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  • Alabastro
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • un fariseo (Luca 7:37), e un’altra a Betania in casa di Simone il lebbroso. — Matt. 26:6, 7; Mar. 14:3.

  • Alberi
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Alberi

      [ebr. ʽets].

      Il clima così vario della Palestina e dei paesi vicini ha reso possibile la crescita degli alberi più svariati, dai cedri del Libano alle palme da datteri di Gerico, alle ginestre del deserto. Una trentina di alberi diversi sono menzionati nella Bibbia e sono presi in considerazione in questa pubblicazione sotto le rispettive voci.

      Spesso è difficile identificare il particolare albero indicato dal nome originale ebraico o greco, e, in alcuni casi, l’identificazione è incerta. Tale identificazione dipende dalla descrizione che fa la Bibbia delle caratteristiche dell’albero (a volte indicate dal significato della radice da cui deriva il nome) e da un confronto di tale descrizione con alberi noti che crescono tuttora nei paesi biblici, specie nelle regioni indicate nello stesso brano biblico, quando sono menzionate. Ulteriore aiuto deriva dallo studio dei termini affini (cioè termini che per la loro forma risultano analoghi o derivano dalla stessa radice originale) in altre lingue, come l’arabo e l’aramaico. In alcuni casi sembra più saggio limitarsi a traslitterare il nome ebraico, come si è fatto per l’almug.

      NELLA LEGGE

      Quando occuparono il paese di Canaan gli israeliti ricevettero l’ordine di non distruggere gli alberi da frutto nell’attaccare le città, mentre secoli dopo i re di Giuda e d’Israele furono autorizzati da Dio ad abbattere gli ‘alberi buoni’ del regno di Moab, pare perché il paese di Moab non faceva parte della Terra Promessa. Si trattava di una spedizione punitiva contro Moab, intesa a prevenire una rivolta o rappresaglia moabita. (Deut. 20:19, 20; II Re 3:19, 25; confronta Geremia 6:6). Chi piantava un albero, nei primi tre anni non ne doveva mangiare il frutto, e nel quarto anno il frutto si doveva dedicare al santuario. (Lev. 19:23-25; confronta Deuteronomio 26:2). In seguito i primi frutti che maturavano ogni anno venivano similmente dedicati. — Nee. 10:35-37.

      USO FIGURATIVO

      Nel giardino di Eden Dio si servì di due alberi in modo simbolico: “l’albero della vita” e “l’albero della conoscenza del bene e del male”. La trasgressione del decreto di Dio relativo a quest’ultimo albero provocò la caduta dell’uomo. — Gen. 2:9, 16, 17; 3:1-24.

      Il significato dell’“albero della conoscenza del bene e del male” e del divieto relativo al frutto è stato spesso erroneamente messo in relazione con l’atto sessuale della prima coppia umana. Tale veduta è smentita dall’espresso comando di Dio all’uomo e alla donna di ‘essere fecondi e moltiplicarsi ed empire la terra’. (Gen. 1:28) Invece, poiché rappresentava la “conoscenza del bene e del male” e a motivo del decreto di Dio che lo dichiarava “zona vietata” alla coppia umana, l’albero divenne il simbolo del diritto di Dio di determinare o stabilire le norme del bene e del male. Quindi costituiva una prova del rispetto dell’uomo per la posizione del Creatore e della sua prontezza a rimanere entro i limiti della libertà stabiliti da Dio, limiti che non erano certo restrittivi e consentivano il massimo godimento della vita umana. Perciò oltrepassare i limiti della zona proibita mangiando dell’“albero della conoscenza del bene e del male” avrebbe costituito una violazione del dominio di Dio e una ribellione contro la sua autorità. — Vedi SOVRANITÀ.

      Alberi furono usati anche per rappresentare individui, sovrani e regni, come nella profezia relativa alla vittoria dell’Assiria su Faraone e la sua folla in Ezechiele cap. 31, e nella profezia di Daniele dell’albero maestoso che rappresentava il dominio sul “regno del genere umano”. (Dan. 4:10-26) L’uomo giusto è paragonato a un albero piantato presso corsi d’acqua (Sal. 1:3), il cui fogliame è lussureggiante e che continua a produrre frutti nonostante la siccità. — Ger. 17:8.

