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DanAusiliario per capire la Bibbia
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Nella suddivisione della Terra Promessa, il capotribù Bucchi figlio di Iogli rappresentava Dan, e questa tribù finì per ricevere uno dei territori più piccoli nonostante il fatto che numericamente era ancora la seconda. La sua sorte però, la settima, cadde su terreno molto buono, confinante con le tribù di Giuda, Efraim e Beniamino, una terra che si estendeva dalle fertili valli della Sefela alla pianura costiera lungo il Mediterraneo. Ma non avendo scacciato, secondo il comando di Geova, le nazioni che la occupavano senza diritto, Dan soffrì amaramente. (Num. 26:43; 34:22; Gios. 19:40-46; Giud. 1:34) Per questa ragione parte della tribù si trasferì nella zona più settentrionale della Palestina e occupò la città di Lesem o Lais che chiamò “Dan”. (Gios. 19:47, 48; Giud. 18:11-31) Nel corso di quest’impresa i daniti derubarono un certo Mica della sua immagine scolpita che adottarono come proprio dio, nonostante che uomini di Dan fossero stati anni prima sopra il monte Ebal da dove furono pronunciate le maledizioni che includevano: “Maledetto è l’uomo che fa un’immagine scolpita o una statua di metallo fuso, cosa detestabile a Geova”. (Deut. 27:13-15) Dan mancò inoltre di dare il suo appoggio al giudice Barac contro gli eserciti di Sisera. — Giud. 5:17.
3. Città all’estremo N della Palestina. Prima che venisse conquistata dalla tribù di Dan, gli abitanti pagani la chiamavano Lesem o Lais. (Gios. 19:47; Giud. 18:7, 27) I daniti ricostruirono la città distrutta e la chiamarono “Dan dal nome del loro padre, Dan”. (Giud. 18:28, 29) Comunque, già quattro secoli prima la città è menzionata col nome di “Dan” parlando di Abraamo che inseguì Chedorlaomer e i suoi alleati “fino a Dan”. (Gen. 14:14) È possibile che l’uso del nome “Dan” in così antica data possa riferirsi al nome del fiume, la cui sorgente si trova proprio a S della città, noto come Nahr el-Leddan. Girolamo (Comm. in Matt. xvi, 13) era dell’opinione che il nome del Giordano derivasse dal fatto che il fiume aveva due sorgenti, una chiamata Jor e l’altra Dan, per cui il corso d’acqua che formavano insieme venne chiamato “Giordano”, nome già in uso all’epoca di Abraamo. (Gen. 13:10) Ad ogni modo nulla vieta che il nome “Dan” si riferisse alla suddetta località già all’epoca di Abraamo. Il fatto che questo antico nome corrispondeva a quello dell’antenato della tribù di Dan poteva essere una coincidenza oppure poteva dipendere dal volere di Dio.
Il nome “Dan” compare di nuovo nel Pentateuco in Deuteronomio 34:1, dove indica uno dei limiti del territorio visto da Mosè l’ultima volta che scorse la Terra Promessa dal monte Nebo. Dato che Dan si trova ai piedi dei monti dell’Antilibano (e non lontano dall’Ermon), poteva significare che il panorama che Mosè vide includeva quella catena montuosa. Qui l’uso del nome “Dan” poteva corrispondere all’uso fattone nel caso di Abraamo, oppure poteva dipendere dal fatto che fu Giosuè a scrivere la parte conclusiva del libro, relativa agli avvenimenti seguiti alla morte di Mosè.
Dan sorgeva nel “bassopiano che apparteneva a Bet-Reob”, e questa zona, a N delle acque di Merom e ai piedi del Libano, era una regione fertile e amena, ricca di acqua. (Giud. 18:28) La località è stata identificata con Tell el-Qadi, che in arabo significa “colle del giudice”, conservando così il significato del nome ebraico “Dan”. Qui due sorgenti si uniscono per formare il Nahr el-Leddan, che è il maggiore dei corsi d’acqua che confluiscono pochi chilometri più oltre formando il Giordano. La città, a una certa altitudine ai piedi del monte Ermon, dominava l’ampio bacino di Hula. Inoltre godeva di una posizione strategica sull’importante via carovaniera fra Tiro e Damasco.
