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  • L’inferno è ardente?
    È questa vita tutto quello che c’è?
    • Capitolo XI

      L’inferno è ardente?

      NON è un fatto che molte traduzioni della Bibbia si riferiscono a un luogo chiamato “inferno”? Sì, molte traduzioni delle Sacre Scritture usano questa espressione. Ma la domanda è se le cose che il clero ha insegnate sul luogo chiamato “inferno” sono venute dalla Sacra Bibbia o da qualche altra fonte.

      Sapevate che non solo agli aderenti delle chiese della cristianità, ma anche a molti non cristiani, è stato insegnato di credere in un inferno di tormento? È istruttivo leggere da varie fonti ciò che si dice dei tormenti di quelli che sono relegati nell’inferno.

      Un “libro sacro” non cristiano del settimo secolo E.V. dice quanto segue:

      “Inferno! — vi bruceranno dentro, — un letto di empietà (davvero, da giacervi sopra)! — Sì, così! — Quindi lo proveranno, — un fluido bollente, e un fluido oscuro, buio, intensamente freddo! . . . (Saranno) nel mezzo di una terribile Esplosione di Fuoco e nell’Acqua Bollente, e nelle ombre del Fumo Nero: (Non ci sarà) Nulla per rinfrescare, né per piacere”.

      Il buddismo, che iniziò verso il sesto secolo a.E.V., fa questa descrizione di uno degli “inferni” che insegna:

      “Qui non c’è nessun intervallo di cessazione delle fiamme o della pena degli esseri”.

      Un Catechism of Christian Doctrine cattolico romano (edito nel 1949) dichiara:

      “Sono privati della visione di Dio e soffrono spaventevoli tormenti, specie quello del fuoco, per tutta l’eternità. . . . La privazione della visione beatifica si chiama pena del danno; il tormento inflitto con il mezzo creato all’anima, e al corpo dopo la sua risurrezione, si chiama pena del senso”.

      Inoltre in alcuni luoghi c’è fra il clero protestante chi dipinge vive figure verbali degli orrori dell’inferno. Anche gli aderenti alla loro chiesa asseriscono a volte d’aver avuto visione dei suoi tormenti. Un uomo descrisse ciò aveva visto come segue: ‘Fin dove i miei occhi potevano arrivare si vedevano solo fuoco ardente ed esseri umani. Quali pene e sofferenze! Alcuni strillavano altri gemevano e imploravano acqua, acqua! Alcuni si strappavano i capelli, altri digrignavano i denti; altri ancora si battevano le braccia e le mani’.

      Spesso si asserisce che le minacciate pene dell’inferno siano una vigorosa forza per spingere le persone a fare ciò che è giusto. Ma lo confermano i fatti della storia? Non sono state alcune delle più grandi crudeltà perpetrate dai credenti nella dottrina dell’inferno di fuoco? Non ne sono esempi le orribili inquisizioni e le sanguinose crociate della cristianità?

      Quindi non dovrebbe essere una sorpresa che sempre più persone realmente non credono più nell’esistenza di un inferno di tormento né ne considerano le punizioni un deterrente contro le trasgressioni. Pur non avendo realmente smentito questo insegnamento, solo non sono inclini a credere ciò che non risulta loro ragionevole e veritiero. Tuttavia possono essere aderenti a una chiesa che insegna questa dottrina e, sostenendola, condividono la responsabilità di propagare l’insegnamento dell’inferno di fuoco.

      Ma esattamente che cosa dice la Bibbia del tormento dopo la morte? Se avete letto i precedenti capitoli di questo libro sapete che molte comuni credenze intorno ai morti sono false. Sapete che, secondo la Bibbia, nessun’anima o spirito si separa alla morte dal corpo e continua un’esistenza cosciente. Quindi, la dottrina del tormento eterno dopo la morte non ha nessun fondamento scritturale, poiché non sopravvive nulla che si possa assoggettare al tormento letterale. Che cos’è, dunque, il luogo a cui varie traduzioni della Bibbia si riferiscono come all’“inferno”?

      IDENTIFICATO LO “SCEOL”

      Nella versione cattolica di mons. Martini, la prima menzione dell’“inferno” si trova in Genesi 37:35, che riporta le parole dette dal patriarca Giacobbe riguardo a Giuseppe, che egli credeva morto: “Scenderò piangendo a trovare il mio figliuolo nell’inferno”. È chiaro che Giacobbe non esprimeva l’idea di unirsi a suo figlio in un luogo di tormento. Neanche la nota in calce su questo versetto della Versione di mons. Martini (edita dalla Casa Editrice Sonzogno di Milano nel 1936) fa una tale interpretazione della scrittura. Essa dice:

      “35. Scenderò piangendo, ecc. Vale a dire, . . . nell’inferno, cioè nel luogo dove le anime de’ giusti si stavano aspettando il Salvatore, . . . e da’ Teologi più ordinariamente il nome di limbo”.

      Comunque, in nessun luogo la Bibbia stessa si riferisce a tale posto come al “limbo”. Ne sostiene l’idea di uno speciale luogo di attesa per l’anima come qualche cosa di distintamente separato dal corpo. Come riconosce il glossario di una moderna traduzione cattolica, The New American Bible (edita da P. J. Kenedy & Sons, New York, 1970): “Non c’è nessuna opposizione o contrasto fra anima e corpo; sono semplicemente modi di descrivere l’unica, concreta realtà”.

      Che cos’è, dunque, l’“inferno” in cui Giacobbe pensò di unirsi a suo figlio? La corretta risposta a questa domanda sta nell’afferrare il senso giusto della parola per “inferno” nella lingua originale, cioè sheʹohlʹ, che viene traslitterata “Sceol”. Nella Traduzione del Nuovo Mondo nei trentanove libri delle Scritture Ebraiche, comunemente chiamati “Vecchio Testamento”, questo termine, tradotto anche “sepolcro”, “fossa”, “soggiorno dei morti” e “inferi”, compare sessantasei voltea, ma non è mai messo in relazione con la vita, l’attività o il tormento. Al contrario, spesso è connesso alla morte e all’inattività. Alcuni esempi sono:

      “Poiché nella morte non c’è menzione di te [Geova]; nello Sceol [sepolcro, Versione di Diodati; inferno, Versione di mons. Martini] chi ti loderà?” — Salmo 6:5.

      “Tutto ciò che la tua mano trova da fare, fallo con la tua medesima potenza, poiché non c’è lavoro né disegno né conoscenza né sapienza nello Sceol [sepolcro, Versione di mons. Martini; inferno, Douay Version], il luogo al quale vai”. — Ecclesiaste 9:10.

      Poiché non è lo Sceol [sepolcro, Authorized Version; inferno, Douay Version] che ti può celebrare [o Geova]; la morte stessa non ti può lodare. Quelli che scendono nella fossa non possono guardare con speranza alla tua verità. Il vivente, il vivente, egli è colui che ti può celebrare, proprio come io lo posso in questo giorno”. — Isaia 38:18, 19.

      Quindi, lo Sceol è ovviamente il luogo dove vanno i morti. Non è un sepolcro individuale ma è la comune tomba degli uomini morti in genere, dove cessa ogni attività cosciente. Questo è anche ciò che la New Catholic Encyclopedia riconosce che è il significato di Sceol, dicendo:

      “Nella Bibbia esso designa il luogo di completa inerzia dove uno scende quando muore, sia giusto o malvagio, ricco o povero”. — Vol. 13, pag. 170.

      Che non esistesse nessun luogo di tormento infuocato durante l’intero periodo delle Scritture Ebraiche è pure confermato dal fatto che il tormento non è mai posto come pena della disubbidienza. La scelta che fu messa dinanzi alla nazione d’Israele non fu la vita o il tormento, ma la vita o la morte. Mosè disse alla nazione: “Ti ho messo dinanzi la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; e tu devi scegliere la vita per mantenerti in vita, tu e la tua progenie, amando Geova tuo Dio, ascoltando la sua voce e tenendoti stretto a lui”. — Deuteronomio 30:19, 20.

      In modo simile, i successivi appelli che Dio rivolse agli infedeli Israeliti affinché si pentissero servirono a incoraggiarli a evitar di subire non il tormento, ma una morte prematura. Per mezzo del suo profeta Ezechiele, Geova dichiarò: “Io prendo diletto non nella morte del malvagio, ma in quanto qualcuno malvagio si volge dalla sua via ed effettivamente continua a vivere. Volgetevi, volgetevi dalle vostre cattive vie, poiché per quale ragione dovreste morire, o casa d’Israele?” — Ezechiele 33:11.

      L’ADES E LO SCEOL SONO LA STESSA COSA

      Tuttavia qualcuno potrebbe chiedere: La venuta di Gesù Cristo su questa terra non recò un cambiamento? No, Dio non cambia la sua personalità o le sue giuste norme. Mediante il suo profeta Malachia, egli dichiarò: “Io sono Geova; non sono cambiato”. (Malachia 3:6) Geova non ha cambiato la pena per la disubbidienza. Egli è paziente con le persone così che possano sfuggire non al tormento, ma alla distruzione. Come l’apostolo Pietro scrisse ai conservi credenti: “Geova non è lento riguardo alla sua promessa, come alcuni considerano la lentezza, ma è paziente verso di voi perché non desidera che alcuno sia distrutto ma desidera che tutti pervengano al pentimento”. — 2 Pietro 3:9.

