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COSA SIGNIFICA ESSERE CRISTIANI
Gesù invitò a essere suoi seguaci, dicendo: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda il suo palo di tortura e mi segua di continuo”. (Matt. 16:24) I veri cristiani hanno piena fede che Gesù Cristo è in modo particolare l’Unto di Dio e il Figlio unigenito, il Seme promesso che ha sacrificato la sua vita umana come riscatto, è stato risuscitato ed esaltato alla destra del Padre, ed è stato autorizzato a soggiogare i suoi nemici e rivendicare il nome di Geova. (Matt. 20:28; Luca 24:46; Giov. 3:16; Gal. 3:16; Filip. 2:9-11; Ebr. 10:12, 13) Per i cristiani la Bibbia è l’ispirata Parola di Dio, l’assoluta verità, utile per insegnare e disciplinare il genere umano. — Giov. 17:17; II Tim. 3:16; II Piet. 1:21.
Dai veri cristiani si richiede più che una semplice professione di fede. È necessario che la convinzione sia dimostrata dalle opere. (Rom. 10:10; Giac. 2:17, 26) Nati peccatori, coloro che diventano cristiani si pentono, si convertono, dedicano la propria vita all’adorazione e al servizio di Geova, e si sottopongono al battesimo in acqua. (Matt. 28:19; Atti 2:38; 3:19) Da quel momento in poi si mantengono puri dalla fornicazione, dall’idolatria e dal mangiare sangue. (Atti 15:20, 29) Si spogliano della vecchia personalità coi suoi accessi d’ira, discorsi osceni, menzogna, furto, ubriachezza, e “simili”, e mettono la loro vita in armonia coi principi biblici. (Gal. 5:19-21; I Cor. 6:9-11; Efes. 4:17-24; Col. 3:5-10) “Nessuno di voi”, scriveva Pietro ai cristiani, “soffra quale assassino o ladro o malfattore o quale intromettente nelle cose altrui”. (I Piet. 4:15) I cristiani devono essere benevoli e comprensivi, miti e longanimi, amorevoli nell’esercitare padronanza di sé. (Gal. 5:22, 23; Col. 3:12-14) Provvedono alla famiglia e ne hanno cura e amano il prossimo come se stessi. (I Tim. 5:8; Gal. 6:10; Matt. 22:36-40; Rom. 13:8-10) La principale qualità che permette di identificare i veri cristiani è lo straordinario amore che hanno l’uno per l’altro. “Da questo”, disse Gesù, “tutti conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore fra voi”. — Giov. 13:34, 35; 15:12, 13.
I veri cristiani imitano l’esempio di Gesù, il Grande Insegnante e il Fedele Testimone di Geova. (Giov. 18:37; Riv. 1:5; 3:14) “Andate . . . fate discepoli delle persone di tutte le nazioni”, ‛insegnando loro a fare quello che ho insegnato a fare a voi’, è il comando del loro Capo, ed eseguendolo i cristiani esortano ovunque le persone a uscire da Babilonia la Grande e a riporre speranza e fiducia nel regno di Dio. (Matt. 28:19, 20; Atti 1:8; Riv. 18:2-4) Questa è davvero una buona notizia, eppure la proclamazione di questo messaggio attira molta persecuzione e sofferenza sui cristiani, come accadde anche a Gesù Cristo. I suoi seguaci non sono da più di lui; basta che siano come lui. (Matt. 10:24, 25; 16:21; 24:9; Giov. 15:20; II Tim. 3:12; I Piet. 2:21) Se uno “soffre quale cristiano, non provi vergogna, bensì continui a glorificare Dio in questo nome”, è il consiglio di Pietro. (I Piet. 4:16) I cristiani rendono a “Cesare” quello che spetta alle autorità superiori di questo mondo — onore, rispetto, tasse — ma allo stesso tempo restano separati dalle cose del mondo (Giov. 17:16; Rom. 13:1-7), e per questo il mondo li odia. — Giov. 15:19; 18:36; I Piet. 4:3, 4; Giac. 4:4; I Giov. 2:15-17.
