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  • Elezione divina secondo l’“eterno proposito”
    L’“eterno proposito” di Dio ora trionfa per il bene dell’uomo
    • Capitolo VIII

      Elezione divina secondo l’“eterno proposito”

      1. Quale domanda sorse riguardo alla progenie dell’uomo al quale Dio rinnovò la sua promessa del patto?

      GEOVA Dio decise di rinnovare a Isacco la promessa del patto fatta a suo padre Abraamo. (Genesi 26:1-5, 23, 24) Benché si sposasse a quarant’anni, Isacco dovette raggiungere i sessant’anni prima di avere figli, due gemelli. Avrebbe Geova, che aveva esaudito la preghiera di Isacco per i figli, fatto un’elezione riguardo a quei due gemelli?

      2. Come Geova rivelò quale dei due gemelli avrebbe eletto?

      2 Geova indicò la sua elezione durante la gravidanza di Rebecca, dopo che ella lo aveva pregato interrogandolo intorno alla propria condizione: “Geova le diceva: ‘Due nazioni sono nel tuo ventre, e due gruppi nazionali saranno separati dalle tue parti interiori; e un gruppo nazionale sarà più forte dell’altro gruppo nazionale, e il più vecchio servirà il più giovane’”. Esaù fu il primogenito e Giacobbe il secondo gemello. (Genesi 25:20-23) Geova indicò così che non avrebbe fatto di questi due figli gemelli di Isacco una sola nazione, una nazione di due tribù. Piuttosto, dovevano esserci due gruppi nazionali, e il gruppo nazionale del gemello più vecchio doveva essere più debole e doveva servire il gruppo nazionale del gemello più giovane. Questo invertì il diritto naturale del figlio primogenito in quanto alla preminenza. Così Geova rivelò chi avrebbe eletto.

      3. Dipese lì l’elezione dalle opere degli uomini o da colui che chiama?

      3 L’Iddio Onnipotente e Onnisapiente aveva il diritto di far questo, secondo il suo proposito di benedire tutto il genere umano. Riguardo a ciò, un commentatore biblico del primo secolo scrisse: “Quando Rebecca concepì i gemelli da un solo uomo, Isacco nostro antenato: poiché quando non erano ancora nati né avevano praticato alcuna cosa buona o vile, onde il proposito di Dio riguardo all’elezione continuasse a dipendere non dalle opere, ma da Colui che chiama, le fu detto: ‘Il più vecchio sarà lo schiavo del più giovane’. Come è scritto: ‘Ho amato Giacobbe, ma ho odiato Esaù’”. — Romani 9:10-13; citazione anche di Malachia 1:2, 3.

      4. Perché Geova provò verso Esaù meno amore di quanto ne provò verso Giacobbe, anche prima della loro nascita?

      4 Per certo l’Iddio Onnipotente e Onnisapiente non fece una scelta cattiva. Senza dubbio Egli, essendo in grado di leggere nel seno di Rebecca il modello genetico dei gemelli, previde come i due figli avrebbero seguito la direttiva della propria vita. Elesse perciò il gemello giusto, nonostante che questi fosse il gemello più giovane. Sebbene facesse l’elezione secondo il suo proposito, Geova non forzò la situazione. Non predispose che in un giorno di critica decisione il più vecchio Esaù vendesse la propria primogenitura al fratello più giovane Giacobbe per una semplice scodella di minestra di lenticchie. È evidente, comunque, che Geova previde come il nascituro Esaù non avrebbe avuto per le cose spirituali l’apprezzamento e l’amore che avrebbe avuto Giacobbe. Per questo motivo Egli provò verso Esaù meno amore di quanto ne provò verso Giacobbe e fece conformemente la sua elezione, già quando i due gemelli non erano ancora nati ed erano nel seno materno. — Genesi 25:24-34.

      5. Predispose Geova come Giacobbe dovesse ottenere la benedizione pronunciata da Isacco, e la invertì Egli?

      5 Geova non predispose le tattiche che Giacobbe e sua madre Rebecca infine adottarono per ottenere la benedizione proferita da Isacco, ma Geova permise all’anziano cieco Isacco di pronunciare la benedizione del primogenito su Giacobbe, poiché Giacobbe meritava di averla. (Genesi 27:1-30) Geova non permise a Isacco di invertire tale benedizione, ma, quando Giacobbe fuggiva l’ira omicida del suo fratello gemello Esaù, Dio confermò la benedizione di Isacco su Giacobbe. Questo sostenne l’elezione di Dio, che aveva scelto Giacobbe prima della sua nascita. In che modo?

      6. Come l’elezione che Dio aveva fatto di Giacobbe fu sostenuta nel sogno che Giacobbe ebbe della scala usata dagli angeli?

      6 Nel luogo della Terra Promessa chiamato Betel, il fuggitivo Giacobbe “sognava, ed ecco, sulla terra era poggiata una scala e la sua cima giungeva fino ai cieli; ed ecco, su di essa salivano e scendevano gli angeli di Dio. Ed ecco, al di sopra d’essa stava Geova, e gli diceva: ‘Io sono Geova l’Iddio di Abraamo tuo padre e l’Iddio di Isacco. La terra sulla quale giaci la darò a te e al tuo seme. E per certo il tuo seme diverrà come le particelle di polvere della terra, e per certo ti estenderai all’occidente e all’oriente e al settentrione e al meridione, e per mezzo di te e per mezzo del tuo seme tutte le famiglie della terra per certo si benediranno. Ed ecco, io sono con te e di sicuro ti custodirò in tutta la via per la quale andrai e di sicuro ti farò tornare in questa terra, perché non ti lascerò finché non avrò realmente fatto ciò che ti ho proferito’”. — Genesi 28:12-15.

      7, 8. (a) Che cosa significò questa dichiarazione divina per la linea di discendenza del Messia? (b) A differenza di Esaù, per l’adorazione di chi si distinse Giacobbe?

      7 Secondo questa irreversibile dichiarazione dell’Iddio che non mente, la Promessa Abraamica contenuta in Genesi 12:1-7 doveva essere adempiuta da Dio per mezzo dei discendenti o seme di Giacobbe.

      8 Questo significava che il Messia, il “seme” della celeste “donna” di Dio, doveva venire dalla linea di discendenza di Giacobbe. Per questo noi seguiamo specialmente la storia dei discendenti di Giacobbe anziché seguire la storia delle nazioni e delle famiglie della terra che devono ancora benedirsi mediante il “seme” messianico. Inoltre, l’Iddio di Abraamo e di Isacco fu chiamato l’“Iddio di Giacobbe”. Questo non può dirsi di Esaù (o, Edom), che non si distinse nell’adorazione di Geova e i cui discendenti divennero nemici degli adoratori di Geova. Il ‘dio di Edom’ fu l’idolo Qos. (2 Cronache 25:14; Ezechiele, capitolo trentacinque) Il tempio in seguito edificato a Gerusalemme fu chiamato “casa dell’Iddio di Giacobbe”. (Isaia 2:3) Come esempio per noi che ora siamo in questi giorni difficoltosi, l’ispirato salmista dice: “Geova degli eserciti è con noi; l’Iddio di Giacobbe è per noi una sicura altezza”. — Salmo 46:11.

      ELEZIONE DELLA TRIBÙ REALE

      9. (a) Perché i discendenti di Giacobbe si chiamano Israeliti? (b) In quale luogo Giacobbe generò il suo dodicesimo figlio?

      9 Mentre per vent’anni era a Paddan-Aram nella valle mesopotamica, Giacobbe si sposò entro la parentela familiare approvata da suo padre Isacco e generò undici figli. Quindi Dio gli disse di tornare nella Terra Promessa, da cui era fuggito. (Genesi 31:3) Fu mentre Giacobbe faceva il viaggio di ritorno che gli fu dato il soprannome di Israele. L’angelo di Dio gli disse: “Il tuo nome non sarà più Giacobbe ma Israele, poiché hai conteso con Dio e con gli uomini così che alla fine hai prevalso”. (Genesi 32:28) Da allora in poi, i discendenti di Giacobbe furono chiamati Israeliti. (Esodo 17:11) Quando Giacobbe o Israele tornava in seguito da una visita ulteriore a Betel, dove aveva avuto il sogno della scala, generò il suo dodicesimo figlio, Beniamino. Ma quando diede alla luce questo suo secondo figlio, Rachele, diletta moglie di Giacobbe, morì. Come narra Genesi 35:19, “così Rachele morì e fu sepolta sulla via di Efrata, vale a dire Betleem”.

      10. Durante l’ulteriore permanenza di Giacobbe nella Terra Promessa, a quali squalifiche fu soggetto Ruben?

      10 Dopo che nel 1761 a.E.V. Giacobbe fu tornato nella Terra Promessa, continuò a dimorarvi come residente forestiero per trentatré anni. In quel tempo avvennero parecchie cose significative, ma non secondo alcun piano di Dio. Isacco, padre di Giacobbe, morì all’età di centottant’anni. (Genesi 35:27-29) Ruben, il più vecchio figlio di Giacobbe, violentò sessualmente Bila la concubina di suo padre e serva di Rachele. (Genesi 35:22) Questo squalificò Ruben dal diritto di primogenito del padre Giacobbe e anche dal privilegio che il Messia reale venisse dalla sua linea di discendenza. Questo non fu per certo predisposto da Geova Dio, poiché Egli non partecipò in nessun modo a tale fornicazione incestuosa. — Genesi 49:1-4.

      11, 12. (a) Come Simeone e Levi si squalificarono per ogni opportunità circa la linea di discendenza messianica? (b) Dio che cosa dovette ora fare riguardo all’elezione?

      11 Prima della morte di Rachele e dell’atto di scandalosa immoralità di Ruben, Dina la figlia di Giacobbe fu sessualmente violentata da un abitante della Terra Promessa, cioè da Sichem figlio di Emor l’Ivveo, che abitava nella città di Sichem. Tra i figli di Giacobbe ci fu grande indignazione a causa di questa “vergognosa follia contro Israele”. Quindi, allorché gli abitanti maschi di Sichem furon resi inabili perché si conformarono alla richiesta di circoncisione, Simeone secondo figlio di Giacobbe e Levi suo terzo figlio presero le spade e massacrarono tutti quei fiduciosi Sichemiti, dopo di che la città fu saccheggiata.

      12 Giacobbe come profeta di Dio disapprovò questa violenza. Egli disse a Simeone e a Levi che in quel modo l’avevano reso “una puzza agli abitanti del paese” e avevano esposto lui e la sua casa all’annientamento per mano dei più numerosi popoli del paese. (Genesi 34:1-30) A causa di tale crudele massacro nell’ira e nel furore, Simeone e Levi si squalificarono entrambi dall’avere il “seme” messianico nella propria linea di discendenza. Questo onorevole privilegio dovette ora andare perciò a qualche altro figlio che non fosse Simeone e Levi e il naturale figlio primogenito Ruben. (Genesi 49:5-7) Geova Dio non aveva certamente predisposto che le cose andassero in questo modo. Ora dovette adattarsi alle nuove circostanze. L’elezione che avrebbe fatta tra i figli di Giacobbe ancora rimanenti Egli l’avrebbe indicata per mezzo del suo profeta, Giacobbe o Israele.

      13, 14. Come Giacobbe e la sua casa scesero in Egitto per esservi con Giuseppe?

      13 Il figlio primogenito di Rachele, seconda moglie prediletta di Giacobbe, era l’undicesimo figlio della famiglia, cioè Giuseppe. A questo figlio della sua vecchiaia Giacobbe mostrava speciale affetto. Per tale motivo i fratellastri di Giuseppe ne divennero gelosi. Senza che il loro padre lo sapesse, fecero in modo di vendere Giuseppe a mercanti viaggiatori che erano in cammino verso l’Egitto. Al loro padre Giacobbe fecero credere che Giuseppe fosse stato ucciso da una bestia selvaggia.