      Conforme al fatto che la pena della disubbidienza ha continuato ad essere la morte, il luogo in cui le Scritture Greche Cristiane (comunemente chiamate “Nuovo Testamento”) descrivono che vanno i morti non differisce dallo Sceol delle Scritture Ebraiche. (Romani 6:23) Questo si comprende dal paragone delle Scritture Ebraiche con le Scritture Greche Cristiane. Nei dieci casi che ricorre, la parola greca haiʹdes, che si traslittera “Ades”, rende basilarmente lo stesso significato della parola ebraica sheʹohlʹ. (Matteo 11:23; 16:18; Luca 10:15; 16:23;b Atti 2:27, 31; Rivelazione 1:18; 6:8; 20:13, 14 [Se la traduzione che usate non dice in tutte queste scritture “inferno” o “Ades”, noterete ciò nondimeno che i termini usati in loro vece non danno nessuna idea di un luogo di tormento]). Esaminate l’esempio che segue:

      In Salmo 16:10 (15:10, Vulgata) leggiamo: “Poiché [tu, Geova,] non lascerai la mia anima nello Sceol [inferno]. Non permetterai al tuo leale di vedere la fossa”. In un discorso tenuto dall’apostolo Pietro, si mostrò che questo salmo aveva un’applicazione profetica. Pietro disse: “Perché [Davide] era profeta e sapeva che Dio gli aveva promesso con giuramento che avrebbe posto uno del frutto dei suoi lombi sul suo trono, vide in anticipo e parlò della risurrezione del Cristo, che non fu abbandonato nell’Ades [inferno] e che la sua carne non vide la corruzione”. (Atti 2:30, 31) Notate che la parola greca haiʹdes fu usata per la parola ebraica sheʹohlʹ. Così si vede che Sceol e Ades sono termini corrispondenti.

      Il glossario della Società Biblica Francese Nouvelle Version, all’espressione “Dimora dei morti”, osserva:

      “Questa espressione traduce la parola greca Hades, che corrisponde all’ebraico Sheol. È il posto dove si trovano i morti fra [il tempo de] il loro decesso e la loro risurrezione (Luca 16:23; Atti 2:27, 31; Riv. 20:13, 14). Certe traduzioni hanno erratamente reso questa parola come inferno”.

      FONTE DELL’INSEGNAMENTO DELL’INFERNO DI FUOCO

      È chiaro che i riferimenti allo Sceol e all’Ades che sono nelle Scritture non sostengono la dottrina di un inferno di fuoco. Ammesso che non è cristiano e perfino contraddice lo spirito del cristianesimo, il periodico cattolico Commonweal (15 gennaio 1971) nota:

      “Per molti, compresi alcuni filosofi, l’inferno risponde a un bisogno dell’immaginazione umana, a una sorta di Babbo Natale alla rovescia. . . . Chi fra i giusti non desidera vedere gli ingiusti esser puniti con qualche equità? E se non in questa vita, perché non in quella prossima? Tale veduta, comunque, non è compatibile con il Nuovo Testamento, che invita l’uomo alla vita e all’amore”.

      Quindi questa rivista prosegue, mostrando le probabili fonti di questa dottrina e dicendo:

      “Un altro elemento che potrebbe aver contribuito al tradizionale concetto cristiano dell’inferno si può trovare nel mondo romano. Proprio come l’intrinseca immortalità fu la premessa di una maggior parte della filosofia greca, fra i Romani una virtù primaria fu la giustizia, in particolar modo quando cominciò a prosperare il cristianesimo. . . . Il connubio fra queste due menti, la greca filosofica e la romana giudiziaria, poté ben generare la teologica simmetria del cielo e dell’inferno: se l’anima buona è ricompensata, allora l’anima cattiva è punita. Per confermare la loro credenza nella giustizia per l’ingiusto, i Romani dovevano solo prendere l’Eneide di Virgilio e leggere dei benedetti nell’Elisio e dei dannati nel Tartaro, che era circondato dal fuoco e traboccava del panico della punizione”.

      Si riconosce così che l’insegnamento circa un inferno di fuoco è una credenza condivisa da persone alienate da Dio. Può giustamente esser designato come un ‘insegnamento di demoni’. (1 Timoteo 4:1) Questo avviene perché ha la sua fonte nella falsità che l’uomo non muoia realmente, e rispecchia la disposizione morbosa, maligna e crudele dei demoni. (Si paragoni Marco 5:2-13). Non ha questa dottrina inutilmente riempito le persone di terrore e orrore? Non ha rappresentato Dio in maniera molto errata? Nella sua Parola, Geova rivela d’essere un Dio di amore. (1 Giovanni 4:8) Ma l’insegnamento di un inferno di fuoco lo calunnia, accusandolo falsamente delle peggiori crudeltà immaginabili.

      Quelli che insegnano la dottrina dell’inferno di fuoco dicono perciò contro Dio cose blasfeme. Mentre alcuni ecclesiastici possono non conoscere bene le prove bibliche, essi dovrebbero averne buona conoscenza. Si rappresentano come se proferissero il messaggio di Dio e perciò hanno l’obbligo di sapere ciò che la Bibbia dice. Per certo conoscono assai bene che ciò che fanno e ciò che dicono può influire profondamente sulla vita di quelli che si rivolgono a loro per istruzione. Questo dovrebbe indurli ad accertarsi attentamente del loro insegnamento. Qualsiasi rappresentazione errata di Dio può allontanare le persone dalla vera adorazione, a loro danno.

      Non può esserci alcun dubbio che Geova Dio non guarda con approvazione gli insegnanti falsi. Ai capi religiosi infedeli dell’antico Israele, egli pronunciò il seguente giudizio: “Io, da parte mia, vi farò certamente essere disprezzati e bassi a tutto il popolo, secondo che non osservate le mie vie”. (Malachia 2:9) Possiamo esser certi che un simile giudizio verrà sugli insegnanti religiosi falsi del nostro tempo. La Bibbia indica che presto saranno spogliati del loro ufficio e della loro influenza per opera degli elementi politici del mondo. (Rivelazione 17:15-18) In quanto a quelli che continuano a sostenere i sistemi religiosi che insegnano menzogne, non se la passeranno meglio. Gesù Cristo disse: “Se . . . un cieco guida un cieco, entrambi cadranno in una fossa”. — Matteo 15:14.

      Poiché le cose stanno così, vorreste continuare a sostenere qualche sistema religioso che insegna un inferno di fuoco? Come vi sentireste se vostro padre fosse stato criminosamente calunniato? Continuereste ad accettare i calunniatori come vostri amici? Non stronchereste piuttosto ogni associazione con loro? In modo simile, non dovremmo noi voler interrompere ogni associazione con quelli che hanno calunniato il nostro Padre celeste?

      Il timore del tormento non è il motivo giusto per servire Dio. Egli desidera che la nostra adorazione sia motivata dall’amore. Questo dovrebbe far presa sul nostro cuore. La nostra comprensione che i morti non sono in un luogo pieno di urla d’angoscia in fuochi fiammeggianti, ma, piuttosto, sono inconsci nella silenziosa e inanimata comune tomba del morto genere umano può rimuovere una barriera e farci esprimere a Dio tale amore.

      [Note in calce]

      a Genesi 37:35; 42:38; 44:29, 31; Numeri 16:30, 33; Deuteronomio 32:22; 1 Samuele 2:6; 2 Samuele 22:6; 1 Re 2:6, 9; Giobbe 7:9; 11:8; 14:13; 17:13, 16; 21:13; 24:19; 26:6; Salmi 6:5; 9:17; 16:10; 18:5; 30:3; 31:17; 49:14, 15; 55:15; 86:13; 88:3; 89:48; 116:3; 139:8; 141:7; Proverbi 1:12; 5:5; 7:27; 9:18; 15:11, 24; 23:14; 27:20; 30:16; Ecclesiaste 9:10; Cantico di Salomone 8:6; Isaia 5:14; 7:11; 14:9, 11, 15; 28:15, 18; 38:10, 18; 57:9; Ezechiele 31:15-17; 32:21, 27; Osea 13:14; Amos 9:2; Giona 2:2; Abacuc 2:5.

      b Luca 16:23 è particolareggiatamente considerato nel prossimo capitolo.

      [Immagine a pagina 90]

      Scene da illustrazioni dell’inferno buddista

      [Immagine a pagina 91]

      Scene dall’“Inferno” del cattolico Dante

  • Un ricco nell’Ades
    È questa vita tutto quello che c’è?
    • Capitolo XII

      Un ricco nell’Ades

      POICHÉ l’Ades è solamente la comune tomba del morto genere umano, perché la Bibbia parla di un ricco come se subisse tormenti nel fuoco dell’Ades? Mostra questo che l’Ades, o almeno una parte d’esso, è un luogo di infuocato tormento?

      Gli insegnanti dell’inferno di fuoco additano sollecitamente questo racconto come una determinata prova che ci sia davvero un inferno di tormenti che attende i malvagi. Ma, ciò facendo, non tengono conto di quelle chiare e ripetute dichiarazioni bibliche come: “L’anima che pecca, essa stessa morrà”. (Ezechiele 18:4, 20) E: “In quanto ai morti, non sono consci di nulla”. (Ecclesiaste 9:5) È chiaro che queste dichiarazioni non sostengono l’idea del tormento per le “anime perdute” in un inferno di fuoco.

      L’insegnamento della Bibbia sulla condizione dei morti lascia perciò molti ecclesiastici della cristianità in una posizione imbarazzante. Lo stesso libro su cui asseriscono di basare i loro insegnamenti, la Bibbia, è in contrasto con le loro dottrine. Tuttavia, in maniera cosciente o subcosciente, essi si sentono indotti a cercare nella Bibbia qualche cosa da prendere per provare il loro argomento, accecando così se stessi e altri alla verità. Spesso questo viene fatto con premeditazione.

      D’altra parte, i sinceri cercatori della verità vogliono sapere ciò che è giusto. Comprendono che, se rifiutassero parti della Parola di Dio mentre asserirebbero di basare le loro credenze su altre, ingannerebbero solo se stessi. Vogliono sapere ciò che la Bibbia in realtà dice della condizione dei morti. E, per completare il quadro, vogliono conoscere il significato di ciò che si dice del ricco che subì il tormento nell’Ades, e come questo è d’accordo con il resto della Bibbia.

      Fu Gesù Cristo a parlare di un certo ricco e anche di un mendicante chiamato Lazzaro. Le sue parole si trovano in Luca 16:19-31 e dicono:

      “Un uomo era ricco, e si adornava di porpora e lino, rallegrandosi di giorno in giorno con magnificenza. Ma un mendicante di nome Lazzaro era messo alla sua porta, pieno di ulcere e desideroso di saziarsi delle cose che cadevano dalla tavola del ricco. E, sì, i cani venivano a leccargli le ulcere. Ora con l’andar del tempo il mendicante morì e fu portato dagli angeli nella posizione del seno d’Abraamo.

