidente della Società Torre di Guardia di Bibbie e Trattati annunciò al personale della sede principale dei lavoratori di Brooklyn, New York: “I Tempi dei Gentili sono finiti e i loro re hanno avuto il loro giorno”.
9. Comunque, quando morì lo stesso Russell, e quale conclusione se ne deve trarre?
9 Comunque, con quella fine dei Tempi dei Gentili non venne anche l’attesa glorificazione del rimanente della chiesa nei cieli. Piuttosto, il 31 ottobre 1916 Russell stesso morì lasciando la presidenza della Società a un altro. Qualche cosa doveva essere stato calcolato male.
10. (a) Che cosa si vide delineare il 1º ottobre 1914 per il rimanente della classe della “casta vergine” sulla terra? (b) Quando la persecuzione giunse al culmine, e quale lettera mostra il vivo desiderio del cuore d’unirsi allo Sposo celeste?
10 Invece di vedere la glorificazione della chiesa cristiana in cielo, la data del 1º ottobre 1914 vide delinearsi per quelli che desideravano incontrare lo Sposo celeste grandi difficoltà. Mentre gli anni della prima guerra mondiale si trascinavano in maniera orrenda giunse al culmine la persecuzione che continuava a riversarsi sulla classe della “casta vergine”. Questo avvenne nell’estate del 1918, quando il nuovo presidente della Società Torre di Guardia, Joseph F. Rutherford, e il suo segretario tesoriere, W. E. Van Amburgh, e sei altri uomini cristiani che avevano relazione con il personale della sede principale di Brooklyn, New York, furono ingiustamente dichiarati colpevoli da una corte federale e messi in prigione nel penitenziario federale di Atlanta, in Georgia. Dalla sua cella, il presidente Rutherford indirizzò una lettera ai suoi conservi cristiani che subivano persecuzione fuori delle sbarre e delle mura della prigione. Una parte di questa lettera fu stampata nella quarta pagina del programma del congresso di quattro giorni dell’Associazione Internazionale degli Studenti Biblici, che si tenne a Milwaukee, nel Wisconsin, dal 30 agosto al 2 settembre 1918.a Questa lettera rivelava il vivo desiderio del cuore della classe della “casta vergine” d’unirsi presto allo Sposo nei cieli, specialmente in queste righe che da essa citiamo:
ALL’ISRAELE DI DIO
“Caramente diletti in Cristo,
“La vita della prigione sembra strana; eppure ci occupiamo di ogni cosa con gioia, poiché guardiamo ogni cosa da un punto di vista celeste. Veramente ora possiamo cantare:
‘Svanisce, svanisce ogni gioia terrestre,
Gesù è mio!’
“Infatti, ora non ci sono gioie terrestri; ma con gioiosa aspettazione attendiamo d’essere accolti nella nostra dimora. . . . Spesso ci sentiamo combattuti da due desideri, se preferir di dipartirci o desiderar di venire a servirvi per un tempo prima di andare alla nostra dimora. Sia fatta la sua volontà! Sono sicuro che tutti questi avvenimenti fanno maturare la chiesa in preparazione del radunamento finale. Le lettere da cari conservi di altri luoghi mostrano quanto dolcemente cedano al fuoco che consuma il sacrificio. . . .
“. . . Fate tutto il possibile per incoraggiare le care pecore del gregge. Confortatele con le dolci promesse d’una prossima e gloriosa venuta alla nostra dimora. Non vi ho mai amati tutti quanto ora. Come sarà dolce radunarci intorno al trono del Padre nostro e rallegrarci d’indicibile gioia in sempiterno! . . .
“Ringrazio il nostro caro Padre perché è stato così buono da mandarmi sette fratelli, affinché abbiamo questi privilegi insieme. . . .
Sappiate per certo che vi amiamo tutti grandemente. La grazia del nostro Signore Gesù Cristo sia con tutti voi.
“Vostro fratello e servitore per Sua grazia
“J. F. RUTHERFORD”.
11. (a) Durante quella persecuzione che cosa il rimanente della classe della “casta vergine” non comprese riguardo al 1874? (b) Quanto tempo trascorsero nel penitenziario i rappresentanti della Società, e che cosa ebbe inizio al loro rilascio?
11 In tutti questi difficili avvenimenti fra le tenebre della prima guerra mondiale, il sofferente rimanente della classe della “casta vergine” non comprese che l’anno 1874, allora passato da oltre quarant’anni, non era stato il tempo del ritorno dello Sposo e il tempo dell’annuncio: “Ecco lo sposo! Uscitegli incontro”. Il tempo del grido di mezzanotte era ancora futuro, ma prossimo. Il tempo trascorso in prigione dal presidente Rutherford non risultò di vent’anni, conforme alla sentenza imposta dalla corte il 21 giugno 1918, ma fu di soli nove mesi. Il 25 marzo 1919 egli e i suoi sette compagni furono liberati dal Penitenziario di Atlanta e tornarono a Brooklyn, New York, dove, il 26 marzo, furon tutti messi in libertà provvisoria dietro pagamento di una cauzione e fu loro concesso di fare appello. Furono di nuovo liberi per intraprendere l’opera del dopoguerra con tutti gli altri membri del rimanente della classe della “casta vergine”. Questo rimanente non era stato radunato presso il trono del loro Padre celeste lungi dalle crescenti tenebre di questo mondo malvagio. Aveva inizio sulla terra un nuovo periodo di servizio cristiano!
12. Quale parte della parabola di Gesù relativa alle “dieci vergini” quindi constatarono?
12 Fu in questa situazione critica che constatarono ciò ch’era stato preannunciato dallo Sposo celeste nella sua parabola delle “dieci vergini”, con queste parole: “Proprio nel mezzo della notte sorse un grido: ‘Ecco lo sposo! Uscitegli incontro’. Allora tutte quelle vergini si alzarono e misero in ordine le loro lampade”. — Matteo 25:6, 7.
13, 14. (a) Nella parabola, da chi fu annunciata la presenza dello sposo, e come si adempì questo? (b) Dal 1914, quale prova ci fu per mostrare che lo Sposo celeste era realmente presente?
13 Nella parabola l’annuncio che c’era lo sposo non fu fatto dalle “dieci vergini”. Fu fatto evidentemente dai servitori dello sposo. Le vergini semplicemente udirono il grido. Similmente, nell’anno 1919 E.V., il fatto dell’invisibile presenza dello Sposo celeste fu impresso in tutti quelli che asserivano d’essere come le vergini in attesa dello Sposo che veniva per condurli alla spirituale festa nuziale entro la dimora del Padre suo.
14 Quindi, l’anno 1919 risultò un anno stimolante per tutte le professanti “vergini”, sia per quelle stolte che per quelle discrete. La prima guerra mondiale era finita, e la Lega delle Nazioni fu promossa come organizzazione internazionale per la pace e la sicurezza del mondo. Dallo scoppio di quella guerra mondiale nel 1914 si era adempiuto un sufficiente numero di aspetti della profezia di Gesù relativa alla sua parusia e al termine del sistema di cose, formando un “segno” composito secondo cui Gesù Cristo era davvero venuto nel suo regno celeste alla fine dei Tempi dei Gentili nel 1914. Così il promesso regno messianico di Dio si era stabilito nei cieli. La storia del mondo e la storia della Chiesa ora provarono realmente che Cristo era presente!
MESSE IN ORDINE LE LORO “LAMPADE”
15. (a) Ora quale sottotitolo la rivista Torre di Guardia poteva correttamente portare? (b) Da quale annuncio nel numero del 15 aprile 1919 furono stimolati in tutto il mondo i lettori de La Torre di Guardia?
15 Ora finalmente la rivista Torre di Guardia poteva giustamente portare il sottotitolo “e Araldo della presenza di Cristo”. Gli otto studenti biblici cristiani rilasciati in marzo dal penitenziario federale ebbero il privilegio di assistere alla celebrazione annuale della Cena del Signore, la domenica sera 13 aprile 1919, e, secondo un rapporto incompleto del totale dei presenti pubblicato ne La Torre di Guardia del 15 maggio, alla pagina 151, ci furono oltre 17.961 che la celebrarono. Le pagine 117 e 118 del numero de La Torre di Guardia del 15 aprile 1919 annunciarono il rilascio dietro cauzione di $10.000 ciascuno degli otto uomini accusati falsamente e la grande accoglienza che fu fatta loro nella casa Betel di Brooklyn da centinaia di conservi cristiani. Questo annuncio, pubblicato in tutto il mondo, ebbe uno stimolante effetto sui lettori de La Torre di Guardia e Araldo della presenza di Cristo.
16. (a) Secondo Isaia 60:2, per che cosa era quindi tempo? (b) Come fu rafforzato il coraggio dei “consacrati” studenti biblici, e quale raduno internazionale si tenne?
16 Ora non era il tempo di sonnecchiare e dormire spiritualmente. Era il tempo d’agire in cui, come preannunciò Isaia 60:2, “le tenebre stesse copriranno la terra, e fitta oscurità i gruppi nazionali; ma su di te rifulgerà Geova, e la sua propria gloria si vedrà su di te”. La situazione mondiale richiedeva da parte di tutti i “consacrati” studenti biblici una coraggiosa azione. Non si perse tempo a rafforzare il coraggio cristiano di quelli che avevano atteso lo Sposo, poiché, nei numeri de La Torre di Guardia del 1º e del 15 agosto 1919, furono pubblicati due articoli sul tema “Benedetti gli intrepidi”, insieme agli annunci delle disposizioni per un “Congresso generale: Cedar Point, lago Erie”, per otto giorni, 1-8 settembre, e in proporzioni internazionali. Scuotendosi vigorosamente nella libertà dal sonno spirituale, migliaia di “consacrati” del popolo di Dio affluirono nel luogo del congresso, intorno a 6.000, in particolare da Canada e Stati Uniti, assistendo alle sessioni quotidiane. Quello stimolante congresso fu un’occasione perché i “consacrati” rinnovassero la loro risoluzione d’essere completamente desti e attivi nel servizio di Dio che stava loro dinanzi.
17, 18. (a) Il “Giorno dei collaboratori” in quel Congresso Generale, che cosa fu annunciato che si sarebbe pubblicato, e con quale prospettiva? (b) In che modo le istruzioni su come procedere nell’opera furono incoraggianti, e furono gli avvenimenti di quel giorno di congresso semplicemente d’interesse passeggero?
17 Enorme entusiasmo fu suscitato il “Giorno dei collaboratori”, venerdì 5 settembre, quando il presidente J. F. Rutherford annunciò la pubblicazione, dal 1º ottobre 1919 in poi, di una nuova rivista che sarebbe stata intitolata “L’Età d’Oro”. Questa doveva essere la compagna della rivista Torre di Guardia per la proclamazione della buona notizia del messianico regno di Dio, e il “consacrato” popolo di Dio fu incoraggiato a prendere parte all’opera di ottenere a essa abbonamenti, in attesa che la tiratura raggiungesse i 4.000.000 di copie per edizione. In seguito, ulteriori istruzioni sul modo di compiere quest’opera di pubblicità mondiale comparvero nell’articolo di due pagine e mezza intitolato “Annunciate il Regno”, alle pagine 279-281, de La Torre di Guardia del 15 settembre 1919.
18 Quale rafforzante chiamata fu per tutti i lettori la dichiarazione del terzultimo paragrafo di questo articolo: “Intraprendila presto. Mentre compi quest’opera ricorda che non fai semplicemente il rappresentante di una rivista, ma sei un ambasciatore del Re dei re e Signore dei signori, che in questa dignitosa maniera annunci al popolo la venuta dell’Età d’Oro, il glorioso regno del nostro Signore e Maestro, per cui i veri cristiani hanno sperato e pregato da molti secoli”! A tale invito di partecipare a questo nuovo aspetto dell’opera del Regno ci fu una reazione istantanea, e oggi, più di cinquantatré anni dopo, quella stessa rivista che ora si chiama “Svegliatevi!” ha una tiratura di 7.500.000 copie per edizione. Per certo la presenza di quei 6.000 “consacrati” cristiani lì a Cedar Point, nell’Ohio, e l’accoglienza che fecero il venerdì 5 settembre 1919 all’annuncio della rivista L’Età d’Oro non furono affatto cose d’interesse passeggero, che non avessero alcuna conseguenza nella storia della classe della “casta vergine” di Dio in questo vero tempo della parusia di Cristo. Quella classe delle vergini non si è di nuovo addormentata!
19. Onde le lampade fossero messe in ordine si richiese quale azione, e perché questo causò una divisione fra le vergini?
19 Questo fu invero il tempo in cui “tutte quelle vergini si alzarono e misero in ordine le loro lampade”. (Matteo 25:7) Nella parabola, ciò richiese che le vergini riempissero d’olio le loro lampade, poiché le loro lampade stavano per “estinguersi”. Ma, ahimè! le vergini stolte si accorsero di non poter riempire immediatamente le proprie lampade; esse non avevano portato con sé ricettacoli pieni d’olio, mentre le vergini discrete se n’erano munite. Questo causò fra le vergini una divisione. Perché? Matteo 25:8, 9 lo spiega, dicendo: “Le stolte dissero alle discrete: ‘Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade stanno per estinguersi’. Le discrete risposero con le parole: ‘Forse non ce n’è abbastanza per noi e per voi. Andate invece da quelli che lo vendono e compratevene’”.
20. Fu egoistico da parte delle vergini discrete rifiutarsi di condividere il proprio olio con quelle stolte, e quale fu la decisione di quelle discrete?
20 Possiamo immaginare quale difficoltà incontrarono quelle vergini stolte, andando in quell’ora della notte a cercar di trovare un negozio aperto o venditori d’olio che le accontentassero dando loro l’olio necessario. Or bene, non fu egoistico da parte delle vergini discrete non condividere la loro provvista con le vergini indiscrete? No! poiché se avessero fatto questo, nessuna delle dieci vergini sarebbe giunta alla porta della casa dello sposo e sarebbe entrata alla festa nuziale. La provvista divisa fra tutt’e dieci si sarebbe esaurita prima di giungervi. Le vergini discrete mostrarono di sentirsi obbligate a giungervi portando una provvista d’olio d’emergenza. Questo mostrò, inoltre, che eran tutte decise a giungervi, e ora queste vergini discrete non si lasciavano frustrare venendo meno nel buon proposito di onorare lo sposo. Per di più, a disposizione delle vergini stolte c’era ancora olio proveniente da altre fonti senza che ostacolassero o mettessero in pericolo il successo delle vergini discrete.
21. Che cosa questo non significa circa il modo in cui la classe delle vergini “discrete” tratterebbe chi desiderasse studiare la Bibbia e imparare riguardo allo Sposo?
21 Come avviene questo nell’adempimento della parabola in questo tempo della parusia o presenza dello Sposo celeste? Significa forse che, se qualcuno sincero avendo udito parlare dell’invisibile presenza del Signore Gesù Cristo desiderasse studiare la Bibbia con la classe delle vergini “discrete” e onorare lo Sposo, la classe delle vergini “discrete” glielo rifiuterebbe ma gli direbbe di arrangiarsi da sé? Se volesse riempirsi della Parola di Dio e di spirito santo, sarebbe questo una violazione della lezione della parabola? In nessun modo.
22. Considerando la questione di condividere l’“olio”, cosa dovremmo ricordare che significa il tenere alta la lampada accesa, e che cosa simboleggia l’“olio”?
22 Perché, allora, nell’adempimento, la classe delle vergini “discrete” si rifiuta di dividere il proprio “olio” con la classe delle vergini “stolte”? Dobbiamo tener presente che l’avere olio nel proprio ricettacolo è come avere in sé “olio” simbolico. Inoltre, il tenere alta la lampada accesa è come far risplendere la propria luce, come risplendere a somiglianza di un luminare, affinché le persone che sono in questo oscuro mondo ottenebrato vedano le nostre buone opere e glorifichino pertanto Dio. (Matteo 5:14-16; Filippesi 2:15) È l’“olio” simbolico a dare il potere illuminante, e questo “olio” raffigura sia la Parola di Dio, che è per l’adoratore di Dio come una lampada e una luce (Salmo 119:105), sia anche lo spirito santo di Dio, che illumina per noi la Parola di Dio e genera in tutti quelli che lo possiedono le eccellenti qualità divine che son chiamate “frutto dello spirito”. (Galati 5:22, 23; Efesini 5:18-20) Or dunque, dovrebbero le vergini “discrete” ridurre in sé la quantità di quest’“olio”, di questo potere illuminante? Infine, dovrebbero cessar di risplendere?
23. (a) La classe delle vergini “stolte” cosa desidera che faccia per loro la classe delle “discrete”? (b) Quale specie di “cristiani” sono la classe delle vergini “stolte”?
23 Questo è ciò che la classe delle vergini “stolte” vorrebbe far compiere a quelle “discrete”. Le “stolte” desiderano che le “discrete” si compromettano con loro. Nel 1919 E.V. l’annuncio dell’invisibile presenza dello Sposo celeste pose una sfida a tutti quelli che si professavano “vergini” col desiderio di andare incontro a quello Sposo e condividerne la gioia. Quelli che sono come le vergini “stolte” fanno solo professione di cristianesimo; per lo più sono cristiani nominali, ma non soddisfano i requisiti del vero cristianesimo. Possono avere qualche conoscenza della Bibbia, specialmente conoscenza con intendimento settario di tale conoscenza biblica. Possono aver subìto l’influenza di quella conoscenza della Scrittura che possono avere, ma non fino al punto d’avere in sé il potente spirito di Dio per produrre il “frutto dello spirito”. La loro condotta non si conforma al vero modello cristiano. Risplendono solo come cristiani nominali o professanti nei formalismi religiosi della loro setta della cristianità. Alla morte attendono di andare in cielo!
24. (a) Lo sviluppo religioso della classe delle vergini “stolte” consente loro di accettare le provabili evidenze della presenza dello Sposo? (b) A quale livello di professione cristiana le stolte vogliono che si portino le discrete così che esse stiano insieme?
24 Comunque, il loro sviluppo religioso non consente loro di superare la sfida quando sorge il grido di mezzanotte: “Ecco lo sposo! Uscitegli incontro”. Infatti, non discernono, non accettano il fatto provabile che dall’anno 1914 lo Sposo è presente. Essi professano di credere nello Sposo e che la chiesa ne è la sposa, ma insistono d’incontrare lo Sposo e di entrare nella sua gioia alla loro propria maniera, alla loro maniera settaria. Così, per esserci una partecipazione fra essi e la classe delle vergini “discrete” ci dev’essere un compromesso. Ci dev’essere un movimento d’unione delle fedi per amalgamarli tutti come professanti cristiani ed eredi del cielo. La classe ‘discreta’ deve togliere “olio” spirituale dalla sua propria provvista e abbassare il proprio livello di sviluppo cristiano a quello degli indiscreti religionisti. Così quelli ‘discreti’ dovrebbero rendersi religiosamente stolti per far compagnia ai professanti di cristianesimo ‘stolti’, indiscreti, imprudenti.
25. (a) Qual è dunque la contesa rispetto alla classe delle vergini “discrete”? (b) Per soddisfare infine i requisiti, quali parole di Pietro e Paolo hanno bisogno di adempiere?
25 La contesa è chiara: Quelli della classe delle vergini “discrete” devono forse farsi influenzare dal semplice sentimento religioso come quello che si trova nella cristianità? Si faranno privare del loro “olio” spirituale e diverranno incapaci di risplendere come veri cristiani sino alla fine, costretti con l’andar del tempo ad abbandonare la processione dei portatori di luce che accompagnano lo Sposo alla porta della stanza della festa nuziale? Come dice II Pietro 1:10, essi hanno bisogno di fare “tutto il possibile per rendere sicura la vostra chiamata ed elezione”. Han bisogno di imitare l’apostolo Paolo, che, verso la fine della sua vita terrena, scrisse: “Ho corso la corsa sino alla fine, ho osservato la fede. Da ora in poi mi è riservata la corona della giustizia, che il Signore, il giusto giudice, mi darà come ricompensa in quel giorno”. Quando giungono a quella porta della festa nuziale dello Sposo, essi devono soddisfare i pieni requisiti cristiani. — 2 Timoteo 4:7, 8.