È comprensibile che persone con tali elevati principi cristiani di moralità e integrità, predicatori intrepidi e zelanti di un elettrizzante messaggio, si siano prontamente imposti all’attenzione nel I secolo. I viaggi missionari di Paolo, per esempio, furono come un incendio che divampa nella prateria e raggiunge una città dopo l’altra — Antiochia di Pisidia, Iconio, Listra, Derbe, Perga, in un solo viaggio; Filippi, Tessalonica, Berea, Atene e Corinto in un altro — inducendo la gente a soffermarsi, pensare e prendere posizione accettando o rigettando la buona notizia della Parola di Dio. (Atti 13:14-14:26; 16:11-18:17) Molte migliaia furono quelli che abbandonarono le organizzazioni della falsa religione per abbracciare con tutto il cuore il cristianesimo, e con zelo intrapresero l’attività di predicazione a imitazione di Gesù e degli apostoli. Ciò a sua volta li rese oggetto di odio e persecuzione, fomentati soprattutto dai capi della falsa religione e da uomini politici male informati. Il loro capo, Gesù Cristo, il Principe della pace, era stato messo a morte con l’accusa di sedizione; ora i cristiani amanti della pace erano accusati di ‛disturbare la nostra città’, ‛mettere sottosopra la terra abitata’, ed essere persone di cui “dappertutto se ne parla contro”. (Atti 16:20; 17:6; 28:22) Quando Pietro scrisse la prima lettera (ca. 62-64 E.V.) sembra che l’attività dei cristiani fosse ben nota “nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadocia, in Asia e in Bitinia”. — I Piet. 1:1.
TESTIMONIANZA NON CRISTIANA
Scrittori secolari dei primi due secoli pure riconobbero la presenza e l’influenza dei primi cristiani nel mondo pagano. Per esempio, Tacito, storico romano nato verso il 55 E.V., parla delle voci che accusavano Nerone di essere responsabile dell’incendio di Roma (64 E.V.), e poi dice: “Per mettere dunque a tacere tali voci, Nerone addossò la colpa e inflisse le più raffinate torture a quegli odiati malfattori, dal volgo chiamati cristiani . . . Prima ci fu l’arresto di tutti quelli che si dichiararono colpevoli; poi la condanna di un’immensa moltitudine di quelli denunciati da loro, non come colpevoli dell’incendio della città, ma come nemici del genere umano. Oltre a essere messi a morte furono scherniti in ogni modo. Coperti di pelli di animali furono sbranati vivi dai cani, o crocifissi o condannati al rogo e bruciati per servire da illuminazione notturna, dopo che s’era spenta la luce del giorno”. (Annali, Libro XV, 44) Un altro storico romano, Svetonio, nato verso la fine del I secolo E.V., riferisce avvenimenti accaduti all’epoca di Nerone dicendo: “[Vengono] puniti di morte i cristiani, seguaci d’una nuova e malefica setta”. — Le vite di dodici Cesari, III, 16, traduzione di Guido Vitali.
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Cristo
[khristòs, unto; l’Unto]. Titolo che equivale all’ebraico Mashìahh, “Messia”.
La venuta del Cristo o Messia, di colui che Geova avrebbe unto col suo spirito perché fosse re universale, era stata predetta secoli prima della nascita di Gesù. (Dan. 9:25, 26) Tuttavia, quando nacque, Gesù non era ancora l’Unto o Cristo. Nel predirne la nascita l’angelo ordinò a Giuseppe: “Dovrai mettergli nome Gesù”. (Matt. 1:21) Ma quando presso Betleem i pastori ricevettero l’annuncio angelico, anticipando il futuro ruolo di Gesù fu detto loro: “Vi è nato oggi un Salvatore, che è Cristo il Signore”, cioè, “che deve diventare Cristo il Signore”. — Luca 2:11, NW, nota in calce.