      “Morì anche il ricco e fu sepolto. E nell’Ades alzò gli occhi, esistendo egli nei tormenti, e molto lontano vide Abraamo e Lazzaro nella posizione del seno con lui. E chiamò, dicendo: ‘Padre Abraamo, abbi misericordia di me e manda Lazzaro a intingere la punta del suo dito nell’acqua per rinfrescare la mia lingua, perché sono nell’angoscia in questo fuoco ardente’. Ma Abraamo disse: ‘Figlio, ricordati che durante la tua vita tu ricevesti appieno le tue buone cose, ma Lazzaro in modo corrispondente le cose dannose. Ora, comunque, egli ha qui conforto ma tu sei nell’angoscia. E oltre a tutte queste cose, una grande voragine è stata posta fra noi e voi, in modo che quelli che desiderano venire di qua a voi non possono, né possono passare di là a noi’. Quindi egli disse: ‘In tal caso ti prego, padre, di mandarlo alla casa di mio padre, poiché ho cinque fratelli, affinché dia loro una completa testimonianza, e non vengano essi pure in questo luogo di tormento’. Ma Abraamo disse: ‘Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino quelli’. Quindi egli disse: ‘No, davvero, padre Abraamo, ma se qualcuno dai morti va da loro si pentiranno’. Ma gli disse: ‘Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi nemmeno se qualcuno sorge dai morti’”.

      Notate ciò che si dice del ricco. Perché era tormentato nell’Ades? Che cosa aveva fatto? Gesù non disse che il ricco aveva condotto una vita degradata, non è vero? Tutto ciò che Gesù disse fu che l’uomo era ricco, vestiva bene e banchettava sontuosamente. Di per sé merita forse tale condotta la punizione col tormento? È vero che nell’attitudine del ricco verso il mendicante Lazzaro è implicata una grave mancanza. Il ricco fu privo di compassione verso di lui. Ma questa mancanza lo distinse sufficientemente da Lazzaro?

      Pensate a ciò che Gesù disse di Lazzaro. C’è nel racconto qualche cosa che ci induca a concludere che, se la situazione fosse stata capovolta, Lazzaro sarebbe stato un uomo compassionevole? Leggiamo noi che Lazzaro aveva compiuto opere eccellenti verso Dio, le quali l’avevano portato nella “posizione del seno d’Abraamo”, cioè in una posizione di favore divino? Gesù non disse questo. Semplicemente descrisse Lazzaro come un mendicante malato.

      È dunque logico concludere che tutti i mendicanti malati riceveranno alla morte le benedizioni divine, mentre tutti i ricchi andranno in un luogo di tormento cosciente? No, di certo. La questua non è di per sé un segno di favore divino. Al contrario, la Bibbia contiene la supplichevole espressione: “Non mi dare né povertà né ricchezze”. (Proverbi 30:8) E del suo tempo, il re Davide scrisse: “Non ho visto nessun giusto lasciato interamente, né la sua progenie cercare il pane”. — Salmo 37:25.

      Se prendessimo le parole di Gesù alla lettera, dovremmo trarre altre conclusioni ancora che renderebbero l’illustrazione veramente strana. Queste comprendono: Che quelli che godono la felicità celeste sono in grado di vedere quelli che soffrono tormenti nell’Ades e di parlar loro. Che l’acqua che aderisce alla punta del proprio dito non evapora nel fuoco dell’Ades. E, che, sebbene i tormenti dell’Ades siano grandi, una semplice goccia d’acqua recherebbe sollievo al sofferente.

      Prese alla lettera, queste cose vi sembrano ragionevoli? O, pensate, invece, che ciò che Gesù disse non doveva prendersi alla lettera? C’è qualche modo per assicurarcene?

      IDENTIFICATI IL “RICCO” E “LAZZARO”

      Esaminate il contesto. A chi parlava Gesù? In Luca 16:14 ci viene detto: “Ora i Farisei, che erano amanti del denaro, udivano tutte queste cose, e si facevano beffe di lui”.

      Poiché Gesù parlò in modo da essere udito dai Farisei, narrava un caso reale o semplicemente usava un’illustrazione? Riguardo al metodo di Gesù d’insegnare alle folle, leggiamo: “Realmente, senza illustrazioni egli non parlava loro”. (Matteo 13:34) Conformemente, il racconto del ricco e di Lazzaro dev’essere un’illustrazione.

      Questa illustrazione fu evidentemente rivolta ai Farisei. Come classe essi erano simili al ricco. Amavano sia il denaro che la preminenza e titoli adulatori. Gesù disse di loro: “Tutte le opere che fanno le fanno per esser visti dagli uomini; poiché allargano gli astucci contenenti le scritture che portano come salvaguardia, e allungano le frange delle loro vesti. A loro piacciono il luogo più eminente ai pasti serali e i primi posti nelle sinagoghe, e i saluti nei luoghi di mercato e d’esser chiamati Rabbi dagli uomini”. — Matteo 23:5-7.

      I Farisei disprezzavano gli altri, specialmente gli esattori di tasse, le meretrici e altri che avevano la reputazione d’esser peccatori. (Luca 18:11, 12) In un’occasione quando ufficiali, mandati ad arrestare Gesù, tornarono a mani vuote perché aveva fatto loro impressione il suo modo d’insegnare, i Farisei dissero: “Non siete stati sviati anche voi, non è vero? Nessuno dei governanti e dei Farisei ha riposto fede in lui, non è così? Ma questa folla che non conosce la Legge è gente maledetta”. — Giovanni 7:47-49.

      Quindi, nella parabola il mendicante Lazzaro ben rappresenta quelle persone umili che i Farisei disprezzavano ma che si pentirono e divennero seguaci di Gesù Cristo. Gesù mostrò che questi disprezzati peccatori, dopo essersi pentiti, acquistavano una posizione di favore divino, mentre i Farisei e gli altri preminenti capi religiosi come classe la perdevano. Egli disse: “Veramente vi dico che gli esattori di tasse e le meretrici vanno davanti a voi nel regno di Dio. Poiché Giovanni è venuto a voi nella via della giustizia, ma voi non gli avete creduto. Comunque, gli esattori di tasse e le meretrici gli hanno creduto, e voi, benché abbiate visto questo, non avete poi provato rimorso in modo da credergli”. — Matteo 21:31, 32.

      MORTE DEL “RICCO” E DI “LAZZARO”

      Che significa, dunque, la morte del “ricco” e di “Lazzaro”? Non dobbiamo concludere che si riferisca alla morte effettiva. Come si usa nella Bibbia, la morte può anche rappresentare un grande cambiamento nella condizione degli individui. Per esempio: Delle persone che perseguono un corso di vita contrario alla volontà di Dio si parla come di ‘morti nei falli e peccati’. Ma quando acquistano davanti a Dio la reputazione di approvati discepoli di Gesù Cristo si fa riferimento a loro come a “viventi”. (Efesini 2:1, 5; Colossesi 2:13) Nello stesso tempo tali viventi divengono “morti” al peccato. Leggiamo: “Fate conto d’essere in realtà morti riguardo al peccato ma viventi riguardo a Dio mediante Cristo Gesù”. — Romani 6:11.

      Poiché sia il “ricco” che “Lazzaro” della parabola di Gesù sono chiaramente simbolici, è logico che è simbolica anche la loro morte. Ma in quale senso muoiono?

      La chiave per rispondere a questa domanda sta in ciò che Gesù disse esattamente prima di presentare l’illustrazione: “Chiunque divorzia da sua moglie e ne sposa un’altra commette adulterio, e chi sposa una donna divorziata dal marito commette adulterio”. (Luca 16:18) Può apparire che questa dichiarazione non abbia assolutamente nessun rapporto con l’illustrazione. Ma non è così.

      A causa della legge mosaica la nazione d’Israele era in una relazione di patto con Dio e se ne poteva parlare perciò come d’una sua moglie. In Geremia 3:14, per esempio, Dio si riferisce alla nazione come a una moglie infedele: “‘Tornate, o figli rinnegati’, è l’espressione di Geova. ‘Poiché io stesso son divenuto il vostro proprietario maritale’”. Quindi, con la venuta di Gesù, fu offerta ai Giudei l’opportunità di far parte della sua “sposa”. Ecco perché Giovanni Battista disse ai suoi discepoli: “Voi stessi mi recate testimonianza che io ho detto: Non sono io il Cristo, ma sono stato mandato davanti a lui. Chi ha la sposa è lo sposo. Comunque, l’amico dello sposo, quando sta ad ascoltarlo, prova molta gioia a motivo della voce dello sposo. Questa mia gioia è stata perciò resa piena. Egli [Gesù] deve continuare a crescere, ma io devo continuare a diminuire”. — Giovanni 3:28-30.

      Affinché divenissero parte della “sposa” di Cristo, i Giudei dovevano esser liberati dalla Legge che li rendeva, figurativamente parlando, moglie di Dio. Senza tale liberazione, non potevano venire in una relazione coniugale con Cristo, poiché questa sarebbe stata una relazione adulterina. Le parole di Romani 7:1-6, lo confermano:

      “Può darsi che non sappiate, fratelli, (poiché parlo a quelli che conoscono la legge), che la Legge signoreggia l’uomo finché vive? Per esempio, la donna sposata è dalla legge legata al proprio marito mentre egli è vivente; ma se il marito muore, è esonerata dalla legge del marito. E mentre il marito è vivente, ella sarebbe dunque chiamata adultera se divenisse d’un altro uomo. Ma se il marito muore, è libera dalla sua legge, così che non è adultera se diviene di un altro uomo.

      “Così, fratelli miei, voi pure foste resi morti alla Legge per mezzo del corpo del Cristo, affinché diveniste di un altro, di colui che fu destato dai morti, perché portassimo frutto a Dio. . . . Ora siamo stati esentati dalla Legge, perché siamo morti a ciò da cui eravamo detenuti, affinché siamo schiavi in un nuovo senso per lo spirito, e non nel vecchio senso per il codice scritto”.