      La promessa che i giorni del popolo redento da Dio sarebbero stati come quelli di un albero (Isa. 65:22) è più significativa per il fatto che alcuni alberi della Palestina vivono centinaia, se non migliaia d’anni. Nella visione di Ezechiele, sulla riva del torrente che usciva dal tempio c’erano filari di alberi da frutto il cui fogliame aveva proprietà risanatrici, e una visione simile è descritta nel libro di Rivelazione. (Ezec. 47:7, 12; Riv. 22:2, 14) L’espressione “albero di vita” si riferisce alla vera sapienza, al frutto del giusto, alla realizzazione di una cosa desiderata, alla calma della lingua, ed è anche associata alla corona della vita. (Prov. 3:18; 11:30; 13:12; 15:4; Riv. 2:7, 10) Alberi sono menzionati in relazione alle condizioni gioiose, pacifiche e fruttuose che sono il risultato del regno di Geova e del favore di cui gode nuovamente il suo popolo. — I Cron. 16:33; Sal. 96:12; 148:9; Isa. 55:12; Ezec. 34:27; 36:30.

      Gesù si servì di alberi in alcune sue illustrazioni per mettere in risalto la necessità di portare frutto in vera giustizia, come Giovanni Battista aveva fatto prima di lui. (Matt. 3:10; 7:15-20) Dato che in quell’epoca in Palestina si doveva pagare una tassa sugli alberi da frutto, un albero improduttivo (come morto) costituiva un peso inutile per il proprietario e perciò veniva tagliato e distrutto. (Luca 13:6-9) In Giuda 12, persone immorali che si infiltrano nella congregazione cristiana sono paragonate ad alberi che in autunno sono senza frutto, morti due volte. Dire che sono “morti due volte” può essere un modo enfatico per indicare che sono completamente morti. Oppure potrebbe significare che sono morti sotto due aspetti diversi: sono (1) sterili o infruttuosi e (2) letteralmente morti, privi di vitalità.

      Il termine ebraico per albero è usato di solito a proposito del palo su cui veniva appeso un cadavere. (Gen. 40:19; Deut. 21:22, 23; Gios. 8:29; Est. 2:23) Nel citare Deuteronomio 21:23 l’apostolo Paolo usò il termine greco xỳlon. — Gal. 3:13; vedi PALO DI TORTURA.

  • Alessandria
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Alessandria

      (Alessàndria).

      Importante città e famosa metropoli dell’Egitto all’epoca di Gesù e degli apostoli. La moderna Alessandria (in arabo: al-Iskandariyah) sorge sulle rovine dell’antica città ed è un porto marittimo, ma ha conservato poco dell’antico splendore.

      Nella Bibbia ci sono solo brevi accenni ad Alessandria. Fra coloro che disputavano con Stefano prima del suo processo c’erano “degli Alessandrini”, cioè ebrei di Alessandria. Alessandria era la città natale dell’eloquente Apollo. E due delle navi su cui viaggiò Paolo diretto a Roma come prigioniero erano di Alessandria. — Atti 6:9; 18:24; 27:6; 28:11.

      La città prese il nome da Alessandro Magno, che la fece costruire nel 332 a.E.V. Col tempo divenne la principale città dell’Egitto, e sotto i Tolomei, re ellenistici d’Egitto, Alessandria divenne la capitale. Rimase tale anche quando l’Egitto passò sotto la dominazione romana nel 30 a.E.V. e fu il centro amministrativo in epoca romana e bizantina fino alla conquista araba del VII secolo E.V.

      POSIZIONE E DESCRIZIONE

      Il luogo era ben scelto. A O del delta del Nilo, che si apre a ventaglio, c’è il lago Maryut (Mareotide) che costeggia il Mediterraneo, da cui è diviso da uno stretto istmo. Alessandria fu costruita su questa striscia di terra dove un tempo sorgeva il piccolo villaggio di Rakotide. Siccome il lago Mareotide allora era collegato col ramo canopico del Nilo (la più occidentale delle sette antiche bocche del Nilo), la città poteva servire come porto da entrambe le parti dell’istmo: a N attraccavano le navi d’altomare e a S le barche egiziane che scendevano il Nilo. Proprio a N della città c’era la piccola isola di Faro. Un molo, o strada rialzata, univa l’isola alla terraferma ed era chiamato Heptastadion (cioè “Sette stadi”, la lunghezza del molo [circa sette ottavi di un miglio romano o 1,3 km]). Questa strada rialzata serviva anche a dividere il porto in due spaziosi bacini. A E dell’isola di Faro fu costruito un faro alto 122 m, considerato una delle sette meraviglie del mondo antico.

      Lunga 24 km e larga solo 1,6 km, Alessandria era formata di isolati regolari con ampie vie, a tratti fiancheggiate da colonnati. Si dice che un terzo della città fosse costituito da palazzi e giardini pubblici. Il suo splendore e i magnifici edifici furono decantati da antichi scrittori. Particolarmente famosa era la grande biblioteca che faceva parte del “museo” di Alessandria, specie di università statale in cui dotti di molti paesi studiavano ogni ramo delle arti e delle scienze. La biblioteca era stata fondata e ampliata sotto i primi due Tolomei. Si cercò di raccogliervi copie di tutti i libri scritti in greco e in latino e pare che alla fine comprendesse circa 900.000 volumi o rotoli papiracei. La biblioteca fu però gravemente danneggiata da un incendio all’epoca di Giulio Cesare e fu infine distrutta dagli arabi nel VII secolo E.V.