26. Come la classe delle vergini “discrete” venne a trovarsi sotto restrizioni durante la prima guerra mondiale, e perché nel 1919 si separò dalla compagnia della classe delle vergini “stolte”?
26 Per questa ragione la classe delle vergini “discrete” si separò dalla compagnia dei semplici professanti di cristianesimo, come le zizzanie nella parabola del grano e delle zizzanie o veccia (loglio). Durante la prima guerra mondiale essi erano stati portati in schiavitù di Babilonia la Grande, l’impero mondiale di falsa religione, e dei suoi amanti militari, politici e giudiziari. Non solo erano sotto restrizioni a causa di considerevole timore degli uomini in incarichi di potere, ma erano in letterale cattività per mezzo di prigionia e confino in campi militari e in altri luoghi di detenzione. Nel 1919 risposero alla chiamata dal cielo riguardo a Babilonia la Grande: “Uscite da essa, o popolo mio, se non volete partecipare con lei ai suoi peccati, e se non volete ricever parte delle sue piaghe”. (Rivelazione 18:4) Non potevano compromettersi su tale contesa con la classe delle vergini “stolte”. Dovevano ubbidire a Dio anziché a Babilonia la Grande e ai suoi amanti mondani. Non potevano inoltre seguire Babilonia la Grande adorando l’immagine della bestia selvaggia, la Lega delle Nazioni, di cui nell’anno 1919 E.V. Babilonia la Grande fece la propria cavalcatura. — Rivelazione 13:14, 15; 14:11, 12; 17:1-18.
27. Come dall’inizio l’atteggiamento della classe delle vergini “discrete” fu inequivocabile, come prova la dichiarazione pubblica fatta la domenica 7 settembre 1919?
27 L’atteggiamento assunto su questa contesa dalla classe delle vergini “discrete” fu dall’inizio inequivocabile. A prova di ciò, la domenica pomeriggio 7 settembre 1919, al congresso di Cedar Point, il presidente Rutherford pronunciò la sua conferenza pubblica su “La speranza per l’umanità afflitta”, in cui additò la disapprovazione di Dio verso la Lega delle Nazioni. Citiamo l’articolo pubblicato nello Star-Journal di Sandusky (Ohio) il lunedì 8 settembre 1919:
Domenica pomeriggio il presidente Rutherford parlò sotto gli alberi a quasi 7.000 persone. Egli dichiarò che una Lega delle Nazioni formata da forze politiche ed economiche mossa dal desiderio di migliorare il genere umano con l’istituzione di pace e abbondanza avrebbe compiuto un gran bene, e quindi asserì che, comunque, il dispiacere del Signore visiterà per certo la Lega perché il clero, cattolico e protestante, che pretende di rappresentare Dio, ha abbandonato il suo piano e sostiene la Lega delle Nazioni, acclamandola come l’espressione politica del regno di Cristo sulla terra. — La Torre di Guardia, (ediz. inglese) in data 1º ottobre 1919, pagina 298, colonna 1.
28, 29. Perché la classe delle vergini “discrete” assunse questo atteggiamento, e quale biasimevole termine usato da Giacomo non poteva applicarsi a loro?
28 La classe delle vergini “discrete” ebbe la fede che il regno del caro Figlio di Dio era stato stabilito nei cieli allo scadere dei Tempi dei Gentili nel 1914, e lo sostenne senza compromessi rifiutandosi di riconoscere e adorare qualsiasi sostituto. Non potevano permettersi di cedere nessuna parte del loro “olio” spirituale e di ridurre la piena misura della loro devozione verso il messianico regno di Dio. Questo leale attaccamento al Regno non li rese popolari presso questo mondo o presso gli amici di questo mondo. Intensificò l’odio di questo mondo verso di loro. Ma questo odio e inimicizia da parte del mondo rese ancor più evidente che essi sostenevano fedelmente la loro relazione con il Re-Sposo celeste. Non poteva applicarsi loro il biasimevole termine di “adultere” nel senso in cui il discepolo Giacomo rivolse il termine a certi componenti della congregazione del primo secolo, dicendo:
29 “Adultere, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia con Dio? Chi perciò vuol essere amico del mondo si costituisce nemico di Dio”. — Giacomo 4:4.
30, 31. In tal modo la classe delle vergini “discrete” a chi mostrava le qualità di una vergine promessa in matrimonio, e nella profezia di Isaia com’è descritta tale bellezza della sposa?
30 Mantenendo dunque senza compromessi la sua piena provvista d’“olio” spirituale e usandola per mantenersi di continuo come “lampade” accese con una fiamma luminosa, la classe delle vergini “discrete” onorava il suo Sposo celeste, a cui era promessa in matrimonio. Essi facevano risplendere in sé le qualità leali, caste, pure che si ricercano in quelli che devono divenire la celeste sposa del loro “solo marito”, il Signore Gesù Cristo. Si rallegrano con lui perché è venuto il tempo in cui Dio ha stabilito che il suo diletto Figlio conduca la sua “sposa” presso di sé nella sua dimora; prendono parte alla sua esultanza, proprio com’è scritto: “Con l’esultanza dello sposo sulla sposa, il tuo Dio esulterà pure su di te”. (Isaia 62:5) Per essere all’altezza della gloria della sua apparizione, essi pure vogliono sembrar belli come la sposa il giorno delle nozze, accettando l’ornamento che il Padre celeste dà loro. Questo piacevole equilibrio fra la bellezza dello sposo e quella della sposa descritto in Isaia 61:10:
31 “Poiché m’ha vestito con abiti di salvezza; mi ha avvolto col manto senza maniche della giustizia, come lo sposo che, alla maniera sacerdotale, si mette l’acconciatura per il capo, e come la sposa che si mette i suoi ornamenti”.
32. Come la classe delle vergini “discrete” risplende a onore del suo Sposo?
32 Nulla da parte della classe delle vergini “discrete” sulla terra dovrebbe riflettersi contro la gloria dello Sposo celeste, che tutto radiante come il sole: “È come lo sposo quando esce dalla sua camera nuziale”. (Salmo 19:4, 5) Perciò la classe delle vergini “discrete” deve risplendere a onore del suo Sposo come un luminare manifestando quelle qualità cristiane che la distinguono dalla meretrice religiosa, Babilonia la Grande, e da tutte le sue “figlie” religiosamente immorali. Risplendendo così, essi non rappresentano erratamente il loro diletto Sposo presso il genere umano.
COMPRARE OLIO PER LE LAMPADE DA QUELLI CHE LO VENDONO
33. Secondo la parabola di Gesù, solo che cosa le vergini “discrete” poterono dire a quelle “stolte”, e che cosa mostrarono così le “discrete”?
33 Per mancanza d’“olio” spirituale la classe delle vergini “stolte” non poté risplendere in onore dello Sposo ch’era arrivato ed era presente e procedeva verso la festa nuziale. Esse non avevano diritto ad alcuna parte dell’“olio” che quelle “discrete” avevan portato con sé e di cui avevano bisogno per seguire le orme dello Sposo. Così, secondo la parabola, tutto ciò che le “discrete” poterono dire alle “stolte” fu: “Forse non ce n’è abbastanza per noi e per voi. Andate invece da quelli che lo vendono e compratevene”. (Matteo 25:9) Tenendo questo comportamento, le “vergini” discrete mostrarono ulteriormente la loro discrezione, e la stoltezza delle vergini indiscrete, imprudenti risultò per loro disastrosa. Esse furono costrette a uscire in cerca di venditori d’olio e a riempire le loro lampade.
34, 35. Nell’adempimento della parabola, come si fece questa compra di olio, ma che cosa la parabola mostra che sarebbe accaduto nel frattempo?
34 In modo simile, nell’adempimento della parabola, le “stolte” furono costrette a ottenere la loro propria provvista di necessario “olio” spirituale. Esse andarono dove religiosamente pensavano di poter ottenere l’“olio” che avrebbe preparato loro la via per entrare nel cielo, secondo i loro credi religiosi. Conformemente, cercarono nei loro sistemi denominazionali, religiosi, settari il tipo d’“olio” che questi vendevano e da tali venditori ottennero la specie d’“olio” ch’eran disposte a pagare, senza la giusta specie di devozione verso lo Sposo celeste. Ma l’“olio” religioso che si compra dai venditori d’olio al loro prezzo risulta forse efficace per ottenere l’ammissione alla festa nuziale? Su ciò leggiamo:
35 “Mentre andavano a comprarne, arrivò lo sposo, e le vergini che erano pronte entrarono con lui alla festa nuziale; e la porta fu chiusa”. — Matteo 25:10.
36. Quali vergini si rallegrarono nella processione in presenza dello sposo, e che cosa permise a queste di passare l’ispezione alla “porta”?
36 Le vergini “discrete” e le vergini “stolte” andarono in direzioni opposte: le “stolte” si allontanarono dallo Sposo, e le “discrete” si diressero verso lo Sposo che arrivava. Ci fu una distanza da dove le vergini “discrete” incontrarono lo sposo fino alla “porta” della casa dove si doveva tenere la festa nuziale. Fra quei due punti ci fu per un tempo una processione illuminata, e durante tale periodo di tempo le vergini “discrete” furono con lo sposo e la sposa era presente con loro. Quando la gioiosa processione raggiunse la sua destinazione e passò per la porta della residenza dello sposo, le lampade delle vergini “discrete” erano lucentemente accese. La loro provvista d’olio non s’era esaurita prima che raggiungessero la “porta”. Quindi le vergini “discrete” mostrarono di far parte della processione che seguiva le orme dello sposo. Questo diede loro diritto d’essere ammesse alla festa nuziale. L’importanza della loro preparazione per l’ispezione è messa in risalto quando la parabola dice: “E le vergini che erano pronte entrarono con lui alla festa nuziale”. La porta non fu chiusa loro in faccia ma fu chiusa dietro di loro!
37. Al posto dell’ispezione, le “vergini” d’oggi mostrano di risplendere in qual modo, e lo Sposo le ammette nella classe della “sposa” perché sono in quale condizione?
37 Nel nostro tempo, nell’adempimento della parabola la classe delle vergini “discrete” continua la processione che onora e magnifica il glorioso Sposo sino alla fine. Quando giungono al posto dell’ispezione presso la “porta”, esse mostrano d’esser degne di venire ammesse alla festa nuziale. La loro ispezione da parte del Celeste a cui son promesse in matrimonio porta alla luce che risplendono con la personalità cristiana che lo Sposo approva per la sua “sposa” celeste. Si presentano come “casta vergine al Cristo”. Non si sono fatte corrompere “lungi dalla sincerità e dalla castità che son dovute al Cristo”. (2 Corinti 11:2, 3) Lo Sposo può accettare queste vergini “discrete” d’oggi come parte della congregazione cristiana, riguardo alla quale è scritto: “Affinché presentasse la congregazione a sé nel suo splendore, non avendo macchia né grinza né alcunché di simile, ma affinché fosse santa e senza biasimo”. — Efesini 5:27.
“E LA PORTA FU CHIUSA”
38. Quanti, alla fine, saranno ammessi ai festeggiamenti nuziali, e quando si chiuderà ufficialmente la “porta”? E perché?
38 Naturalmente, per la “porta” non si ammetteranno alla festa nuziale più di quanti ne occorrono per completare il numero dei 144.000 membri della classe della “sposa” celeste. (Rivelazione 7:4-8; 14:1-5) Ma quando si chiude ufficialmente la “porta”? Questo avverrebbe quando scoppia la “grande tribolazione” al tempo fissato da Dio e la distruzione comincia ad abbattersi sulla cristianità e su tutto il resto di quella meretrice religiosa, Babilonia la Grande, l’impero mondiale della falsa religione. Quindi sarà troppo tardi perché qualsiasi professante cristiano esca da Babilonia la Grande, per non partecipare ai peccati di lei e non ricever parte delle piaghe mortali che la colpiranno. (Rivelazione 18:4) Poiché il numero dei giorni della “grande tribolazione” sarà ‘abbreviato’ a motivo degli “eletti”, è evidente che il numero intero degli “eletti”, cioè 144.000 sarà stato completato al tempo dello scoppio della “grande tribolazione”. Questo fa chiudere la porta.
39. Nella parabola delle “dieci vergini”, infine che cosa accade?
39 Che cosa dovrà quindi accadere? La parabola delle “dieci vergini” lo indica, quando conclude con le parole: “Più tardi venne anche il resto delle vergini, dicendo: ‘Signore, signore, aprici!’ Rispondendo, egli disse: ‘Vi dico la verità: Non vi conosco’”. — Matteo 25:11, 12.
40. Perché lo sposo ebbe ragione di dire alle vergini “stolte”: “Non vi conosco”?
40 Le cinque vergini “stolte” si procurarono l’olio che poterono presso i venditori d’olio che riuscirono a trovare a quell’ora della notte, e vennero alla porta con le loro lampade accese. Ma le loro lampade non avevano fatto luce in onore dello sposo. Non facevano parte della processione che gli era andata incontro e che a motivo di lui l’aveva accompagnato con gioia. Quale base aveva quindi egli per riconoscerle come parte dei suoi celebratori? Proprio nessuna! Non avevano aggiunto nessuno splendore alla sua processione nuziale. Perciò, in verità poté dir loro: “Non vi conosco”. Questo giustificò il fatto che egli chiuse loro la porta in faccia.
41. Quando la “grande tribolazione” colpirà la cristianità, che cosa riscontreranno riguardo a se stessi quelli della classe delle vergini “stolte”?
41 Similmente, allorché la “grande tribolazione” comincerà per la cristianità come parte più preminente della meretrice religiosa, Babilonia la Grande, le loro speranze di andare in cielo quando muoiono saranno grandemente scosse e messe in dubbio. Discerneranno che non si sono associate con la corretta organizzazione religiosa che forma la “casta vergine”, “la sposa, la moglie dell’Agnello”. Non si troveranno ‘rapite’ nel loro corpo fisico nelle nubi, in un rapimento corporale, “per incontrare il Signore nell’aria”, secondo l’interpretazione che i loro istruttori religiosi fanno di I Tessalonicesi 4:17. È vero che han brillato come componenti di questa o quella setta religiosa della cristianità, ma erano semplicemente cristiani nominali o professanti e non veri. Ciò che ora conta mentre entrano nella “grande tribolazione” non è ciò che riguardo a loro insegnò o disse il loro insegnante o predicatore, ma ciò che lo Sposo celeste dice che sono!
42. Essendo scomparsa allora la loro organizzazione religiosa che agiva da mediatrice, in base a che cosa si rivolgeranno allo Sposo per farsi riconoscere?
42 Troppo tardi, come “esclusi”, si avvicinano alla situazione che significa per loro una porta chiusa, mentre la base religiosa su cui si sono fondati è ridotta in rovina dalla “grande tribolazione”. Essendo stata distrutta la loro organizzazione religiosa che agiva per loro da mediatrice, dovranno rivolgersi direttamente al Capo Sposo della vera congregazione. Essendo la sua parusia o presenza invisibile ed essendo egli nascosto ai loro occhi come se fosse dietro una porta chiusa, lo chiameranno per vedere se la loro semplice professione di cristianesimo senza opere giuste li salvi e li faccia andare in cielo. Essi lo hanno riconosciuto con le parole della bocca, e non dovrebbe ora egli a sua volta riconoscerli? “Signore, Signore”, chiameranno nella speranza d’essere da lui uditi. Questo dovrebbe far aprire loro la porta. Ma si apre?
43. (a) Quali parole del Sermone del Monte di Gesù quei componenti della classe delle vergini “stolte” non hanno preso seriamente nel chiamarlo “Signore”? (b) Che cosa accadrà loro quando Gesù prenderà infine seriamente quelle parole?
43 Essi non hanno preso seriamente ciò che lo Sposo celeste disse sulla terra nel suo Sermone del Monte: “Non chiunque mi dice: ‘Signore, Signore’, entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: ‘Signore, Signore, non abbiamo profetizzato in nome tuo, e in nome tuo espulso demoni, e in nome tuo compiuto molte opere potenti?’ E io confesserò quindi loro: Non vi ho mai conosciuti! Andatevene da me, operatori d’illegalità”. (Matteo 7:21-23) Ma allora, nella “grande tribolazione”, la classe delle vergini “stolte” saprà che lo Sposo disse quelle parole molto seriamente come un principio per sua guida. Egli non aprirà loro la porta per farli entrare alla celeste festa nuziale. Li lascerà fuori nelle tenebre della più profonda notte del mondo, affinché periscano con tutti gli altri “operatori d’illegalità”. Dalla loro distruzione non proveranno nessuna risurrezione alla vita celeste.
44. Con quali parole Gesù terminò la parabola delle “dieci vergini”, e che cosa non osano permettere quelle “discrete” circa la loro provvista d’olio spirituale?
44 Di conseguenza, per noi che viviamo al “termine del sistema di cose” le parole con cui Gesù diede enfasi al punto della parabola delle “dieci vergini” sono particolarmente opportune, cioè: “Siate vigilanti dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”. (Matteo 25:13) Ora quelli che desiderano essere simili alle cinque vergini “discrete” hanno l’occasione di risplendere di continuo con un’attiva personalità cristiana che soddisfi i requisiti per esser membri della classe della “sposa” celeste. Essi non osano fare nessun compromesso con coloro che cercano di farli partecipare alla stoltezza degli altri, togliendo così parte o molto della loro provvista d’“olio” spirituale.
45. Nella compagnia religiosa di chi quelle “discrete” non osano mettersi, e a onore di chi dovrebbero risplendere di continuo, e perché?
45 Noi non osiamo esporci al pericolo di far estinguere la nostra luce e di metterci nella loro compagnia religiosa. Abbiamo bisogno di tutto l’“olio” spirituale di cui possiamo rifornirci. La nostra fede nell’arrivo e nella presenza dello Sposo deve continuare a risplendere, e dobbiamo continuare a far parte della luminosa processione che ne segue le orme finché non conduca la congregazione della sua sposa completamente nella sua dimora. Il lungo ritardo nell’arrivo dello Sposo è finito. Egli è presente, nella sua gloriosa parusia. Il tempo di sonnecchiare e dormire è passato! È il tempo di risplendere in suo onore e di rallegrarsi con lui in questa gioia che il Padre celeste gli ha posta dinanzi, di condurre presso di sé la sua “sposa” spirituale e di celebrar ciò con una festa nuziale. È essenzialmente necessario mantenersi ora vigilanti, poiché non conosciamo il giorno o l’ora in cui quella “porta” dell’opportunità sarà chiusa, per non essere riaperta mai più.
PARTE DEL “SEGNO” DELLA SUA PARUSIA
46. (a) La parabola delle “dieci vergini” fa parte della risposta che Gesù diede a quale domanda dei suoi apostoli? (b) Come la classe delle “discrete” vede il culmine dell’adempimento della parabola, e di quali fatti ciò le convince?
46 La parabola delle “dieci vergini” fu detta come parte della risposta alla domanda degli apostoli di Gesù: “Quale sarà il segno della tua presenza [pa·rou·siʹa] e del termine del sistema di cose?” (Matteo 24:3) Il culmine di quella parabola si è andato adempiendo dall’anno 1914 E.V. Tutto il mondo può vedere gli aspetti finali di quella parabola che oggi si avvera. Gli avvenimenti esposti sopra nei particolari non si sono compiuti in un angolo, fuori della vista in un punto oscuro, ma hanno avuto luogo all’aperto dove le persone che osservavano potevano prenderne nota, senza tener conto se ne capivano o no il significato. Almeno, quelli che sono della classe delle vergini “discrete” hanno osservato questi significativi avvenimenti, e in essi hanno la vigorosa prova che lo Sposo celeste arrivò nel 1914 E.V. e che la sua parusia o presenza è ora invisibilmente in corso. Ne discernono la presenza con gli occhi della fede a causa dell’evidenza fornita dall’adempimento della parabola delle “dieci vergini”. Hanno l’assicurazione che il “termine del sistema di cose” cominciò nell’anno 1914 E.V.