      Mentre la morte di Gesù Cristo fu la base per liberare i Giudei dalla Legge, prima ancora che egli morisse quelli che si pentivano potevano venire in una posizione di favore presso Dio come discepoli del suo Figlio. Il messaggio e l’opera di Giovanni Battista e di Gesù aprirono ai Giudei la porta onde afferrassero l’opportunità di ottenere il favore divino e di schierarsi per un’eredità celeste come membri della sposa di Cristo. Come si espresse Gesù stesso: “Dai giorni di Giovanni Battista ad ora il regno dei cieli è la mèta verso cui si spingono gli uomini, e quelli che si spingono avanti l’afferrano”. — Matteo 11:12.

      Quindi, l’opera e il messaggio di Giovanni Battista e di Gesù Cristo cominciarono a condurre verso un completo cambiamento nella condizione dei simbolici “ricco” e “Lazzaro”. Entrambe le classi morirono alla loro condizione precedente. La pentita classe di “Lazzaro” entrò in una posizione di favore divino, mentre la classe del “ricco” venne sotto il disfavore divino in quanto persisteva nell’impenitenza. Una volta la classe di “Lazzaro” si era rivolta ai Farisei e agli altri capi religiosi del giudaismo per avere “briciole” spirituali. Ma avendo Gesù impartito loro la verità, i loro bisogni spirituali furono soddisfatti. Mettendo in contrasto l’alimentazione spirituale provveduta da Gesù con quella dei capi religiosi, la Bibbia narra: “Le folle erano stupite del suo modo d’insegnare; poiché insegnava loro come una persona che ha autorità, e non come i loro scribi”. (Matteo 7:28, 29) Veramente aveva avuto luogo un completo capovolgimento. I capi religiosi del giudaismo erano smascherati come persone che non avevano nulla da offrire alla classe di “Lazzaro”.

      Il giorno di Pentecoste dell’anno 33 E.V. si compì il cambiamento di condizione. In quel tempo il nuovo patto sostituì il vecchio patto della Legge. Quelli che si erano pentiti e avevano accettato Gesù furono allora pienamente liberati dal vecchio patto della Legge. Essi morirono a essa. Quel giorno di Pentecoste ci fu pure l’indubbia evidenza che i discepoli di Gesù Cristo erano stati esaltati molto al di sopra dei Farisei e degli altri preminenti capi religiosi. Non i capi religiosi del giudaismo, ma questi discepoli ricevettero lo spirito di Dio, che permise loro di parlare delle “magnifiche cose di Dio” nelle lingue native di persone provenienti da luoghi molto distanti fra loro. (Atti 2:5-11) Quale meravigliosa manifestazione fu questa del fatto che erano stati benedetti e approvati da Dio! La classe di “Lazzaro” era venuta in realtà nella situazione di favore, divenendo il seme spirituale del più grande Abraamo, Geova. Questa era raffigurata dalla “posizione del seno”. — Si paragoni Giovanni 1:18.

      In quanto agli impenitenti Farisei e agli altri preminenti capi religiosi, eran morti alla loro anteriore posizione di apparente favore. Essi erano nell’“Ades”. Rimanendo impenitenti, erano separati dai fedeli discepoli di Gesù come da una “grande voragine”. Questa era una “voragine” dell’immutabile, giusto giudizio di Dio. Di questo, leggiamo nella Scrittura: “La tua decisione giudiziaria è vaste acque dell’abisso”. — Salmo 36:6.

      TORMENTO DEL “RICCO”

      La classe del “ricco” era pure tormentata. Come? Con gli infuocati messaggi di giudizio di Dio che erano proclamati dai discepoli di Gesù. — Si paragoni Rivelazione 14:10.

      Che i capi religiosi fossero tormentati dal messaggio proclamato dai discepoli di Gesù non può esserci dubbio. Essi tentarono disperatamente di porre fine alla proclamazione. Quando gli apostoli di Gesù Cristo fecero la loro difesa dinanzi alla corte suprema giudaica composta dai preminenti uomini religiosi, i giudici “si sentirono profondamente feriti e volevano sopprimerli”. (Atti 5:33) In seguito, la difesa del discepolo Stefano ebbe un simile effetto tormentoso sui componenti di quella corte. “Furon feriti al loro cuore e stridevano i denti contro di lui”. — Atti 7:54.

      Questi capi religiosi volevano che i discepoli di Gesù venissero a ‘rinfrescare la loro lingua’. Volevano che la classe di “Lazzaro” lasciasse la “posizione del seno” del favore di Dio e presentasse il suo messaggio in modo tale da non causare loro sconforto. Similmente, volevano che la classe di “Lazzaro” annacquasse il messaggio di Dio in modo da non mettere i loro “cinque fratelli”, i loro alleati religiosi, in un “luogo di tormento”. Sì, non volevano che alcuno dei loro compagni fosse tormentato con messaggi di giudizio.

      Ma, come indica l’illustrazione di Gesù, né la classe del “ricco” né i suoi alleati religiosi sarebbero stati liberati dai tormentosi effetti del messaggio proclamato dalla classe di “Lazzaro”. Gli apostoli del Signore Gesù Cristo si rifiutarono di annacquare il messaggio. Si rifiutarono di smettere d’insegnare in base al nome di Gesù. Alla corte suprema giudaica risposero: “Dobbiamo ubbidire a Dio quale governante anziché agli uomini”. — Atti 5:29.

      Se gli alleati religiosi del “ricco” volevano sfuggire a quel tormento, lo potevano. Avevano “Mosè e i Profeti”, avevano cioè le ispirate Sacre Scritture che erano state scritte da Mosè e dagli altri antichi profeti. Quelle Scritture ispirate non indicavano nemmeno una volta alcun letterale luogo di tormento dopo la morte, ma contenevano tutto ciò che era necessario per identificare Gesù come il promesso Messia o Cristo. (Deuteronomio 18:15, 18, 19; 1 Pietro 1:10, 11) Quindi, se la classe del “ricco” e i suoi “cinque fratelli” avessero prestato attenzione a “Mosè e i Profeti”, avrebbero accettato Gesù come il Messia. Questo li avrebbe fatti schierare per il favore divino e li avrebbe protetti dai tormentosi effetti del messaggio di giudizio di Dio.

      LA CRISTIANITÀ DOVREBBE CONOSCERE

      Gli ecclesiastici della cristianità hanno pochi motivi per non conoscere bene questo intendimento della parabola di Gesù. Un principale commentario protestante, The Interpreter’s Bible, richiama l’attenzione su una spiegazione simile. Mostra che molti interpreti credono che le parole di Gesù fossero “un’appendice allegorica che presuppone il conflitto fra il cristianesimo primitivo e il giudaismo ortodosso. Il ricco e i suoi fratelli rappresentano i Giudei increduli. Si fa asserire a Gesù che essi si sono ostinatamente rifiutati di pentirsi nonostante l’ovvia testimonianza resagli dalla Scrittura e gli si fa predire che non si faranno impressionare dalla sua risurrezione. È concepibile che Luca e i suoi lettori dessero a questi versetti parte di tale interpretazione”. E, in una nota in calce sul capitolo 16 di Luca, la Jerusalem Bible cattolica riconosce che questa è una “parabola in forma di racconto senza riferimento a nessun personaggio storico”.

      Considerato questo, possiamo giustamente chiedere: Perché gli ecclesiastici della cristianità non hanno almeno riconosciuto dinanzi alle persone della loro chiesa che questa è una parabola? Perché quelli che sanno che la Bibbia non insegna l’immortalità dell’anima umana continuano a fare di un’ovvia parabola un’applicazione letterale? Non è questo disonesto? Non mostrano mancanza di riguardo per la Parola di Dio, nascondendo intenzionalmente i fatti?

      L’illustrazione del ricco e di Lazzaro contiene oggi per noi lezioni essenziali. Prestiamo attenzione all’ispirata Parola di Dio? Desideriamo seguirla come devoti discepoli di Gesù Cristo? Quelli che si rifiutano di far questo, come i Giudei e i Farisei, non sfuggiranno ai tormentosi effetti del messaggio di giudizio di Dio contro di loro. I suoi leali servitori continueranno a dichiarare senz’altro la verità, smascherando intrepidamente l’errore religioso.

      Da quale parte vi schierate in questa questione? Credete che dovrebbe esserci un’interruzione di tale denuncia, pensando che ci sia del buono in tutte le religioni? O provate indignazione all’errata rappresentazione che la cristianità fa di Dio, con le proprie dottrine false sui morti? Volete vedere il nome di Dio rivendicato del biasimo che su di esso ha recato l’insegnamento di dottrine false? Desiderate non veder risparmiare nessuno sforzo affinché quelli di cuore onesto siano liberati dalla schiavitù alle falsità religiose? Se desiderate queste cose, troverete molto confortante il proposito di Dio inerente ai morti e ai vivi.

  • Che dire del fuoco della Geenna?
    È questa vita tutto quello che c’è?
    • Capitolo XIII

      Che dire del fuoco della Geenna?

      ‘Ammesso’, potrebbe dire qualcuno, ‘che l’Ades non è mai usato nella Bibbia per far riferimento a un luogo d’infuocato tormento. Ma non parla la Bibbia di un “fuoco dell’inferno”?’

      È vero che numerose traduzioni delle Scritture Greche Cristiane (comunemente chiamate “Nuovo Testamento”) usano l’espressione “fuoco dell’inferno” o “fuochi dell’inferno”. In questo caso il termine greco reso “inferno” è geʹen·na (Geenna). Ma è Geenna il nome di un luogo d’infuocato tormento? Sì, dicono molti commentatori della cristianità. Tuttavia essi sanno bene che l’anima non è immortale. Sanno anche che le Scritture mostrano che l’immortalità è conferita come una ricompensa solo a quelli che Dio designa come meritevoli di riceverla, e non come una maledizione per i malvagi affinché siano tormentati in eterno. — Romani 2:6, 7; 1 Corinti 15:53, 54.