Il nome proprio Gesù seguito dal titolo “Cristo” richiama l’attenzione sulla sua persona e sul fatto che è diventato l’Unto di Geova. Ciò è avvenuto quando raggiunse i trent’anni di età, fu battezzato in acqua, e fu unto con lo spirito di Geova che fu visto scendere su di lui sotto forma di colomba. (Matt. 3:13-17) Questo è quanto spiegò Pietro alla Pentecoste ricordando evidentemente l’espressione udita da Gesù stesso che per primo usò il termine “Gesù Cristo”: “Dio l’ha fatto Signore e Cristo, questo Gesù”. (Atti 2:36-38; Giov. 17:3) L’espressione “Gesù Cristo” ricorre anche nelle parole introduttive e conclusive delle Scritture Greche Cristiane. — Matt. 1:1; Riv. 22:21.
Mettendo il titolo prima del nome e dicendo “Cristo Gesù” invece di “Gesù Cristo” si dà maggior risalto all’incarico o posizione assunta da Gesù. Si concentra l’attenzione prima sull’incarico, poi su chi lo ricopre (come quando si dice il re Davide o il governatore Zorobabele) rammentando la particolare posizione ufficiale di Gesù quale Unto di Geova, onore non condiviso dagli altri suoi seguaci anche se pure loro unti. Infatti non sentiamo mai dire Cristo Pietro, Cristo Giovanni o Cristo Paolo. Solo il diletto Figlio di Geova ha il titolo “Cristo Gesù”. Paolo usò quest’espressione nella sua prima lettera ispirata (I Tess. 2:14); secondo i manoscritti più antichi anche Luca la usò una volta in Atti 24:24, parlando della testimonianza resa da Paolo.
L’uso dell’articolo determinativo insieme al titolo, nell’espressione “il Cristo” (ho Khristòs), è un altro modo di richiamare l’attenzione sulla posizione di Gesù. (Matt. 16:16; Mar. 14:61) La costruzione grammaticale della frase, però, può determinare se l’articolo va usato o no, infatti W. E. Vine dice: “Generalmente parlando, quando il titolo [Cristo] è il soggetto di una frase è preceduto dall’articolo; quando fa parte del predicato l’articolo manca”. — An Expository Dictionary of New Testament Words, 1966, Vol. I, p. 190.
Nelle Scritture non viene mai usato più di un titolo prima o dopo il nome di Gesù; ma se un titolo precede già il nome proprio, allora l’altro titolo lo segue. Non troviamo mai espressioni come il Signore Cristo Gesù o il re Cristo Gesù, mentre troviamo il Signore Gesù Cristo. L’espressione “nostro Salvatore, Cristo Gesù”, in II Timoteo 1:10, ha nel testo greco il possessivo “di noi” inserito fra Salvatore e Cristo per identificare chi è il Salvatore, in armonia con l’espressione “Cristo Gesù nostro Salvatore [lett. Cristo Gesù il Salvatore di noi]”. (Tito 1:4) In I Timoteo 2:5 viene menzionato “l’uomo Cristo Gesù” quale mediatore, ma “l’uomo” non è un titolo. L’espressione spiega semplicemente che Cristo Gesù un tempo è stato uomo sulla terra.
Un uso eccezionale del titolo “Cristo” è il riferimento di Paolo a Mosè e non a Gesù: “[Mosè] stimò il biasimo del Cristo [toù khristoù, dell’unto] come ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto; poiché guardava attentamente la ricompensa”. (Ebr. 11:26) Mosè non fu mai unto con olio letterale come i sommi sacerdoti o i re d’Israele. (Eso. 30:22-30; Lev. 8:12; I Sam. 10:1; 16:13) Ma non lo furono neanche Gesù o i suoi seguaci, eppure le Scritture dicono che sono stati unti. (Atti 10:38; II Cor. 1:21) In questi ultimi casi la loro unzione con spirito santo di Dio servì come nomina o incarico da parte di Dio anche se non fu usato letterale olio d’unzione. In modo simile Mosè ricevette un incarico speciale. Paolo poteva ben dire dunque che Mosè era l’unto o cristo di Geova, avendo ricevuto un incarico presso il rovo ardente, incarico che considerò ricchezza maggiore di tutti i tesori d’Egitto. — Eso. 3:2–4:17.