      14 Giuseppe fu venduto schiavo in Egitto, ma grazie al favore dell’Iddio che fedelmente adorava e a cui ubbidiva fu elevato all’incarico di amministratore annonario e primo ministro d’Egitto sotto Faraone. Nell’anno 1728 a.E.V. Giuseppe si riconciliò con i suoi pentiti fratellastri, che erano scesi in Egitto ad acquistare provviste di viveri durante la carestia mondiale. In seguito, per disposizione di Giuseppe, suo padre Giacobbe o Israele si trasferì con tutta la sua casa in Egitto e si stabilì in quello che si chiamava Paese di Gosen. Giacobbe continuò a vivervi per diciassette anni. — Genesi, capitoli 37–47.

      15, 16. Giacobbe entrò quindi in Egitto ancora come erede di che cosa, e come Salmo 105:7-15 richiama su ciò l’attenzione?

      15 Fu per istruzione di Dio che Giacobbe partì dalla Terra Promessa e scese in Egitto su invito di Giuseppe. (Genesi 46:1-4) Vi scese come ancora erede della Promessa Abraamica e colui che l’avrebbe trasmessa. Salmo 105:7-15 addita questo fatto e dice:

      16 “Egli è Geova nostro Dio. Le sue decisioni giudiziarie sono in tutta la terra. Ha ricordato il suo patto fino a tempo indefinito, la parola che comandò, a mille generazioni, il quale patto egli concluse con Abraamo, e la sua dichiarazione giurata a Isacco, e la quale dichiarazione tenne in vigore come regolamento pure per Giacobbe, come patto di durata indefinita pure per Israele, dicendo: ‘A te darò il paese di Canaan come parte assegnata della vostra eredità’. Questo avvenne quando erano pochi di numero, sì, pochissimi, e residenti forestieri in esso. E camminavano di nazione in nazione, da un regno a un altro popolo. Egli non permise ad alcun uomo di defraudarli, ma a motivo d’essi riprese dei re, dicendo: ‘Non toccate i miei unti [in ebraico il numero plurale di ma·shiʹahh, o messia], e non fate nulla di male ai miei profeti’”.

      17. Perché Geova parlò ad Abraamo, Isacco e Giacobbe come a “profeti” e come a suoi “unti”?

      17 Così Geova chiamò Abraamo, Isacco e Giacobbe suoi profeti, e realmente lo furono. (Genesi 20:7) Di un profeta poteva dirsi che era unto perché era stato designato e nominato, anche senza che si versasse su di lui olio ufficiale. (1 Re 19:16, 19; 2 Re 2:14) Similmente, malgrado Abraamo, Isacco e Giacobbe non fossero stati unti con olio nel modo in cui Giacobbe unse la colonna nel luogo chiamato Betel, furono appropriatamente chiamati “unti” a motivo dell’azione di Geova verso di loro. (Genesi 28:18, 19; 31:13) Il fatto che Geova li chiamò “miei unti” indica che li nominò, li elesse. La traduzione (inglese) della Bibbia di Moffatt rende Salmo 105:15: “Non toccate mai i miei eletti, non danneggiate mai i miei profeti”. (Anche 1 Cronache 16:22) Geova elegge chi vuole; la sua elezione è motivata da un proposito.

      18. Conformemente, la nazione che doveva venire da Abraamo, Isacco e Giacobbe come fu inoltre designata, e perché questo fu appropriato?

      18 Abraamo, Isacco e Giacobbe furono “messia” di Geova, ed è in armonia con questo che da essi venne la nazione messianica. Le Sacre Scritture parlano di questa nazione eletta come del “messia” o “unto” di Geova. In Salmo 28:8, 9, il salmista Davide dice: “Geova è una forza per il suo popolo, ed è una fortezza della grande salvezza del suo unto [ebraico: ma·shiʹahh]. Salva il tuo popolo, e benedici la tua eredità; e pascili e portali a tempo indefinito”. Il profeta Abacuc disse successivamente a Geova in preghiera: “Uscisti per la salvezza del tuo popolo, per salvare il tuo unto [ma·shiʹahh]”. (Abacuc 3:13) Fu conforme a ciò che, da questo “unto” popolo o nazione, doveva venire nel tempo stabilito da Dio il vero Messia, il “seme” della celeste “donna” di Dio. — Genesi 3:15.

      19. Essendo capi di dodici tribù, i figli di Giacobbe come furono chiamati?

      19 Fu laggiù in Egitto che i discendenti di Giacobbe crebbero fino a divenire un popolo numeroso, pronto a costituire una nazione. Riguardo al tempo in cui Giacobbe era sul suo letto di morte (nel 1711 a.E.V.) e proferì le sue parole di addio ai propri figli si disse: “Tutti questi sono le dodici tribù d’Israele, e questo è ciò che il loro padre proferì loro quando li benediceva. Egli li benedisse ciascuno secondo la sua propria benedizione”. (Genesi 49:28) Divenendo ciascuno capo di una tribù, questi dodici figli di Giacobbe furon chiamati “patriarchi”, o “capi dei padri”. Come disse una volta un oratore davanti al Sinedrio di Gerusalemme: “Quindi gli diede il patto della circoncisione, e così, dopo nacque Isacco, lo circoncise l’ottavo giorno; e Isacco generò Giacobbe, e Giacobbe i dodici patriarchi. Per gelosia i patriarchi vendettero Giuseppe schiavo in Egitto, ma Dio era con lui”. (Atti 7:8, 9, New English Bible) Appropriatamente, i Giudei di lingua greca parlarono di “Abraamo il patriarca”, e anche del “patriarca Davide”. — Ebrei 7:4; Atti 2:29, NEB.

      20. Fu così istituito in Israele un patriarcato religioso?

      20 Comunque, questo non significa che fra i discendenti di Giacobbe si istituisse lì in Egitto un patriarcato religioso. Dopo che Giacobbe morì nel paese di Gosen, Giuseppe quale primo ministro d’Egitto per Faraone non si costituì capo patriarcale delle “dodici tribù d’Israele”, sebbene la finale benedizione che gli diede suo padre indicasse che il diritto del primogenito era stato trasferito a Giuseppe. — Genesi 49:22-26; 50:15-26.

      21. (a) Giacobbe indicò che il diritto del primogenito era ora trasferito a chi? (b) Da chi dipendeva l’elezione del capo della linea di discendenza che avrebbe condotto al re messianico?

      21 Con le benedizioni profetiche che diede ai suoi dodici figli il patriarca Giacobbe diede più che l’indicazione che la primogenitura o il diritto del primogenito era stato trasferito da Ruben, figlio primogenito di Giacobbe avuto dalla sua prima moglie Lea, a Giuseppe, figlio primogenito della sua seconda moglie Rachele. (Genesi 29:21-32) Prima di vendere Giuseppe come schiavo in Egitto, i suoi fratellastri si risentirono al pensiero che egli potesse divenire re su di loro. (Genesi 37:8) Ma molto prima di ciò, quando Dio diede al patriarca Abraamo il patto della circoncisione, Dio aveva preannunciato che da Abraamo sarebbero venuti dei re, e questo sarebbe avvenuto per mezzo di sua moglie Sara, il cui nome Dio quindi cambiò da Sarai a Sara, che significa “Principessa”. (Genesi 17:16) Inoltre, quando Dio cambiò il nome di Giacobbe in Israele, promise che dei re sarebbero venuti da Giacobbe. (Genesi 35:10, 11) Comunque, il diritto del figlio primogenito della famiglia non recava automaticamente con sé il diritto e l’onore d’essere l’antenato della discendenza di re che avrebbe condotto al Re messianico, il “seme” della celeste “donna” di Dio. Questa condizione essenziale dipendeva dall’elezione di Dio. Egli fece indicare a Giacobbe quale figlio sarebbe stato l’antenato di tale Re.

      22. In una benedizione, su quale figlio Giacobbe si riferì a uno “scettro” e a un “bastone del comandante”?

      22 Dopo aver espresso la sua disapprovazione a Ruben, a Simeone e a Levi, il morente Giacobbe si riferì al suo quarto figlio avuto dalla prima moglie Lea e disse: “In quanto a te, Giuda, i tuoi fratelli ti loderanno. La tua mano sarà sulla parte posteriore del collo dei tuoi nemici. I figli di tuo padre ti si prostreranno. Giuda è un leoncello. Per certo salirai dalla preda, figlio mio. Egli si è chinato, s’è steso come un leone e, come un leone, chi osa farlo levare? Lo scettro non si allontanerà da Giuda, né il bastone del comandante di fra i suoi piedi, finché venga Silo; e a lui apparterrà l’ubbidienza dei popoli”. — Genesi 49:8-10, New World Translation of the Holy Scriptures.

      23. Tutti questi aspetti, lo scettro, il bastone del comandante, l’ubbidienza dei popoli, il paragone con un leone, che cosa denotano in quanto a Giuda?

      23 Notiamo che Giacobbe paragona Giuda a un leone. Michea 5:8 assomiglia il leone a un animale re della foresta. Ezechiele 19:1-9 assomiglia i re del regno di Giuda a leoni. Così il paragone di Giacobbe che assomiglia Giuda a un leone è in armonia con il fatto che lo scettro non doveva ‘allontanarsi da Giuda’, e questo implicava che Giuda aveva già lo scettro e non l’avrebbe perduto o non ne sarebbe stato privato. Che questo fosse lo scettro reale è confermato dal fatto che lo scettro fu paragonato al “bastone del comandante”, che nemmeno doveva allontanarsi da Giuda prima che venisse Silo. Per giunta, a Giuda, come fu rappresentato da questo Silo, “apparterrà l’ubbidienza dei popoli”. (Genesi 49:10, NW) Tutti questi aspetti di Giuda ne denotano la regalità!

      24, 25. (a) Che cosa significa il nome Silo, e a chi si applica? (b) Perché lo scettro reale non dovrà allontanarsi da Giuda?

      24 Si comprende che il nome Silo significa “Colui al quale appartiene”. L’antica Vulgata latina, che fu tradotta dal testo originale ebraico del giorno, dice: “Finché venga colui che dev’esser mandato”.

      25 La venuta di questo Silo (“Colui del quale esso è”) si riferisce allo stesso la cui venuta è preannunciata dalle parole che il Sovrano Signore Geova rivolge all’ultimo re giudeo di Gerusalemme: “Una rovina, una rovina, una rovina ne farò. Anche in quanto a questo, per certo non diverrà di nessuno finché venga colui che ha il diritto legale, e a lui lo devo dare”. (Ezechiele 21:27) Questo si riferisce senza dubbio alla venuta del Re messianico, il “seme” della figurativa “donna” di Dio, poiché con la sua venuta non c’è bisogno di un’ulteriore successione di re dopo di lui. Quindi il regno della tribù di Giuda giunge al suo culmine e rimane per sempre nelle mani di Silo. Questi è il Re messianico che sederà nei cieli alla destra di Geova e sarà un re come Melchisedec, al quale il patriarca Abraamo pagò le decime delle spoglie della vittoria. (Salmo 110:1-4) Così lo scettro reale non si sarebbe allontanato da Giuda.

      26. (a) Come I Cronache 5:1, 2 mostra che il diritto del primogenito è una cosa e le relazioni reali ne sono un’altra? (b) Nonostante gli sviluppi non prestabiliti, Geova che cosa fu libero e in grado di fare?