      Altri commentatori della cristianità riconoscono che la Geenna non è un luogo di infuocato tormento eterno. The New Bible Commentary (alla pagina 779) dice: “La Geenna fu a Gerusalemme la forma ellenizzata del nome della valle di Innom, in cui si tenevano continuamente accesi i fuochi per consumare i rifiuti della città. Questa è una potente immagine di distruzione finale”.

      Qual è la verità dell’argomento? Il miglior modo di scoprirlo è quello di esaminare ciò che la Bibbia stessa dice.

      Il termine “Geenna” si trova nelle Scritture Greche Cristiane dodici volte. Una volta è usato dal discepolo Giacomo, e undici volte compare in dichiarazioni attribuite a Gesù Cristo e ha relazione con un giudizio di condanna. Queste scritture dicono:

      “Io vi dico che chiunque continua a provare ira verso il suo fratello dovrà render conto alla corte di giustizia; ma chi si rivolge al suo fratello con un’indicibile parola di disprezzo dovrà render conto alla Corte Suprema; mentre chi dice: ‘Tu spregevole stolto!’ [giudicando e condannando in tal modo erroneamente il suo fratello come moralmente indegno] sarà soggetto alla Geenna ardente”. — Matteo 5:22.

      “Non abbiate timore di quelli che uccidono il corpo ma non possono uccidere l’anima; abbiate timore piuttosto di colui che può distruggere sia l’anima che il corpo nella Geenna”. — Matteo 10:28.

      “Vi indicherò io di chi aver timore: Abbiate timore di colui che dopo aver ucciso ha l’autorità di gettare nella Geenna. Sì, vi dico, abbiate timore di Questo”. — Luca 12:5.

      “Guai a voi, scribi e Farisei, ipocriti! perché attraversate mare e terra per fare un proselito, e quando lo è diventato lo rendete soggetto alla Geenna il doppio di voi. Serpenti, progenie di vipere, come sfuggirete al giudizio della Geenna?” — Matteo 23:15, 33.

      “Se la tua mano ti fa inciampare, tagliala; è più utile per te entrare nella vita storpio che andare con due mani nella Geenna, nel fuoco che non si può spegnere. E se il tuo piede ti fa inciampare, taglialo; è più utile per te entrare nella vita zoppo che esser lanciato con due piedi nella Geenna. E se il tuo occhio ti fa inciampare, gettalo via; è più utile per te entrare con un solo occhio nel regno di Dio che esser lanciato con due occhi nella Geenna, dove il loro baco non muore e il fuoco non si spegne”. — Marco 9:43-48; si vedano anche i passi con parole simili in Matteo 5:29, 30; 18:8, 9.

      “E la lingua è un fuoco. La lingua è costituita fra le nostre membra un mondo d’ingiustizia, poiché macchia tutto il corpo e infiamma la ruota della vita naturale ed è infiammata dalla Geenna [cioè l’errato uso della lingua è distruttivo come la Geenna; può influire sull’intero giro della vita a cui si perviene con la nascita in modo che può condurre fino a meritare il giudizio della Geenna]”. — Giacomo 3:6.

      Notate che, mentre queste scritture mettono il fuoco in relazione con la Geenna, nessuna d’esse parla di alcuna esistenza cosciente, di alcuna sofferenza, dopo la morte. Piuttosto, come mostra Matteo 10:28, Gesù indicò che Dio può “distruggere” non solo il corpo, ma l’intera persona, l’anima, nella Geenna. Qual è esattamente la specie di questa distruzione? Se ne può acquistare intendimento con un più attento esame della parola “Geenna”.

      GEENNA, VALLE DI INNOM

      Benché si trovi nelle Scritture Greche Cristiane, “Geenna” è tratta da due parole ebraiche, Gaʹi e Hin·nom, che significano valle di Innom. Questa valle si estende da sud a sud-ovest di Gerusalemme. Ai giorni degli infedeli re giudei Acaz e Manasse, la valle di Innom serviva come luogo per i riti religiosi idolatrici, compresa l’aborrita pratica del sacrificio dei bambini. (2 Cronache 28:1, 3; 33:1, 6; Geremia 7:31; 19:2, 6) In seguito, il buon re Giosia pose fine all’adorazione idolatrica che vi si compiva e rese la valle inadatta all’adorazione. — 2 Re 23:10.

      La tradizione narra che la valle di Innom divenne in seguito un luogo per lo scarico dei rifiuti. E la Bibbia ne dà conferma. In Geremia 31:40, per esempio, la valle di Innom è evidentemente chiamata “bassopiano dei cadaveri e delle ceneri grasse”. C’era anche la “Porta dei Mucchi di Cenere”, una porta che sembra si aprisse all’estremità orientale della valle di Innom dove si congiunge con la valle di Chidron. — Neemia 3:13, 14.

      Che la Geenna dovesse collegarsi con gli aspetti distruttivi del luogo di scarico dei rifiuti di una città è in piena armonia con le parole di Gesù Cristo. Riferendosi alla Geenna, egli disse: “Il loro baco non muore e il fuoco non si spegne”. (Marco 9:48) Le sue parole alludevano evidentemente al fatto che i fuochi bruciavano di continuo nel luogo di scarico dei rifiuti della città, essendo forse intensificati con l’aggiunta di zolfo. Dove non giungeva il fuoco, si riproducevano i vermi o bachi nutrendosi di ciò che non era stato consumato dal fuoco.

      Si dovrebbe anche osservare che Gesù, parlando in questo modo della Geenna, non introdusse un concetto completamente estraneo alle Scritture Ebraiche. In quelle precedenti Scritture compaiono parole quasi identiche che si riferiscono a ciò che accadrà agli empi.

      Isaia 66:24 preannuncia che i favoriti da Dio “effettivamente usciranno e guarderanno i cadaveri degli uomini che trasgredivano contro [Dio]; poiché i medesimi vermi su di loro non morranno e il loro stesso fuoco non si estinguerà, e devono divenire qualche cosa di ripugnante a ogni carne”. È chiaro che questa non è un’immagine di tormento cosciente ma di una terribile distruzione. Quelli che restano non sono anime coscienti o “spiriti liberati dal corpo”, ma “cadaveri” di morti. La scrittura mostra che a esser vivi non sono gli uomini, ma i bachi o vermi sopra di loro. Qui non si fa menzione di nessun’“anima immortale”.

      Nella profezia di Geremia la valle di Innom è similmente collegata alla distruzione degli uomini infedeli. “‘Ecco, vengono i giorni’, è l’espressione di Geova, ‘nei quali questo luogo non si chiamerà più Tofet e valle del figlio di Innom, ma valle dell’uccisione. E di sicuro renderò vuoto il consiglio di Giuda e di Gerusalemme in questo luogo, e li farò cadere mediante la spada dinanzi ai loro nemici e mediante la mano di quelli che cercano la loro anima. E di sicuro darò i loro corpi morti in pasto alle creature volatili dei cieli e alle bestie della terra’”. — Geremia 19:6, 7.

      Notate che il riferimento di Geremia alla valle di Innom non contiene nessuna idea di tormento cosciente dopo la morte. Il quadro che viene raffigurato è di totale distruzione, essendo i “corpi morti” consumati da uccelli e bestie da preda.

      SIMBOLO DI DISTRUZIONE

      Conforme alle prove bibliche, dunque, la Geenna o valle di Innom poté appropriatamente servire come simbolo di distruzione ma non di ardente tormento cosciente. Nel periodico cattolico Commonweal, Joseph E. Kokjohn lo riconosce, dicendo:

      “Il finale luogo di punizione è evidentemente la Geenna, la valle di Inno[m], che una volta era stato un luogo dove si offriva il sacrificio umano agli dèi pagani, ma nei tempi biblici era già divenuto il luogo di scarico dei rifiuti della città, un cumulo d’immondizia alla periferia di Gerusalemme. Qui il cattivo odore e il fumo e il fuoco rammentavano di continuo agli abitanti ciò che accadeva alle cose che eran servite al loro scopo: erano distrutte”.

      Che la distruzione simboleggiata dalla Geenna sia eterna è mostrato altrove nelle Sacre Scritture. L’apostolo Paolo, quando scrisse ai cristiani di Tessalonica, disse che quelli che causavano loro tribolazione avrebbero subìto “la punizione giudiziaria della distruzione eterna dalla presenza del Signore e dalla gloria della sua forza”. — 2 Tessalonicesi 1:6-9.

      La prova biblica rende così chiaro che quelli che Dio giudica non meritevoli della vita non subiranno il tormento eterno in un fuoco letterale, ma la “distruzione eterna”. Non saranno conservati in vita in nessun luogo. Il fuoco della Geenna è perciò solo un simbolo della totalità e completezza di quella distruzione.

      È degno di nota che, rivolgendosi ai capi religiosi del suo giorno, Gesù Cristo disse: “Serpenti, progenie di vipere, come sfuggirete al giudizio della Geenna?” (Matteo 23:33) Perché accadde questo? Perché quei capi religiosi erano ipocriti. Desideravano essere considerati con ammirazione e chiamati con titoli altisonanti, ma non avevano nessun riguardo per quelli che dovevano aiutare spiritualmente. Essi caricavano altri con gravi regole tradizionali, e non tenevano in nessun conto la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Erano insegnanti falsi, che ponevano le tradizioni umane al di sopra dell’autorità della Parola di Dio. — Matteo 15:3-6; 23:1-32.

      Avete notato cose simili fra i capi religiosi d’oggi, in particolar modo nella cristianità? Se la passeranno meglio dei capi religiosi del giudaismo dei giorni del ministero terreno di Gesù? No di certo, poiché disubbidientemente i capi religiosi della cristianità hanno rappresentato in modo errato Dio e la “buona notizia intorno al nostro Signore Gesù”. Quindi finché persistono nell’insegnare dottrine false sono in pericolo di subire la “punizione giudiziaria della distruzione eterna”.