      CENTRO EBRAICO

      Ad Alessandria fu completata la prima traduzione delle Scritture Ebraiche: la versione greca dei Settanta fatta da ebrei alessandrini, iniziata pare durante il regno di Tolomeo Filadelfo (285–246 a.E.V.).

      Gli ebrei per molto tempo costituirono una parte importante della popolazione di Alessandria che, al massimo del suo splendore, raggiunse circa 800.000 abitanti. Molti degli ebrei erano discendenti di rifugiati fuggiti in Egitto dopo la caduta di Gerusalemme nel 607 a.E.V. All’epoca di Tiberio si dice costituissero circa un terzo di tutta la popolazione della città. Nella loro sezione o quartiere chiamato Regio Iudaeorum, gli ebrei potevano vivere secondo le loro leggi e avevano un governatore proprio o alabarca. Fin dall’inizio ebbero gli stessi diritti dei greci. La loro abilità commerciale contribuì all’economia di Alessandria che, situata com’era in un punto strategico per il commercio con tre continenti, rivaleggiava in ricchezza con Roma. Era un importante centro bancario e dalle sue industrie e dai suoi porti provenivano papiro, vetro, profumi, tessuti, grano e altri beni di consumo.

      ATTIVITÀ CRISTIANA

      Non si sa in quale data o in che modo il cristianesimo fu introdotto ad Alessandria. La tradizione ne attribuisce il merito all’evangelista Marco, ma mancano le prove. Nel II secolo E.V. c’era un importante centro di studi cristiani in cui primeggiavano Clemente e il suo discepolo Origene, che fornirono una preziosa testimonianza sulla canonicità dei testi delle Scritture Greche Cristiane. Simile contributo diede pure Atanasio, vescovo di Alessandria, nel IV secolo E.V.

      [Cartina a pagina 43]

      (Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

      ALESSANDRIA ANTICA

      Mediterraneo

      Canale

      IS. di FARO

      Faro

      Heptastadion

      Museo e biblioteca

      Lago Mareotide

      Canale

  • Alfabeto
    Ausiliario per capire la Bibbia
    • Alfabeto

      Sistema di segni grafici usati per scrivere i suoni fonetici di una lingua. Il nome “alfabeto” deriva dalle prime due lettere greche alfa e beta, che vengono a loro volta dalle lettere ebraiche ’àleph e behth.

      ORIGINE

      Ci sono molte teorie sull’origine dell’alfabeto: il cuneiforme sumero e babilonese, i geroglifici “ittiti” e la scrittura egiziana sono tutti considerati fra le possibili fonti. Tuttavia un noto studioso, il dottor David Deringer, nel suo libro The Story of the Aleph Beth (1958, p. 31) afferma: “Si è ora generalmente d’accordo che tutti gli alfabeti esistenti, e quelli non più in uso, siano derivati da un unico alfabeto originale”. A pagina 39 egli cita le parole di G. R. Driver: “E stato uno, e solo uno, dei doni dei semiti all’umanità”. Quindi prosegue: “Questo alfabeto è l’antenato di tutte le scritture alfabetiche che il mondo ha conosciute”.

      In quanto alle scoperte archeologiche, fra gli esempi di alfabeto più antichi, secondo i metodi di datazione seguiti dagli archeologi, sono le iscrizioni scoperte a Serabit el-Khadem nella penisola sinaitica, ritenute del XIX e XVIII secolo a.E.V., le tavolette ugaritiche di argilla trovate a Ras Sharma in Siria, in alfabeto cuneiforme e attribuite al XV e XIV secolo a.E.V., e le iscrizioni di Biblo in Fenicia, che si pensa risalgano al 1100 a.E.V. circa. Le lettere fenicie sono quasi identiche a quelle dell’alfabeto ebraico antico, mentre quelle del Sinai presentano notevoli diversità. Le più antiche iscrizioni ebraiche pervenuteci includono il frammento di un’iscrizione di Lachis del XII o XI secolo a.E.V., il cosiddetto “Calendario di Ghezer” (vedi CALENDARIO) ritenuto dell’XI o X secolo a.E.V., le belle iscrizioni in corsivo degli ostraca samaritani attribuite al regno di Geroboamo II (844–803 a.E.V.), e l’iscrizione della galleria di Siloe che evidentemente risale al regno del re Ezechia (745–716 a.E.V.). La maggior parte degli antichi scritti ebraici risale solo al III secolo a.E.V.

      In base a queste scoperte c’è la tendenza a considerare

  • Alamot
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    • Alamot

      Vedi ARPA.

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