      26 Che il diritto del figlio primogenito della famiglia fosse una cosa e l’assegnazione della direttiva reale ne fosse un’altra, e che Dio per mezzo del morente patriarca Giacobbe assegnasse la direttiva reale a Giuda, è dichiarato con chiarezza nella Scrittura. In I Cronache 5:1, 2 leggiamo riguardo ai figli di Giacobbe: “E i figli di Ruben primogenito d’Israele poiché egli era il primogenito; ma per aver profanato il giaciglio di suo padre il suo diritto di primogenito fu dato ai figli di Giuseppe figlio d’Israele, così che [Ruben] non dovette essere registrato secondo la genealogia per il diritto del primogenito. Poiché Giuda stesso mostrò d’esser superiore tra i suoi fratelli, e il condottiero era da lui [e il principe discese da lui (Leeser); e da lui venne colui che è il principe (Jewish Publication Society)]; ma il diritto come primogenito era di Giuseppe”. (NW) Qui non possiamo dire che l’Iddio Onnipotente e Onnisapiente predisponesse le cose in questo modo, poiché non indusse Ruben, Simeone e Levi a compiere azioni errate e a subirne le conseguenze. Piuttosto, dal modo in cui ebbero luogo i non predisposti avvenimenti egli fu libero di fare l’elezione di Giuda. Non tenendo conto di ciò che accadde, poté attenersi al suo originale proposito e adempierlo senza arrecare nessun cambiamento.

      27, 28. (a) Su quale nazione, quindi, manterremo gli occhi esercitati, e su quale sua parte in particolare? (b) Agendo secondo le prove che Dio fornisce, quali benefici ne avremo?

      27 Le scelte e gli atti di Dio ci sono di sicura guida allorché consideriamo il Suo “eterno proposito” che formò riguardo all’Unto, il Messia. Dalle parole profetiche che egli ispirò il morente patriarca Giacobbe a pronunciare su Giuda, apprendiamo il corso che dobbiamo seguire. Dobbiamo mantenere i nostri occhi esercitati non solo sulle dodici tribù d’Israele in genere, ma sulla tribù di Giuda in particolare a causa della sua diretta relazione con il Messia di Geova, il “seme” della Sua celeste “donna”. Sempre più prove si accumulano per aiutarci a identificare questo Re messianico in cui si racchiude l”‘eterno proposito” di Dio.

      28 Agendo secondo le prove che il Sovrano Signore Geova ci fornisce, eviteremo di divenire seguaci di un deludente Messia falso. Invece, proveremo la gioia di riconoscere il Messia vero venuto da Dio e di seguire colui per mezzo del quale tutte le nazioni della terra si procureranno una benedizione eterna.

  • Una nazione che fece un patto con Dio
    L’“eterno proposito” di Dio ora trionfa per il bene dell’uomo
    • Capitolo IX

      Una nazione che fece un patto con Dio

      1. Le nazioni sono oggi troppo materialistiche perché formino l’organizzazione di un trattato con chi?

      NEI rapporti internazionali c’è la consuetudine che uno stato faccia un trattato con un altro stato per mutua difesa o relazioni pacifiche o scambi culturali o altre considerazioni. Diversi stati politici possono entrare a far parte di un’organizzazione secondo un trattato, come oggi l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico Settentrionale (NATO), l’Organizzazione del Trattato di Varsavia (o, Patto di Varsavia), o l’Organizzazione del Trattato per l’Asia Sud-Orientale (SEATO). Ma quale stato politico o nazione è oggi in un patto con Dio? Le nazioni sono oggi troppo materialistiche perché formino l’organizzazione di un trattato con un invisibile Essere celeste come una parte del trattato.

      2. A quali domande desideriamo una risposta circa una nazione che fece un patto con Dio?

      2 Anticamente ci fu comunque sulla terra una vera nazione vivente che fece un patto con l’Altissimo Dio del cielo. Questo significò un patto fra una parte terrestre e una parte celeste, una parte visibile e una parte invisibile. Ogni patto si fa per un espresso proposito. Quale fu lo scopo di quello storico patto fra una nazione della terra e il solo vivente e vero Dio del cielo? Come fu stipulato un patto apparentemente così privo d’equilibrio? Queste sono domande alle quali desideriamo ora una risposta.

      3. Chi sarebbe stata la persona giusta per stabilire i termini, il mediatore, le condizioni e il tempo di un tale patto?

      3 Essendo onnisapiente e onnipotente, l’Iddio Altissimo sarebbe stato la Persona giusta per offrire o anche proporre un tale patto con una nazione di persone imperfette e peccaminose. Date le circostanze, sarebbe stato appropriato che Egli dichiarasse lo scopo del patto e ne stabilisse i termini e nominasse un mediatore che avrebbe agito fra Lui e gli uomini. Egli avrebbe stabilito le condizioni secondo cui il patto sarebbe stato tenuto in vigore e avrebbe anche scelto il tempo per stipulare un tale patto o accordo. Il tempo fissato da Dio molto in anticipo fu il sedicesimo secolo avanti la nostra Èra Volgare (o a.E.V.).

      4. Nell’occasione in cui fece un formale patto con Abraamo su sacrificio, quale periodo di tempo predisse Dio per il suo seme?

      4 Dio aveva fatto un formale patto su sacrificio con il progenitore di questa intera nazione che a suo tempo doveva essere portata in un patto nazionale. Dopo che Melchisedec, re di Salem e sacerdote dell’Iddio Altissimo, pronunciò una benedizione su Abraamo che tornava da una vittoria militare, Dio fece entrare Abraamo in questo patto formale con Lui su sacrificio. Quando diede ad Abraamo la forte assicurazione che la promessa divina si sarebbe adempiuta sui discendenti di Abraamo, Dio gli disse: “Di sicuro sappi che il tuo seme diverrà residente forestiero in un paese non loro, e dovranno servirli, e questi certamente li affliggeranno per quattrocento anni. Ma la nazione che serviranno io la giudicherò, e ne usciranno quindi con molti beni. In quanto a te, andrai dai tuoi antenati in pace; sarai sepolto in una buona vecchiaia. Ma alla quarta generazione torneranno qui, perché l’errore degli Amorrei non è ancora giunto a compimento”. — Genesi 15:13-16.

      5. Il lungo tempo che doveva passare prima che il seme di Abraamo occupasse la Terra Promessa che cosa consentì che accadesse?

      5 Così l’occupazione del paese da parte del seme naturale di Abraamo fu differita di oltre quattrocento anni. Questo lungo periodo di tempo avrebbe consentito all’eletto seme naturale di Abraamo di crescere fino a formare un popolo di molti componenti, abbastanza numeroso da cacciare gli Amorrei che occupavano il paese di Canaan i quali andavano di male in peggio nell’“errore” delle loro vie pagane. Nonostante che il seme naturale di Abraamo crescesse fino a divenire un popolo di grande proporzione in un paese estraneo a quello di Canaan, tuttavia Dio avrebbe tenuto il paese in serbo per loro finché l’“errore” degli abitanti della terra promessa non fosse divenuto così grande da meritare l’espulsione dal paese. Che Dio avrebbe dato il territorio al seme naturale di Abraamo al tempo per esso maturo, Geova lo garantì ora con un patto formale.

      “In quel giorno Geova concluse con Abramo un patto, dicendo: ‘Al tuo seme darò per certo questo paese, dal fiume d’Egitto al gran fiume, il fiume Eufrate, i Cheniti e i Chenizei e i Cadmonei e gli Ittiti e i Ferezei e i Refaim e gli Amorrei e i Cananei e i Ghirgasei e i Gebusei’”. — Genesi 15:18-21.

      6. Il patto nazionale avrebbe cancellato forse la Promessa Abraamica, e a quale scopo sarebbe servito riguardo ai discendenti di Abraamo?

      6 In contrasto con quel patto divino con un solo uomo, Abraamo, il patto che Dio prevedeva era con una grande nazione di discendenti da Abraamo secondo un’eletta linea di discendenza. Quel patto nazionale doveva aggiungersi alla Promessa Abraamica, che divenne vincolante quando Abraamo attraversò il fiume Eufrate verso nord ed entrò nel territorio incluso nei confini dichiarati nel formale patto di Dio concluso con Abraamo su sacrificio. (Genesi 12:1-7) Il patto stipulato con i discendenti della nazione di Abraamo non cancellò la Promessa Abraamica ma le fu semplicemente aggiunto. Questo fu saggio, poiché non tutti i discendenti carnali di Abraamo si sarebbero mostrati idonei per partecipare alla Promessa Abraamica riguardo all’adempimento d’essa per la benedizione di tutte le nazioni e le famiglie della terra. Quindi, l’ulteriore patto nazionale sarebbe servito bene come un ausilio o mezzo per preparare i degni a ricevere e seguire lealmente il vero Messia, il promesso “seme” della celeste “donna” di Dio, quando Dio lo mandò e lo unse.

      7. Per quali motivi Dio non avrebbe concluso il patto con i discendenti di Abraamo prima della fine di quei quattrocento anni?

      7 La stipulazione di quell’ulteriore patto nazionale non avrebbe avuto luogo prima che passassero più di quattrocento anni da che Dio concluse questo patto con Abraamo su sacrificio, perché in quel tempo Abraamo non aveva nessuna progenie dalla sua moglie Sara allora sterile. Per giunta, Dio non avrebbe concluso un patto con i discendenti di Abraamo quando erano in servitù e afflitti da una nazione straniera. Questo non poteva avvenire, specialmente se si considera che la stipulazione del patto richiedeva quel tipo di sacrifici che era detestabile e dubbio per la nazione che li affliggeva e li teneva come schiavi. (Esodo 8:25-27) Prima Dio avrebbe giudicato avversamente la nazione oppressiva e avrebbe liberato il suo popolo e lo avrebbe reso libero di fare un patto con Lui, e poi Dio avrebbe concluso un patto con loro. Questo sarebbe avvenuto alla fine dei predetti “quattrocento anni”. Notiamo così che Geova Dio ha contrassegnato i propri periodi di tempo per la realizzazione del suo “eterno proposito” riguardo al suo Unto, al suo Messia.

      8, 9. (a) Quale periodo di tempo cominciò allo svezzamento di Isacco, e come mai? (b) La fine di quel periodo fu il tempo per che cosa riguardo al seme naturale di Abraamo?

      8 Venticinque anni dopo che Abraamo era entrato nella Terra Promessa, o all’età di cento anni, egli generò il suo solo e unico figlio, che la sua vera moglie Sara partorì, naturalmente, per miracolo divino. Ciò accadde nel paese che non apparteneva ancora ad Abraamo o a suo figlio Isacco. Quando Isacco fu svezzato, cominciò l’afflizione del “seme” naturale da cui doveva venire il Messia. Questo accadde quando il diciannovenne Ismaele fratellastro di Isacco schernì irrispettosamente Isacco poco dopo ch’era stato svezzato. Tale condotta che mostrava gelosia sarebbe potuta divenire una minaccia per la vita di Isacco, l’erede che Abraamo aveva avuto da Dio. — Genesi 16:11, 12.

      9 Secondo il calcolo del tempo, questo inizio dell’afflizione del “seme” di Abraamo in un paese non loro si ebbe quando Abraamo aveva centocinque anni e Isacco aveva cinque anni. Questo accadde nell’anno 1913 a.E.V. (Genesi 21:1-9; Galati 4:29) Conformemente, i “quattrocento anni” d’afflizione sul “seme” naturale di Abraamo sarebbero finiti nel 1513 a.E.V. Questo sarebbe stato l’anno in cui il seme di Abraamo sarebbe dovuto uscire dal paese della nazione oppressiva e avrebbe dovuto cominciare a tornare nel paese dei suoi antenati, la Terra Promessa. Era il tempo giusto perché Dio stipulasse un patto nazionale con il “seme” di Abraamo, per poterli condurre nella Terra Promessa come una nazione vincolata in un patto con Lui. Quando ciò avvenne, alla fine dei quattrocento anni, fu anche il tempo in cui eran passati quattrocentotrent’anni da che Abraamo aveva attraversato il fiume Eufrate e la Promessa Abraamica era entrata in vigore. — Esodo 12:40-42; Galati 3:17-19.