Dan divenne sinonimo dell’estremo N d’Israele come rivela la frequente espressione “da Dan a Beer-Seba”. (Giud. 20:1; I Sam. 3:20; II Sam. 3:10; I Re 4:25; II Cron. 30:5) In realtà c’erano altri villaggi più a N di Dan, come c’erano pure diversi villaggi più a S di Beer-Seba, ma evidentemente Dan era la città più importante al N come Beer-Seba lo era al S. Per la sua posizione era logicamente la prima a soffrire quando il paese era attaccato da N, come avvenne nell’invasione del siro Ben-Adad. (I Re 15:20; II Cron. 16:4) Questo senza dubbio si rifletté nelle espressioni profetiche di Geremia 4:15 e 8:16. Dopo la divisione del regno, Geroboamo eresse vitelli d’oro a Dan e a Betel nel tentativo di tener lontani i suoi sudditi dal tempio di Gerusalemme. — I Re 12:28-30; II Re 10:29.
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DanieleAusiliario per capire la Bibbia
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Daniele
[Dio è (mio) giudice].
Noto profeta di Geova della tribù di Giuda, e scrittore del libro che porta il suo nome. Ben poco si sa del primo periodo della sua vita, ma egli rivela di esser stato portato a Babilonia, probabilmente quand’era adolescente, insieme ad altri nobili e principi di stirpe reale. — Dan. 1:3-6.
SOTTO LA DOMINAZIONE BABILONESE
Mentre molti esuli si trovavano presso il fiume Chebar, fuori Babilonia, Daniele e i suoi tre compagni furono scelti e istruiti per tre anni secondo la cultura babilonese affinché fossero in grado di svolgere incarichi governativi. Com’era consuetudine furono dati loro nomi babilonesi; quello di Daniele era Baltassar, che significa “Proteggi la sua vita”. Non volendosi contaminare coi cibi assegnati loro, che potevano includere cose proibite dalla legge mosaica o profanate da riti pagani, chiese che la loro dieta si limitasse a verdura e acqua. Venne insegnata loro tutta la sapienza di Babilonia, ma fu Geova Dio che diede loro “conoscenza e perspicacia in ogni scrittura e sapienza; e Daniele stesso aveva intendimento di ogni sorta di visioni e di sogni”. (Dan. 1:17) Alla fine dei tre anni il re trovò che erano “dieci volte migliori di tutti i sacerdoti che praticavano la magia e gli evocatori che erano in tutto il suo regale reame”. — Dan. 1:20.
I sogni di Nabucodonosor
Nel secondo anno del suo regno (probabilmente a partire dalla caduta di Gerusalemme nel 607 a.E.V.), Nabucodonosor fa un sogno che ‘agita il suo spirito’. Tutti i saggi sono incapaci di rivelarlo, perciò Daniele si presenta al re e non solo gli descrive il sogno, rivelatogli da Dio, ma lo interpreta salvando se stesso e gli altri saggi dalla condanna a morte. Questo induce Nabucodonosor a fare di Daniele il “governante su tutto il distretto giurisdizionale di Babilonia e principale prefetto su tutti i saggi”. (Dan. 2:48) I suoi tre compagni ricevono alti incarichi, ma non a corte, mentre Daniele presta servizio alla corte del re.