47. Come il corretto significato della parola greca pa·rou·siʹa è indicato da ciò che le vergini “discrete” della parabola fecero dopo il grido di mezzanotte che annunciava lo sposo?
47 Sì, inoltre, la parola greca usata dall’apostolo Matteo nel suo Vangelo, al capitolo ventiquattro, versetto tre, significa “presenza”, non “venuta” come molti traduttori rendono la parola greca. Questo è mostrato da ciò che è descritto nella parabola. Le “dieci vergini” che sonnecchiano e dormono si levano quando odono il grido di mezzanotte: “Ecco lo sposo!” Quando nella loro desiderosa attesa della processione illuminata, discernono che egli giunge al loro luogo, vanno quindi con lui al suo seguito. Da quel punto in poi ci volle tempo prima che tutti giungessero alla residenza dello Sposo dove la festa nuziale attendeva tutti gli invitati degni. Di conseguenza, ci fu un periodo di presenza o parusia dello Sposo dopo che fu arrivato finché condusse la sua sposa nella casa che le era stata preparata.
CORRETTO UN ERRATO INTENDIMENTO
48. (a) In quale anno il direttore ed editore de La Torre di Guardia di Sion calcolò che cominciasse la presenza di Cristo? (b) Inoltre, qual era la data della creazione dell’uomo, come fu pubblicata nella prima pagina de La Torre di Guardia per alcuni anni?
48 È vero che il direttore ed editore de La Torre di Guardia di Sion e Araldo della presenza di Cristo calcolò che la “presenza” o parusia dello Sposo celeste fosse cominciata nell’anno 1874 E.V. Inoltre, che la data della creazione del primo uomo da parte di Geova Dio fosse l’anno 4128 a.E.V., il che significava che seimila anni d’esistenza umana sulla terra fossero finiti nell’anno 1872 E.V., com’era calcolato da Russell e dai suoi associati. Questo calcolo cominciò ad annunciarsi sulla prima pagina de La Torre di Guardia di Sion e Araldo della presenza di Cristo a cominciare dal numero del 1º luglio 1906, e questa pratica continuò fino al numero del 15 settembre 1928. Per esempio, sul primo di tali numeri menzionati apparve la data dell’edizione: “1º luglio 1906 A.D.-6034 A.M.”; mentre l’ultimo numero menzionato aveva la data: “6056 Anno Mundi, 15 settembre 1928”. La data Anno Mundi o dell’“Anno del Mondo” si calcolò che fosse l’anno 4128 avanti la nostra Èra Volgare.
49. (a) Quando si calcolò che avvenisse l’ingresso del peccato? (b) Quando doveva cominciare perciò il millennio, in cui Satana sarà scagliato nella fossa senza fondo e vi sarà il dominio di Cristo?
49 Due anni si concessero comunque per l’innocenza dell’uomo e della donna perfetti nel Giardino di Eden prima che vi entrasse il peccato, e si calcolò quindi che l’anno che vi entrò il peccato fosse il 4126 a.E.V. Questo fece loro calcolare che i seimila anni di peccato fossero finiti nel 1874 E.V., anno in cui inoltre, nell’autunno, sarebbe cominciato il settimo millennio, l’istigatore al peccato, Satana il Diavolo, sarebbe stato legato e gettato nella fossa senza fondo e Cristo avrebbe dato inizio al dominio dei predetti mille anni. Ciò significava che l’anno dell’inizio del dominio di Cristo fosse anche l’anno del suo ritorno e il principio della sua invisibile presenza o parusia.
50. Quella cronologia seguiva quale nota in calce su Atti 13:20 che si trova nell’Emphatic Diaglott di Wilson?
50 La summenzionata cronologia seguiva il suggerimento che The Emphatic Diaglott di Wilson faceva nella sua nota in calce su Atti 13:20, versetto che diceva: “E dopo queste cose, egli diede Giudici per circa quattrocentocinquant’anni, fino a Samuele il profeta”. (Si vedano anche la Versione Riveduta e la Versione di G. Diodati). La nota in calce su questa lettura del versetto dice:
Qui sorge una difficoltà che ha sconcertato molto i cronologi biblici. La data che qui si indica diversa dalla dichiarazione che si trova in I Re 6:1. Sono state offerte molte soluzioni, ma una sola che sembra interamente soddisfacente, cioè che il testo di I Re 6:1 sia stato corrotto, sostituendo alla cifra ebraica dalet (4) he (5) che è molto simile nella forma. Questo renderebbe 580 anni (invece di 480) dall’esodo all’edificazione del tempio, e concorderebbe esattamente con la cronologia di Paolo.
51. (a) Quindi a pagina 53 de “Il tempo è vicino”, che cosa disse l’autore C. T. Russell riguardo a I Re 6:1? (b) Conformemente, quando fu creato l’uomo, quando finirono i 6.000 anni di peccato, e quando cominciò il grande Giubileo?
51 Conformemente, a pagina 53 del libro intitolato “Il tempo è vicino”, l’autore C. T. Russell, riferendosi a I Re 6:1, scrisse:
Evidentemente dovrebbe dire cinquecentottantesimo anno, e fu possibilmente un errore di trascrizione; poiché se ai quattro anni di Salomone aggiungiamo i quaranta di Davide, e lo spazio dei quaranta di Saul, e i quarantasei anni da quando lasciarono l’Egitto alla divisione della terra, abbiamo centotrent’anni, che sottratti ai quattrocentottanta lascerebbero per il periodo dei Giudici solo trecentocinquant’anni, invece dei quattrocentocinquant’anni menzionati nel Libro dei Giudici, e da Paolo, come fin qui è stato mostrato. La lettera ebraica “dalet” (4) molto simile alla lettera “he” (5), e si suppone che in questo modo sia stato commesso l’errore, forse lo sbaglio di un trascrittore. I Re 6:1 dovrebbe quindi dire cinquecentottanta, e così essere in perfetta armonia con le altre dichiarazioni.
Così, inserendo 100 anni nella cronologia biblica durante il periodo dei Giudici, la creazione dell’uomo fu spostata indietro di 100 anni al 4128 a.E.V., e i seimila anni di esistenza dell’uomo sulla terra finivano nel 1872 E.V. (Il tempo è vicino [inglese], pagina 42) Quindi la concessione di due anni prima dell’ingresso del peccato portò all’anno 1874 come l’anno in cui terminavano i seimila anni del peccato umano e cominciava il settimo millennio per l’eliminazione del peccato mediante il regno di Cristo. Così doveva cominciare allora il grande Giubileo.
52. Secondo i più antichi manoscritti greci, i 450 anni di Atti 13:20 si applicano prima del periodo dei Giudici o durante quel periodo, come mostrano moderne traduzioni della Bibbia?
52 Secondo i più antichi manoscritti delle Scritture Greche Cristiane, la lettura di Atti 13:20 è comunque diversa da quella resa in The Emphatic Diaglott e nella Authorized Version della Bibbia del re Giacomo. Così, secondo i più antichi manoscritti, i quattrocentocinquant’anni non si applicano al periodo dei Giudici. A conferma di ciò, la Versione a cura di mons. S. Garofalo rende Atti 13:20 come segue: “Nel giro di circa quattrocentocinquant’anni. Dopodiché costituì dei giudici fino al profeta Samuele”. La Bibbia di Gerusalemme (ediz. italiana del 1974) dice: “Per circa quattrocentocinquanta anni. Dopo questo diede loro dei Giudici, fino al profeta Samuele”.
53. Gli antichi manoscritti della Bibbia Ebraica usano le lettere dell’alfabeto al posto dei numeri?
53 Per giunta, i più antichi manoscritti ebraici esistenti, come quelli dei Rotoli del Mar Morto, scrivono i numeri della Bibbia per esteso e non usano per le cifre le lettere dell’alfabeto, non permettendo così in I Re 6:1 l’errore visivo del trascrittore.b
54. (a) L’accettazione della cronologia biblica esattamente com’è scritta influirebbe sul principio di quale periodo che qui si discute? (b) Che “presenza” fosse tolto dal titolo de La Torre di Guardia significò forse che non si credeva più nella presenza di Cristo?
54 Si vede in tal modo che l’inserzione di 100 anni nella cronologia biblica durante il periodo dei Giudici non poggia su basi scritturali. L’inserzione dovrebbe perciò venire eliminata e la Bibbia dovrebbe essere accettata riguardo alla sua cronologia esattamente come la riporta. È dunque inevitabile che questo influisca sulla data del principio della parusia dello Sposo Gesù Cristo. Col numero della rivista Torre di Guardia del 1º gennaio 1939, il titolo fu cambiato in La Torre di Guardia e Araldo del Regno di Cristo, e col numero del 1º marzo 1939 in La Torre di Guardia annunziante il Regno di Geova. Questo non significò che gli editori della rivista non credessero più che la presenza o parusia di Cristo era allora in corso. Piuttosto, significò che si dava più importanza al Regno, al regno di Geova Dio mediante Gesù Cristo, poiché è il regno di Geova mediante Cristo che rivendicherà la sovranità universale di Geova.
55. (a) Quando e come l’inserzione di 100 anni nel periodo dei Giudici fu eliminata, così che quando finivano i 6.000 anni di esistenza dell’uomo? (b) Come questo influì sulla data del 1874 E.V., e quale domanda sorse?
55 Nell’anno 1943 la Società Torre di Guardia di Bibbie e Trattati stampò il libro “La verità vi farà liberi”. Nel suo capitolo XI, intitolato “Il calcolo del tempo”, esso eliminava l’inserzione di 100 anni nel periodo dei Giudici e si atteneva alla più antica e autentica lettura di Atti 13:20, accettando i numeri scritti per esteso delle Scritture Ebraiche. Questo spostò in avanti la fine dei seimila anni di esistenza dell’uomo al decennio degli anni settanta. Naturalmente ciò escluse l’anno 1874 E.V. come la data del ritorno del Signore Gesù Cristo e del principio della sua invisibile presenza o parusia. Il millennio che doveva essere contrassegnato dalla detenzione di Satana il Diavolo incatenato nell’abisso e dal regno dei 144.000 coeredi di Cristo nella gloria celeste era perciò ancora futuro. Che dire, quindi, della parusia (presenza) di Cristo? Alla pagina 327 il suddetto libro positivamente diceva: “La presenza o parousia del Re ebbe inizio nel 1914”. E nel numero de La Torre di Guardia del 15 luglio 1949 (pagina 215, paragrafo 22 dell’ediz. inglese) viene fatta la dichiarazione: “. . . Messia, il Figlio dell’uomo, venne al potere del Regno nel 1914 E.V. e . . . questo costituisce la sua seconda venuta e il principio della sua seconda parousía o presenza”.
56. (a) Quale nuova traduzione della Bibbia fu stampata nel 1950, e con quale versione di Atti 13:20? (b) Inoltre, quale dichiarazione fu fatta circa la presenza di Cristo secondo l’ininterrotta cronologia biblica?
56 Nell’anno 1950, fu stampata la Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Greche Cristiane (ediz. inglese), con la più autentica lettura di Atti 13:20 e la versione di pa·rou·siʹa ogni volta come “presenza”. Immediatamente dopo si pubblicò il libro “Questo significa vita eterna”. Il suo capitolo XXI fu intitolato “Seconda presenza del principale agente della vita”. Qui c’era sul soggetto un intero capitolo secondo l’ininterrotta cronologia biblica. Alle pagine 215-217, leggiamo:
Le prove già esaminate dimostrano che nel 1914 d.C. il regno di Dio nacque e il suo Figlio fu intronizzato con l’autorità di governare con una verga di ferro in mezzo ai suoi nemici. In fine li frantumerà e libererà l’universo da tutti gli avversari della giusta sovranità di Dio. — Salmo 2:8, 9.
Quindi il 1914 d.C. segna il tempo dell’invisibile ritorno in ispirito di Cristo. . . . La sua venuta nel Regno nel 1914 indica il principio della sua seconda presenza o parousía. Questa parola greca significa presenza.
. . . Benché sia invisibile in spirito, la sua seconda presenza è d’una tale importanza per i popoli di tutta la terra che non si deve tener segreta, ed essa non lo sarà. . . . “Poiché come il lampo viene fuori da parti orientali e risplende fino a parti occidentali, così sarà la presenza [parousía] del Figlio dell’uomo”. — Matteo 24:26, 27, NM.
Dal 1914 il presente Cristo ha reso le prove della sua seconda presenza o parousía manifeste e comprensibile agli uomini in ogni luogo.
57. (a) Cominciò Cristo a regnare in mezzo ai suoi nemici prima della fine dei Tempi dei Gentili nel 1914? (b) Quando lo Sposo fece udire il grido di mezzanotte, e ciò che ha avuto luogo da allora è la prova di quali importanti fatti?
57 Com’è dunque in armonia con le Scritture ispirate che Cristo non cominciasse a regnare quarant’anni prima della fine dei Tempi dei Gentili nel 1914! Piuttosto, egli aspettò sino ad allora alla destra del suo Padre celeste per cominciare a regnare in mezzo ai suoi nemici terrestri, che Geova pone sotto i suoi piedi come uno sgabello! (Salmo 110:1, 2; Ebrei 10:12, 13) Giustamente, quindi, la sua regale presenza o parusia cominciò quell’anno. Nell’anno 1919, come prova la storia, egli fece risuonare sulla terra il grido di mezzanotte e destò le “vergini” addormentate all’urgenza della situazione. “Ecco lo sposo! Uscitegli incontro”. Quel grido assicurò loro che lo Sposo celeste era presente. Da allora la classe delle vergini “discrete” gli è uscita incontro. Si vedono risplendere come luminari in questo mondo ottenebrato. Questo in sé è una prova che la promessa presenza di Cristo è in corso. È anche una prova che il millenario regno di Dio mediante Cristo si è avvicinato!
58. Perché non possiamo smettere qui con la parabola delle “dieci vergini” nella considerazione del “segno” dell’avvicinarsi del Regno?
58 L’adempimento della parabola delle “dieci vergini” non è tutto ciò che viene indicato dal “segno” dell’avvicinarsi di questo benedetto regno millenario. Non possiamo perciò smettere con questa parabola, ma dobbiamo continuare a considerare altri aspetti di tale sorprendente “segno”.
[Note in calce]
a Si veda il libro “Quindi è finito il mistero di Dio”, pagina 274, paragrafo 35. Si veda anche La Torre di Guardia (ediz. inglese) in data 15 agosto 1918, pagina 249, sul congresso di Milwaukee e la lettera di Rutherford.
b Quando, dopo i tempi biblici, gli Ebrei usarono per i numeri le lettere dell’alfabeto, non avevano per lo zero nessun simbolo, poiché il loro sistema non aveva nessuno zero. Quindi 400 non era rappresentato con la lettera dalet seguita da due zeri, e 500 dalla lettera he seguita da due zeri. Il numero 400 era rappresentato da una lettera ebraica (tau), e il numero 500 era rappresentato da due lettere ebraiche (tau, cof). Il numero ottanta era rappresentato dalla lettera ebraica pe, mentre dieci era rappresentato dall’unica lettera iod. Così non c’era nessuna probabilità di scambiare tau pe (480) come modificato tau cof pe (580).
[Immagine a pagina 188]
C. T. Russell
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Accresciuti gli averi del ReIl millenario regno di Dio si è avvicinato
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Capitolo XII
Accresciuti gli averi del Re
1. (a) Quale domanda sorge riguardo ai coeredi del Regno ancora fra noi? (b) Se osserviamo che avvengono loro tali cose, di quale fatto questo dà prova?
POICHÉ tutte le prove indicano che il millenario regno di Dio si è avvicinato, sorge questa domanda: Che cosa dovremmo attenderci da quelli che dovranno unirsi al millenario Re di Dio nel governo celeste? Mentre sono fra noi, dovremmo attenderci di osservarli quando son provati e ispezionati sul modo in cui fanno uso di ciò che appartiene al Re celeste col quale sono chiamati a governare in qualità di re. Come hanno cura di tutti gli interessi che il Re celeste ha sulla terra? Se osserviamo che fra noi ha luogo un esame e ispezione dei coeredi di quel Regno, è fornita una vigorosa prova che il messianico Re di Dio domina. Egli è presente sul suo trono reale!
2, 3. (a) Ciò che vediamo avvenire è l’adempimento di quale parabola di Gesù, e in parte la sua risposta a quale domanda dei suoi apostoli? (b) Come cominciò quella parabola?
2 Questo interessante avvenimento che ha avuto luogo in questo ventesimo secolo sotto l’osservazione degli occhi umani fu raffigurato per noi in una parabola o illustrazione che Gesù Cristo incluse nella sua rimarchevole profezia mentre era seduto sul monte degli Ulivi e guardava verso Gerusalemme, l’undicesimo giorno del mese primaverile di Nisan nell’anno 33 E.V. Egli stava ancora dando la sua particolareggiata risposta alle domande fatte dai suoi apostoli: “Quando avverranno queste cose, e quale sarà il segno della tua presenza [pa·rou·siʹa, greco] e del termine del sistema di cose?” (Matteo 24:3) Aveva appena finito di dire ai suoi apostoli la parabola delle “dieci vergini” e di trarne una lezione, e ora dice loro un’altra parabola mediante il cui adempimento si indicherà che la sua invisibile parusia è cominciata ed è in corso. Questa parabola è molto comunemente chiamata “la parabola dei talenti”. Essa comincia dicendo:
3 “Poiché è come quando un uomo, stando per fare un viaggio all’estero, chiamò i suoi schiavi e affidò loro i suoi averi. E ad uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro ancora uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e andò all’estero”. — Matteo 25:14, 15.
4. (a) Secondo il contesto di questa parabola, che cosa è “come quando” un uomo ricco fece un viaggio all’estero, avendo affidato ai suoi schiavi cose di valore? (b) Chi raffigura quest’“uomo”, e perché?
4 Che cos’è, però, che è “come quando” un uomo ricco affida i suoi averi ai suoi schiavi prima di partire per l’estero? Ecco, sono le circostanze relative al Regno di cui Gesù Cristo ha parlato. Questo si capisce dalla sua precedente parabola, quella delle “dieci vergini”, che introdusse con queste parole: “Il regno dei cieli diverrà allora simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, andarono incontro allo sposo”. (Matteo 25:1) Si capisce anche dalla parabola che Gesù dice dopo la sua parabola relativa ai “talenti”. (Matteo 25:31-34) Nella parabola che ora consideriamo l’uomo ricco che fa il viaggio all’estero è, naturalmente, il Signore Gesù Cristo stesso. Era stato interrogato sul “segno” della sua presenza.
5. Quale precedente parabola assomiglia sotto alcuni aspetti alla parabola dei “talenti”, ma come le due parabole differiscono in ciò che esse intesero mostrare?
5 Questa parabola dei “talenti” somiglia sotto diversi aspetti a una parabola precedente che Gesù ha detta e che è comunemente chiamata “la parabola del denaro” (o, delle mine). È curioso che nella parabola dei “talenti” si intese provare dal suo adempimento nel nostro giorno che la presenza o parusia reale del Signore Gesù Cristo è stata in corso, mentre la parabola dei denari o delle mine fu detta dal Signore Gesù per mostrare ai suoi ascoltatori che, in quel tempo, il regno messianico era ancora nel lontano futuro. Quindi, il racconto che introduce la parabola delle mine dice: “Mentre ascoltavano queste cose egli disse in aggiunta un’illustrazione”. Perché? “Perché era vicino a Gerusalemme ed essi immaginavano che il regno di Dio stesse per manifestarsi istantaneamente. Perciò disse: ‘Un uomo di nobile nascita andò in un paese lontano per assicurarsi il potere reale e tornare. Chiamati dieci dei suoi schiavi, diede loro dieci mine e disse loro: “Negoziate finché io venga”’”. (Luca 19:11-13) Si trattava di fare un lungo viaggio per andare in un paese lontano e tornare, e questo avrebbe significato molto tempo prima che l’uomo nobile tornasse con il suo potere reale.