      STIPULATO UN PATTO NAZIONALE

      10. Fino a qual punto crebbe in Egitto il seme naturale di Abraamo, ma infine in quale condizione?

      10 Da quando Giacobbe nipote di Abraamo si trasferì con la sua casa fuori del paese di Canaan, e sino alla fine dei quattrocento anni, i discendenti di Giacobbe, le dodici tribù d’Israele, si trovarono nel paese del camitico Egitto (non nell’Egitto arabico, come oggi). Come era stato predetto da Geova Dio, l’afflizione era venuta sul “seme” naturale di Abraamo ed ora era divenuta molto grave. L’obiettivo di ciò era quello di sterminare il popolo di Abraamo amico di Dio. Nonostante ciò, essi erano cresciuti fino a divenire come le stelle dei cieli e come i granelli di sabbia che sono innumerevoli sulla spiaggia del mare, conforme alla promessa di Dio. Infine, si poterono riunire “seicentomila uomini robusti a piedi”, idonei per il servizio militare. (Esodo 12:37) No, Dio non aveva dimenticato il suo patto con il suo amico Abraamo. Egli si attenne inoltre al tempo del suo annunciato programma. Fu dunque pronto a compiere a suo tempo l’azione dovuta.

      11. Chi suscitò Dio affinché fosse un condottiero per Israele, e come questi aveva cercato di mostrarsi condottiero?

      11 Chi doveva essere ora il loro condottiero visibile? Dio non elesse il capotribù della tribù di Giuda come se questo fosse obbligatorio a causa della benedizione del Regno che Giacobbe aveva pronunciata su Giuda. (Genesi 49:10; 1 Cronache 5:1, 2) Invece, l’Iddio Altissimo, con il suo insito diritto di elezione, scelse un uomo adatto della tribù di Levi, Mosè pronipote di Levi. (Esodo 6:20; Numeri 26:58, 59) Quarant’anni prima della fine dei quattrocento anni, Mosè abbandonò la vita di corte di Faraone d’Egitto e gettò la sua sorte con i propri fratelli israeliti offrendosi loro come condottiero per trarli fuori della schiavitù. “Egli supponeva che i suoi fratelli comprendessero che Dio dava loro salvezza per sua mano, ma essi non lo compresero”. Dio non aveva allora mandato Mosè a liberare il popolo schiavo. Mosè fu costretto a fuggire da Faraone perché tentava d’ucciderlo. Si rifugiò nel paese di Madian e si sposò e divenne pastore per conto di suo suocero. — Esodo da 2:11 a 3:1; Atti 7:23-29.

      12. Quando e dove Mosè divenne “unto” di Geova, e con quale missione?

      12 Passarono quarant’anni, e Mosè compì ottant’anni. Quindi allorché Mosè pasceva le pecore nella penisola del Sinai, l’angelo di Dio fece a Mosè una manifestazione miracolosa ai piedi del monte Horeb, circa trecento chilometri a sud-est dell’attuale Canale di Suez. Qui, in Horeb, Geova Dio pronunciò per così dire compitando il proprio nome a Mosè e disse “‘Io mostrerò d’essere ciò che mostrerò d’essere’. . . . Devi dire questo ai figli d’Israele: ‘Io mostrerò d’essere mi ha mandato a voi’”. (Esodo 3:2-14) Così Dio costituì Mosè come Suo profeta e rappresentante, e Mosè poté ora correttamente chiamarsi “unto”, o “messia”, allo stesso modo dei suoi antenati Abraamo, Isacco e Giacobbe. (Salmo 105:15; Atti 7:30-35; Ebrei 11:23-26) Geova indicò che avrebbe concluso un patto con il popolo di Mosè al monte Horeb, poiché disse che Mosè l’avrebbe tratto fuori d’Egitto per condurlo a questo monte, dove avrebbe servito Geova. — Esodo 3:12.

      13. Come Faraone fu portato al punto di ordinare che gli Israeliti partissero dall’Egitto?

      13 Siccome Faraone si rifiutò ripetutamente di lasciar andare via gli Israeliti, Geova fece abbattere su lui e sul suo popolo una serie di piaghe. La decima e ultima piaga fu quella che spezzò l’ostinato cuore di Faraone e la sua resistenza. Questa piaga fece morire tutti i primogeniti delle famiglie egiziane e dei loro animali domestici. I primogeniti degli Israeliti non morirono perché essi ubbidirono a Geova Dio e celebrarono il pasto pasquale, il primo che fecero, nelle loro case. L’angelo che eseguiva il giudizio di Geova, visto il sangue dell’agnello pasquale spruzzato sugli stipiti e sull’architrave della porta delle loro case, passava oltre, e la morte non invadeva la cerchia familiare. Naasson, padre di Salmon, della tribù di Giuda, fu risparmiato e restò in vita, anche Nadab, figlio primogenito di Aaronne, fratello maggiore di Mosè. Ma il figlio primogenito di Faraone morì. Preso dall’afflizione e per insistenza degli orbati Egiziani, Faraone ordinò di far uscire gli inermi Israeliti dal paese. — Esodo da 5:1 a 12:51.

      14. Quali periodi di tempo finirono quel primo giorno di Pasqua, e che cosa ordinò Dio riguardo a quella notte?

      14 Quella memorabile notte di Pasqua dell’anno 1513 a.E.V. pose simultaneamente fine a diversi segnati periodi di tempo. Finirono i quattrocento anni d’afflizione del seme naturale di Abraamo in un paese non suo. Finirono i duecentoquindici anni di residenza in Egitto dall’entrata del patriarca Giacobbe. Finirono i quattrocentotrent’anni da quando Abraamo attraversò il fiume Eufrate e cominciò a dimorare nella Terra Promessa. Non c’è da meravigliarsi se leggiamo: “E la dimora dei figli d’Israele, che avevan dimorato in Egitto, fu di quattrocentotrent’anni. E avvenne alla fine dei quattrocentotrent’anni, in quel medesimo giorno, pure avvenne che tutti gli eserciti di Geova uscirono dal paese d’Egitto. È una notte di osservanza riguardo a Geova per averli fatti uscire dal paese d’Egitto. Riguardo a Geova questa è una notte di osservanza da parte di tutti i figli d’Israele in tutte le loro generazioni”. — Esodo 12:40-42.

      15. Come Dio liberò gli Israeliti dagli Egiziani che li inseguivano, e allora che cosa cantarono?

      15 Con ingegnosa strategia, Geova per mezzo di Mosè condusse il suo popolo liberato alla sponda del superiore braccio occidentale del mar Rosso. Immaginando che gli Israeliti fossero intrappolati, Faraone e i suoi guidatori di carri e i suoi cavalieri si lanciarono all’inseguimento e circondarono i loro sfuggiti schiavi. Ma l’Iddio Onnipotente fece aprire un passaggio e durante la notte gli Israeliti attraversarono il letto prosciugato del mare passando alla spiaggia della penisola del Sinai. Quando agli Egiziani fu permesso di entrare nel corridoio della fuga, Dio fece ricadere su di loro le acque del mar Rosso e annegò essi e i loro cavalli. Non era venuta meno la parola di Dio, che Egli avrebbe giudicato quella nazione di oppressori del “seme” naturale di Abraamo. (Genesi 15:13, 14) Al sicuro sulla sponda del Sinai, i testimoni del giudizio di Geova cantarono: “Geova regnerà a tempo indefinito, sì, per sempre. . . . Cantate a Geova, poiché si è altamente esaltato. Egli ha lanciato in mare il cavallo e il suo cavaliere”. — Esodo 15:1-21.

      16. Dio che cosa propose a Israele mentre era accampato in Horeb, e quale ne fu lo scopo?

      16 Nel terzo mese lunare (Sivan) dopo l’uscita dall’Egitto, quando gli Israeliti giunsero nel deserto del Sinai e si accamparono alla base del “monte del vero Dio”, Horeb, fu un giorno speciale. Fu qui che Geova disse a Mosè che lo dovevano servire. (Esodo 3:1, 12; 19:1) Il profeta Mosè fu ora invitato ad agire come mediatore fra Dio e il popolo accampato. Geova ora propose un patto fra Lui e il popolo ed espresse lo scopo del patto. A Mosè, sul monte Horeb, Egli disse: “Questo dirai alla casa di Giacobbe e dichiarerai ai figli d’Israele: ‘Voi stessi avete visto ciò che io feci agli Egiziani, per portarvi su ali d’aquile e condurvi a me. E ora se ubbidirete strettamente alla mia voce e osserverete in realtà il mio patto, per certo diverrete di fra tutti gli altri popoli la mia speciale proprietà, perché l’intera terra appartiene a me. E voi stessi mi diverrete un regno di sacerdoti e una nazione santa’”. — Esodo 19:3-6.

      17. Quale procedura mostra se Geova imponesse il patto agli Israeliti portati in salvo?

      17 L’Iddio Altissimo non impose questo patto agli Israeliti. Li lasciò liberi di decidere se fare un patto con lui o no, benché li avesse salvati dall’Egitto e dal mar Rosso. Divenire per Geova una “speciale proprietà”? DivenirGli “un regno di sacerdoti e una nazione santa”? Sì, fu ciò che gli Israeliti allora desiderarono fare. Infatti, quando Mosè disse agli uomini rappresentativi del popolo che Dio aveva proposto un patto, allora, come leggiamo, “tutto il popolo rispose unanimemente e disse: ‘Siamo disposti a fare tutto ciò che Geova ha proferito’”. Mosè riferì ora la decisione del popolo a Geova, che quindi stipulava il patto come era stato convenuto. — Esodo 19:7-9.

      18. Il terzo giorno dopo ciò, che cosa dichiarò Dio a Israele?

      18 Il terzo giorno dopo ciò Geova, per mezzo del suo angelo sul monte Sion lì in Horeb, dichiarò agli Israeliti radunati in assemblea le Dieci Parole o Dieci Comandamenti. Questi comandamenti possiamo leggerli per nostro conto in Esodo 20:2-17.

      PREANNUNCIATO UN MEDIATORE PIÙ GRANDE

      19. (a) A causa dello spettacolo, che cosa chiesero gli Israeliti a Mosè? (b) Che cosa disse per risposta Mosè?

      19 L’occasione fu spettacolare! “Ora tutto il popolo vedeva i tuoni e lo sfolgorio dei lampi e il suono del corno e il monte fumante. Quando il popolo lo vide, tremava e se ne stava a distanza. E dicevano a Mosè: ‘Parla tu con noi, e lasciaci ascoltare; ma non parli Dio con noi affinché non moriamo’”. (Esodo 20:18, 19) La risposta che Dio diede a questa domanda degli spaventati Israeliti è riportata più pienamente in Deuteronomio 18:14-19. Qui, dopo aver detto agli Israeliti che Dio non aveva dato loro maghi o divinatori perché facessero da mediatori fra Lui e loro, Mosè continuò a dire:

      “Ma in quanto a te, Geova tuo Dio non ti ha dato nulla di simile. Dal tuo proprio mezzo, dai tuoi fratelli, Geova tuo Dio susciterà per te un profeta come me — lui dovreste ascoltare — secondo tutto ciò che chiedesti a Geova tuo Dio in Horeb il giorno della congregazione, dicendo: ‘Non farmi udire di nuovo la voce di Geova mio Dio, e non farmi vedere più questo gran fuoco, affinché io non muoia’. Allora Geova mi disse: ‘Hanno fatto bene a parlare come han parlato. Susciterò per loro di mezzo ai loro fratelli un profeta come te; e in realtà metterò le mie parole nella sua bocca, ed egli per certo pronuncerà loro tutto ciò che io gli comanderò. E deve accadere che l’uomo il quale non avrà ascoltato le mie parole ch’egli avrà pronunciate nel mio nome, io stesso gliene chiederò conto’”.

      20, 21. (a) Fu facile per Israele credere che ci sarebbe stato un altro profeta come Mosè? (b) In che modo questo profeta futuro doveva essere come Mosè, e in quali proporzioni?