Non si sa perché Daniele non fosse implicato nella prova d’integrità affrontata dai suoi compagni, Sadrac, Mesac e Abednego, quando fu ordinato loro di adorare la statua d’oro eretta nella pianura di Dura. (Dan. cap. 3) La precedente condotta di Daniele come pure la lealtà che mostrò in seguito a Dio anche a rischio di morire (vedi il capitolo 6) dimostrano che se fosse stato presente, e in qualunque circostanza, Daniele non sarebbe sceso a compromessi inchinandosi davanti alla statua. Inoltre la Parola di Geova esprime la Sua approvazione per la completa dedizione di Daniele, menzionandolo insieme a Noè e Giobbe. — Ezec. 14:14, 20; Matt. 24:15; Ebr. 11:32, 33.
Daniele interpretò poi il sogno di Nabucodonosor relativo all’immenso albero che era stato abbattuto e poi lasciato germogliare di nuovo, che (nel significato più semplice della profezia) rappresentava il grande monarca babilonese stesso. (Dan. 4:20-22) Nabucodonosor avrebbe perso la ragione per sette anni e poi avrebbe riacquistato la sanità di mente e il regno. Nabucodonosor attesta che questo accadde realmente per opera di Dio, facendo pubblicità all’avvenimento in tutto il reame. — Dan. 4:1, 2.
Visioni
Daniele ebbe due visioni (capp. 7 e 8), rispettivamente nel primo e nel terzo anno di Baldassarre, in cui vari animali rappresentavano il succedersi delle potenze mondiali, fino al tempo in cui queste sarebbero state annientate e la sovranità celeste sarebbe stata data a “qualcuno simile a un figlio d’uomo”. (Dan. 7:11-14) Sembra che, qualche tempo dopo la morte di Nabucodonosor, per molti anni Daniele facesse poco o nulla in qualità di consigliere, tanto che la regina (probabilmente la regina madre Nitocri) dovette ricordarlo a Baldassarre quando nessuno dei saggi fu in grado di interpretare il sinistro scritto apparso sulla parete del palazzo durante lo sfrenato e blasfemo banchetto di Baldassarre. Come promesso, Daniele ricevette l’onore di essere terzo nel regno, essendo Nabonedo il primo sovrano e suo figlio Baldassarre il secondo. Quella stessa notte la città fu conquistata dai medi e dai persiani e Baldassarre fu ucciso. — Dan. 5:1, 10-31.
SOTTO LA DOMINAZIONE MEDO–PERSIANA
Durante il breve regno di Dario il Medo, Daniele fu uno dei tre alti funzionari preposti ai 120 satrapi che dovevano reggere l’impero. Distintosi grazie al favore di Dio, Daniele stava per essere preposto a tutto il regno quando invidia e gelosia spinsero gli altri funzionari a tramare la sua morte. La legge che indussero il re a emanare doveva aver relazione con l’adorazione che Daniele rendeva a Dio, dato che altrimenti non avrebbero potuto trovare in lui colpa alcuna. Il re, riluttante, agì per far osservare la legge, che, secondo la consuetudine, non poteva essere revocata, e gettò Daniele nella fossa dei leoni. Per la salda integrità e la fede che Daniele mostrò, Geova mandò il suo angelo a liberarlo dalla bocca dei leoni. Allora Dario giustiziò i cospiratori, facendoli sbranare dagli stessi leoni. — Dan. cap. 6.
Nel primo anno di Dario, Daniele comprese che, secondo gli scritti di Geremia, era vicina la fine dei settant’anni di desolazione di Gerusalemme. (Ger. 25:11, 12) Daniele riconobbe umilmente i peccati del suo popolo e pregò Geova di far risplendere la sua faccia sul desolato santuario di Gerusalemme. (Dan. 9:1, 2, 17) Gabriele gli fece una rivelazione, comunicandogli la profezia delle settanta settimane, che determinava con esattezza l’anno della venuta del Messia. Ormai vecchio e alla fine di una lunga carriera, nel terzo anno di Ciro (ca. 536 a.E.V.) Daniele ebbe la visione di un angelo che, mentre si recava in missione da Daniele, dovette lottare col principe di Persia. L’angelo rivelò quello che doveva ‘accadere al popolo di Daniele nella parte finale dei giorni, perché era una visione ancora per i giorni avvenire’. (Dan. 10:14) Iniziando coi re di Persia, Daniele scrisse storia in anticipo. La profezia rivelava che la scena mondiale sarebbe stata dominata da due principali potenze politiche ostili, chiamate “re del nord” e “re del sud”, situazione che sarebbe esistita finché non fosse sorto Michele e a cui avrebbe fatto seguito un tempo di grande angustia. — Dan. capp. 11 e 12.