6. (a) Che cosa era accaduto solo due giorni prima che Gesù dicesse la parabola dei “talenti”, e che cosa non si manifestò allora? (b) Così quale domanda ora si pone?
6 Similmente, in realtà quando il Signore Gesù disse la sua parabola dei “talenti” il messianico regno di Dio era ancora molto lontano; non doveva apparire all’istante. Solo due giorni prima, la domenica 9 Nisan 33 E.V., Gesù aveva fatto il suo ingresso trionfale in Gerusalemme a cavallo di un puledro d’asina e le moltitudini giubilanti avevan gridato: “Benedetto colui che viene nel nome di Geova! Benedetto il regno, che viene, del nostro padre Davide! Salva, preghiamo, nei luoghi altissimi!” Eppure il Regno non s’era allora manifestato. (Marco 11:9, 10) Si sta manifestando questo Regno nel nostro giorno? Questa è ora per noi la domanda essenziale! Da quando Gesù fu qui nella carne è passato molto tempo.
7, 8. (a) Come determiniamo quando cominciò l’adempimento della parabola dei “talenti”? (b) Come lo conferma Atti 1:2-5?
7 La parabola dei “talenti”, il cui adempimento ha a che fare con la parusia o presenza di Gesù, cominciò a realizzarsi diciannove secoli fa ai giorni degli apostoli. L’“uomo” della parabola, Gesù Cristo stesso, era ancora personalmente con loro fino al giorno della sua ascensione in cielo, dieci giorni prima che si osservasse a Gerusalemme la Festa di Pentecoste. La parabola comincia con un uomo che stava per fare “un viaggio all’estero” e, chiamati i suoi schiavi, affidò loro i suoi averi. Il risuscitato Gesù non si avviò per andare “all’estero” in un “paese lontano” fino al giorno che ascese in cielo e scomparve. Così, prima di quell’avvenimento, egli dovette chiamare i “suoi schiavi”, i suoi discepoli allora fedeli, e dovette affidar loro i suoi averi. Anche per questo la parabola dovette cominciare fra il tempo della sua risurrezione dai morti e la sua ascensione alla presenza del suo Padre celeste. In armonia con ciò, in Atti 1:2-5, leggiamo:
8 “Fino al giorno che fu assunto, [Gesù dovette negoziare con i suoi discepoli. Fu assunto] dopo aver dato comandamento per mezzo dello spirito santo agli apostoli che aveva scelti. E a questi con molte positive prove si mostrò vivente dopo aver sofferto, essendo da essi visto durante quaranta giorni e dicendo le cose concernenti il regno di Dio. E mentre era radunato con loro diede gli ordini: ‘Non vi ritirate da Gerusalemme, ma continuate ad aspettare ciò che il Padre ha promesso, di cui avete udito da me; perché Giovanni, in realtà, battezzò con acqua, ma voi sarete battezzati nello spirito santo fra non molti giorni’”.
9. (a) Nella parabola dei “talenti”, com’è indicato lo scopo del viaggio all’estero dell’uomo? (b) Nella corrispondente parabola delle mine, quale fu lo scopo per cui l’uomo andò in un paese lontano, e come lo confermò Gesù nella Cena del Signore?
9 Il paese “estero” in cui doveva fare il viaggio l’“uomo” della parabola era il cielo stesso, dove risiede il Padre celeste del Signore Gesù Cristo. Luca 19:12 ne parla appropriatamente come di un “paese lontano”. Nella parabola dei “talenti”, Gesù non ci dice lo scopo per cui l’“uomo” fece il viaggio all’estero. Ciò nondimeno, egli indica che fu per ottenere una speciale “gioia” e per aumentare realmente i suoi “averi” di “molte cose”. Così, quando l’uomo ebbe realizzato lo scopo del suo viaggio all’estero, entrò nella sua “gioia” come Signore di quegli “schiavi” che aveva lasciati. La parallela o corrispondente parabola delle mine indica che lo scopo del viaggio all’estero fu quello di “assicurarsi il potere reale e tornare”. Il possesso del regno era perciò la sua “gioia”. Indicando che questo era lo scopo per cui andava in cielo, Gesù disse ai suoi fedeli apostoli dopo aver mostrato loro come celebrare annualmente la Cena del Signore: “Faccio un patto con voi, come il Padre mio ha fatto un patto con me, per un regno, affinché mangiate e beviate alla mia tavola nel mio regno, e sediate su troni per giudicare le dodici tribù d’Israele”. — Luca 22:29, 30.
10. Nella parabola, i “suoi schiavi” chi raffigurarono, e come fu mostrato che accettavano questa designazione?
10 Nella parabola, i “suoi schiavi” furono quei battezzati discepoli di Gesù Cristo che avevano la prospettiva di un trono nel “regno dei cieli”. Nemmeno gli apostoli arrossirono confessando d’essere “schiavi” del Signore Gesù. Per esempio, la seconda lettera di Pietro inizia con le parole: “Simon Pietro, schiavo e apostolo di Gesù Cristo”. (2 Pietro 1:1) Nell’introduzione dell’ultimo libro della Bibbia, Rivelazione, l’apostolo Giovanni dice che Gesù Cristo “mandò il suo angelo e per mezzo di lui la presentò in segni al suo schiavo Giovanni”. (Rivelazione 1:1) Il discepolo Giuda comincia la sua lettera, dicendo: “Giuda, schiavo di Gesù Cristo, ma fratello di Giacomo”. (Giuda 1) Il discepolo Giacomo comincia la sua lettera con le parole: “Giacomo, schiavo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù che sono disperse”. (Giacomo 1:1) L’apostolo Paolo comincia la sua lettera ai Filippesi, dicendo: “Paolo e Timoteo, schiavi di Cristo Gesù, a tutti i santi uniti a Cristo Gesù che sono a Filippi”. — Filippesi 1:1.
AFFIDATI I “SUOI AVERI”
11. Di quale specie non furono gli “averi” che Gesù quale “uomo” della parabola lasciò ai suoi “schiavi”?
11 I discepoli che avevano la prospettiva del regno celeste furono gli “schiavi” che Gesù Cristo chiamò prima di partire dalla terra e ai quali affidò i “suoi averi”. (Matteo 25:14) Quali erano questi averi? Egli non lasciò ai suoi discepoli averi materiali, come case, terreni, indumenti, denaro in banca. Si lasciò dietro l’anziana madre Maria e i fratellastri e le sorellastre quando morì al Calvario sul palo di tortura, e a questi fu lasciata qualsiasi proprietà fisica di cui potessero valersi secondo la Legge di Mosè. E durante la sua attività di predicare e insegnare per circa tre anni e mezzo il regno di Dio non accumulò per se stesso “tesori sulla terra”, ma cercò prima il regno del suo Padre celeste. (Matteo 6:19, 20, 33; 12:46, 47; 24:3-47; Atti 1:14) Quindi, che cosa lasciò da poter affidare ai suoi “schiavi”?
12, 13. (a) Che cosa fu, dunque, ciò che Gesù Cristo lasciò come suoi “averi”? (b) Come viene mostrata questa veduta da ciò che Gesù disse ai suoi apostoli in Samaria vicino al pozzo di Giacobbe?
12 Fu un fondamento di ulteriore opera cristiana, un coltivato campo in cui si sarebbe potuto ancora conseguire risultato predicando la buona notizia del messianico regno di Dio e facendo altri discepoli cristiani. Fu una via preparata per i suoi discepoli “schiavi”. Già nell’anno 30 E.V., quando attraversava il paese di Samaria e dopo aver predicato a una donna samaritana alla “fonte di Giacobbe” presso Sichar, Gesù disse ai suoi apostoli:
13 “Ecco, io vi dico: Alzate gli occhi e guardate i campi, che sono bianchi da mietere. Già il mietitore riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, affinché il seminatore e il mietitore si rallegrino insieme. A questo riguardo, in realtà, è vera la parola: Uno è il seminatore e un altro il mietitore. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato. Altri hanno faticato, e voi siete entrati nel beneficio della loro fatica”. — Giovanni 4:35-38.
14. (a) Come sono in paragone le carriere pubbliche di Giovanni il Battista e Gesù Cristo? (b) Fra chi e in qual modo Gesù lasciò un campo coltivato che poteva fornire ulteriore produzione?
14 Per circa sei mesi Giovanni il Battista aveva prestato servizio come precursore di Gesù e aveva proclamato: “Pentitevi, poiché il regno dei cieli si è avvicinato”. E dopo che nell’anno 30 E.V. Giovanni era stato messo in prigione, Gesù aveva ripreso lo stesso messaggio. Nei successivi tre anni Gesù perseverò nel predicare quel messaggio e nell’insegnare al popolo ovunque se ne offrisse l’opportunità. La libera attività pubblica di Giovanni il Battista fu perciò molto breve, solo di un anno circa, ma l’attività pubblica e privata di Gesù fu tre volte più lunga. Poté dirsi che entrambi gli uomini avevano fatto un’opera di semina e che Gesù l’intraprese dove Giovanni l’aveva interrotta. Gesù cominciò a radunare discepoli, ma non tutti quelli che potevano essere radunati dal suo campo di attività. (Matteo 4:12-23; 3:1-7) Per giunta, Gesù, per mezzo della sua carriera pubblica che incluse la sua morte violenta e la sua risurrezione dai morti, aveva adempiuto le profezie bibliche inerenti al promesso Messia, e questo era tutto di pubblica conoscenza. Questo fece effetto sul popolo giudeo che abitava nel territorio in cui Gesù Cristo divenne il più controverso personaggio pubblico del tempo. Ne risultò un campo coltivato per produrre discepoli cristiani.
15. (a) Così quale cosa di valore dotata di potenzialità Gesù Cristo lasciò ai suoi discepoli? (b) A quanti lasciò all’inizio quegli “averi”?
15 Gesù mise così nel campo delle persone in cui operava una potenzialità, un potere latente e una capacità di produrre discepoli, una preparata condizione del campo che era pronta a reagire favorevolmente o ad accettare la futura opera dei discepoli di Gesù. Questo preparato campo di potenzialità (possibilità cristiane) per coltivare e radunare discepoli cristiani fu ciò che costituì gli “averi” del risuscitato Signore Gesù Cristo. Questo fu ciò che affidò agli schiavi suoi discepoli. Dopo la sua risurrezione dai morti egli era apparso a “più di cinquecento fratelli in una volta”, ma in seguito il giorno della Festa di Pentecoste nella stanza di piano superiore a Gerusalemme eran radunati solo circa centoventi discepoli che furono i primi a ricevere lo spirito santo quando fu versato dal cielo. (I Corinti 15:6; Matteo 28:16-18; Atti 1:13-15) Quindi, prima di fare il viaggio all’estero ascendendo al suo Padre celeste ci furono almeno più di cento “schiavi” cristiani ai quali egli affidò i suoi “averi”.
16. Gli “averi” dell’uomo della parabola ammontarono a quanto denaro, e come distribuì questi “averi” ai suoi “schiavi”?
16 Come fu fatta la distribuzione dei suoi “averi”, e in base a che cosa? Leggiamo: “E ad uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro ancora uno, a ciascuno secondo la sua capacità e andò all’estero”. (Matteo 25:15) Così otto (8) talenti d’argento rappresentarono i suoi “averi” che distribuì ai suoi schiavi. Questo costituiva in quel primo secolo della nostra Èra Volgare una quantità di ricchezza, poiché ciascun talento d’argento equivaleva a sessanta (60) mine o a circa L. 544.000. Lo schiavo che ricevette un talento d’argento ebbe questa quantità di denaro da usare; lo schiavo che ebbe due talenti ricevette due volte questa quantità di denaro; quello che ebbe cinque talenti ricevette cinque volte questa quantità. Ciascuno schiavo ricevette la quantità di denaro che corrispondeva alla “sua capacità” di far uso di tale ammontare e negoziarvi. L’uomo ricco conosceva bene i suoi schiavi e le loro capacità.
17. (a) Quale specie di capacità ebbero gli “schiavi” della parabola, ma che dire dell’adempimento della parabola? (b) Chi ricevette nella parabola la massima responsabilità, e chi la riceve nell’adempimento?
17 Nella parabola, le capacità erano capacità naturali o capacità che gli schiavi avevano coltivate e accresciute. Nell’adempimento della parabola dei “talenti”, la “capacità” non è una semplice capacità fisica o mentale, sebbene tale specie di capacità possa essere apprezzata e utile. Piuttosto, la “capacità” rappresenta le possibilità spirituali che si devono trovare nello schiavo cristiano il quale ha la prospettiva del regno celeste. Lo zelo, la volontà, la premura di cui lo schiavo cristiano è dotato contribuiscono alle sue possibilità di usare la ricchezza spirituale affidatagli. Chi secondo la propria capacità riceve ciò che assomiglia a cinque talenti ha, naturalmente, la massima responsabilità. Il Signore Gesù Cristo pose così sui suoi schiavi apostolici la massima responsabilità, ed essi dovettero fare un’opera da pioniere di grandi proporzioni, oltre a essere fondamenta secondarie della congregazione cristiana. — Rivelazione 21:14; Efesini 2:20-22.
18. (a) Che cosa rappresentarono gli “schiavi” essendo solo tre? (b) Nella parabola gli “schiavi” furono tutti uomini, ma che dire dell’adempimento?
18 Certo, il Signore Gesù Cristo ha più di tre “schiavi” spirituali per i quali ha stipulato il patto di un regno celeste. Quindi i tre “schiavi” della parabola rappresentano tre rispettive classi di futuri eredi del regno celeste. Dobbiamo ricordare che la congregazione cristiana generata dallo spirito contiene molte donne credenti. Il giorno della Festa di Pentecoste del 33 E.V., Maria madre di Gesù fu una di tali donne, e probabilmente Maria e Marta della città di Betania vicino a Gerusalemme furono fra “alcune donne” menzionate in Atti 1:14, che quel notevole giorno di Pentecoste ricevettero lo spirito santo. (Giovanni 11:1-45) Inoltre, quando sotto la pressione della persecuzione che c’era a Gerusalemme l’evangelizzatore Filippo andò verso nord a Samaria, trovò donne samaritane credenti, poiché leggiamo: “Ma quand’ebbero creduto a Filippo, che dichiarava la buona notizia del regno di Dio e del nome di Gesù Cristo, erano battezzati, uomini e donne”. — Atti 8:12.
19. (a) Nella parabola, l’“uomo” cosa attese che gli schiavi facessero con i suoi “averi”? (b) Che cosa si attende Gesù Cristo in quanto agli “averi” che lasciò ai suoi discepoli “schiavi”?
19 Nella parabola l’uomo viaggiatore si attese che gli schiavi negoziassero durante la sua assenza e facessero aumentare quei talenti. Egli non desiderò che tenessero il denaro inutilizzato e improduttivo. In modo simile il Signore Gesù Cristo quando affidò ai suoi discepoli “schiavi” tutti i suoi averi sulla terra, si attese, infatti diede loro comando, che non lasciassero il campo preparato e coltivato che egli aveva loro affidato senza ulteriore attenzione e sviluppo in modo da non produrre di più. Né il campo doveva essere lasciato nelle sue proporzioni originali senza fargli nessuna aggiunta, estensione, allargamento. No, ma l’assente Signore Gesù Cristo si attendeva un aumento, e, di conseguenza, la mancanza di recare l’aumento avrebbe dato luogo alla punizione di chi non avesse assolto la propria responsabilità.
NEGOZIARE CON I “TALENTI”
20. Che cosa si attese l’“uomo” dagli schiavi ai quali erano stati affidati i talenti, e come valse la pena che gli schiavi soddisfacessero quelle attese?
20 Gli schiavi della parabola, se non fu detto specificamente, compresero che si attendeva da loro un aumento. La parabola lo rende manifesto, poiché leggiamo: “Immediatamente quello che aveva ricevuto cinque talenti se ne andò e vi negoziò e ne guadagnò altri cinque. Nello stesso modo quello che ne aveva ricevuti due ne guadagnò altri due”. (Matteo 25:16, 17) È evidente che questi due schiavi non depositarono il denaro in una banca lasciando che producesse interesse secondo le operazioni dei banchieri; ma essi stessi si impegnarono in imprese nelle quali negoziarono con abilità e discernimento e desta accortezza. I loro sforzi personali valsero la pena d’esser compiuti, poiché il loro rispettivo denaro raddoppiò di quantità. Ciascuno fece uso della “sua capacità”, con lealtà e devozione verso il proprio signore, e anche col desiderio di guadagnare la sua approvazione.
21, 22. Come gli “averi” di Gesù Cristo dovevano essere aumentati di quantità, e fino a qual punto? In quale zona?
21 Ora, nell’adempimento della parabola, in che modo quella parte degli “averi” del Signore Gesù Cristo che è affidata al futuro erede del Regno è raddoppiata di quantità? Il Signore Gesù disse come doveva farsi e il racconto biblico fornisce le illustrazioni di come si fece diciannove secoli fa. Alcuni giorni prima della sua ascesa in cielo il Signore Gesù si materializzò e apparve ai suoi discepoli in un luogo prestabilito su un monte nella provincia di Galilea. Ivi disse loro: “Ogni autorità mi è stata data in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli delle persone di tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello spirito santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni fino al termine del sistema di cose”. (Matteo 28:16, 20) Ma il giorno della sua ascensione in cielo egli fu più preciso sul corso che doveva seguire l’opera di aumentare i suoi “averi”. Su ciò leggiamo:
22 “Or quando si furono riuniti, gli chiesero: ‘Signore, ristabilirai in questo tempo il regno d’Israele?’ Egli disse loro: ‘Non appartiene a voi d’acquistar conoscenza dei tempi o delle stagioni che il Padre ha posti nella propria autorità; ma riceverete potenza quando lo spirito santo sarà arrivato su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea e la Samaria e fino alla più distante parte della terra’”. — Atti 1:6-8.
23. (a) A quali zone aveva limitato Gesù la sua predicazione e il suo insegnamento, e con quale risultato? (b) Quindi, dove i discepoli trovarono gli “averi” di Cristo, per lavorarvi fino al tempo stabilito da chi?
23 Durante la sua attività terrena come predicatore e insegnante del Regno, Gesù aveva limitato i suoi sforzi a Gerusalemme e alle province di Galilea e di Giudea (compresa Samaria) e alla Perea sulle sponde orientali del fiume Giordano. In quelle zone Gesù aveva prodotto fra i Giudei e i Samaritani la preparata, coltivata condizione per fare altri discepoli. In quelle zone, questa era la condizione di cui i discepoli dovevano valersi per aumentare il numero dei discepoli cristiani; essa era gli “averi” che Gesù loro Signore aveva affidati loro come “schiavi”. Così, prima di tutto, dovevano lavorare in quelle zone preparate fino al tempo o alla stagione che il Padre celeste aveva posto entro la propria autorità. Dovevano far questo, ricordando che “Cristo divenne effettivamente ministro di quelli che sono circoncisi a favore della veracità di Dio, onde confermasse le promesse che Egli aveva fatte ai loro antenati”. — Romani 15:8.
24. (a) Dopo aver ricevuto lo spirito santo, come i discepoli misero subito all’opera gli “averi” del loro Signore, e con quale quantità di produzione? (b) Tornati a casa dopo la Pentecoste, quale campo trovarono per la produttività i credenti giudei?