      La verità sulla Geenna dovrebbe pertanto aiutarci a capire l’importanza di evitare l’associazione con la religione falsa. Non solo i capi ma, come Gesù mostrò, anche quelli che sostengono gli insegnanti religiosi falsi sono in pericolo. Gesù Cristo parlò infatti di un proselito degli scribi e dei Farisei che diveniva ‘soggetto alla Geenna il doppio di loro’. (Matteo 23:15) Per cui, le persone che oggi continuano a seguire ciecamente l’insegnamento religioso falso non possono sperar di evitare l’avverso giudizio di Dio.

      Mentre ci fa pensare seriamente alla nostra propria posizione, questo ci può anche dare una confortante assicurazione. In che modo? In quanto possiamo esser certi che Geova Dio non lascerà impunite le trasgressioni gravi. A quelli che non vogliono conformarsi alle sue giuste leggi e che persistono di proposito nella condotta malvagia, egli non permetterà ancora per molto tempo di continuare a turbare la pace dei giusti.

      [Cartina a pagina 113]

      (Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

      CARTINA DI GERUSALEMME DEL PRIMO SECOLO

      AREA DEL TEMPIO

      VALLE DI INNOM (GEENNA)

  • Significato del ‘tormento nel lago di fuoco’
    È questa vita tutto quello che c’è?
    • Capitolo XIV

      Significato del ‘tormento nel lago di fuoco’

      ORA che sai ciò che la Bibbia dice dell’inconscia condizione dei morti, come reagiresti se tu dovessi trovare nella Bibbia una scrittura che menziona un luogo di tormento? Ti persuaderesti che questo giustifica di mettere da parte ogni altra scrittura e di attenerti all’idea che possa ancora esserci una possibilità di esistenza cosciente dopo la morte? O faresti un attento esame del contesto per determinare esattamente ciò che il testo può invero significare e come è in armonia con il resto della Bibbia?

      La ragione di questa considerazione è che il libro biblico di Rivelazione parla in effetti di “tormento” in un “lago di fuoco”. Rivelazione 20:10 dichiara: “Il Diavolo che li sviava fu scagliato nel lago di fuoco e zolfo, dove erano già la bestia selvaggia e il falso profeta; e saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli”. — Si veda anche Rivelazione 19:20.

      Come sono tormentati quelli che vengono gettati nel “lago di fuoco”? Che non dobbiamo esser frettolosi prendendo questa espressione come letterale si comprende dalla qualità del libro di Rivelazione. Le parole iniziali del libro dicono: “Rivelazione di Gesù Cristo, che Dio gli diede, per mostrare ai suoi schiavi le cose che devono accadere fra breve. Ed egli mandò il suo angelo e per mezzo di lui la presentò in segni al suo schiavo Giovanni”. — Rivelazione 1:1.

      Come qui si afferma, questa rivelazione fu presentata “in segni”. Che dire, dunque, del “lago di fuoco” e del suo “tormento”? Sono letterali o sono anch’essi “segni” o simboli?

      L’ulteriore informazione in quanto a ciò che viene gettato nel lago di fuoco, oltre al Diavolo, alla “bestia selvaggia” e al “falso profeta”, fa luce sull’argomento. Notate le parole di Rivelazione 20:14, 15: “La morte e l’Ades furono scagliati nel lago di fuoco. Questo significa la seconda morte, il lago di fuoco. Inoltre, chiunque non fu trovato scritto nel libro della vita fu scagliato nel lago fuoco”.

      Ora, è possibile che la morte e l’Ades siano scagliati in un letterale lago di fuoco? Ovviamente no, poiché non sono oggetti, animali o persone. La morte è uno stato o condizione. Come potrebbe esser gettata in un lago di fuoco letterale? In quanto all’Ades, è la comune tomba del genere umano. Quale specie di lago potrebbe contenerlo?

      E poi, Rivelazione 20:14, 15 non dice che il lago sia letterale. Piuttosto, leggiamo che il “lago di fuoco” è esso medesimo un segno o simbolo della “seconda morte”. La stessa idea è espressa in Rivelazione 21:8: “In quanto ai codardi e a quelli senza fede e a quelli che sono disgustanti nella loro impurità e agli assassini e ai fornicatori e a quelli che praticano lo spiritismo e agli idolatri e a tutti i bugiardi, la loro parte sarà nel lago che brucia con fuoco e zolfo. Questo significa la seconda morte”.

      Poiché il lago di fuoco è un simbolo della seconda morte, che vi sian gettati la morte e l’Ades è semplicemente un modo simbolico di dire che questi saranno distrutti per sempre. Ciò concorda con la dichiarazione biblica che, ‘l’ultimo nemico, la morte, sarà ridotto a nulla’. (1 Corinti 15:26) E, siccome l’Ades, la comune tomba degli uomini in genere, sarà vuotato e “la morte non sarà più”, ciò significa che l’Ades cesserà di funzionare, scomparirà dall’esistenza. — Rivelazione 20:13; 21:4.

      TORMENTO FIGURATIVO

      Cos’è, dunque, il “tormento” che soffrono gli uomini malvagi e altri che son gettati nel “lago di fuoco”? Senza esistenza cosciente, non potranno subire un tormento letterale, non vi pare? E nelle Sacre Scritture non c’è nulla per mostrare che abbiano alcuna esistenza cosciente. Perché parla dunque la Bibbia del tormento eterno nel “lago di fuoco”?

      Poiché il “lago di fuoco” è simbolico, il tormento che gli si attribuisce deve pure essere simbolico o figurativo. Questo può meglio comprendersi alla luce di ciò che la Bibbia dice delle cose che sono lanciate nel “lago di fuoco”. Quello che dovremmo osservare è che ciò che viene simboleggiato dal “lago di fuoco” è la “seconda morte”. La morte adamica, cioè la morte che tutto il nato genere umano ha ereditata da Adamo ed Eva dopo il loro peccato, non è mai paragonata a tale cosa spaventevole, sebbene la morte sia “il salario che il peccato paga”. — Romani 6:23.

      Gesù Cristo paragonò lo stato della morte di quelli che muoiono a causa del peccato ereditato a un sonno. Per esempio, disse di Lazzaro, che giacque morto per parti di quattro giorni, “Lazzaro, il nostro amico, è andato a riposare, ma io vado a svegliarlo dal sonno”. (Giovanni 11:11) In seguito, anche Gesù dormì del sonno della morte per parti di tre giorni. “Cristo è stato ora destato dai morti, primizia di quelli che si sono addormentati nella morte”. (1 Corinti 15:20) La morte è simile al sonno, poiché termina con il risveglio.

      Comunque, quelli che devono subire la “seconda morte” non hanno il conforto della speranza di una risurrezione. La loro non è un sonno. Essi non saranno mai svegliati dalla distruzione della seconda morte. Poiché questo stato senza speranza mantiene su loro la sua presa, son ‘tormentati per i secoli dei secoli’ nel senso che vengono eternamente sottoposti alla proibizione di avere alcuna esistenza cosciente o attività.

      Che la loro restrizione nella “seconda morte” sia paragonabile alla tortura d’esser confinati in prigione è mostrato da Gesù nella sua parabola dello schiavo ingrato e spietato. Dell’azione che il suo padrone compì contro di lui, Gesù disse: “E il suo padrone, sdegnato, lo consegnò ai torturatori, fino a che non avesse pagato tutto il debito”. (Matteo 18:34, Versione di Nardoni) La Traduzione del Nuovo Mondo mostra chi sono questi tormentatori, dicendo: “Allora il suo signore, spinto all’ira, lo consegnò ai carcerieri, finché non avesse pagato tutto ciò che doveva”.

      Il fatto stesso che il “lago di fuoco” è un simbolo della “seconda morte” esclude l’idea che sia un luogo di tormento cosciente. La Bibbia non fa nemmeno lontanamente supporre in nessun luogo che i morti possano subire il tormento cosciente, ma i morti hanno perduto ogni sensazione. Di quelli che sono morti e si trovano nella comune tomba del genere umano, la Bibbia dice: “Là i malvagi stessi han cessato di agitarsi, e là gli stanchi nella potenza sono a riposo. Gli stessi prigionieri sono a loro agio insieme; effettivamente non odono la voce di uno che li costringa al lavoro. Piccolo e grande sono lì la stessa cosa, e lo schiavo è reso libero dal suo padrone”. — Giobbe 3:17-19.

      Proprio come la morte a cui gli uomini in genere continuano a esser soggetti pone fine a ogni sensazione e sentimento, così la “seconda morte”. Comunque, per quelli puniti con la “seconda morte” non è possibile nessun perdono dei peccati o riscatto. Tale riprovevole stato è la loro sorte per sempre. La loro memoria è come marcita. — Isaia 66:24; Proverbi 10:7.

      Tuttavia, prima ancora che i malvagi siano scagliati nell’annientamento totale, nella “seconda morte”, essi subiscono il tormento. A ciò si fa simbolicamente riferimento in Rivelazione 14:9-11: “Se alcuno adora la bestia selvaggia e la sua immagine, e riceve il marchio sulla sua fronte o sulla sua mano, egli pure berrà del vino dell’ira di Dio che è versato non diluito nel calice della sua ira, e sarà tormentato con fuoco e zolfo dinanzi ai santi angeli e dinanzi all’Agnello. E il fumo del loro tormento ascende per i secoli dei secoli, e non hanno riposo né giorno né notte, quelli che adorano la bestia selvaggia e la sua immagine, e chiunque riceve il marchio del suo nome”. Con quali mezzi sono tormentati gli adoratori della “bestia selvaggia” e della sua “immagine”? Le parole di Rivelazione che seguono immediatamente dopo provvedono l’indicazione: “Qui sta la perseveranza dei santi, quelli che osservano i comandamenti di Dio e la fede di Gesù”. — Rivelazione 14:12.

      Se gli adoratori della “bestia selvaggia” e della sua “immagine” fossero confinati in un luogo di tormento letterale, non ci sarebbe bisogno di perseveranza da parte dei santi. Quegli adoratori falsi sarebbero allora privati di ogni potere di far male ai fedeli adoratori di Dio. Ma finché sono vivi e liberi possono dedicarsi a odiosi, maligni atti contro i “santi”.