Il termine “Cristo” è usato anche parlando della congregazione cristiana e della sua relazione col Signore Gesù Cristo. “Ora voi siete il corpo di Cristo, e individualmente membra”, in senso spirituale. (I Cor. 12:27) Quelli “battezzati in Cristo Gesù” sono “battezzati nella sua morte”, con la speranza di essere “coeredi” con Cristo del regno celeste. (Rom. 6:3-5; 8:17) Sono “partecipi delle sofferenze del Cristo”, essendo “biasimati per il nome di Cristo”. (I Piet. 4:13, 14; 5:1) Alcune volte questa relazione è descritta con le parole “unitamente a Cristo” o “in Cristo”, e anche con l’espressione corrispondente “Cristo unitamente a voi”, nei diversi sensi. (Rom. 8:1, 2; 16:10; I Cor. 15:18; I Tess. 4:16; Col. 1:27) In tale contesto i deboli, che dovrebbero essere forti, sono chiamati “bambini in Cristo”. (I Cor. 3:1) A suo tempo tutte le cose in cielo e sulla terra saranno radunate di nuovo “nel Cristo”. — Efes. 1:10.
FALSI CRISTI
Nelle sue profezie sul termine del sistema di cose, Cristo avvertì i suoi seguaci: “Badate che nessuno vi svii; perché molti verranno in base al mio nome, dicendo: ‘Io sono il Cristo’, e inganneranno molti. Poiché sorgeranno falsi Cristi [gr. pseudòkhristoi] e falsi profeti e faranno grandi segni e prodigi da sviare, se possibile, anche gli eletti”. (Matt. 24:4, 5, 24; Mar. 13:21, 22) Tali malvagi che falsamente si attribuiscono il titolo e l’incarico del Signore Gesù Cristo sono inclusi nell’antìkhristos (gr. per “anticristo”) menzionato cinque volte dall’apostolo Giovanni. — I Giov. 2:18, 22; 4:3; II Giov. 7; vedi ANTICRISTO.
Tutti i falsi Cristi sono anticristi, ma non tutti gli anticristi affermano di essere il Messia, anche se alcuni l’hanno affermato.
ALTRI USI DEL TERMINE “CRISTO”
È interessante notare che nella Settanta ricorre più di quaranta volte lo stesso termine greco khristòs, spesso come titolo di unti sacerdoti, re o profeti. Il sommo sacerdote Aaronne era “l’unto” incaricato e “costituito a favore degli uomini sulle cose relative a Dio”. (Lev. 4:3, 5, 16; 8:12; Ebr. 5:1) Nel condannare la casa di Eli, Geova promise di suscitare un sacerdote fedele che avrebbe camminato per sempre dinanzi all’unto (khristoù) di Dio. — I Sam. 2:35.
Anche ai re era conferito questo titolo onorifico a motivo della loro relazione con Geova in qualità di sovrani. Infatti secondo la Settanta Samuele chiama Saul khristòs in I Samuele 12:3. “È impensabile, da parte mia”, esclama Davide, “che io stenda la mano contro [Saul] l’unto [LXX, khristòn] di Geova!” (I Sam. 26:11) Davide non permise neppure al nipote Abisai di toccare Saul. (I Sam. 26:8, 9) Inoltre Davide fece uccidere l’amalechita perché affermava di aver ucciso Saul, “l’unto [LXX, khristòn] di Geova”. (II Sam. 1:13-16) Questo titolo e l’autorità regale furono conferiti anche a Davide, e perciò egli si riferì a se stesso come all’“unto” [LXX, khristòi]”. (I Sam. 16:12, 13; II Sam. 22:51) Il re Sedechia che salì al trono come erede di Davide, venne pure chiamato “l’unto [khristòs] di Geova”. — Lam. 4:20.
Anche i profeti erano chiamati unti di Geova, com’è indicato dal parallelismo nel Salmo 105:15. Benché non siano descritti i particolari dell’unzione, Geova diede ordine al profeta Elia: “Dovresti ungere Eliseo . . . come profeta in luogo tuo”. — I Re 19:16.
In altri casi la Settanta usa khristòs in senso profetico. Khristòs ricorre dieci volte nel libro dei Salmi; particolarmente degno di nota è il riferimento nel Salmo 2:1, 2: nazioni in tumulto e re
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