24 In armonia con ciò a quel tempo gli “schiavi” discepoli capitalizzarono la preparata, coltivata proprietà che il Signore Gesù aveva loro affidata come suoi “averi” per i quali egli aveva lavorato, ed essi misero quella proprietà spirituale all’opera per produrre un aumento dei discepoli. Fecero subito ciò, proprio quel giorno della Festa di Pentecoste del 33 E.V. a Gerusalemme, e subito si produssero circa tremila battezzati che ebbero la prospettiva del Regno essendo stati battezzati con lo spirito santo. Queste erano tutte persone circoncise, sia Giudei naturali che proseliti della fede giudaica. Gli averi del Signore Gesù che erano stati affidati ai discepoli continuarono a essere usati ancora di più, essendo compiuto con tali “averi” negozio cristiano, così che qualche tempo dopo a Gerusalemme il numero dei discepoli era salito a “circa cinquemila”. (Atti 4:4) Senza dubbio, centinaia di quei Giudei e proseliti che dopo la celebrazione della Pentecoste eran partiti da Gerusalemme ed erano tornati alle loro case in varie parti della terra trovarono fra i vicini giudei del proprio paese un campo di attività a favore del cristianesimo.
25. (a) Come Gesù aveva già operato per alcuni “averi” nel caso dei Giudei e dei proseliti che avevano assistito alle feste a Gerusalemme? (b) In che modo la persecuzione fece divulgare la fede cristiana in comunità giudaiche lontane?
25 È possibile che molti di quei Giudei e proseliti che tornarono fossero venuti in contatto con Gesù Cristo e l’avessero udito in precedenti visite fatte a Gerusalemme per assistere a tutte le feste. Stando così le cose, Gesù aveva anche prodotto una preparata, coltivata condizione nel caso di quei visitatori giudei e proseliti, e a Gerusalemme gli apostoli e i condiscepoli si valsero di questa parte degli averi di Gesù e misero tali “averi” all’opera. (Giovanni 12:20-29; Atti 2:5-11) Avvenne così che, prima ancora che l’apostolo Paolo giungesse a Roma, in Italia, c’era una congregazione di molti cristiani. (Romani 1:1-7; 15:22-24) Inoltre, la persecuzione che sorse a Gerusalemme contro i discepoli di Cristo diede luogo alla divulgazione della fede cristiana a molti Giudei fuori delle province giudaiche. In Atti 11:19 è scritto: “Quindi quelli che erano stati dispersi dalla tribolazione sorta a motivo di Stefano andarono fino in Fenicia e in Cipro e in Antiochia, ma non dichiarando la parola a nessuno se non ai soli Giudei”.
26. (a) La limitazione dell’attività di far discepoli solo al campo giudaico continuò fino a quando e fino a quale avvenimento? (b) Come l’opera in quella zona aperta da poco diede luogo a un aumento di “talenti” spirituali?
26 Questo limitare l’aumento degli “averi” dell’assente Signore Gesù Cristo ai soli Giudei e proseliti giudaici continuò sino all’autunno dell’anno 36 E.V. Quindi giunse il tempo di aumentare il numero dei discepoli cristiani in altre zone, proprio come Gesù stesso aveva comandato, dicendo: “Andate dunque e fate discepoli delle persone di tutte le nazioni, battezzandole”, e, “mi sarete testimoni . . . fino alla più distante parte della terra”. (Matteo 28:19, 20; Atti 1:8) Allora fu il tempo stabilito da Dio perché i discepoli giudei, ai quali Gesù aveva affidato i suoi “talenti” spirituali, facessero uso di quei suoi “averi” per fare altri “talenti” spirituali. Questo cominciò con l’azione da parte della classe dei cinque talenti, quando l’apostolo Pietro fu mandato a Cesarea capitale romana della Giudea per fare di Cornelio un convertito discepolo di Gesù Cristo. (Atti da 10:1 a 11:18) Con ciò l’intero mondo dei Gentili o non Giudei del genere umano fu aperto all’opera di far discepoli. Questa era una zona che Geova Dio non aveva assegnato agli “averi” di Gesù Cristo sulla terra, affinché vi seminasse e vi mietesse e vi facesse discepoli. — Matteo 15:24.
27. Questa apertura di una zona mondiale per la produttività che cosa richiese da parte dei discepoli giudei?
27 Ora qui c’era una vasta zona in cui le persone non erano state condizionate dallo stesso Gesù Cristo, non avendo Gesù come pioniere lasciato ai suoi discepoli nessun preparato, coltivato stato, onde se ne valessero con profitto per far aumentare la congregazione cristiana. Con il beneficio e il vantaggio e l’impulso di ciò che Gesù aveva fatto provvedendo l’originale campo coltivato, essi potevano ora da esperti, qualificati operai seminare il seme e coltivare le possibilità di crescita e in tal modo aggiungere altri campi per produrre discepoli di Gesù il Messia. Questo richiedeva da parte loro sforzi pionieristici, e per non subire perdite dovevano esercitare coraggio, sinceri sforzi, diligente attenzione e perseveranza. Non edificavano più sul fondamento di un altro uomo, ma compivano essi stessi tutte le attività preliminari per far discepoli in una zona del tutto nuova. Questo mostrò ubbidienza al loro Signore. — Romani 15:17-21.
28, 29. (a) Seguendo il modello posto dai discepoli del primo secolo, come i successivi “schiavi” che han seguito Cristo hanno operato secondo la loro capacità? (b) Qual è stato il più essenziale fattore che ha contribuito a recare l’aumento?
28 Gli apostoli e altri discepoli di Gesù Cristo del primo secolo posero il modello circa il modo di ‘negoziare’ con i figurativi “talenti” ch’erano stati loro affidati. Essi aumentarono il numero dei talenti del loro Signore del cento per cento. La classe degli “schiavi” cristiani a cui erano stati affidati “cinque talenti” degli “averi” del Signore guadagnò altri cinque talenti. La classe degli “schiavi” di Cristo che furon resi responsabili per due talenti degli averi del loro Signore guadagnò altri due talenti. Ciascuna classe ebbe un incremento, in proporzione, del cento per cento, così che ciascuno fece tutto ciò che gli era possibile, e nessuno fu migliore di nessun altro. Egli fece quanto si poteva attendere da lui. Ciascuno fece il massimo secondo la “sua capacità”. Comunque, l’aumento ottenuto con gli averi del loro Signore non fu da attribuire tutto all’uso della “capacità” di ciascuno “schiavo”. Nella faccenda rientrò un altro fattore, e questo era il fattore più essenziale di tutti. Quando parla del suo proprio servizio e di quello dell’eloquente discepolo Apollo in maniera comparativa, l’apostolo Paolo si riferisce a questo fattore, dicendo:
29 “Che cos’è dunque Apollo? Sì, che cos’è Paolo? Ministri per mezzo dei quali voi diveniste credenti, come il Signore concesse a ciascuno. Io piantai, Apollo innaffiò, ma Dio faceva crescere; così che né chi pianta né chi innaffia è alcuna cosa, ma Dio che fa crescere. Ora colui che pianta e colui che innaffia sono uno, ma ciascuno riceverà la sua ricompensa secondo la propria fatica. Poiché siamo collaboratori di Dio. Voi siete il coltivato campo di Dio, l’edificio di Dio”. — 1 Corinti 3:5-9.
30. (a) A chi, quindi, si deve primariamente dare il credito dell’aumento? (b) Nel primo secolo, quale prova si ebbe dell’aumento nella zona coltivata dai discepoli?
30 Dio è perciò Colui al quale si deve dare credito per l’aumento, e gli “schiavi” di Cristo sono solo strumenti che egli si compiace di impiegare per conseguire l’aumento. Egli aiuta gli “schiavi” ad adempiere le loro responsabilità. Fornisce agli “schiavi” ciò che loro occorre per compiere con successo l’opera di far discepoli delle persone di tutte le nazioni. Così la preparata, coltivata zona per produrre discepoli che il Figlio di Dio partendo lasciò ai suoi fedeli discepoli è accresciuta, perché tutto intorno al globo sono portate all’esistenza altre zone di questa specie mediante l’ubbidienza degli “schiavi” di Cristo ai suoi comandi e la loro imitazione del suo esempio. Quale prova se ne ebbe nel primo secolo della nostra Èra Volgare? Questa: congregazioni di discepoli che erano eredi del regno dei cieli sorsero fuori di Gerusalemme e di tutta la Giudea e la Galilea e la Samaria. Congregazioni furono istituite in Asia, Africa, Europa e isole del mar Mediterraneo.
31. Come esempio di quanto precede, che cosa indica di lui il luogo da cui Pietro scrisse la sua prima lettera?
31 Per esempio, prendete l’apostolo Pietro. Egli fu uno dei quattro apostoli che, dopo aver udito predire da Gesù la distruzione del magnifico tempio di Gerusalemme, gli fecero la domanda: “Quando avverranno queste cose, e quale segno vi sarà quando tutte queste cose staranno per venire al termine?” (Marco 13:1-4) Ebbene, circa trent’anni dopo, verso il 62-64 E.V., o diversi anni prima che “queste cose” effettivamente accadessero con l’assedio e la distruzione di Gerusalemme e del suo tempio, l’apostolo Pietro faceva opera missionaria fuori dell’Impero Romano. Sì, la prima lettera che egli scrisse ai conservi cristiani entro l’Impero Romano fu scritta nella città di Babilonia sul fiume Eufrate di Mesopotamia, e in questa lettera, verso la fine della sua lettera, si riferisce a quella congregazione cristiana, dicendo: “Colei che è in Babilonia, eletta come voi, vi manda i suoi saluti”. — 1 Pietro 5:13.
32-34. (a) Verso quando e da dove Paolo scrisse la sua lettera ai Colossesi? (b) Come Paolo indica in essa l’aumento mondiale dei “talenti” affidati ai discepoli?
32 Quindi ci fu anche l’apostolo Paolo. Egli era infine giunto nella capitale imperiale di Roma, ma come prigioniero che s’era appellato a Cesare per un processo imparziale. Dal suo luogo di custodia di Roma scrisse alla congregazione cristiana di Colosse, in Asia Minore, verso il 60-61 E.V. Questo avveniva quasi dieci anni prima di “queste cose” predette dal Signore Gesù Cristo, eppure già in quel tempo prima della fine del sistema di cose giudaico accentrato in Gerusalemme, l’apostolo Paolo parlò dell’aumento in tutto il mondo dei figurativi “talenti” che Gesù aveva affidato ai suoi “schiavi”. Allorché Paolo si riferisce al fatto che si annunciò loro “la buona notizia”, scrive:
33 “Abbiamo udito della vostra fede riguardo a Cristo Gesù e dell’amore che avete per tutti i santi a causa della speranza che vi è riservata nei cieli. Di questa speranza avete già udito mediante l’annuncio della verità di quella buona notizia che s’è presentata a voi, come sta portando frutto e crescendo in tutto il mondo, come fa anche tra voi, dal giorno che udiste e imparaste a conoscere l’immeritata benignità di Dio in verità. Questo è ciò che avete imparato da Epafra nostro diletto compagno di schiavitù che è un fedele ministro del Cristo a nostro favore, e che ci ha rivelato il vostro amore in modo spirituale.
34 “In realtà, voi che una volta eravate alieni e nemici perché le vostre menti eran volte alle opere malvage, egli ha ora di nuovo riconciliati mediante il corpo carnale di lui per mezzo della sua morte, per presentarvi santi e senza difetto e non esposti a nessuna accusa dinanzi a sé, purché, naturalmente, rimaniate nella fede, stabiliti sul fondamento e saldi e non essendo smossi dalla speranza di quella buona notizia che avete udita, e che è stata predicata in tutta la creazione che è sotto il cielo”. — Colossesi 1:4-8, 21-23.
35. Questa testimonianza allo zelo dei discepoli del primo secolo si ebbe durante quale limitato periodo di tempo, e in adempimento di quale profezia di Gesù?
35 Quale testimonianza furono quelle ispirate parole dell’apostolo Paolo circa lo zelo di quegli “schiavi” del Signore Gesù Cristo nel primo secolo, onde ‘negoziassero’ con i “talenti” che egli aveva loro affidati! Quale impresa questa fu per loro in tale breve periodo di tempo: la buona notizia ‘portava frutto e cresceva in tutto il mondo’, la buona notizia già “predicata in tutta la creazione che è sotto il cielo”! Pensate: Gesù Cristo si era “manifestato una volta per sempre al termine dei sistemi di cose”, negli anni 29-33 E.V., eppure prima ancora che nell’anno 70 E.V. terminasse il sistema di cose giudaico, con l’annientamento della loro capitale religiosa, i Giudei avevano ricevuto in tutto il mondo allora conosciuto testimonianza intorno al messianico regno di Dio. In realtà, tutte le nazioni gentili pure avevan ricevuto tale testimonianza, in un adempimento tipico della profezia di Gesù sul “segno” del “termine del sistema di cose”, cioè: “Questa buona notizia del regno sarà predicata in tutta la terra abitata, in testimonianza a tutte le nazioni; e allora verrà la fine”. — Matteo 24:14; Ebrei 9:26.
CULMINE DELL’ODIERNO ADEMPIMENTO DELLA PARABOLA
36. Il Signore dei discepoli “schiavi” venne di nuovo prima o dopo che fu distrutta Gerusalemme, e che cosa indicano circa la venuta di Cristo le conclusive parole di Giovanni nella Rivelazione?
36 Quegli “schiavi” del primo secolo che aumentarono i preziosi “talenti” in tale proporzione mondiale nonostante guerre, pestilenze, carestie, terremoti e persecuzioni morirono tutti, ma il loro dipartito Signore e Proprietario non tornò nel loro giorno, né prima né dopo la distruzione di Gerusalemme da parte delle legioni romane. Circa ventisei anni dopo che quell’orribile avvenimento aveva scosso il mondo religioso giudaico, la condanna alla prigione che l’apostolo Giovanni scontava nell’isola di Patmos fu illuminata dalla Rivelazione divina che ricevette, nella quale additò il futuro dicendo: “Ecco, egli viene con le nubi, e ogni occhio lo vedrà, e quelli che lo trafissero”. E Giovanni terminò il racconto della Rivelazione con la preghiera: “‘Amen! Vieni, Signore Gesù’. L’immeritata benignità del Signore Gesù Cristo sia con i santi”. (Rivelazione 1:7; 22:20, 21) Quella fervida preghiera perché venisse il Signore non fu effettivamente esaudita prima che passassero più di diciotto secoli.
37. (a) Quando tornò il Signore Gesù Cristo, e contrariamente a quale attesa? (b) Da allora in poi, quale nuovo significato assunse la predicazione del Regno, e perché?
37 Il culmine dell’adempimento della parabola dei “talenti” sarebbe venuto solo col ritorno del Signore Gesù Cristo e con la sua parusia o presenza. Nella seconda metà del trascorso diciannovesimo secolo si pensò che il Signore fosse tornato nell’anno 1874 E.V. e che con quell’anno fosse iniziata la sua invisibile presenza in spirito. Ma in realtà il “segno” della sua presenza e del termine del sistema di cose non si presentò durante i successivi quattro decenni. Non sino alla fine dei Tempi dei Gentili nell’anno 1914, verso il 4/5 ottobre o la metà del mese lunare giudaico di Tishri. In quel tempo la predicazione della buona notizia di un regno messianico di Dio avvenire si mutò nella predicazione della buona notizia del regno di Dio istituito. Gli avvenimenti mondiali che seguirono accumularono le prove che nel preannunciato anno critico era nato il celeste regno di Dio con l’intronizzazione e incoronazione del suo Messia, Gesù il figlio di Davide figlio di Abraamo. (Matteo 1:1) Era venuto colui che ne ha il “diritto legale”. Infatti, egli era tornato! — Ezechiele 21:25-27.
38. La parabola dei “talenti” fu detta come parte di quale profezia, e così come se ne dovrebbe indicare nel nostro giorno il culmine dell’adempimento?
38 La parabola dei “talenti” fu detta da Gesù Cristo come parte del “segno” dai molti aspetti per indicare il fatto della sua parusia o presenza. Quindi l’adempimento della parabola portato a termine nel nostro tempo dovrebbe accrescere la testimonianza che egli è tornato in spirito e che è presente su di noi. Certo se diciamo che la reale presenza del Signore Gesù Cristo cominciò alla fine dei Tempi dei Gentili nel 1914, dovrebbero esserci quindi i fatti disponibili per verificare che l’adempimento della parabola sta giungendo nel nostro giorno al suo culmine. Quali sono i fatti?
39. Che cosa fece lo schiavo con un solo talento, e quando cominciarono i conti con gli schiavi?
39 Prima, guardiamo per vedere come terminò la parabola. Leggiamo dunque ulteriormente la parabola di Gesù, come segue: “Ma quello che ne aveva ricevuto solo uno se ne andò, e scavato in terra nascose il denaro d’argento del suo signore. Dopo lungo tempo il signore di quegli schiavi venne e fece i conti con loro”. — Matteo 25:18, 19.
40. (a) Nella parabola, con che cosa tornò il “signore di quegli schiavi”? (b) L’anno 1914 E.V. ebbe relazione in particolare con quale “potere reale”, e come mai?
40 Quando il “signore di quegli schiavi” venne, ritornò con ciò che era andato a guadagnare all’estero. Le sue proprie parole mostrano in seguito che aveva guadagnato una “gioia” da condividere con i suoi schiavi fedeli; tornò con “molte cose” che non aveva quando affidò loro gli otto talenti d’argento. Una parabola precedente detta da Gesù, la parabola delle “dieci mine”, precisa che ciò con cui tornò era il “potere reale”. (Luca 19:12-15) I Tempi dei Gentili, o “fissati tempi delle nazioni”, hanno relazione col “potere reale”, in particolar modo col “potere reale” della famiglia del re Davide di Gerusalemme, potere reale della cui famiglia davidica il re Nabucodonosor di Babilonia rovesciò nell’anno 607 a.E.V. Quel disastroso anno fu la data in cui si cominciarono a contare i 2.520 anni dei Tempi dei Gentili che terminarono nell’anno 1914 E.V. Così la fine di quei Tempi dei Gentili verso il 4/5 ottobre 1914 dovrebbe logicamente attestare un capovolgimento della situazione di tale lunga durata. Non fu dunque senza significato che il 4/5 ottobre 1914 le nazioni gentili si trovarono in difficoltà, già implicate da due mesi nella prima guerra mondiale della storia umana.
41. (a) La prima guerra mondiale uccise il piccolo numero dei discepoli “schiavi” del Signore Gesù Cristo allora sulla terra? (b) Che cosa cercarono di far loro le nazioni rispetto alla loro ulteriore testimonianza?
41 Che dire, però, degli “schiavi” cristiani del celeste Signore Gesù Cristo a cui egli aveva affidato i suoi preziosi “talenti”? Fino a questo giorno c’è ancora un piccolo numero di quegli “schiavi” fedeli che in quel tempo segnato erano nella scena terrestre e compresero dalle Sacre Scritture il significato della prima guerra mondiale. Questo conflitto internazionale che alla fine trascinò nella guerra totale ventotto nazioni e imperi non uccise quei leali “schiavi” del celeste Re, Gesù Cristo, di recente posto sul trono. I nemici terrestri, i quali non volevano che Gesù Cristo regnasse su di loro come Re di tutta la terra, avrebbero preferito uccidere questi “suoi schiavi”, ma non vi riuscirono. In effetti, tentarono di togliere loro quei figurativi “talenti” che avevan ricevuti dal loro Signore e Proprietario celeste. Tentarono di disfare tutte le eccellenti opere e i guadagni spirituali che questi “schiavi” avevano fatto per il celeste Re di recente intronizzato. A tal fine cercarono di sopprimerne l’influenza presso il popolo di tutte le nazioni. Cercarono disperatamente di minarne il preparato, coltivato fondamento per la futura testimonianza del Regno.
42, 43. (a) La fine della prima guerra mondiale nel 1918 in quale condizione trovò gli “schiavi” del Signore celeste? (b) Secondo tutte le apparenze, che cosa era accaduto dei “talenti” loro affidati?