      Il fatto che i “santi” sono portati nella scena sta a indicare che è per mezzo d’essi che il tormento è recato sui malvagi. Come può avvenire questo? Ebbene, essi proclamano il messaggio che addita come la distruzione eterna attende gli adoratori della “bestia selvaggia” e della sua “immagine”. Questo messaggio pone questi falsi adoratori nel tormento, non dando loro riposo giorno o notte. Per questo tentano tutto ciò che è in loro potere per far tacere i servitori di Dio. La persecuzione che ne risulta richiede perseveranza da parte dei “santi”. Infine, quando gli adoratori della “bestia selvaggia” e della sua “immagine” saranno stati distrutti come mediante “fuoco e zolfo”, la prova di tale totale distruzione ascenderà, come fumo, per ogni tempo avvenire.

      La completezza di tale distruzione potrebbe essere illustrata da ciò che accadde alle città di Sodoma e Gomorra. Il discepolo Giuda scrisse: “Sodoma e Gomorra e le città vicine . . . ci son poste davanti come esempio ammonitore, subendo la punizione giudiziaria del fuoco eterno”. (Giuda 7) Il fuoco che distrusse quelle città aveva smesso di bruciare molto tempo prima che Giuda scrivesse la sua lettera. Ma la prova permanente, “eterna”, della distruttività di quel fuoco rimaneva, poiché quelle città restavano inesistenti.

      IL TORMENTO ETERNO NON È IN ARMONIA CON LA PERSONALITÀ DI DIO

      Che la punizione riservata a quelli che persistono nella ribellione sia la distruzione totale, non il tormento cosciente per tutta l’eternità, concorda anche con ciò che Dio rivela di sé nella sua Parola la Bibbia. Geova Dio ha teneri sentimenti sia verso la sua creazione umana che verso la sua creazione animale.

      Considerate per un momento la legge di Dio sul toro che lavora: “Non devi mettere la museruola al toro mentre trebbia”. (Deuteronomio 25:4) Questa legge rifletteva la compassione e la cura che Dio aveva per gli animali privi di ragione. Il toro non doveva essere tormentato impedendogli con la forza di soddisfare il suo desiderio di mangiare parte del grano che trebbiava.

      La considerazione e l’amore di Dio sono assai più grandi per il genere umano che per gli animali privi di ragione. Come Gesù Cristo rammentò ai suoi discepoli: “Cinque passeri si vendono per due monete di piccolo valore, non è vero? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato dinanzi a Dio. Ma anche i capelli della vostra testa son tutti contati. Non abbiate timore; voi valete di più di molti passeri”. — Luca 12:6, 7.

      Non sarebbe dunque del tutto incoerente che qualcuno asserisse che un Dio con tali teneri sentimenti tormenterebbe letteralmente alcuni uomini per tutta l’eternità? Chi di noi vorrebbe veder subire da qualcuno la più orribile tortura sia pure per un’ora? Non è vero che solo gli individui diabolici proverebbero piacere a veder soffrire altri? Non ci spingerebbe il nostro intimo senso di amore e giustizia a ribellarci, se udissimo che un padre ha torturato il proprio figlio quasi fino al punto di farlo morire per qualche atto di disubbidienza? Senza tener conto di quanto il figlio possa essere stato cattivo, noi riteniamo impossibile provare alcun sentimento di tenerezza verso un tale padre.

      La compassione con cui Dio tratta l’imperfetto genere umano fa comunque appello al nostro senso morale. Stimola il nostro cuore e ci avvicina maggiormente al nostro Creatore. Pensate: Anche quando le persone meritano la punizione, Dio non prova piacere che essa sia impartita. Come il profeta Geremia esclamò riguardo al giudizio di Dio che si abbatté su Gerusalemme: “Sebbene abbia causato dolore, per certo mostrerà anche misericordia secondo l’abbondanza della sua amorevole benignità. Poiché non di suo proprio cuore egli ha afflitto o addolora i figli degli uomini”. — Lamentazioni 3:32, 33.

      Se non è nel suo cuore che egli affligga o addolori gli uomini che meritano la punizione, come potrebbe Geova Dio considerare con approvazione l’angoscia dei malvagi per tutta l’eternità? Per giunta, a quale scopo servirebbe? Secondo la non scritturale teoria dell’“inferno di fuoco” del clero, anche se quelli che soffrono il tormento volessero cambiare, non potrebbero farlo, né potrebbero migliorare la loro situazione. La Parola di Dio mostra comunque in maniera inequivocabile che per tutti quelli che persistono nella malvagità la punizione non è il tormento, ma la totale distruzione.

      Avendo compreso che Geova è un Dio amorevole e giusto, possiamo esser certi che il suo proposito riguardo a quelli che vogliono servirlo è davvero splendido. Con ansiosa attesa, esaminiamo dunque le Scritture per apprendere gli amorevoli provvedimenti che egli ha presi per liberare il genere umano dalla schiavitù alle infermità e alla morte.

  • Un governo che vincerà il nemico dell’uomo, la morte
    È questa vita tutto quello che c’è?
    • Capitolo XV

      Un governo che vincerà il nemico dell’uomo, la morte

      IL PROPOSITO originale di Dio per l’uomo fu che egli potesse vivere e godere la vita su una terra paradisiaca. Possiamo confidare che questo proposito sarà realizzato. Esso è sostenuto dalla fidata promessa di Dio che il nemico dell’uomo, la morte, sarà vinto, distrutto. — 1 Corinti 15:26.

      Una vita della durata di settanta o ottant’anni non è tutto quello che c’è. Se questa fosse l’intera durata in cui anche quelli che amano Dio potrebbero sperare, la loro situazione sarebbe poco diversa da quella di chi non ha riguardo verso Dio o la sua Parola. Ma non è così. La Bibbia dice: “Dio non è ingiusto da dimenticare la vostra opera e l’amore che avete mostrato per il suo nome”. — Ebrei 6:10; 11:6.

      Qual è la ricompensa per quelli che servono Geova Dio a causa del loro profondo amore verso di lui e verso le sue giuste vie? C’è una ricompensa sia presente che futura. L’apostolo Paolo scrisse: “La santa devozione è utile per ogni cosa, giacché ha la promessa della vita d’ora e di quella avvenire”. (1 Timoteo 4:8) Anche adesso l’ubbidienza alla legge di Dio conduce al godimento di una vita contenta e felice. In quanto alla vita “avvenire”, Romani 6:23 dice: “Il dono che dà Dio è la vita eterna”.

      Nelle condizioni attuali, la vita eterna può naturalmente apparire indesiderabile. Quella che Dio ha promessa è però la vita eterna sotto un’amministrazione giusta. Affinché questa promessa divenga una realtà, gli uomini devono prima liberarsi dalla causa della morte. Qual è questa causa? L’ispirato apostolo Paolo risponde: “Il pungiglione che produce la morte è il peccato”. — 1 Corinti 15:56.

      Già al tempo in cui pronunciò il giudizio sulla ribelle coppia umana, Adamo ed Eva, e sull’istigatore della ribellione, Geova Dio additò il mezzo mediante il quale gli uomini sarebbero stati liberati dal peccato e dalla morte. Non al serpente privo di ragione, ma a Satana stesso come l’“originale serpente” furon rivolte le parole di Dio: “Io porrò inimicizia fra te e la donna e fra il tuo seme e il seme di lei. Egli ti ferirà la testa e tu gli ferirai il calcagno”. Questo giudizio, riportato in Genesi 3:15, provvide alla futura progenie di Adamo ed Eva la base della speranza. Indicò che il nemico dell’uomo sarebbe stato vinto. — Rivelazione 12:9.

      Certo, la semplice uccisione dell’“originale serpente”, Satana il Diavolo, non sarebbe stata abbastanza per disfare tutto il danno che esso ha causato inducendo le prime creature umane a ribellarsi contro Dio. Ma in che modo il disfacimento sarebbe avvenuto rimase un segreto fino al tempo in cui Dio decise di rivelarlo. — 1 Giovanni 3:8.

      Con l’aiuto della Bibbia completa, oggi possiamo svelare questo sacro segreto. La “donna” alla quale si fece riferimento in Genesi 3:15 non poté essere Eva. Eva, con la sua condotta di ribellione, si era schierata con l’“originale serpente”, rendendosi così parte del suo “seme”. E poi quella donna non poteva essere nessuna discendente femminile di Adamo ed Eva. Perché no? Perché il ‘seme della donna’ doveva possedere una potenza assai più grande di quella di un semplice uomo per poter schiacciare l’“originale serpente”, l’invisibile persona spirituale Satana il Diavolo. Per generare tale potente “seme”, la “donna” non doveva essere umana, ma spirituale.

      In Galati 4:26 questa “donna” è identificata come la “Gerusalemme di sopra”. Ciò è molto significativo. Come mai?

      L’antica città di Gerusalemme fu la capitale del regno di Giuda. Siccome il primo re giudeo, Davide, vi stabilì la sede del suo governo, dal suo tempo in poi Gerusalemme generò i re per la nazione. Perciò sarebbe stato solo naturale che la “Gerusalemme di sopra” generasse un re. Questo fattore additava un governo celeste, con un re celeste, come il mezzo per porre fine al peccato e alla morte.

      La “Gerusalemme di sopra” non è una donna o una città letterale. È una città simbolica, spirituale. Essendo celeste, è composta di potenti persone spirituali, angeli. Or dunque, affinché una di queste persone spirituali fosse designata come re la “Gerusalemme di sopra” doveva generare un erede per un regno. Accadde una tal cosa?

      GENERATO IL RE

      Questo è esattamente ciò che accadde nell’anno 29 E.V. In quel tempo l’uomo Gesù fu unto dallo spirito santo di Dio onde divenisse il Re designato. Ciò ebbe luogo allorché egli si presentò a Giovanni Battista per l’immersione in acqua. In quanto a ciò che accadde, la Bibbia narra: “Essendo stato battezzato, Gesù uscì immediatamente dall’acqua; ed ecco, i cieli si aprirono, ed egli vide lo spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco, vi fu una voce dai cieli che disse: ‘Questo è il mio Figlio, il diletto, che io ho approvato’”. — Matteo 3:16, 17.