      20 Un profeta come Mosè, con il quale Dio parlava, per così dire “a faccia a faccia”? Poté esser difficile per gli Israeliti accettare tale idea, quando Mosè stesso disse loro ciò che Dio aveva proferito. Tuttavia, questo è quanto l’Iddio Onnipotente disse che avrebbe suscitato per il suo popolo. ‘Come Mosè’ non significava semplicemente uguale a Mosè. Il profeta promesso avrebbe potuto essere simile a Mosè, e per giunta maggiore di Mosè.

      21 Dai profeti israeliti dopo Mosè e fino a Malachia, non ci fu nessun profeta come Mosè e nessuno più grande di Mosè. (Deuteronomio 34:1-12) Ma che dire del promesso Unto, il Messia, che sarebbe stato il “seme” della celeste “donna” di Dio? (Genesi 3:15) Dio parlava evidentemente di questi quando, al monte Sion, disse a Mosè che sarebbe venuto un futuro profeta simile a Mosè. Come Mosè, questo “seme” messianico sarebbe stato un Mediatore fra Dio e gli uomini, ma più grande di Mosè. Per certo gli adoratori del solo vivente e vero Dio hanno ora bisogno che si faccia per loro più di quanto Mosè fece per l’antico Israele. Quindi Mosè prefigurò il più grande Profeta di Geova che doveva venire.

      22. Perché il profeta simile a Mosè che doveva venire sarebbe stato contrario all’uso delle immagini nell’adorazione di Dio?

      22 In quel tempo Geova Dio disse inoltre a Mosè: “Dirai questo ai figli d’Israele: ‘Voi stessi avete visto che io vi ho parlato dai cieli. Non dovete fare con me dèi d’argento, e non vi dovete fare dèi d’oro’”. (Esodo 20:22, 23) Al di là di ogni diniego, questo è un comando contro l’uso di inanimate, mute immagini fatte dagli uomini nell’adorazione dell’Iddio che ha parlato dal cielo stesso. Dà vigorosamente enfasi a ciò che Dio disse nel secondo dei Dieci Comandamenti, come dichiara Esodo 20:4-6. Il messianico Profeta come Mosè sarebbe stato contrario a tale uso di immagini religiose.

      23. Perché quel patto con Israele è comunemente chiamato Patto della Legge?

      23 Prima di istituire il patto per mezzo del suo mediatore Mosè, Dio gli diede altre leggi in aggiunta ai Dieci Comandamenti. Queste furono esposte in Esodo, capitoli da ventuno a ventitré. Furono scritte in un rotolo o “libro”, che fu disponibile quando il patto doveva stipularsi in maniera formale. Poiché questo patto fu specialmente contrassegnato dall’emanazione della legge divina onde fosse osservata dal popolo eletto di Dio, fu un patto legale e comunemente si chiama il Patto della Legge. Del suo codice legale o insieme di leggi in forma ordinata si parla scritturalmente come de “La Legge”.

      24. Quanto tempo dopo il patto abraamico fu fatto il patto della Legge, ed è la Promessa Abraamica ancora valida?

      24 Poiché la Legge di questo patto con Israele fu presentata nella forma dei Dieci Comandamenti solo cinquanta o cinquantuno giorni circa dopo la notte di Pasqua in Egitto, potrebbe appropriatamente dirsi che la Legge “è venuta all’esistenza quattrocentotrent’anni dopo [in seguito al patto abraamico del 1943 a.E.V.]”. Che la Legge fosse data a Israele dopo tale lungo intervallo non privò di valore il patto abraamico, “in modo da abolire la promessa”. (Galati 3:17) La promessa di Dio di benedire tutte le nazioni e le famiglie della terra nel “seme” di Abraamo è ancora in vigore. Non verrà meno!

      25. Per chi il patto della Legge fu reso vincolante, e con l’applicazione a esso di che cosa?

      25 Non manchiamo di notare che il patto della Legge con Israele fu reso valido, solennemente vincolante per le parti del patto, con l’applicazione del sangue delle vittime di sacrificio. In Esodo 24:6-8, il racconto ci narra: “Mosè [in qualità di mediatore] prese quindi metà del sangue e lo mise in bacini, e metà del sangue asperse sull’altare. Infine prese il libro del patto e lo lesse agli orecchi del popolo. Allora essi dissero: ‘Noi siamo disposti a fare tutto ciò che Geova ha proferito e a ubbidire’. Mosè prese dunque il sangue e lo asperse sul popolo e disse: ‘Ecco il sangue del patto che Geova ha concluso con voi rispetto a tutte queste parole’”. — Si noti anche Esodo 24:3.

      26. Che cosa fu rappresentato dall’applicazione del sangue all’altare di Dio, e che cosa dall’aspersione del sangue sul popolo?

      26 L’altare che Mosè aveva costruito alla base del monte Sinai rappresentò Geova Dio, a cui i sacrifici erano stati offerti su tale altare. Per cui, applicando metà del sangue delle vittime animali all’altare, Geova Dio fu rappresentativamente portato nel patto e da esso vincolato come sua parte. D’altro canto, mediante l’aspersione dell’altra porzione del sangue del sacrificio sul popolo, esso pure fu portato nel patto come l’altra sua parte e ne fu solennemente vincolato perché adempisse quei termini che gli si applicavano. Così mediante il sangue le due parti, Dio e la nazione d’Israele, furono unite in un patto.

      27. Rispetto alla conclusione del patto della Legge, che cosa prova che gli Israeliti non camminarono in essa per ignoranza o costrizione?

      27 La nazione d’Israele non fece questo patto per ignoranza o pressione o costrizione. Il giorno prima che il patto fosse solennemente concluso con sangue erano state loro riferite le parole e le decisioni di Dio ed essi le avevano accettate. Come afferma Esodo 24:3: “Quindi Mosè venne e narrò al popolo tutte le parole di Geova e tutte le decisioni giudiziarie e tutto il popolo rispose con una sola voce e disse: ‘Noi siamo disposti a mettere in pratica tutte le parole che Geova ha proferite’”. Il giorno dopo, avendo Mosè letto il “libro del patto” agli orecchi di tutto il popolo, essi ripeterono che accettavano la Legge di Dio, dopo di che furono aspersi col sangue dei sacrifici. Ora era obbligatorio che l’intera nazione d’Israele mettesse in pratica ciò che Dio aveva dichiarato quando aveva proposto il patto, dicendo: “Ora se ubbidirete strettamente alla mia voce e osserverete in realtà il mio patto, . . .” — Esodo 19:5, 6.

      28. Quale parte del patto della Legge fu messa in dubbio in quanto alla lealtà verso i suoi termini, e, per essere santi, che cosa si richiedeva?

      28 Si poteva attendere che l’Iddio Onnipotente fosse fedele alla Sua parte di questo patto bilaterale, poiché Egli non muta. (Malachia 3:6) Erano gli Israeliti a suscitar dubbio. Sarebbero stati essi leali verso Dio, adempiendo ciò che avevano detto di voler fare? Sarebbero stati fra i leali che dovevano radunarsi presso Geova, in adempimento di Salmo 50:4, 5: “Egli chiama i cieli di sopra e la terra in modo da eseguire il giudizio sul suo popolo: ‘Raccogli a me i miei leali, quelli che concludono il mio patto sul sacrificio”’? Non come individui, ma come un intero popolo, come una nazione, avevano fatto questo patto della Legge su un insieme di sacrifici per tutto il popolo. Avrebbero dato prova d’essere “una nazione santa”? Per fare questo si sarebbero dovuti mantenere separati da questo mondo.

      29, 30. (a) Solo perché aveva fatto il patto della Legge fu reso Israele un “regno di sacerdoti”, o qual era la disposizione per i sacerdoti? (b) Che cosa si fece dei componenti maschi idonei delle altre famiglie della tribù di Levi?

      29 Solo perché avevano fatto questo patto con l’Iddio Altissimo non divennero subito un “regno di sacerdoti”. Allora non furono affatto un regno in cui ogni componente maschio fosse un sacerdote di Dio a favore di tutte le altre nazioni della terra. Non si era ancora adempiuta verso di loro la profezia di Isaia 61:6: “In quanto a voi, sarete chiamati sacerdoti di Geova; si dirà che siete ministri del nostro Dio. Mangerete le risorse delle nazioni, e vi vanterete della loro gloria”. Piuttosto, secondo i termini del patto della Legge, i componenti maschi qualificati di una sola famiglia d’Israele erano stati costituiti sacerdoti, perché prestassero servizio a favore di tutto il resto della nazione. Questa fu la famiglia di Aaronne, fratello più vecchio di Mosè, appartenente alla tribù di Levi. Egli fu fatto sommo sacerdote di Dio, e i suoi figli furon fatti sottosacerdoti. Così costituirono un sacerdozio aaronnico.

      30 I componenti maschi idonei di tutto il resto delle famiglie della tribù di Levi furon fatti ministri del sacerdozio aaronnico, perché li aiutassero a compiere i servizi religiosi presso la casa di Dio, o tenda di adunanza, che era stata prestabilita nel patto della Legge. — Esodo da 27:20 a 28:4; Numeri 3:1-13.

      31. Perché i sacerdoti aaronnici non furono fatti anche re in Israele?

      31 Così la tribù di Giuda non ebbe nessuna parte nel sacerdozio dell’antico Israele, perché da questa tribù doveva venire il “condottiero” messianico, colui che fu chiamato “Silo” al quale “apparterrà l’ubbidienza dei popoli”. (Genesi 49:10; 1 Cronache 5:2, NW) Quindi, nell’antico Israele, il regno e il sacerdozio furono tenuti separati. Aaronne e i suoi figli non furono fatti re-sacerdoti, non essendo così simili a Melchisedec.

      32. Quali feste dovevano essere celebrate annualmente da Israele?

      32 Secondo il patto della Legge, ogni anno tutto il popolo doveva celebrare presso la tenda o tabernacolo di adorazione tre feste nazionali. “Tre volte l’anno ogni tuo maschio dovrebbe comparire dinanzi a Geova tuo Dio nel luogo che sceglierà: nella festa dei pani non fermentati e nella festa delle settimane e nella festa delle capanne, e nessuno dovrebbe comparire dinanzi a Geova a mani vuote. Il dono della mano di ciascuno dovrebbe essere in proporzione alla benedizione di Geova tuo Dio che egli ti ha data”. (Deuteronomio 16:16, 17; Esodo 34:1, 22-24) La festa dei pani non lievitati era tenuta in relazione con l’annuale cena di Pasqua che commemorava la liberazione d’Israele dall’Egitto. La festa delle settimane si teneva il cinquantesimo giorno, cioè dopo che erano passate le sette settimane iniziate il 16 Nisan; e le primizie della raccolta del frumento si presentavano a Geova in quel cinquantesimo giorno (o, giorno di Pentecoste). La festa delle capanne (o, tabernacoli) era pure chiamata “festa della raccolta” al volgere dell’anno. Queste feste annuali avevano i loro prescritti sacrifici a Geova. — Levitico 23:4-21, 33-43.

      33. Quando si teneva il Giorno di Espiazione, e perché i suoi sacrifici dovevano ripetersi di anno in anno?

      33 Cinque giorni prima che cominciasse la festa delle capanne, si doveva tenere l’annuale “giorno d’espiazione” (Yom Kippur), il decimo giorno del settimo mese lunare a contare dal mese primaverile di Nisan o Abib. Questo sarebbe stato il 10 Tishri. In questo giorno si sarebbe fatta un’espiazione per i peccati dell’intera nazione che era in una relazione di patto con Geova, essendo questo il solo giorno dell’anno in cui il sommo sacerdote aaronnico sarebbe entrato nel Santissimo della tenda di adunanza e avrebbe asperso il sangue delle vittime di espiazione (un toro e un capro) dinanzi alla sacra arca del patto, che conteneva la scritta Legge di Geova. (Levitico 23:26-32; 16:2-34) Naturalmente, la morte e il sangue asperso di queste subumane vittime animali non potevano realmente togliere i peccati degli uomini a cui tali animali erano sottoposti. Proprio per la ragione che la morte e il sangue di quegli animali sacrificati non toglievano in effetti i peccati della specie umana i sacrifici del Giorno di Espiazione dovevano ripetersi di anno in anno.