42 La fine della prima guerra mondiale l’11 novembre 1918 trovò gli “schiavi” del dominante Re celeste effettivamente uccisi rispetto a quella buona reputazione presso il popolo entro la cristianità e fuori. La reputazione quali cristiani che avevano presso il popolo era effettivamente morta, sotto un manto di errate rappresentazioni e denigrazioni da parte di patrioti nazionalistici e fanatici guerrafondai. Avevano avuto luogo contro di loro violenti assalti di turbe. La loro letteratura biblica era stata messa al bando o erano stati proscritti essi stessi. Molti di loro, i più noti dei quali erano il presidente della Società Torre di Guardia di Bibbie e Trattati, e il suo segretario-tesoriere e sei altri preminenti associati, erano in prigione con accuse false dalle quali poterono essere assolti solo dopo che si spense la follia della guerra.
43 Apparentemente, questi “schiavi” del giusto Governante di questo globo terrestre furono spogliati di ogni cosa. Sembrò che i “talenti” che egli aveva loro affidati fossero stati spazzati via. I loro nemici si rallegrarono d’aver tolto quegli “schiavi” dal servizio del loro celeste Signore per ogni tempo avvenire, poiché parve che la loro capacità di cominciare tutto di nuovo fosse stata messa in dubbio.
44. (a) Quando ci fu un capovolgimento di situazione, e come? (b) Quale domanda ora sorse in quanto agli “schiavi” sopravvissuti, e perché?
44 Non fu che oltre quattro mesi più tardi, dopo la fine della guerra, che i nemici furono sorpresi, stupiti al capovolgimento di situazione che cominciò a manifestarsi. Questo avvenne quando quegli otto rappresentanti della Società Torre di Guardia di Bibbie e Trattati furono rilasciati dalla prigionia nel Penitenziario Federale di Atlanta (Georgia) il 25 marzo 1919, e il giorno dopo, a Brooklyn, in New York, fu concessa loro la libertà provvisoria dietro pagamento di cauzione. Dopo breve termine fu concesso a suo tempo l’esonero dalle accuse grossolanamente false mosse contro di loro. Ma quanto contò questo per le persone prostrate dalla guerra in cui la propaganda bellica e il delirio della guerra avevano suscitato punti di vista preconcetti e alterati riguardo agli “schiavi” di Gesù Cristo? Era qualche cosa che gli “schiavi” dovevano considerare. Potevano riprendere ad andare avanti di fronte a tali proibitive circostanze? Avevano il coraggio e la fiducia del loro Signore celeste per farlo? Per questi schiavi cristiani fu invero un tempo di prova.
45. (a) Secondo la parabola, cos’era tempo che facesse il “signore di quegli schiavi’? (b) Riguardo al loro possesso dei “talenti”, che cosa si doveva fare a favore di quegli schiavi cristiani?
45 La parabola dei “talenti” raffigurò che quando il viaggiatore tornò dall’estero fece i conti con loro. Questo significava una loro ispezione. Era del tutto logico che, con tale volgere di avvenimenti nella primavera del 1919, fosse il tempo dovuto per la loro ispezione da parte del celeste “signore di quegli schiavi”. Ma quale conto potevano rendere essi rispetto ai suoi “talenti” ch’erano stati affidati alla classe dello schiavo? Qualsiasi incremento avessero conseguito prima del culmine della persecuzione del tempo di guerra nel 1918 sembrò spazzato via. Erano come se non avessero in loro possesso nessun figurativo “talento”. Se, ora, dovevano mostrare qualche aumento dei “talenti” del loro Signore, dovevano produrre questo aumento nel periodo del dopoguerra e rendergli tale aumento dei suoi averi nel futuro. Si doveva dar loro una nuova e ulteriore opportunità di ‘negoziare’ con i suoi preziosi “talenti”. Storicamente questo è proprio ciò che accadde, data la misericordiosa considerazione del loro Signore celeste.
46. (a) Che cosa era tempo che scacciassero, e per che cosa avevano bisogno di riorganizzarsi? (b) In vista del possesso del “potere reale” da parte del loro Signore celeste, per che cosa la situazione era opportuna e il tempo propizio?
46 L’anno 1919 fu il tempo essenziale per scacciare il timore degli uomini che si era creato fra la classe dello schiavo durante la violenza e l’isterismo della prima guerra mondiale e che aveva considerevolmente fatto ritrarre la classe dello schiavo dal negoziare quali responsabili schiavi del dominante Re, Gesù Cristo. Quindi era ormai tempo che cominciassero a riorganizzare le loro rotte e impedite file per compiere, nel servizio al loro Signore che ora possedeva il potere reale, il più grande sforzo della loro vita. Ora, come non era mai avvenuto prima, il loro Signore aveva il diritto legale su tutta la terra come campo a sua disposizione per produrre altri discepoli favoriti con la speranza del regno celeste. Egli poteva affidare loro questa situazione opportuna affinché ‘negoziassero’ nel suo servizio. Era il tempo propizio perché sorgessero la classe dei discepoli “schiavi” com’era stata raffigurata dallo schiavo a cui furono affidati “cinque talenti” e anche la classe raffigurata dallo schiavo a cui furono affidati due talenti. Essi fecero questo, poiché la parabola dei “talenti” non poteva restare inadempiuta, specialmente al suo culmine.
47. Nel 1919, come furono rafforzati onde non avessero timore ma si presentassero per l’opera del dopoguerra?
47 Non si perse tempo. Nel 1919 quelle due classi di “schiavi” si diedero da fare. Ricevettero vigorosa rassicurazione dagli articoli de La Torre di Guardia del 1º e del 15 agosto 1919 sul tema “Benedetti gli intrepidi”. Accolsero l’annuncio di un congresso di otto giorni da tenere a Cedar Point, nell’Ohio, dal 1º all’8 settembre 1919. Non si trattennero dall’assistere a quel congresso generale per timore di dover affrontare l’opera del dopoguerra che avrebbe richiesto da parte loro grande energia e coraggio, con ulteriore persecuzione.
48. (a) In che modo i congressisti di Cedar Point ricevettero l’annuncio di una nuova rivista come compagna de La Torre di Guardia? (b) Com’è stata usata finora quest’altra rivista?
48 Col vivo desiderio di apprendere come Geova si proponeva di far compiere loro l’opera che li attendeva, seimila che vennero in particolar modo dal Canada e dagli Stati Uniti d’America assisterono quotidianamente alle sessioni di questo congresso dell’Associazione Internazionale degli Studenti Biblici. Con sorpresa e tuttavia con apprezzamento di cuore, ricevettero l’annuncio che a cominciare dal 1º ottobre 1919 si sarebbe pubblicata una nuova rivista, The Golden Age (L’Età d’oro), come compagna de La Torre di Guardia e Araldo della presenza di Cristo. Questa nuova rivista sarebbe stata un altro ausilio per annunciare l’istituito, messianico regno di Dio. Sarebbe stata per loro un altro strumento da usare nell’opera di piantare, innaffiare e coltivare nuove zone, per produrre altri discepoli del Signore Gesù Cristo. Con La Torre di Guardia questa nuova rivista (ora Svegliatevi!) ha operato finora a fianco a fianco in una crescente divulgazione, suscitando nuovo interesse nelle persone di cuore onesto e preparandole a ricevere le cose più profonde della Parola di Dio. Essa ha compiuto un’eccellente opera di preparazione.
49. Che cosa si fece riguardo alle filiali della Società Torre di Guardia, e fino a qual punto sono state aumentate le zone portate in tal modo sotto coltivazione?
49 Inoltre, le comunicazioni fra la sede principale della Società Torre di Guardia di Bibbie e Trattati e le sue organizzazioni filiali intorno al globo che erano state interrotte dalla guerra mondiale furono ristabilite e rafforzate, e, mentre il tempo e le circostanze ne rivelavano il bisogno, in vari paesi furono istituite nuove filiali. Questo accrebbe le zone che vennero portate sotto la più stretta sovrintendenza degli “schiavi” del celeste Signore Gesù Cristo e furono di grande aiuto per intensificare l’opera di coltivare tali zone al fine di radunare altri discepoli delle persone di tutte le nazioni. Dalle poche filiali che allora esistevano il numero è asceso oggi a novantacinque filiali. Queste hanno la sorveglianza sull’opera di semina e coltivazione che si compie in duecentootto paesi e isole del mare.
50. (a) Perché quelli che assisterono al congresso di Cedar Point del 1922 si videro nel tempio nella posizione di Isaia? (b) La risposta di Isaia all’invito di Geova quale domanda suscitò riguardo a loro?
50 Nel settembre del 1922 questi schiavi cristiani che hanno la prospettiva del regno celeste furono vigorosamente informati che ora sono in realtà sotto l’ispezione del Re dei re e Signore dei signori, il dominante Signore Gesù. In adempimento di Malachia 3:1, egli ha accompagnato Geova Dio quando è venuto nel suo tempio spirituale per l’opera di giudizio riguardo ai suoi “schiavi” generati dallo spirito che sono nel tempio. Quelli che assistevano a Cedar Point, in Ohio, al secondo congresso dell’Associazione Internazionale degli Studenti Biblici (I.B.S.A.), nel suo quarto giorno, 8 settembre 1922, nominato “Il Giorno”, videro d’essere ora nella posizione del profeta Isaia, quando ebbe una visione di Geova Dio nel suo tempio. Isaia sentì il bisogno d’essere spiritualmente purificato, e la purificazione necessaria gli fu misericordiosamente concessa. Ciò lo pose nella favorevole condizione di rispondere all’invito di Geova con la sollecita esclamazione: “Eccomi! Manda me”. (Isaia 6:1-8) Sorgeva dunque la domanda: Avrebbero i congressisti dell’I.B.S.A. risposto in modo simile all’invito di Geova che allora li chiamava a rendere servizio?
51. Concludendo il suo discorso del “Giorno”, quali domande fece ai congressisti il presidente della Società e quale finale esortazione rivolse loro?
51 Nel penultimo paragrafo del suo discorso che trattava la visione di Isaia, il presidente della Società Torre di Guardia, J. F. Rutherford, fece ai congressisti diverse domande, comprese queste finali: “Credete che il Signore è ora nel suo tempio, e che giudica le nazioni della terra? Credete che il Re della gloria ha cominciato il suo regno?” Con grande entusiasmo le migliaia di congressisti gridarono affermativamente. Allora l’oratore portò al culmine il suo discorso, dicendo: “Quindi tornate al campo, o figli dell’Iddio Altissimo! Indossate l’armatura! Siate sobri, siate vigilanti, siate attivi, siate coraggiosi. Siate testimoni fedeli e veraci per il Signore. Avanzate nel combattimento finché non sia desolata ogni traccia di Babilonia. Annunciate il messaggio per lungo e per largo. Il mondo deve conoscere che Geova è Dio e che Gesù Cristo è il Re dei re e Signore dei signori. Questo è il giorno di tutti i giorni. Ecco, il Re regna! Voi ne siete gli agenti di pubblicità. Perciò annunciate, annunciate, annunciate il Re e il suo regno”. — Si veda La Torre di Guardia (inglese) in data 1º novembre 1922, pagina 332-337.
52. (a) Nel 1920, che cosa fece la Società per aumentare la distribuzione di letteratura biblica? (b) Nel 1924, quali altri mezzi cominciò a usare la Società per annunciare il Regno, accresciuti in seguito da quali altri mezzi di pubblicità?
52 Con più zelo e sforzo che mai gli “schiavi” del ritornato Signore Gesù Cristo andarono ad annunciarlo come Re dominante, predicando pubblicamente sia di casa in casa che dal podio pubblico. Dal 1920 essi avevano cominciato a servirsi del loro proprio stabilimento tipografico di Brooklyn, in New York, e questo permise loro di venire in possesso di maggiori quantità di letteratura biblica, riviste, opuscoli, trattati, libri e infine delle stesse Bibbie, con più grande economia, da usare nell’annuncio del Re messianico e del suo regno. Dalla domenica 24 febbraio 1924, le radiostazioni possedute dalle società legali di questi “schiavi” cominciarono a essere usate per diffondere il messaggio del Regno a un innumerevole uditorio invisibile che ascoltava per mezzo dei propri apparecchi radioriceventi. Con l’andar del tempo decine e decine di radiostazioni furono impiegate, a pagamento o gratuitamente, in diversi paesi, per far risuonare la buona notizia del Regno fino ai medesimi confini della terra. A questi mezzi pubblici si aggiunsero, alcuni anni dopo, le auto acustiche con altoparlanti e i fonografi portatili, che gli “schiavi” di Cristo portavano di porta in porta per annunciare il Regno ai padroni di casa.
53. Perché i lettori ebbero ragione di rallegrarsi dell’articolo principale del numero de La Torre di Guardia del 1º marzo 1925?
53 Per i lettori de La Torre di Guardia e Araldo della presenza di Cristo fu una gioia quando ricevettero il loro numero del 1º marzo 1925 e lessero l’articolo principale intitolato “Nascita della Nazione”. Perché? Perché da esso ricevettero un più accurato intendimento di Rivelazione, capitolo dodici. I loro occhi dell’intendimento spirituale furono aperti affinché vedessero che la simbolica nascita del figlio maschio, così commoventemente presentata in quel capitolo che per tanto tempo fu per loro un mistero, raffigurava la nascita del messianico regno di Dio nell’anno 1914, alla fine dei Tempi dei Gentili. L’articolo concludeva, a pagina 74, dicendo: “Il regno del cielo è venuto. Il giorno della liberazione è in vista. Questa buona notizia sia annunciata ai popoli della terra. La vittoria è del nostro Re. Facciamo ora in modo d’esser fedeli sino alla fine della guerra; e ci crogioleremo per sempre al sole del suo amore, dove saranno pienezza di gioia e diletto per sempre”.
54, 55. Come il numero di quelli che parteciparono nel 1925 alla Cena del Signore indicò un aumento nelle zone di attività?
54 La celebrazione annuale della Cena del Signore alla data successiva, mercoledì 8 aprile 1925, portò alla luce qualche cosa d’incoraggiante. A causa dell’opera di piantare, innaffiare e coltivare che s’era compiuta sino ad allora in ulteriori zone d’attività con i nuovi strumenti provveduti per fare pubblicità al Regno, il numero delle congregazioni dei discepoli con speranze celesti aumentò. Aumentarono i componenti delle congregazioni. Così a questa celebrazione della Cena del Signore il numero di quelli che vi presero parte indicò questa crescita e produzione di discepoli di Cristo. Quanti vi presero dunque parte quell’anno? L’edizione (inglese) de La Torre di Guardia del 1º settembre 1925, a pagina 263, nei “Rapporti della Commemorazione”, dice:
55 “Siamo lieti che il numero dei partecipanti alla Commemorazione sia così grande, perché manifesta in ogni luogo molto interesse nella verità, e così dovrebbe essere. La somma totale di cui è stato fatto rapporto finora è 90.434, che è di 25.329 superiore al rapporto di un anno fa”.
56. Che cosa indicò questo riguardo alle attività di ‘negozio’ dei discepoli “schiavi” a cui furono affidati i “talenti”?
56 Veramente gli “schiavi” di Cristo, la classe raffigurata dallo schiavo a cui furono affidati “cinque talenti” e la classe raffigurata dallo schiavo a cui furono affidati due talenti, furono pronti e solleciti a ‘negoziare’ con essi in modo da aggiungere altre zone che sarebbero state fruttuose di altri discepoli di Cristo. I fatti pubblicati provano che questi “schiavi” furono benedetti nei loro sforzi e ricompensati con l’aumento. Questo li incoraggiò ancora di più a proseguire.
GIOIA
57. (a) Perché l’uomo ricco della parabola fece un viaggio all’estero? (b) Quali domande sorgono dunque in quanto a Gesù Cristo nell’adempimento della parabola?
57 Comunque, storicamente viene ora in piena vista un altro fattore nell’argomento. Nella parabola di Gesù, l’uomo che possedeva gli otto talenti d’argento e i tre schiavi non fece un viaggio all’estero semplicemente per diletto come in una gita turistica. Egli ebbe una ragione seria per andare all’estero; desiderò assicurarsi qualche cosa di valore. Il motivo per cui andò all’estero, come mostra la parabola, fu per guadagnare una certa “gioia”, insieme a “molte cose”. Di conseguenza, dovette viaggiare per una lunga distanza, che richiese un lungo periodo di tempo, al fine di rivolgersi a colui che avrebbe potuto impartirgli quella particolare “gioia”. Questo è implicito nella parabola di Gesù, sebbene la parabola dei “talenti” non lo dica così esplicitamente. Poiché l’uomo ricco della parabola raffigura il Signore Gesù Cristo, che l’uomo facesse il viaggio all’estero per una lunga distanza raffigura che il Signore Gesù andò all’unica Fonte della speciale gioia che aveva in vista. Quindi, a chi andò? Chi era quella Fonte di gioia?
58, 59. (a) A chi andò il risuscitato Gesù Cristo per ottenere quella “gioia”? (b) Per quali altri è Egli la Fonte della gioia, come indica Romani 15:13?
58 Questo ci è indicato in Ebrei 12:2, che dice: “Guardiamo attentamente il principale Agente e Perfezionatore della nostra fede, Gesù. Per la gioia che gli fu posta dinanzi egli sopportò il palo di tortura, disprezzando la vergogna, e si è messo a sedere alla destra del trono di Dio”.
59 Ah, sì, Geova Dio è la Fonte di tale “gioia”. Fu a lui che il risuscitato Gesù Cristo se ne andò, lasciando i suoi fedeli discepoli qui sulla terra, avendo affidato loro i suoi “averi”, i suoi “talenti”. Il Padre celeste era la Fonte della speciale causa di “gioia” di Gesù. Geova Dio è la Fonte di gioia anche per i discepoli del suo diletto Figlio. Conformemente, uno di quei discepoli, scrivendo ai conservi cristiani di Roma, disse: “L’Iddio che dà speranza vi empia di ogni gioia e pace mediante il vostro credere, affinché abbondiate nella speranza col potere dello spirito santo”. (Romani 15:13) Dio fu in grado di esaudire quella giusta preghiera.
60. (a) A chi era opportuno dare la dovuta preminenza, ora che Gesù Cristo era tornato con la sua “gioia”? (b) Come Gli fu resa la preminenza che gli spettava in quanto al suo nome?
60 Nel dovuto succedersi degli avvenimenti sarebbe stato il tempo opportuno per dare a Dio, la celeste Fonte di gioia, la preminenza che gli spettava agli occhi degli “schiavi” del Signore Gesù Cristo in seguito al suo gioioso ritorno, ora che il messianico regno di Dio era nato nei cieli. Era venuto il tempo perché questa divina Fonte di gioia si facesse un nome, e questo richiedeva che si facesse prima conoscere il Suo nome personale. Questo Nome fu debitamente fatto conoscere. In modo degno, se ne fece regolare uso tra i suoi riverenti adoratori sulla terra e sull’intera terra è stato pubblicato come non lo era mai stato in nessun tempo precedente. Quando iniziò l’anno 1926, il primo numero de La Torre di Guardia presentò il suo principale articolo intitolato “Chi onorerà Geova?” Da allora in poi, il nome divino, che compare migliaia di volte nel testo originale ebraico della Sacra Bibbia, fu esaltato alla sua giusta altezza tra gli “schiavi” del Figlio di Dio. Essi cominciarono a essere principalmente Suoi testimoni, ma senza diminuire la loro testimonianza al suo Figlio Gesù Cristo. Amorevolmente agirono secondo il loro obbligo d’esser testimoni per l’Unico che ha nome Geova.
61. (a) Nel 1931, in una risoluzione i discepoli schiavi di Gesù Cristo si dichiararono contrari all’esser chiamati con quali nomi? (b) Con quale nome desiderarono esser chiamati da ora in poi?