      Alcuni mesi dopo Gesù cominciò a proclamare: “Pentitevi, poiché il regno dei cieli si è avvicinato”. (Matteo 4:17) Sì, il regno si era avvicinato nella persona del Re designato.

      Pur essendo nato come uomo sulla terra, Gesù aveva avuto un’esistenza preumana. Egli stesso disse: “Nessun uomo è asceso al cielo se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo”. (Giovanni 3:13) Richiamando l’attenzione sul notevole esempio d’umiltà di Gesù, l’ispirato apostolo Paolo scrisse: “Vuotò se stesso e prese la forma d’uno schiavo, divenendo simile agli uomini”. (Filippesi 2:5-7) Circa il modo in cui questo trasferimento dalla vita celeste a quella terrestre ebbe luogo, abbiamo il racconto della conversazione che l’angelo Gabriele fece con la vergine Maria:

      “L’angelo le disse: ‘Non aver timore, Maria, poiché hai trovato favore presso Dio; ed ecco, concepirai nel tuo seno e partorirai un figlio, e dovrai mettergli nome Gesù. Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo; e Geova Dio gli darà il trono di Davide suo padre, e regnerà sulla casa di Giacobbe per sempre, e del suo regno non vi sarà fine’.

      “Ma Maria disse all’angelo: ‘Come avverrà questo, giacché non ho relazione con uomo?’ Rispondendo, l’angelo le disse: ‘Lo spirito santo verrà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. E per questa ragione quello che nascerà sarà chiamato santo, Figlio di Dio’”. — Luca 1:30-35.

      Così, come uno dei figli di Dio che formano la “Gerusalemme di sopra”, la vita di Gesù fu trasferita dal cielo al seno della vergine Maria e nacque come un perfetto bambino umano. Tale miracolo può sembrare incredibile ad alcuni, ma questo non desta nessun dubbio valido sulla realtà dell’avvenimento. Di sicuro Colui che rese possibile la formazione di una persona completa da una cellula uovo, più piccola del punto che è in fondo a questo periodo, poté trasferire la vita dai cieli alla terra, per mezzo del suo spirito o forza attiva. E poiché la vita di Gesù fu trasferita in questo modo affinché divenisse l’erede permanente del re Davide, egli venne in effetti dalla “Gerusalemme di sopra”.

      Come era stato predetto nella profezia divina di Genesi 3:15, Gesù fu ‘ferito al calcagno’ dall’“originale serpente” quando fu inchiodato a un palo di esecuzione capitale il 14 Nisan dell’anno 33 E.V. A differenza dello schiacciamento della testa da cui non ci sarà guarigione, quella ‘ferita al calcagno’ fu solo temporanea. Il terzo giorno Dio destò Gesù dai morti, conferendogli il “potere di una vita indistruttibile”. (Atti 10:40; Ebrei 7:16) Come persona spirituale immortale, il re Gesù Cristo è in grado di schiacciare la testa dell’“originale serpente” e annullare tutto il danno che costui ha causato.

      GOVERNANTI ASSOCIATI

      Gesù Cristo è il principale di questo “seme” composito. Per mezzo di lui Dio Onnipotente schiaccerà Satana il Diavolo sotto i piedi degli associati di Gesù nel regno celeste. (Rivelazione 20:1-3) Scrivendo a quelli che hanno la prospettiva del regno, il cristiano apostolo Paolo dichiarò: “L’Iddio che dà pace stritolerà fra breve Satana sotto i vostri piedi”. (Romani 16:20) Chi sono questi governanti associati?

      Nell’ultimo libro della Bibbia, Rivelazione, viene dato il numero di 144.000. Descrivendo ciò che vide in visione, lo scrittore di Rivelazione, l’apostolo Giovanni, dice: “Ecco, l’Agnello [Gesù Cristo, che morì di una morte simile a quella di un agnello di sacrificio] stava sul monte Sion, e con lui centoquarantaquattromila che avevano il suo nome e il nome del Padre suo scritto sulle loro fronti. . . . Questi son quelli che continuano a seguire l’Agnello ovunque vada. Questi furono comprati di fra il genere umano [non solo da una nazione di persone come gli Israeliti] come primizie a Dio e all’Agnello”. — Rivelazione 14:1-4.

      È veramente appropriato che i 144.000 siano raffigurati come se fossero con l’Agnello sul monte Sion. Il monte Sion dell’antica città di Gerusalemme fu il luogo da cui governavano i re di Giuda, la sede del palazzo reale. Fu anche sul monte Sion che Davide piantò una tenda per la sacra arca del patto in cui si misero le due tavolette di pietra con l’incisione dei Dieci Comandamenti. In seguito quell’arca fu trasferita nel compartimento più interno del tempio costruito da Salomone figlio di Davide a breve distanza dal monte Moria. Il termine Sion, con l’andar del tempo, incluse Moria. Così Sion ebbe notevole relazione sia col regno che col sacerdozio. — 2 Samuele 6:12, 17; 1 Re 8:1; Isaia 8:18.

      Questo concorda col fatto che Gesù è sia Re che Sacerdote, ricoprendo entrambi gli incarichi come fece Melchisedec dell’antica Salem. Perciò Ebrei 6:20 dice di Gesù che è “divenuto sommo sacerdote secondo la maniera di Melchisedec per sempre”. In qualità di Re-Sacerdote, Gesù regna dal monte Sion celeste.

      Anche i regnanti a lui associati sono sacerdoti. Come un corpo sono chiamati “regal sacerdozio”. (1 Pietro 2:9) Della loro funzione, Rivelazione 5:10 ci dichiara: “[Tu, Cristo,] le hai fatte essere un regno e sacerdoti al nostro Dio, ed esse regneranno sulla terra”.

      SCOPO DELL’AMMINISTRAZIONE

      Un principale compito del re-sacerdote Gesù Cristo e dei regnanti sacerdotali con lui associati è quello di portare tutto il genere umano nell’unità con Geova Dio. Ciò significa rimuovere ogni traccia di peccato e imperfezione, poiché solo quelli che rifletteranno alla perfezione l’immagine di Dio potranno stare conforme al proprio merito dinanzi a lui. Che l’amministrativo Regno faccia parte dell’amministrazione di Dio per attuare questo è indicato in Efesini 1:9-12:

      “[Dio] ci fece conoscere il sacro segreto della sua volontà. Esso è secondo il suo beneplacito, che egli propose in se stesso per l’amministrazione al pieno limite dei tempi fissati, cioè per radunare di nuovo tutte le cose nel Cristo, le cose che sono nei cieli e le cose che sono sulla terra. Sì, in lui, uniti al quale fummo anche assegnati come eredi, in quanto fummo preordinati secondo il proposito di colui che opera tutte le cose secondo il modo che la sua volontà consiglia, affinché servissimo alla lode della sua gloria”.

      Siccome Gesù Cristo è senza peccato e in perfetta armonia con Geova Dio, che tutte le cose siano portate in unità con lui fa sì che come risultato il genere umano sia portato in unità con Geova Dio. Questo si comprende dal fatto che la Bibbia dice come, dopo che sarà stato completato questo aspetto dell’opera del Regno, Gesù Cristo ‘consegnerà il regno al suo Dio e Padre’. — 1 Corinti 15:24.

      Per portare a compimento l’enorme compito di perfezionare il genere umano, i governati celesti impiegheranno anche rappresentanti terrestri, uomini di rimarchevole devozione alla giustizia. (Salmo 45:16; Isaia 32:1, 2) Questi uomini dovranno soddisfare i requisiti che il re Gesù Cristo cerca in quelli ai quali affida responsabilità. Due requisiti basilari sono l’umiltà e l’amore altruistico. Gesù disse: “Voi sapete che i governanti delle nazioni le signoreggiano e i grandi esercitano autorità sopra di esse. Non sarà così fra voi; ma chi vorrà divenire grande fra voi dovrà essere vostro ministro, e chi vorrà esser primo fra voi dovrà essere vostro schiavo”. (Matteo 20:25-27) Egli disse anche: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati. Nessuno ha amore più grande di questo, che qualcuno ceda la sua anima a favore dei suoi amici”. — Giovanni 15:12, 13.

      Non vi sentireste sicuri sotto i rappresentanti del Regno dotati di tale amore e umiltà, che avrebbero sinceramente cura di voi?

      Nelle comunicazioni fra il governo celeste e i rappresentanti terrestri del re Gesù Cristo, non ci sarà nessun problema. Nei tempi passati Geova Dio trasmise messaggi ai suoi servitori sulla terra per mezzo di angeli e della sua invisibile forza attiva. (Daniele 10:12-14; 2 Pietro 1:21) Infatti, perfino gli uomini sono stati in grado di trasmettere messaggi a capsule e stazioni spaziali, e di riceverne da esse, mentre erano in orbita molto al di sopra della terra. Se gli uomini imperfetti possono fare tali cose, perché dovrebbe alcuno pensare che ciò sia troppo difficile per i perfetti governanti celesti?

      Comunque, prima che l’amministrazione del regno di Gesù Cristo e dei governanti con lui associati possa compiere l’opera di portare il genere umano in unità con Dio, devono essere rimosse tutte le forze che fanno opposizione. Non c’è la minima indicazione che coloro che oggi governano il genere umano siano disposti a cedere la loro sovranità a Gesù Cristo e ai governanti con lui associati. Essi si fanno beffe dell’idea che un governo celeste assuma il pieno controllo delle attività della terra. Per questo dovranno essere costretti a riconoscere l’autorità del regno di Dio mediante il suo Cristo. Questo avverrà a costo sia delle loro posizioni governative sia della loro vita. Come la Bibbia ci dichiara: “Ai giorni di quei re l’Iddio del cielo stabilirà un regno che non sarà mai ridotto in rovina. E il regno stesso non passerà ad alcun altro popolo. Esso stritolerà tutti questi regni e porrà loro fine, ed esso stesso starà a tempi indefiniti”. — Daniele 2:44.

      Dopo avere eliminato ogni opposizione, l’amministrazione del Regno si dedicherà al compito di liberare gli uomini dalle infermità e dalla morte. Come si farà questo?

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