      34. Come mostrava il patto della Legge, che cosa era richiesto da Dio per togliere il peccato umano, e perché nessun Israelita poteva offrire quanto era richiesto?

      34 Possiamo vederne la ragione. Nel patto della Legge, Dio chiaramente comandò: “Se dovesse accadere un incidente mortale, devi dare anima per anima, occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, marchio per marchio, ferita per ferita, colpo per colpo”. (Esodo 21:23-25; Deuteronomio 19:21) In altre parole, si doveva rendere tanto per tanto, qualche cosa di pari valore per qualche cosa di pari valore. Così una vita umana non condannata si sarebbe dovuta dare per una vita umana che era venuta sotto la condanna. Ecco perché in Salmo 49:6-10 è scritto: “Quelli che confidano nei loro mezzi di sostentamento, e che continuano a vantarsi dell’abbondanza delle loro ricchezze, nemmeno uno d’essi può con alcun mezzo redimere sia pure un fratello, né dare a Dio un riscatto per lui; (e il prezzo di redenzione della loro anima è così prezioso che è cessato a tempo indefinito) perché ancora viva per sempre e non veda la fossa. Poiché vede che pure il saggio muore”. Doveva esserci un riscatto corrispondente, e nessuno degli Israeliti carichi di peccati poteva provvederlo per redimere la perfetta vita perduta da Adamo.

      35. Che cosa è accaduto al sacerdozio aaronnico, e dove si dovrebbe cercare dunque il redentivo sacrificio di riscatto?

      35 Il sacerdozio aaronnico che offriva semplici sacrifici animali nella sacra casa di Dio scomparve diciannove secoli fa, nell’anno 70 E.V. quando Gerusalemme e il suo tempio furono distrutti dagli eserciti romani. Non c’è da fare altro che volgere lo sguardo al Re messianico che Geova Dio giurò di fare “sacerdote a tempo indefinito secondo la maniera di Melchisedec!” (Salmo 110:1-4) Questi dovrebbe essere il “seme” della celeste “donna” di Dio, il seme che Dio nomina e mette nella condizione per ferire la testa del malvagio simboleggiato in Eden da quel “serpente”. Se questi non provvedesse il redentivo riscatto per tutto il genere umano, non ci sarebbe per noi umani nessun aiuto, nessuna prospettiva di vita eterna in un giusto nuovo ordine sotto Geova Dio. Or dunque, i sacrifici animali che nel “giorno d’espiazione” di Israele si offrirono fino al primo secolo E.V. dovettero essere figurativi; dovettero prefigurare in senso profetico il necessario sacrificio di riscatto che doveva essere offerto dal Messia il quale diviene il sacerdote melchisedechiano, Colui che ferisce la testa del serpente.

      36. Similmente, come si devono considerare le feste che si tenevano sotto il patto della Legge?

      36 La stessa cosa può dirsi di quelle feste annuali che il patto di Dio imponeva all’antico Israele. Esse non erano semplici occasioni di trattenimento e rilassamento nazionale prive di significato. Avevano un significato profetico. Essendo occasioni felici, raffiguravano i felici provvedimenti futuri che Dio ha preso per il genere umano. Dio ne fa conoscere il benedetto significato al tempo stabilito secondo il suo “eterno proposito”.

      UNA NAZIONE CON MERAVIGLIOSE OPPORTUNITÀ

      37. Quale opportunità offriva agli Israeliti il patto della Legge?

      37 Comunque, poteva qualche Israelita ottenere per sé la vita eterna osservando la Legge del patto con Dio in maniera perfetta, senza violarne nemmeno la più piccola parte? Il patto della Legge offriva a ciascun Israelita l’opportunità di provare che lo poteva. In Levitico 18:5 si fa riferimento a questa opportunità, con queste parole: “Dovete osservare i miei statuti e le mie decisioni giudiziarie, che se un uomo li mette in pratica, deve pure vivere per mezzo d’essi. Io sono Geova”. Così, se qualche Israelita avesse osservato la Legge senza difetto e avesse con le proprie opere ottenuto la vita eterna, non aveva bisogno del beneficio dei sacrifici del patto della Legge. Né aveva bisogno della benedizione della Promessa Abraamica. (Genesi 12:3; 22:18) Tale perfetto osservatore della Legge avrebbe potuto stabilire la propria giustizia e merito vitale.

      38, 39. (a) Che cosa mostra se qualche Israelita guadagnasse la vita osservando perfettamente la Legge? (b) I servizi sacerdotali di chi sono perciò necessari dinanzi a Dio?

      38 Tuttavia, morì anche il profeta Mosè. Morì pure il sommo sacerdote Aaronne. E son morti tutti gli altri Israeliti da che fu stipulato il patto della Legge fino a che scomparve il sacerdozio aaronnico nell’anno 70 E.V., sì, fino a oggi. Perfino a diciannove secoli di distanza dalla distruzione del tempio di Gerusalemme per opera dei Romani, gli odierni Israeliti ortodossi seguono una forma di celebrazione del Giorno di Espiazione o Yom Kippur. Questo è in sé un’ammissione che hanno bisogno di purificarsi dal peccato, sì, che non sono in grado di osservare perfettamente la Legge e di ottenere la vita eterna con le proprie giuste opere. E se essi non poterono far questo sotto il patto della Legge, come lo potrebbe alcun altro di noi uomini imperfetti?

      39 In vista di ciò che il patto della Legge rese chiaramente manifesto, siamo tutti condannati dinanzi all’Iddio la cui attività è perfetta. (Deuteronomio 32:4) Come il profeta Isaia disse più di settecento anni dopo che il patto della Legge era stato fatto con Israele: “Come veste immonda erano tutte le nostre azioni di giustizia”. (Isaia 64:5, Na) Tutti abbiamo bisogno dei servizi del promesso Sacerdote melchisedechiano, che dovrà essere sacerdote per sempre.

      40. Che fece Mosè il 1º Nisan 1512 a.E.V., riguardo all’adorazione di Dio, e quindi cosa accadde?

      40 Torniamo ora all’anno della stipulazione di quel patto fra Geova Dio e Israele per mezzo del mediatore Mosè. Quell’anno lunare finì, e giunse il 1º Nisan dell’anno 1512 del calendario a.E.V. Quel giorno Mosè ubbidì al comando di Dio e fece erigere il “tabernacolo della tenda di adunanza” perché vi iniziasse l’adorazione di Dio. Quindi Mosè vestì suo fratello più vecchio Aaronne e i figli di Aaronne con le loro vesti ufficiali e li unse con l’olio di santa unzione, affinché prestassero servizio come sommo sacerdote e sottosacerdoti. “Mosè finì dunque l’opera. E la nuvola copriva la tenda di adunanza, e la gloria di Geova empì il tabernacolo. E Mosè non poteva entrare nella tenda di adunanza, perché la nuvola risiedeva al di sopra d’essa e la gloria di Geova empiva il tabernacolo”. — Esodo 40:1-35.

      41. Di che cosa quella manifestazione fu una prova, e quando fu completato l’insediamento del sacerdozio?

      41 C’era la prova visibile che Geova aveva accettato questa costruzione per l’adorazione e l’aveva santificata per il Suo proposito. Il settimo giorno di quel primo mese di Nisan (o, Abib) furono completati l’insediamento e l’investitura del sacerdozio aaronnico, e nel sacro tabernacolo poterono ufficialmente soprintendere da allora in poi a tutti gli aspetti dell’adorazione divina. — Levitico da 8:1 a 9:24.

      42. Oltre a essere il loro Dio da adorare, che cos’altro era allora Geova per Israele, senza bisogno di un rappresentante visibile?

      42 Geova era l’Iddio a cui quella nazione d’Israele aveva il comando e l’obbligo di rendere adorazione. Egli era non soltanto il loro Dio. Era anche il loro reale Governante, il loro Re, a cui dovevano sottomissione e lealtà. La disubbidienza alle Sue leggi e ai Suoi comandamenti sarebbe stata perciò insubordinazione e slealtà. Confermando questo fatto, in Deuteronomio 33:5 il profeta Mosè si riferisce alla nazione d’Israele come a Iesurun o “Il Retto” perché fece il patto della Legge e dice: “E ci fu un re in Iesurun, quando furono radunati i capi del popolo, tutte le tribù d’Israele insieme”. (Traduzione della Jewish Publication Society of America) E, la nota editoriale in calce a questo versetto del defunto dott. J. H. Hertz, C. H., dice: “Così cominciò il Regno di Dio su Israele”. (Pentateuch and Haftorahs, Soncino Press, pagina 910) Geova era il loro invisibile Re celeste. Egli non aveva bisogno sulla terra di nessun visibile re umano che Lo rappresentasse in Israele. — Genesi 36:31.

      43, 44. Come l’antico Israele era stato incomparabilmente favorito in paragone con tutte le altre nazioni terrene, e come potevano perciò lodare Geova?

      43 Quanto altamente favorita fu questa nazione formata dai discendenti di Abraamo, Isacco e Giacobbe (Israele) e che era stata portata in un patto con il solo vivente e vero Dio! Essi avevano la sua vera adorazione e la prospettiva di divenirGli un “regno di sacerdoti e una nazione santa”.

      44 Il profeta Amos disse: “Udite questa parola che Geova ha proferita riguardo a voi, o figli d’Israele, riguardo all’intera famiglia che trassi fuori del paese d’Egitto, dicendo: ‘Voi soli ho conosciuto di tutte le famiglie della terra’”. (Amos 3:1, 2) Fu un paragone accurato quello che il salmista espresse in uno dei salmi di Alleluia, dicendo: “Annuncia la sua parola a Giacobbe, i suoi regolamenti e le sue decisioni giudiziarie a Israele. Non ha fatto in tal modo a nessun’altra nazione; e in quanto alle sue decisioni giudiziarie, non le hanno conosciute. Lodate Iah!” (Salmo 147:19, 20) La nazione favorita ebbe davvero buon motivo di lodare Geova osservandone il patto. Se lo avrebbero lodato doveva ora esser mostrato in quella che poteva chiamarsi l’Èra del Patto della Legge che ora appena cominciava.

  • Patto per un Regno stipulato con Davide
    L’“eterno proposito” di Dio ora trionfa per il bene dell’uomo
    • Capitolo X

      Patto per un Regno stipulato con Davide

      1. Quale periodo di tempo è indicato in I Re 6:1, e perché questa misurazione del tempo è appropriata?

      DIO indica i suoi propri periodi di tempo secondo il Suo “eterno proposito”. Un tale periodo di tempo ci è indicato nel libro di I Re, capitolo sei, versetto uno, dov’è scritto: “E avvenne il quattrocentottantesimo anno dopo l’uscita dei figli di Israele dal paese d’Egitto, nel quarto anno, nel mese di Ziv, cioè il secondo mese, dopo che Salomone era divenuto re su Israele, che egli edificava la casa di Geova”. Questa fu un’appropriata misurazione del tempo, poiché andava da quando gli Israeliti furono liberati dall’Egitto, poco dopo che cominciarono a costruire la casa di adorazione nel deserto del Sinai, fino a quando il re Salomone figlio di Davide cominciò a costruire il tempio a Gerusalemme. Questo intercorse dal 15 Nisan 1513 a.E.V. al 1º Ziv (o, Iyyar) 1034 a.E.V. — Numeri 33:1-4; 1 Re 6:37.

      2, 3. (a) Perché gli Israeliti vagarono così a lungo nel deserto del Sinai? (b) Quanto tempo impiegarono a soggiogare la Terra Promessa, dopo di che come furono governati per secoli?