61 Seguirono cinque anni e mezzo di tale testimonianza al Nome divino. Venne poi il tempo che gli “schiavi” cristiani si identificassero, per differenziarsi da tutti i professanti cristiani della religiosa cristianità. A tal fine, gli “schiavi” di Gesù Cristo, la domenica pomeriggio 26 luglio 1931, al congresso internazionale tenuto a Columbus, nell’Ohio, U.S.A., entrarono in azione. Alle ore 16,00, fu presentata e letta alle migliaia di congressisti una risoluzione, di cui citiamo qui con piacere i paragrafi quarto, quinto e sesto:
ORA PERCIÒ, affinché sia fatta conoscere la nostra vera posizione, e credendo che questo sia in armonia con la volontà di Dio, com’è espressa nella sua Parola, SI PRENDA la seguente RISOLUZIONE, cioè:
CHE proviamo grande amore per il fratello Charles T. Russell, a causa della sua opera, e che lietamente riconosciamo che il Signore lo impiegò e grandemente benedisse il suo lavoro, tuttavia in armonia con la Parola di Dio non possiamo consentire d’esser chiamati col nome “Russelliani”; che la Società Torre di Guardia di Bibbie e Trattati e l’associazione Internazionale degli Studenti Biblici e l’associazione del Pulpito dei Popoli sono semplicemente nomi di enti legali i quali possediamo, controlliamo e impieghiamo come un gruppo di persone cristiane, per compiere la nostra opera in ubbidienza ai comandamenti di Dio, tuttavia nessuno di questi nomi ci si applica o ci si addice correttamente come gruppo di cristiani che seguiamo le orme del nostro Signore e Maestro, Cristo Gesù; che siamo studenti della Bibbia, ma, come corpo di cristiani costituiti in associazione, ci rifiutiamo di assumere o accettare il nome “Studenti biblici” o nomi simili come mezzo di identificazione della nostra corretta posizione dinanzi al Signore; ci rifiutiamo di portare o accettare il nome di qualsiasi uomo;
CHE, essendo stati comprati col prezioso sangue di Gesù Cristo nostro Signore e Redentore, giustificati e generati da Geova Dio e chiamati al suo regno, dichiariamo senza esitazione la nostra intera lealtà e devozione a Geova Dio e al suo regno; che siamo servitori di Geova Dio da lui incaricati di fare un’opera in suo nome, e, in ubbidienza al suo comandamento, di dare la testimonianza di Gesù Cristo e di far conoscere al popolo che Geova è il vero e Onnipotente Dio; perciò abbracciamo e prendiamo con gioia il nome che la bocca del Signore Dio ha proferito, e desideriamo esser conosciuti e chiamati col nome, cioè testimoni di Geova. — Isa. 43:10-12; 62:2; Riv. 12:17.
62. Quale invito faceva l’ultimo paragrafo della risoluzione?
62 L’ottavo e ultimo paragrafo della Risoluzione diceva:
Umilmente invitiamo tutte le persone che sono interamente devote a Geova e al suo regno a unirsi nella proclamazione di questa buona notizia ad altri, affinché si elevi la giusta insegna del Signore, affinché i popoli del mondo conoscano dove trovare la verità e la speranza di sollievo; e, soprattutto, affinché sia rivendicato ed esaltato il grande e santo nome di Geova Dio.
63. (a) Da chi, nell’insieme, fu adottata questa risoluzione sul nuovo Nome? (b) Come in seguito si fece pubblicità alla risoluzione e in tal modo se ne diede notificazione al mondo?
63 Questa risoluzione fu adottata con entusiasmo non solo da quelli riuniti nel congresso di Columbus, in Ohio, ma, in seguito, anche dalle congregazioni degli “schiavi” di Gesù Cristo intorno a tutto il globo. Così abbracciarono volontariamente il nome “testimoni di Geova”. Questa Risoluzione sul nome fu anche pubblicata nell’opuscolo presentato al congresso e intitolato “Il Regno, la speranza del mondo”. Questo titolo fu anche il soggetto della conferenza pubblica che il presidente della Società, J. F. Rutherford, tenne sia all’uditorio visibile del congresso che all’uditorio invisibile in ascolto da mezzogiorno in poi per mezzo di una vasta rete radiofonica. In seguito questo opuscolo che conteneva sia la conferenza pubblica che la Risoluzione fu collocato direttamente da portatori personali nelle mani di religiosi ecclesiastici, cattolici e protestanti, e poi nelle mani di preminenti uomini politici e professionisti. Ci fu anche una più estesa divulgazione tra il popolo in genere. In questo modo si diede a tutto il mondo la notificazione che questi adoratori dell’Iddio Altissimo giustificati e generati dallo spirito avrebbero camminato nel nome del loro Dio e avrebbero riconosciuto solo il nome di testimoni di Geova. — Michea 4:5.
64. Perché essi riconoscono d’esser cristiani testimoni di Geova?
64 Poiché ci furono pure testimoni del solo vivente e vero Dio avanti la prima venuta del Signore Gesù Cristo, essi riconoscono d’esser cristiani testimoni di Geova. — Isaia 43:10-12; 44:8; Ebrei da 11:1 a 12:1. Si veda anche La Torre di Guardia (inglese) del 15 settembre 1931, pagine 278, 279.
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Resa dei conti per gli schiavi d’oggiIl millenario regno di Dio si è avvicinato
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Capitolo XIII
Resa dei conti per gli schiavi d’oggi
1, 2. (a) Che portasse il nome divino che cosa aggiunse al rimanente degli “schiavi” di Cristo, e chi ne era la fonte? (b) Come si fa riferimento a questa gioia nella parabola dei “talenti”?
IL NOME divino che portò dall’anno 1931 in poi aggiunse una nuova gioia al rimanente degli “schiavi” del Signore Gesù Cristo che era ancora sulla terra. La loro gioia venne dalla stessa Fonte dalla quale il loro Signore e Proprietario aveva ottenuto la propria, cioè da Geova Dio. Il Signore Gesù Cristo si riferì a questa sua gioia quando faceva i conti con i suoi schiavi in adempimento della parabola dei “talenti”. Lo notiamo in Matteo 25:20-23, dove si legge:
2 “E quello che aveva ricevuto cinque talenti si presentò e portò altri cinque talenti, dicendo: ‘Signore, mi affidasti cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque’. Il suo signore gli disse: ‘Ben fatto, schiavo buono e fedele! Sei stato fedele su poche cose. Io ti costituirò su molte cose. Entra nella gioia del tuo signore’. Si presentò poi quello che aveva ricevuto due talenti e disse: ‘Signore, mi affidasti due talenti; ecco, ho guadagnato altri due talenti’. Il suo signore gli disse: ‘Ben fatto, schiavo buono e fedele! Sei stato fedele su poche cose. Io ti costituisco su molte cose. Entra nella gioia del tuo signore’”.
3, 4. (a) I tre “schiavi” raffigurano individui, o che cosa? (b) Come, nell’adempimento della parabola, la resa dei conti per ciò che è raffigurato dagli “schiavi” mostra il corretto significato della parusia?
3 Questa resa dei conti per gli schiavi richiese di certo tempo e attenzione. Così raffigurerebbe un periodo di presenza o parusia da parte del Signore celeste, Gesù Cristo, quando la parabola si adempie nei suoi aspetti finali. (Matteo 24:3) Non dimentichiamo mai che i tre schiavi della parabola rappresentarono classi e che queste classi sono formate da individui. Ci vogliono più tempo e attenzione per trattare con una classe o gruppo che non con un singolo individuo. Nel caso di una classe o gruppo, si deve trattare con ciascun suo componente. In Romani 14:9, 10 l’apostolo Paolo scrisse:
4 “Poiché per questo fine Cristo morì e tornò in vita, affinché fosse Signore sia dei morti che dei vivi. . . . Poiché tutti compariremo davanti al tribunale di Dio”.
5. (a) Per chi giudica Gesù Cristo quando esegue il giudizio dei vivi e dei morti? (b) Quelli delle classi raffigurate dagli “schiavi” che morirono prima della parusia di Cristo che cosa dovettero fare riguardo alla loro ricompensa?
5 Nell’adempimento della parabola dei “talenti”, il Signore Gesù Cristo giudica per Geova Dio. Non tutti i suoi “schiavi” a cui furono affidati i “talenti” si trovano qui sulla terra in vita nella carne in questo ventesimo secolo. Per esempio, quelli del primo secolo ai giorni dei dodici apostoli, fino a Giovanni che ricevette la Rivelazione, morirono molto tempo fa, addormentandosi nella morte e aspettando la parusia del loro Signore e Proprietario celeste, allorché avrebbero ricevuto la ricompensa da lui quale giusto Giudice. Come l’apostolo Paolo, poco prima del suo martirio, scrisse a Timoteo suo compagno missionario: “Ho combattuto l’eccellente combattimento, ho corso la corsa sino alla fine, ho osservato la fede. Da ora in poi mi è riservata la corona della giustizia, che il Signore, il giusto giudice, mi darà come ricompensa in quel giorno, ma non solo a me, bensì anche a tutti quelli che hanno amato la sua manifestazione”. (2 Timoteo 4:7, 8) Sì, in realtà, l’apostolo Paolo attendeva “quel giorno”, il giorno della parusia del Signore, per la risurrezione dai morti e per ricevere il premio dell’immortale vita celeste. Tutti quelli che morirono prima della sua parusia dovettero aspettare.
6. Quando sono risuscitati quegli “schiavi” che dormono nella morte, e su chi questi hanno la precedenza in quanto alla risurrezione?
6 Durante la sua invisibile parusia in spirito, tutti quei fedeli schiavi che erano addormentati nella morte furon destati al tempo dell’inizio del giudizio per la vita celeste nel reame spirituale. Così la ricompensa degli “schiavi” viventi non precedette la ricompensa dei fedeli “schiavi” addormentati. Questa non è la nostra immaginazione; poiché l’apostolo Paolo scrive alla congregazione cristiana di Tessalonica e dice: “Se la nostra fede è che Gesù morì e sorse di nuovo, così anche quelli che si sono addormentati nella morte per mezzo di Gesù, Dio li condurrà con lui. Poiché questo vi diciamo per la parola di Geova, che noi viventi che sopravvivremo alla presenza del Signore non precederemo affatto quelli che si saranno addormentati nella morte; perché il Signore stesso scenderà dal cielo con una chiamata di comando, con voce di arcangelo e con tromba di Dio, e quelli che son morti unitamente a Cristo sorgeranno per primi. In seguito noi viventi che sopravvivremo, saremo rapiti insieme con loro nelle nubi per incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre col Signore”. — 1 Tessalonicesi 4:14-17.
7. Che specie di risurrezione ricevono quelli che dormono?
7 Ciò significa che durante la parusia del Signore, al tempo in cui deve iniziare il giudizio, avviene un’invisibile risurrezione dei fedeli “schiavi” addormentati per la vita celeste in spirito. Questo, naturalmente, non è visibile agli occhi carnali degli “schiavi” superstiti ancora sulla terra, proprio com’è invisibile anche alle persone mondane che non sono ‘schiave’ del Signore Gesù invisibilmente presente.
8, 9. (a) Mostra forse l’evidenza che l’incontro degli “schiavi” col Signore nell’aria significa l’ascesa di corpi fisici nell’atmosfera? (b) Come indica I Corinti 15:50-54, con che cosa questo ha relazione?
8 L’incontro degli “schiavi” risuscitati con il “Signore nell’aria” è pure invisibile a tutti gli occhi carnali sulla terra, così che sulla terra gli uomini non sanno che esso ha luogo se non per fede nella Parola di Dio e dalle indicazioni dei tempi. Quegli “schiavi” che erano addormentati nella morte furon tutti risuscitati insieme nello stesso tempo “per incontrare il Signore nell’aria”. Comunque, quegli “schiavi” che sopravvissero sulla terra fino all’inizio del tempo del giudizio o della resa dei conti non furono rapiti letteralmente con i loro visibili corpi fisici nell’atmosfera della terra per incontrare un visibile Signore nell’aria, poiché la storia moderna non narra nessun avvenimento del genere. Componenti di questo gruppo di “schiavi” sopravvissuti morirono di tanto in tanto nei più di cinquant’anni che ora son trascorsi, ma, conforme alla promessa della Bibbia, ebbero un’istantanea risurrezione alla vita in spirito nei cieli invisibili. Poiché la parusia del Signore era già cominciata, non avevano bisogno di dormire nella morte in attesa del suo arrivo. Si applicava loro ciò che Paolo disse:
9 “Carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio, né la corruzione eredita l’incorruzione. Ecco, vi dico un sacro segreto: Non tutti ci addormenteremo nella morte, ma tutti saremo mutati, in un momento, in un batter d’occhio, durante l’ultima tromba. Poiché la tromba suonerà, e i morti saranno destati incorruttibili, e noi saremo mutati. Poiché questo che è corruttibile deve rivestire l’incorruzione, e questo che è mortale deve rivestire l’immortalità. Ma quando questo che è corruttibile avrà rivestito l’incorruzione e questo che è mortale avrà rivestito l’immortalità, allora sarà adempiuta la parola che è scritta: ‘La morte è inghiottita per sempre’”. — 1 Corinti 15:50-54; Isaia 25:8.
10. In che modo sono “felici” quegli “schiavi” ai quali si fa riferimento in Rivelazione 14:13?
10 A quegli unti schiavi che sopravvissero sulla terra fino all’inizio della parusia o presenza del Signore e che morirono dopo di allora in fedele unione col Signore, si applica la promessa di Rivelazione 14:13: “Felici i morti che da ora in poi muoiono unitamente al Signore. Sì, dice lo spirito, si riposino dalle loro fatiche, poiché le cose che fecero vanno direttamente con loro”. Essi sono “felici” perché alla loro morte nella carne subiscono quel mutamento istantaneo dalla corruzione all’incorruzione, dalla mortalità all’immortalità, da umani a spiriti, così che, senza dormire affatto nella morte, smettono di compiere le loro fatiche terrestri e intraprendono direttamente l’opera celeste col loro Signore di cui son coeredi.
11. Chi fu questo R. J. Martin che è stato preso come esempio di quanto precede?
11 Prendete, per esempio, il caso di Robert J. Martin. Egli era uno di quegli otto consacrati uomini cristiani che, compreso il presidente della Società J. F. Rutherford, subirono circa nove mesi di ingiusta prigionia nel penitenziario federale di Atlanta, in Georgia, dal 5 luglio 1918 al 25 marzo 1919. Quando a Brooklyn, in New York, il mercoledì 26 marzo 1919, questo “schiavo” fu rilasciato dietro cauzione non aveva quasi nulla in quanto ai “talenti” del suo celeste Signore. La prima guerra mondiale con la sua persecuzione degli “schiavi” del Signore era ora trascorsa da oltre quattro mesi, e R. J. Martin doveva cominciare praticamente daccapo. Era ancora in fedele unione col Signore Gesù ed era lieto di accettare i “talenti” con cui ‘negoziare’ per il suo celeste Signore, allo scopo di ampliare il campo che sarebbe risultato fruttuoso generando discepoli del Signore Gesù Cristo. L’anno dopo il suo rilascio dalla prigione gli fu affidata la direzione dello stabilimento tipografico da poco istituito a Brooklyn per la Società Torre di Guardia di Bibbie e Trattati. Il 1º novembre 1926 fu costituito come uno dei direttori di questa Società, incarico che occupò sino alla sua fine terrena.
12. Quando morì Martin, e quale commento ne fece La Torre di Guardia?
12 Passarono dunque gli anni, e R. J. Martin negoziò fedelmente per accrescere i “talenti” affidatigli nel campo dell’attività di far discepoli. Morì nel suo incarico il 23 settembre 1932 all’età di cinquantaquattro anni. (Era nato il 30 marzo 1878) La sua morte “unitamente al Signore” fu annunciata nel numero de La Torre di Guardia e Araldo della presenza di Cristo del 1º ottobre 1932, a pagina 304, che in parte disse:
Era appena passata la mezzanotte, o il primo mattino del 23 settembre 1932, quando Robert J. Martin, soldato nell’organizzazione di Geova, piegò la sua tenda terrena e pacificamente se ne andò. Questo buono e fedele testimone ha finito il suo corso sulla terra. C’è ogni motivo per credere che egli è immediatamente passato nel regno e ora è per sempre col Signore nell’organizzazione capitale di Geova.
. . . La speranza dei fedeli camerati del fratello Martin è che essi pure vedano il Signore in tutta la sua gloria e in tutta la sua bellezza e in seguito partecipino sempre all’adempimento dei propositi di Geova. La devozione del fratello Martin alla causa di Geova è per quelli del rimanente un esempio perché continuino a perseverare nel combattimento. . . .
13. Quando morì Rutherford, compagno di prigionia di Martin, e storicamente che cosa segnò la sua morte?
13 Il suo compagno di prigionia, J. F. Rutherford, finì il suo corso terrestre il giovedì 8 gennaio 1942, all’età di settantadue anni, mentre era ancora presidente della Società Torre di Guardia di Bibbie e Trattati. Con l’intestazione “Un fedele Testimone”, la sua morte fu annunciata a pagina 45 del numero del 1º febbraio 1942 de La Torre di Guardia annunziante il regno di Geova. La storia di oltre trent’anni da allora mostra che la sua morte segnò nelle attività moderne dei cristiani testimoni di Geova la fine di un’epoca.
14. (a) Qual è la ragione scritturale per credere riguardo a questi due “schiavi” che ricevettero la ricompensa per aver negoziato con i “talenti” di Cristo? (b) Gli “schiavi” che ancora rimangono in vita sulla terra sono entrati in qualche “gioia”, e che dire della questione del regno?
14 Per certo la carriera degli “schiavi” cristiani, come i due summenzionati, indica che ‘negoziarono’ con i “talenti” affidati loro dal Signore accrescendo in tal modo il terrestre campo di attività per produrre altri discepoli di Cristo. Ci sono ragioni scritturali per credere che, quando comparvero dinanzi al tribunale del loro Signore Gesù Cristo, udirono le sue parole di lode: “Ben fatto, schiavo buono e fedele! Sei stato fedele su poche cose. Io ti costituirò su molte cose. Entra nella gioia del tuo signore”. (Matteo 25:21, 23) Ma ora, molti anni dopo, c’è ancora un piccolo rimanente di quei leali “schiavi” cristiani sulla terra che cercano amorevolmente di aumentare i “talenti” del loro Signore celeste. Attendono di finire, al tempo debito, la loro carriera terrena e di comparire dinanzi al celeste tribunale di Gesù Cristo e udire felicemente quelle stesse parole di lode. Ma sin da ora sulla terra, nella misura in cui aumentano i “talenti” del loro Proprietario celeste, sono già entrati in buona parte nella gioia del loro Signore. Comunque, non sono entrati in nessun regno, ma semplicemente attendono di partecipare in cielo al suo dominio millenario.
LO “SCHIAVO MALVAGIO E PIGRO”
15, 16. (a) Come lo schiavo con un solo talento non usò la sua “capacità”, con quale conseguenza? (b) Quale scusa addusse per la restituzione solo di ciò che aveva ricevuto?
15 Ora ci interessa sapere ciò che accadde allo schiavo della parabola di Gesù che ricevette un solo talento e riguardo al quale fu detto: “Ma quello che ne aveva ricevuto solo uno se ne andò, e scavato in terra nascose il denaro d’argento del suo signore”. (Matteo 25:15, 18) Non esercitandosi e non mostrando coraggio per ‘negoziare’ come fecero lo schiavo con i cinque talenti e lo schiavo con i due talenti, questo terzo schiavo non poteva attendersi di aumentare il talento d’argento del suo signore. Egli aveva la proporzionata “capacità” di servirsi di quell’unico talento d’argento e di farlo aumentare, ma non mostrò la sua capacità. Alla venuta e durante la presenza o parusia del suo signore non avrebbe avuto nessun aumento da mostrare alla resa dei conti. Quale scusa avrebbe dunque avuto per non aver presentato al suo signore nessun aumento? Nella parabola, Gesù ci dice:
16 “Infine si presentò quello che aveva ricevuto un solo talento, dicendo: ‘Signore, sapevo che sei un uomo esigente, che mieti dove non hai seminato e che raccogli dove non hai sparso. Perciò ebbi timore e andatomene nascosi il tuo talento nella terra. Ecco, hai ciò che è tuo’”. — Matteo 25:24, 25.