Daniele poté vivere fino a vedere nel 537 a.E.V. la partenza degli ebrei al comando di Zorobabele, ma non è detto che li abbia accompagnati. Forse non visse più molto oltre quella data. Le parole dell’angelo, “in quanto a te stesso, va verso la fine; e riposerai, ma sorgerai per la tua sorte alla fine dei giorni”, sembrano indicare che la vita di Daniele volgeva alla fine, con la certezza che lo attendeva una risurrezione.
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Daniele, libro diAusiliario per capire la Bibbia
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DANIELE, LIBRO DI
AMBIENTE ED EPOCA IN CUI FU SCRITTO
Il libro è ambientalo a Babilonia, a eccezione di una delle visioni ambientata a Susan (Susa) presso il fiume Ulai. Non si sa se Daniele si trovasse a Susa in realtà o solo in visione. La stesura fu completata verso il 536 a.E.V. e il libro abbraccia il periodo che va dal 618 al 536 a.E.V. circa. — Dan. 8:1, 2.
SCRITTORE
Che Daniele ne fu lo scrittore e reso evidente dal libro stesso. (Dan. 7:1) Questo è dimostrato anche dal fatto che i capitoli da 7 a 12 sono scritti in prima persona.
I capitoli da 1 a 6 sono scritti in terza persona, ma questo non esclude che li abbia scritti Daniele, in veste di osservatore che sì limitava a riferire ciò che accadeva a lui stesso e ad altri. Un altro scrittore biblico, Geremia, lo fa spesso. (Vedi Geremia 20:1-6; 21:1-3 e capitoli da 26 a 36). Altre volte anche Geremia scrive in prima persona. — Ger. capp. 1, 13, 15, 18.
POSTO NEL CANONE
Nella Bibbia italiana il libro di Daniele si trova fra i profeti maggiori, subito dopo Ezechiele. Questo è l’ordine seguito nella Settanta greca e nella Vulgata latina. Nel canone ebraico Daniele si trova negli “Scritti” o “Agiografi”.
AUTENTICITÀ
Alcuni critici mettono in dubbio l’autenticità del libro di Daniele, anche se studiosi colti e competenti hanno smentito categoricamente le loro teorie, basate tutte su supposizioni. Coloro che ne mettono in dubbio l’autenticità assumono la posizione presa da Porfirio, filosofo pagano del III secolo e nemico del cristianesimo, il quale sosteneva che il libro di Daniele fosse stato contraffatto da un ebreo palestinese dell’epoca di Antioco Epifane. Secondo la sua teoria, costui aveva descritto avvenimenti passati spacciandoli per profezie. Da allora la genuinità del libro di Daniele non è più stata messa seriamente in dubbio fino all’inizio del XV1II secolo. Anche se le nozioni che i critici hanno degli avvenimenti storici e dei particolari della vita babilonese del VI secolo a.E.V. sono scarse, essi presumono di poter giudicare l’accuratezza di Daniele. Man mano che le scoperte archeologiche accrescono la nostra conoscenza su quel periodo, il libro di Daniele è rivendicato e i critici si dimostrano in errore. Comunque il fatto che Gesù Cristo stesso citò la profezia di Daniele è una prova ancor più eloquente della sua autenticità. — Matt. 24:15; Dan. 11:31
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