      2 Naturalmente, in quei cinque secoli circa erano accadute molte cose. A causa della mancanza di fede nella capacità di Dio di soggiogare le nazioni che allora abitavano la Terra Promessa, gli Israeliti furon costretti a vagare per quasi quarant’anni nel deserto del Sinai. In quel tempo morirono gli Israeliti più vecchi, che si erano ribellati contro l’invasione della Terra Promessa sotto la direttiva di Dio nel secondo anno del loro esodo. (Numeri da 13:1 a 14:38) Alla fine di quarant’anni Dio fece attraversare loro miracolosamente il fiume Giordano in piena e li fece entrare nella Terra Promessa, il paese di Canaan.

      3 Quindi, sotto la direttiva di Giosuè, successore di Mosè, cominciarono anni di guerra per assoggettare il paese. Secondo le parole del fedele Caleb, figlio di Iefunne della tribù di Giuda, allorché la terra occupata si ripartiva alle famiglie d’Israele, gli Israeliti impiegarono sei anni a soggiogare il paese e spodestarne gli abitanti. (Giosuè 14:1-10) Dopo ciò, agli Israeliti ora stabilitisi nel paese Dio diede per secoli una successione di giudici, finché ai giorni del profeta Samuele fu introdotto un cambiamento nella forma di governo nazionale. Un cronologo giudeo di millenovecento anni fa ci misurò brevemente questo periodo. Un giorno di sabato, parlando in una sinagoga di Antiochia di Pisidia, in Asia Minore, questo cronologo disse:

      4, 5. (a) Quale periodo di tempo quel cronologo biblico indicò nella storia d’Israele prima che avessero i giudici? (b) Con quali avvenimenti cominciò e finì quel periodo di tempo?

      4 “Uomini d’Israele e voi che temete Iddio, ascoltate. Il Dio del nostro popolo d’Israele elesse i nostri padri ed esaltò il nostro popolo durante la sua dimora nella terra di Egitto, e con forte braccio li trasse di là, e per un tempo di circa quarant’anni li nutrì nel deserto, e, distrutti sette popoli nel paese di Canaan, ne assegnò loro la terra nel giro di circa quattrocentocinquant’anni [tutto questo durante circa quattrocentocinquant’anni, NM]. E dopo questo diede loro i giudici fino a Samuele profeta. In seguito, chiesero un re, e Dio diede loro Saul figlio di Cis, della tribù di Beniamino, per anni quaranta”. — Atti 13:14-21, La Sacra Bibbia a cura del Pontificio Istituto Biblico di Roma, edita nel 1961. Si veda anche la Versione Riveduta del dott. Giovanni Luzzi.

      5 La distribuzione della terra a Caleb e agli altri Israeliti in eredità avvenne l’anno 1467 a.E.V. Se torniamo indietro di “circa quattrocentocinquant’anni” arriviamo all’anno 1918 a.E.V. Questo fu l’anno in cui nacque Isacco, il figlio che Abraamo ebbe da Sara, e Dio elesse Isacco invece di Ismaele, il figlio più vecchio che Abraamo ebbe da Agar serva egiziana di Sara. Con una dichiarazione giurata Dio confermò a Isacco il patto che Egli aveva stipulato con Abraamo per il possesso del paese di Canaan, e qui alla fine di questo periodo di quattrocentocinquant’anni Dio assegnò ora alla progenie di Isacco l’eredità di quella Terra Promessa. Geova Dio aderiva con fedeltà al suo “eterno proposito” di benedire tutto il genere umano.

      6. (a) Come il giudice Gedeone mostrò lealtà verso la sovranità di Dio? (b) Quale re, come andò a finire Abimelec figlio di Gedeone?

      6 Nel periodo dei quindici giudici da Giosuè a Samuele, gli uomini d’Israele cercarono di persuadere il sesto giudice, Gedeone, figlio di Ioas della tribù di Manasse, affinché istituisse nella sua famiglia una dinastia di governanti, invece di avere come Re Geova Dio. Ma Gedeone fu leale al Sovrano Governante d’Israele e rifiutò l’offerta del governo, dicendo: “Io stesso non vi governerò, né mio figlio vi governerà, Geova è colui che vi governerà”. (Giudici 8:22, 23) Uno dei molti figli di Gedeone, chiamato Abimelec (che significa “Mio padre è re”), influenzò i proprietari di terre di Sichem perché lo insediassero come re su di loro. Egli venne a trovarsi sotto gli avversi giudizi di Dio e, dopo aver regnato per tre anni, una donna gli causò la morte in battaglia. — Giudici 9:1-57.

      UN RE SU TUTTO ISRAELE

      7. Quando e come Israele ebbe un re umano eletto da Dio, e per quanto tempo regnò?

      7 Nella vecchiaia del quindicesimo giudice, Samuele il profeta, gli anziani d’Israele vennero da lui con la richiesta: “Ora costituisci per noi un re che ci giudichi come tutte le nazioni”. Samuele ritenne che lo rigettassero come giudice nominato da Dio, ma Geova gli disse: “Ascolta la voce del popolo in tutto ciò che ti dicono; poiché non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me dall’esser re su di loro”. Dio disse a Samuele di avvertire gli Israeliti di tutte le difficoltà che avrebbero incontrato avendo un visibile re umano, ma essi espressero ancora preferenza per un tale re. Dio, come Sovrano Signore su Israele, fece l’elezione dell’uomo che sarebbe stato il primo re umano d’Israele. Mandò Samuele a ungere Saul figlio di Chis della tribù di Beniamino come re. Nell’anno 1117 a.E.V. Saul fu insediato re nella città di Mizpa. “Il popolo urlava e diceva: ‘Viva il re!’” Saul regnò quarant’anni. — 1 Samuele da 8:1 a 10:25; Atti 13:21.a

      8. (a) Nell’undicesimo anno del regno di Saul, quale nascita ci fu a Betleem? (b) Che cosa profetizzò Michea riguardo a Betleem?

      8 Nell’undicesimo anno del regno di Saul, nella città di Betleem nel territorio della tribù di Giuda, ebbe luogo un avvenimento all’apparenza insignificante. Iesse il Betleemita generò un ottavo figlio, a cui diede nome Davide. Il re Saul o qualsiasi altro in Israele non sapeva che questo bambino neonato sarebbe divenuto un giorno così illustre che il suo luogo di nascita, Betleem, sarebbe stato chiamato “la città di Davide”. Allora nessuno sapeva che, circa trecento anni dopo, si sarebbe profetizzato riguardo a quella città di Davide: “E tu, Betleem Efrata, così piccola fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà Colui che deve regnare in Israele. Le sue origini son dall’inizio, dai giorni antichi”. (Michea 5:1, Nardoni; 5:2, Diodati, NM) I capi religiosi giudei del primo secolo avanti la nostra Èra Volgare compresero che questa profezia si applicava al Messia. Quindi il “seme” della “donna” di Dio doveva nascere a Betleem.

      9. In vista dell’avventatezza di Saul, Dio cosa fece dire da Samuele a Saul circa il regno, e Dio chi avrebbe eletto per il trono?

      9 Comunque, prima di ciò, quando il re Saul aveva già regnato due anni, egli cedette per mancanza di fede e agì con presunzione e avventatezza nell’incarico. “A ciò Samuele disse a Saul: ‘Hai agito stoltamente. Non hai osservato il comandamento di Geova tuo Dio che egli ti aveva comandato, perché, se tu l’avessi osservato, Geova avrebbe reso fermo il tuo regno su Israele a tempo indefinito. Ed ora il tuo regno non durerà. Geova per certo si troverà un uomo secondo il suo cuore; e Geova gli darà incarico come condottiero sul suo popolo, perché tu non hai osservato ciò che Geova ti ha comandato’”. (1 Samuele 13:1-14) L’“uomo secondo il suo cuore”, cioè secondo il cuore di Dio, non era ancora nato, poiché queste parole furono proferite anni prima che Davide nascesse a Betleem. Questo rese evidente che l’Iddio Altissimo avrebbe esercitato il suo potere e diritto e avrebbe fatto la propria scelta d’un Israelita quale successore del re Saul. Ciò facendo, egli si sarebbe attenuto al suo “eterno proposito” riguardo al Messia.

      10, 11. (a) Come Davide fu designato futuro re d’Israele? (b) Come Davide incorse nell’omicida gelosia di Saul, e dove in principio divenne re?

      10 Quando Davide era solo un pastore adolescente a Betleem, Dio lo designò come l’uomo secondo il suo cuore. Pur non essendo Davide il primogenito di Iesse, ma semplicemente l’ottavo figlio, Dio mandò a Betleem Samuele perché ungesse Davide come futuro re d’Israele.

      11 Davide venne alla luce della ribalta quando di tutti gli Israeliti fu l’unico a offrirsi volontario per andare incontro nel campo di battaglia allo sfidante gigante filisteo Golia e lo uccise con una pietra di fionda che colpì Golia alla fronte. (1 Samuele da 16:1 a 17:58) Davide fu preso nell’esercito del re Saul, e la sua popolarità crebbe presso il popolo più di quella del re. Questo rese molto geloso Saul, che cercò di uccidere Davide e d’impedirgli così di soppiantare uno dei suoi propri figli sul trono d’Israele. Dopo aver riportato una ferita mortale in battaglia, egli si gettò infine sulla propria spada per affrettare la propria morte, e così terminò il regno di Saul. Is-Boset, superstite figlio di Saul, fu fatto re da quelli che aderivano alla linea di discendenza della famiglia di Saul, ma solo su undici tribù d’Israele. A Ebron nel territorio di Giuda, gli uomini della tribù di Giuda unsero Davide re su di loro. Questo avvenne nell’anno 1077 a.E.V. — 2 Samuele 2:1-11; Atti 13:21, 22.

      12. Quando e come Davide fu fatto re su tutto Israele, e quale domanda sorge ora in quanto allo “scettro” e al “bastone del comandante”?

      12 Is-Boset figlio di Saul sedette sul trono d’Israele forse sette anni e sei mesi e poi fu assassinato dai suoi sudditi. (2 Samuele da 2:11 a 4:8) Tutte le tribù riconobbero ora Davide come l’eletto di Geova e unsero Davide re su tutto Israele, a Ebron. Ciò avvenne l’anno 1070 a.E.V. (2 Samuele da 4:9 a 5:5) Così, in armonia con la profezia pronunciata da Giacobbe sul suo letto di morte com’è riportata in Genesi 49:10, lo “scettro” e il “bastone del comandante” eran venuti nella tribù di Giuda. In base a che cosa, ora, quegli emblemi di regalità non si sarebbero allontanati “da Giuda . . . finché venga Silo”?

      13. Come Davide fu realmente “unto”, e di chi fu fatto un tipo profetico?

      13 A causa di tre unzioni per il regno, il re Davide poteva realmente chiamarsi “unto” o “messia” (ebraico: ma·shiʹahh), come in II Samuele 19:21, 22; 22:51; 23:1. In maniera notevole, Davide fu impiegato come un tipo profetico del Messia preminente, il “seme” della celeste “donna” di Dio. (Si veda Ezechiele 34:23). Infatti, Dio ritenne bene eleggere Davide onde fosse nella linea di discendenza che giunse al culmine con il Messia dell’“eterno proposito” di Dio. Come accadde questo?

      14. Di quale città Davide fece la capitale di tutto Israele, e quale sacro oggetto vi fece quindi situare?

      14 Nel 1070 a.E.V., poco tempo dopo essere stato unto re sull’Israele riunito, Davide catturò la città di Gebus che prese ai Gebusei e la chiamò Gerusalemme. Vi trasferì il suo governo e fece di questa elevata città la sua capitale, essendo situata in un luogo più centrale di Ebron, poiché era sulla linea di confine fra i territori di Giuda e Beniamino. (Giudici 1:21; 2 Samuele 5:6-10; 1 Cronache 11:4-9) Non molto tempo dopo, il re Davide prese in considerazione la sacra Arca di Geova. Per decenni era stata lasciata in un posto diverso dal Santissimo della tenda di adunanza a Silo nel territorio di Efraim. (1 Samuele 1:24; 4:3-18; da 6:1 a 7:2) Davide sentì che l’Arca doveva essere nella città capitale. La fece dunque portare e situare in una tenda vicino al suo palazzo. — 2 Samuele 6:1-19.