17. (a) Approvò questo schiavo il fatto che il suo signore fosse come l’agricoltore che egli descrisse? (b) Perché lo schiavo pensava che il suo signore non avesse nessun diritto di lamentarsi perché non riceveva nessun aumento?
17 Questo schiavo sapeva che si attendeva da lui l’aumento. Ma era stato privo di coraggio per rischiar di ‘negoziare’ con il talento d’argento del suo signore. Non aveva avuto amore verso il suo signore in modo da agire, nonostante i suoi timori, e correre il rischio e fare sforzi per espandere gli “averi” del suo signore. Aveva paragonato il suo signore a un agricoltore che non solo raccoglieva dalla sua terra le messi ma anche mieteva prodotti dalla terra che non possedeva e non aveva coltivata raccogliendo grano che non aveva sparso per liberarlo dalla pula. Lo schiavo non approvava che il signore ottenesse l’aumento in quel modo. Almeno accusò il suo signore di procurarsi l’aumento in tal modo. Così, conforme alla sua manifestata convinzione e attitudine, riconsegnò semplicemente il solo talento d’argento che il suo signore gli aveva affidato. Quindi, come egli pensava, giacché il suo signore non aveva subìto nessuna perdita, perché mai si sarebbe dovuto lamentare? Riceveva ciò che era suo. Lo schiavo non comprendeva che il denaro serve per farlo circolare e per usarlo in modo da trarne profitto.
18. Secondo quale modo di pensare il signore rispose allo schiavo, e perché chiamò lo schiavo in quel modo?
18 Il signore dello schiavo gli rispose secondo il suo proprio argomento, poiché leggiamo: “Rispondendo, il suo signore gli disse: ‘Schiavo malvagio e pigro, tu sapevi che io mietevo dove non avevo seminato e che raccoglievo dove non avevo sparso? E avresti dovuto dunque depositare il mio denaro d’argento presso i banchieri, e al mio arrivo [letteralmente: ed essendo venuto] avrei ricevuto ciò che è mio con l’interesse’”. — Matteo 25:26, 27.
19. Perché lo schiavo meritava d’esser chiamato “malvagio”, e come egli avrebbe potuto prendersela con comodo per soddisfare le richieste del suo signore?
19 Questo schiavo inutile era “malvagio”, dato che in maniera premeditata e volontaria non aveva recato aumento al suo signore. Non s’interessava di aumentare gli averi del suo signore. Non che non sapesse che il suo signore richiedeva l’aumento. In effetti lo sapeva, e avrebbe potuto prendersela con comodo depositando il talento d’argento a lui affidato presso i banchieri, affinché questi vi facessero investimenti e ottenessero guadagno pagando pertanto il dovuto interesse sul denaro depositato presso di loro. In questo modo, il signore dello schiavo alla sua venuta avrebbe ricevuto non solo il talento d’argento ma anche l’interesse pagato sul deposito del denaro presso i banchieri. Non solo egli non imitò lo schiavo con i cinque talenti e lo schiavo con i due talenti, ma non cooperò con loro. Sebbene restituisse l’originale talento d’argento che gli era stato affidato, in realtà causò al suo signore una perdita. Il fatto che di proposito causò tale perdita al suo signore lo rese “malvagio”.
20. In che modo questo schiavo fu “pigro”, e con quale risultato?
20 Lo schiavo inutile fu anche “pigro”. Fu indolente, non volendo ‘negoziare’ con prontezza, come avevano fatto i compagni di schiavitù. Aveva la capacità di lavorare in modo da trarne guadagno, altrimenti il suo signore non gli avrebbe affidato, almeno, un talento. Il fatto che gli fosse stato dato un talento lo rese il meno responsabile di tutt’e tre gli schiavi, ma questa minore quantità di denaro non fu superiore alla “sua capacità” di poterne aver cura. Tuttavia, invece di impiegare la sua capacità in senso profittevole, egli scavò una buca nel terreno e vi nascose il talento del suo signore rendendolo improduttivo. Fu così pigro che nemmeno l’idea che il suo signore fosse un “uomo esigente” lo spinse a lavorare col prezioso talento durante il lungo tempo che il suo signore fu assente. Lo schiavo ebbe un’abbondanza di tempo opportuno. Il fatto di non recare aumento risultò per lui disastroso.
21. Qual è la controparte dello schiavo nel culmine del moderno adempimento della parabola?
21 Questo “schiavo malvagio e pigro” ha una controparte moderna nell’adempimento della parabola al suo culmine nel nostro giorno. Come nel caso dei due compagni di schiavitù, lo schiavo inutile pure rappresenta una classe o gruppo di schiavi cristiani che in effetti sono al servizio o ai quali è stato affidato il servizio del Signore celeste, il Signore Gesù Cristo. Questa classe inutile comparve dopo che s’era cominciata la resa dei conti in quel primo anno del dopoguerra del 1919 E.V.
22. Quali altri pretesero d’essere al servizio del Signore celeste, ma come trascurarono i suoi “averi” dopo la fine della prima guerra mondiale?
22 Naturalmente, i componenti delle chiese settarie della cristianità professavano d’essere al servizio del celeste Signore Gesù Cristo. Quindi, coltivarono essi il campo che era estesamente aperto dinanzi a loro alla fine della prima guerra mondiale il giorno 11 novembre 1918, e generarono discepoli per il dominante Re Gesù Cristo, ora nella sua parusia? No; seguirono un corso di compromesso con i politicanti e i militaristi di questo mondo. Trascurarono gli “averi” del Regno del Re il cui dominio principesco deve avere un incremento senza fine. Rivolsero il loro interesse e la loro attenzione alla proposta Lega delle Nazioni, che il Consiglio Federale delle Chiese di Cristo d’America chiamò “l’espressione politica del Regno di Dio sulla terra”. (Isaia 9:6, 7) Cercarono di accrescere il numero dei sostenitori e degli adoratori di quell’organizzazione internazionale istituita dagli uomini per la pace e la sicurezza mondiale. Attualmente le sette e le denominazioni religiose della cristianità patrocinano la successiva organizzazione, le Nazioni Unite.
23. Che non abbiano coltivato il campo del mondo per il beneficio del messianico regno di Dio ha avuto quale risultato?
23 Alla resa dei conti in questo tempo d’esame da parte del ritornato Signore Gesù Cristo, quei professanti “schiavi” della cristianità non gli possono presentare nessun aumento dei suoi averi. Non hanno coltivato il campo del mondo per il beneficio del messianico regno di Dio, poiché gli hanno voltato le spalle lasciando il popolo nell’ignoranza dell’istituito messianico regno di Geova.
24. Come quelli descritti nel terzo paragrafo della risoluzione sul “nuovo Nome” corrispondono all’illustrazione dello ‘schiavo pigro’?
24 Comunque, anche fra quelli che sono in contatto con i fedeli “schiavi” del ritornato, dominante re Gesù Cristo è comparsa una classe di unti cristiani che corrisponde all’illustrazione dello “schiavo malvagio e pigro”. Evidentemente a questa classe si fa riferimento nel terzo paragrafo della Risoluzione intitolata: “Un nuovo Nome”, che fu adottata la domenica pomeriggio 26 luglio 1931 al congresso internazionale tenuto a Columbus, nell’Ohio, sotto gli auspici della Società Torre di Guardia di Bibbie e Trattati. Questo è il paragrafo che ora citiamo:
POICHÉ poco dopo la morte di Charles T. Russell sorse una divisione fra quelli con lui associati in tale opera, che diede luogo all’allontanamento di un certo numero d’essi dalla Società Torre di Guardia di Bibbie e Trattati, e da allora si son rifiutati di cooperare con detta Società e nella sua opera e non sono d’accordo con la verità com’è pubblicata dalla Società Torre di Guardia di Bibbie e Trattati ne La Torre di Guardia e in altre recenti pubblicazioni delle già summenzionate associazioni, e si sono opposti e ora in effetti si oppongono all’opera di detta Società che dichiara l’attuale messaggio del regno di Dio e il giorno di vendetta del nostro Dio contro ogni parte dell’organizzazione di Satana; e detti oppositori hanno formato diverse e numerose compagnie e hanno preso e ora portano cioè nomi come “Studenti Biblici”, “Studenti Biblici Associati”, “Russelliani insegnanti della verità esposta dal pastore Russell”, “Quelli che si tengono saldi”, e nomi simili, che tendono tutti a causare confusione e incomprensione . . .
25. Di conseguenza, i summenzionati non hanno preso parte a quali attività e imprese di quelli che portano il “nuovo nome”?
25 In effetti, quelli sopra menzionati che non volevano cooperare e perfino facevano opposizione non abbracciarono quel “nuovo nome”, testimoni di Geova, e non divennero noti come cristiani testimoni di Geova. Non hanno condiviso né le terribili sofferenze che quelli che portano il “nuovo nome” han subite da allora in poi né hanno partecipato all’opera di annunciare in ogni parte della terra l’istituito regno di Geova nelle mani del suo Messia. Per queste ragioni non hanno preso parte alla meravigliosa espansione del campo da coltivare per generare discepoli di Cristo, fino a includere attualmente 208 paesi e isole o gruppi isolani, e a richiedere la divulgazione del messaggio del Regno in più di 160 lingue. Nonostante la vile persecuzione in vari paesi, questa coltivazione del campo (che è il mondo del genere umano) per generare altri discepoli di Cristo avanza verso il suo culmine! Presentemente si compie sotto la sorveglianza di novantacinque organizzazioni filiali della Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania (Società Torre di Guardia di Bibbie e Trattati di Pennsylvania).
26. Quali prove ci sono che il rimanente degli unti “schiavi” ha avuto la benedizione del Cielo nell’uso dei “talenti” del Signore coltivando il campo del mondo?
26 È dunque evidente che questo aumento degli “averi” del Re messianico, dei suoi “talenti”, ha l’approvazione e la benedizione dell’Iddio Altissimo Geova e del suo Figlio Gesù Cristo. Gli unti “schiavi” impegnati nell’uso dei “talenti” del Re ritengono che ciò sia una gioiosa responsabilità, e cercano di rendersi idonei come “schiavo buono e fedele” dal punto di vista del loro Signore celeste. Non vogliono avere in loro compagnia nessuno della classe dello “schiavo malvagio e pigro”. Piuttosto, cercano d’aiutare tutti quelli che soddisfano i requisiti scritturali ad associarsi con loro, a divenire produttivi ministri della Parola di Dio. A prova della benedizione divina sui loro amorevoli sforzi, durante lo scorso anno di servizio del 1972 ci furono 163.123 ammaestrati che furono battezzati in acqua come discepoli del Signore Gesù Cristo. Nei passati cinque anni di servizio, 1968-1972, ce ne furono più di mezzo milione, in effetti 680.871, che si battezzarono così in paesi di tutto il mondo. Quindi il rimanente degli unti “schiavi” che aumentano gli “averi” del Signore non crede che egli raccolga indebitamente dove, quando fu personalmente sulla terra, non aveva seminato.
TOLTO IL “TALENTO” CHE NON ERA STATO USATO
27. Quale decisione prese il signore riguardo allo schiavo inutile?
27 Nella parabola, quale decisione prende il signore riguardo allo schiavo che non gli presentò ciò che apparteneva a questo signore insieme all’“interesse”? “Perciò”, dice l’indignato signore riguardo allo “schiavo malvagio e pigro” che si mostrò inutile, “toglietegli il talento e datelo a colui che ha i dieci talenti. Poiché a chiunque ha, sarà dato dell’altro e avrà abbondanza; ma quanto a colui che non ha, gli sarà tolto anche ciò che ha. E gettate lo schiavo buono a nulla nelle tenebre di fuori. Quivi saranno il suo pianto e lo stridor dei suoi denti”. — Matteo 25:28-30.
28. Quali ricompense concesse agli schiavi utili furono negate a questo schiavo, e che cosa significò per lui l’esser gettato nelle tenebre di fuori?
28 Questo schiavo non è invitato a entrare nella gioia dei suo signore. Non è costituito governante su molte cose per essere stato trovato fedele su poche cose. Non è chiamato “schiavo buono e fedele”, ma se ne parla come dello “schiavo buono a nulla”. Non è ritenuto come uno schiavo al servizio e nella casa del signore, ma è gettato fuori della casa “nelle tenebre di fuori”. È evidente che il signore, ritornato, fece i conti con i suoi schiavi di notte, e così ci sarebbero state “tenebre di fuori” in cui poter gettare lo schiavo. Invece di trovare lì fuori la gioia del suo signore, egli avrebbe pianto e digrignato i denti a causa delle condizioni nelle quali sarebbe stato gettato.
29. Perché questo dà una solenne lezione ai fedeli unti “schiavi” attuali nella situazione mondiale che si va facendo tenebrosa?
29 Questo dà una solenne lezione al rimanente degli odierni unti “schiavi”. Devono continuare a operare per l’aumento degli “averi” del loro Signore celeste. Altrimenti, quell’insieme di valori che è stato loro affidato dal loro Signore sarà loro tolto. E poi saranno gettati nelle “tenebre di fuori”, per unirsi lì alla classe dello “schiavo malvagio e pigro”. Dalla fine dei Tempi dei Gentili nell’anno 1914 per il mondo del genere umano fuori della casa illuminata del celeste Signore Gesù Cristo vi è stata la notte, e anche la cristianità è stata avvolta da tali tenebre notturne. Ma quelle tenebre diverranno intensamente più fitte quando sarà arrivato il tempo in cui all’improvviso secondo il programma di Dio scoppierà su questa generazione del genere umano la “grande tribolazione”. (Matteo 24:21, 22; Luca 21:34-36) In quelle mortali tenebre sarà gettata la classe dello “schiavo malvagio e pigro”, per piangervi e digrignarvi i denti con gli ipocriti religiosi finché periranno.
30. Come il “talento” è tolto alla classe dello ‘schiavo pigro’, e a chi è dato, e perché?
30 In questo tempo della parusia del Signore, quando fa i conti con i suoi “schiavi”, sia individualmente con quelli che muoiono che con le rispettive classi degli schiavi ancora sulla terra, una cosa è già evidente. La classe dello “schiavo malvagio e pigro” non negozia con il suo “talento” recandogli l’interesse ricavato dal suo “denaro”. Conformemente, egli sta già togliendo quel “talento” a questa classe infedele che sopravvive finora come classe. Non fa avere loro nessun incarico in quanto a territorio da coltivare e da rendere produttivo di altri discepoli di Cristo. Essi non sono più trattati come Suoi schiavi; non ne riconosce e non ne accetta le attività religiose. Non li fa partecipare alla rallegrante luce della sua casa. Il “talento” viene loro tolto, e il campo dei potenziali discepoli loro assegnato viene dato alla classe dello “schiavo buono e fedele” che ha aumentato o sta aumentando gli “averi” del Re fino a “dieci talenti”, esercitando la massima capacità nel campo di far discepoli. — Matteo 28:19, 20; Salmo 2:8.
31. (a) Quale norma d’azione da parte del Signore così si esemplifica? (b) La classe dello ‘schiavo pigro’ che cosa non ebbe in più, oltre alla “capacità”, e quindi che cosa gli fu fatto?
31 Così si esemplifica oggi il principio o la norma divina di agire secondo cui “a chiunque ha, sarà dato dell’altro e avrà abbondanza; ma quanto a colui che non ha, gli sarà tolto anche ciò che ha”. (Matteo 25:29) Nella parabola, lo “schiavo malvagio e pigro” ebbe il “talento”, ma non ebbe ciò che il possesso di questo “talento” doveva stimolare e rendere manifesto. Questo qualche cosa in più doveva essere il leale zelo per il suo signore, l’apprezzamento del deposito che gli era stato affidato, la convinzione che il suo signore meritava di avere l’aumento del “talento” che offriva la possibilità di lavorare, la possibilità di guadagnare. La sua mancanza di presentare un aumento quando ci fu la resa dei conti attestò eloquentemente, oltre alle sue proprie scuse, che non aveva quel qualche cosa in più da parte sua. Perciò, il “talento” gli fu tolto come “schiavo buono a nulla”. Aveva deluso la fiducia in lui riposta dal suo signore. Fu licenziato dal servizio del suo signore e cacciato dalla sua casa.
32. Che cos’è il qualche cosa in più che non ha la classe dello ‘schiavo pigro’ dal 1919, e così che cosa è loro tolto?
32 Lo stesso principio si applica alla moderna classe dello “schiavo malvagio e pigro”. A quelli di questa classe fu affidato ciò che corrisponde a “un solo talento”. Questo venne dal loro Signore celeste, specialmente dal primo anno del dopoguerra del 1919. Ma dovevano avere qualche cosa di loro proprio, che avrebbe completato o sarebbe stato di appropriato ausilio per quel “talento”. Questa cosa complementare che il possesso del “talento” avrebbe dovuto suscitare in loro era lo zelo e la devozione verso il messianico regno di Geova, la convinzione che il loro Signore celeste era degno di ricevere l’aumento nel campo di far discepoli, motivo coraggioso e amorevole per partecipare il più possibile alla proclamazione dell’istituito messianico regno di Dio e all’opera di far discepoli delle persone di tutte le nazioni, non semplicemente della nazione giudaica a cui Gesù Cristo limitò sulla terra il suo ministero pubblico e privato. Poiché non hanno ciò che essi stessi dovrebbero impiegare nell’uso del “talento” del Signore, questo “talento” è loro tolto, come indicano i fatti attuali.
33. (a) A spese di chi, dunque, quelli della classe dello “schiavo buono e fedele” ricevono un’“abbondanza”? (b) Quale gioia provano, e quale dominio attendono?
33 D’altra parte, le classi dello “schiavo buono e fedele” hanno in effetti ciò che dovrebbe completare i “talenti” loro affidati dal loro Signore celeste. In armonia col quadro della parabola, a loro viene dato di più, a spese della classe dello “schiavo malvagio e pigro”, e sono loro accresciuti opportunità e privilegi essendo “schiavi” responsabili, fidati, utili. In conseguenza di ciò, hanno invero un’“abbondanza” nell’accresciuto campo di far discepoli. Mentre rallegrano il cuore del loro Signore, la loro propria gioia trabocca e pregustano la gioia che il loro Signore prova nel suo regno ora istituito. Questa gioia li rafforza per proseguire nel suo servizio sino alla fine della loro carriera terrena. E quando ciò accade, si attendono di entrare mediante la risurrezione dai morti nella pienezza della sua gioia e d’essere resi governanti su molte cose nel suo regno millenario. Quindi conosceranno pienamente la felicità di quegli “schiavi” che prendono parte alla “prima risurrezione”. — Rivelazione 20:6.
34. L’osservabile adempimento di queste parti culminanti della parabola di Gesù cosa prova che è in corso, e perché?
34 Nella summenzionata maniera la parte culminante della parabola dei “talenti” si è adempiuta dall’anno 1919 E.V. Questo è stato osservato da persone e nazioni di tutta la terra abitata. Specialmente se ne rende conto la classe dello “schiavo buono e fedele”. Tutto prova che la parusia o invisibile presenza del re Gesù Cristo è stata in corso dalla fine dei Tempi dei Gentili nel 1914. Perciò è una parte del grande “segno” della “presenza” di Cristo e del “termine del sistema di cose”, essendo questa parabola dei “talenti” parte della sua particolareggiata profezia inerente a tale “segno”. — Matteo 24:3.
35. Perché desideriamo proseguire nell’ulteriore considerazione della profezia di Cristo, e al fine di provare quale fatto?
35 Tuttavia nel “segno” dell’invisibile presenza in spirito di Cristo c’è più di quanto non dicano le parabole delle “dieci vergini” e dei “talenti” che abbiamo già considerate. Un’altra parabola costituisce una parte importante della sua profezia sul “segno”, e il suo adempimento nel nostro sorprendente tempo accresce la prova che la presenza, la parusia, del Signore Gesù Cristo continua in vista di altre cose meravigliose. Considereremo ulteriormente la grande profezia del nostro Signore?
[Immagine a pagina 246]
R. J. Martin
[Immagine a pagina 247]
J. F. Rutherford
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