      15. Quale patto Geova stipulò ora con Davide, e per apprezzamento di che cosa da parte di Davide?

      15 Comunque, Davide finì per provare imbarazzo, perché lui, un semplice re umano, dimorava in un palazzo reale mentre l’Arca di Geova, il vero Dio ed effettivo Re d’Israele, dimorava in una modesta tenda. Per mettere le cose nel giusto ordine, Davide concepì l’idea di edificare una casa degna, un tempio, per l’Altissimo Dio e Sovrano Universale. Ma Geova disapprovò la costruzione di un tale tempio da parte di Davide. Mediante il Suo profeta Natan disse a Davide che un suo figlio pacifico avrebbe avuto il privilegio di edificare il tempio a Gerusalemme. Quindi, come apprezzamento per la devozione di cuore mostrata da Davide verso la pura adorazione di Dio, Geova fece una cosa meravigliosa a quest’uomo che era “secondo il suo cuore”. Di Sua propria volontà, stipulò un patto con Davide per un regno eterno. Egli disse:

      “Geova ti ha dichiarato che una casa è ciò che Geova ti farà. Quando i tuoi giorni saranno compiuti, e tu dovrai giacere con i tuoi antenati, quindi per certo susciterò dopo di te il tuo seme, che uscirà dalle tue parti interiori e in realtà stabilirò fermamente il suo regno. Egli è colui che edificherà una casa al mio nome, e io per certo stabilirò fermamente il trono del suo regno a tempo indefinito. Io stesso diverrò suo padre, ed egli stesso diverrà mio figlio. Quando farà torto, anch’io di sicuro lo riprenderò con la verga degli uomini e con i colpi dei figli di Adamo. In quanto alla mia amorevole benignità, non si dipartirà da lui come la rimossi da Saul, che rimossi a motivo tuo. E la tua casa e il tuo regno saranno per certo saldi a tempo indefinito dinanzi a te; il tuo medesimo trono diverrà fermamente stabile a tempo indefinito”. — 2 Samuele 7:1-16; 1 Cronache 17:1-15.

      16. Quale preghiera di gratitudine Davide offrì per questo a Geova?

      16 Davide offrì una preghiera di gratitudine e la terminò, dicendo:

      “E ora, o Signore Geova, tu sei il vero Dio; e in quanto alle tue parole, siano verità, giacché prometti al tuo servitore questa bontà. E ora assumi l’impegno di benedire la casa del tuo servitore perché essa duri a tempo indefinito dinanzi a te; poiché tu stesso, o Signore Geova, hai promesso, e a motivo della tua benedizione sia la casa del tuo servitore benedetta a tempo indefinito”. — 2 Samuele 7:18-29; 1 Cronache 17:16-27.

      17. Questo patto da che cosa fu anche sostenuto da parte di Dio?

      17 Questa promessa del patto che fu fatta a Davide venne sostenuta dal giuramento di Dio:

      “Geova ha giurato a Davide, veramente non se ne ritrarrà: ‘Del frutto del tuo ventre porrò sul tuo trono. Se i tuoi figli osserveranno il mio patto e i miei rammemoratori che io insegnerò loro, anche i loro figli per sempre sederanno sul tuo trono’”.— Salmo 132:11, 12.

      “A tempo indefinito conserverò verso di lui la mia amorevole benignità, e il mio patto gli sarà fedele. E per certo stabilirò il suo seme per sempre e il suo trono come i giorni del cielo. . . . non profanerò il mio patto, e l’espressione dalle mie labbra non cambierò. Una volta ho giurato nella mia santità, a Davide di sicuro non dirò menzogne. Il suo stesso seme sarà fino a tempo indefinito, e il suo trono come il sole di fronte a me”. — Salmo 89:28-36. Si veda anche Geremia 33:20, 21.

      18. La profezia di Isaia dichiara che il regno di Davide avrebbe provveduto la base per quale regno più grande?

      18 Secondo quel patto con il re Davide, il suo regno doveva provvedere la base per la venuta del regno del più grande Messia. Ecco perché, secoli dopo, il profeta Isaia fu ispirato a profetizzare: “Poiché ci è nato un fanciullo, ci è stato dato un figlio; e il dominio principesco sarà sulle sue spalle. E il suo nome si chiamerà Consigliere meraviglioso, Dio possente, Padre eterno, Principe della pace. Dell’abbondanza del dominio principesco e della pace non ci sarà fine, sul trono di Davide e sul suo regno per stabilirlo fermamente e per sostenerlo mediante il diritto e mediante la giustizia, sin da ora e a tempo indefinito. Il medesimo zelo di Geova degli eserciti farà questo”.— Isaia 9:6, 7. Si vedano anche la Versione Riveduta e La Bibbia di Gerusalemme.

      19. Secondo la profezia di Michea, in quale città doveva nascere questo “fanciullo”, e questo come un segno di identificazione di chi?

      19 Secondo la profezia di Michea 5:1 (PIB; 5:2, Authorized Version; NM), questo fanciullo messianico doveva nascere, questo figlio reale doveva essere dato, a Betleem di Efrata, nel territorio di Giuda. Questo luogo di nascita umana doveva essere uno dei segni di identificazione del vero Messia, il “seme” della figurativa “donna” di Dio. Betleem, e non la città reale di Gerusalemme, fu il luogo di nascita del suo antenato, re Davide, e perciò venne chiamata città di Davide.

      DINASTIA DI RE DAVIDICI

      20. Quanto durò sul trono la dinastia di Davide, e per quanto tempo gli Israeliti ebbero dei re?

      20 In adempimento di questo patto del regno stipulato con Davide, ci fu in seguito a Gerusalemme una discendenza di re tutta nella linea genealogica della famiglia del re Davide. Cominciando con il regno di Davide a Gerusalemme nel 1070 a.E.V., questo regno con una dinastia di re davidici a Gerusalemme durò 463 anni, o fino al 607 a.E.V. Quindi questo significa che, contando dall’anno 1117 a.E.V., in cui il profeta Samuele unse Saul come re su tutto Israele, la nazione d’Israele ebbe re visibili per 510 anni. Comunque, Geova era il Re invisibile.

      21. Alla morte ascese Davide al cielo, e Davide chi profetizzò che sarebbe stato invitato a sedere alla destra di Dio?

      21 Come rappresentante reale di Dio che l’aveva eletto e unto re su Israele, il re Davide sedette sul “trono di Geova” a Gerusalemme. (1 Cronache 29:23) Ma egli non sedette alla destra di Geova, poiché il trono di Geova è nei cieli. (Isaia 66:1) Alla sua morte nel 1037 a.E.V., Davide non ascese ai cieli spirituali e non si mise a sedere lassù alla destra di Geova. Non fu invitato a farlo; ma fino al primo secolo della nostra Èra Volgare gli Israeliti poterono trovare e identificare il luogo di sepoltura di Davide. Piuttosto, Davide stesso fu da Dio ispirato a profetizzare, nel Salmo 110:1-4, che il suo discendente messianico che sarebbe stato simile al re-sacerdote Melchisedec sarebbe stato colui che Geova avrebbe invitato a sedere alla Sua destra nei cieli.

      22. Salomone e la maggioranza dei suoi successori sul trono come andarono a finire, e da quando Gerusalemme non ha avuto sul trono un re davidico?

      22 Salomone, giovane figlio di Davide, gli successe sul trono di Gerusalemme, il “trono di Geova”. Secondo la promessa divina, egli fu colui che venne preferito per la costruzione del tempio sul monte Moria di Gerusalemme, e che completò nell’anno 1027 a.E.V. (1 Re 6:1-38) Nella vecchiaia Salomone divenne infedele verso l’Iddio del quale aveva costruito il tempio. La maggioranza dei suoi successori sul trono di Gerusalemme pure andarono a finire male. L’ultimo di questi re davidici a sedere sul trono di Gerusalemme fu Sedechia. Per la sua ribellione contro il re di Babilonia, che aveva reso Sedechia re tributario, egli fu deportato a Babilonia come prigioniero, ma lasciando la città di Gerusalemme e il suo sontuoso tempio in rovina. (2 Re da 24:17 a 25:21) Da quel tragico anno del 607 a.E.V. non c’è più stato un re davidico sul trono di Gerusalemme.

      23. È venuto meno o è stato annullato il patto del regno, e quale assicurazione ne diede Dio per mezzo di Ezechiele?

      23 Significò questo che il patto del regno stipulato con Davide era venuto meno o era stato annullato? In nessuno modo! Dio diede assicurazione contro ciò. Verso il quarto anno prima della detronizzazione di Sedechia e della sua deportazione nell’esilio di Babilonia, Dio ispirò il suo profeta Ezechiele a dire a quest’ultimo re sul trono di Gerusalemme:

      “In quanto a te, o ferito a morte, malvagio capotribù d’Israele, il cui giorno è venuto nel tempo dell’errore della fine, il Signore Geova ha detto questo: ‘Rimuovi il turbante, e togli la corona. Questa non sarà la stessa. Innalza pure ciò che è basso, e abbassa pure l’alto. Una rovina, una rovina, una rovina ne farò. Anche in quanto a questo, per certo non diverrà di nessuno finché venga colui che ha il diritto legale e a lui lo devo dare’”. — Ezechiele 21:25-27.

      24. Che cosa doveva essere abbassato, e quando questa situazione si sarebbe dovuta invertire, e come?

      24 Ne afferriamo il senso? Geova stesso avrebbe fatto una rovina del regno della famiglia reale di Davide a Gerusalemme. Le cose non sarebbero più state le stesse. Le potenze governanti gentili che alla vista di Dio erano state basse sarebbero state innalzate, e il regno terreno dell’eletto popolo di Geova sarebbe stato abbassato, in sottomissione alle potenze mondiali gentili. Il periodo della supremazia mondiale dei Gentili senza interferenza da parte di un regno tipico di Dio in Gerusalemme sarebbe continuato fino alla venuta di colui “che ha il diritto legale”, vale a dire il promesso vero Messia, e il Sovrano Signore Geova gli avrebbe dato il regno. Allora le potenze mondiali gentili non sarebbero state più in alto per dominare la terra. Il regno messianico avrebbe assunto il controllo del mondo. Così, secondo il patto stipulato con Davide, il suo regno sarebbe stato un governo eterno. Il suo trono sarebbe durato per sempre!

      25. Sebbene nel 607 a.E.V. Gerusalemme fosse desolata, quali patti e proposito erano ancora in vigore?

      25 Così, sebbene fino a questo medesimo giorno non sia stato ristabilito a Gerusalemme nel Medio Oriente nessun trono davidico, non tutto è perduto per quelli che sperano nel promesso Messia, il “seme” della celeste “donna” di Dio. È vero che nell’autunno del 607 a.E.V. la città del trono di Gerusalemme e il suo tempio caddero in rovina. La vicina città di Betleem, la città di Davide, fu ridotta in rovina per mano dei conquistatori babilonesi. Tuttavia, il patto della Legge stipulato con Israele al monte Sinai in Arabia continuò a essere in vigore. Inoltre, il patto per un regno eterno stabilito con Davide continuò a esser valido. L‘“eterno proposito” di Dio riguardo al suo Messia sussisté. Il patto del regno di Dio non fallirà. Né verrà meno il suo proposito!

      [Nota in calce]

      a In Antichità giudaiche, Libro 10, capitolo 8, paragrafo 4, Giuseppe Flavio del primo secolo E.V. assegna al re Saul venti anni. Ma nel Libro 6, capitolo 14, paragrafo 9, Giuseppe Flavio scrisse: “Ora Saul regnò diciotto anni mentre Samuele era vivo, e due dopo la sua morte”, a cui alcuni manoscritti di Giuseppe Flavio aggiungono: “e venti”; facendo un totale di quarant’anni.

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