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FestaPerspicacia nello studio delle Scritture, volume 1
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sacro: all’inizio della primavera, alla fine della primavera e in autunno. Questo era significativo, perché queste erano le stagioni in cui le primizie dei campi e delle vigne recavano grande gioia e felicità agli abitanti della Terra Promessa, e il merito di ciò era attribuito a Geova, generoso Provveditore di ogni cosa buona.
Aspetti comuni alle tre feste. Il patto della Legge esigeva che tutti i maschi comparissero ogni anno “dinanzi a Geova tuo Dio nel luogo che sceglierà”, per ciascuna delle tre grandi feste annuali. (De 16:16) Il luogo scelto in seguito per tenervi le feste fu Gerusalemme. Non erano stabilite sanzioni particolari per chi non vi partecipava, se non per la Pasqua, non partecipando alla quale si incorreva nella pena di morte. (Nu 9:9-13) Comunque, trascurando una qualsiasi delle leggi di Dio, incluse le sue feste e i suoi sabati, la nazione avrebbe sofferto e sarebbe stata giudicata. (De 28:58-62) La Pasqua si doveva osservare il 14 nisan o, in certe circostanze, un mese dopo.
Anche se le donne non avevano come gli uomini l’obbligo di recarsi alle feste annuali, in alcuni casi vi partecipavano, come fecero ad esempio Anna madre di Samuele (1Sa 1:7) e Maria madre di Gesù. (Lu 2:41) Le donne israelite che amavano Geova assistevano a queste feste ogni volta che potevano. Infatti non solo vi assistevano regolarmente i genitori di Gesù, ma insieme a loro vi andavano anche parenti e amici. — Lu 2:44.
Geova aveva promesso: “Nessuno desidererà il tuo paese mentre salirai a vedere la faccia di Geova tuo Dio tre volte l’anno”. (Eso 34:24) Anche se non c’erano uomini a proteggere le città e la terra, prima della distruzione di Gerusalemme nel 70 E.V. nessuna nazione straniera cercò mai di impadronirsi della terra degli ebrei durante le loro feste. Tuttavia nel 66 E.V., cioè dopo che la nazione ebraica aveva rigettato Cristo, Cestio Gallo uccise 50 persone a Lidda durante la festa dei tabernacoli.
Nessuno degli uomini doveva presentarsi a mani vuote, ma doveva portare un dono “in proporzione alla benedizione di Geova tuo Dio che egli ti ha dato”. (De 16:16, 17) Inoltre la ‘seconda’ decima (non quella che serviva per il mantenimento dei leviti [Nu 18:26, 27]) dei cereali, del vino e dell’olio dell’anno, e il primogenito della mandria e del gregge si dovevano mangiare a Gerusalemme, dividendoli con i leviti. Se però il viaggio per assistere alla festa era troppo lungo, la Legge prevedeva che quelle cose si potessero convertire in denaro, denaro che serviva per acquistare cibo e bevande da consumare presso il santuario. (De 14:22-27) Queste feste davano l’opportunità di manifestare fedeltà a Geova e si dovevano celebrare con gioia; vi dovevano partecipare anche il residente forestiero, il ragazzo senza padre e la vedova. (De 16:11, 14) Questo naturalmente se i residenti forestieri maschi erano circoncisi adoratori di Geova. (Eso 12:48, 49) Sacrifici speciali venivano sempre offerti oltre a quelli quotidiani, e mentre si facevano gli olocausti e i sacrifici di comunione, si suonavano le trombe. — Nu 10:10.
Prima della costruzione del tempio il sacerdozio venne riorganizzato dal re Davide, il quale dispose che l’immensa schiera di centinaia di sacerdoti aaronnici fosse suddivisa in 24 divisioni, insieme agli aiutanti leviti. (1Cr 24) In seguito ogni divisione di esperti lavoratori prestava servizio al tempio due volte l’anno, per una settimana alla volta; le disposizioni necessarie venivano prese dal capo della casa paterna. Da 2 Cronache 5:11 risulta che le 24 divisioni di sacerdoti prestarono servizio tutte insieme alla dedicazione del tempio, che ebbe luogo durante la festa delle capanne o dei tabernacoli. (1Re 8:2; Le 23:34) Pare che nei giorni di festa qualsiasi sacerdote si presentasse per aiutare nel servizio del tempio fosse benvenuto, ma durante la festa dei tabernacoli (capanne) tutte e 24 le divisioni dovevano essere presenti. — A. Edersheim, The Temple, 1874, p. 66.
Durante queste feste il lavoro dei sacerdoti, dei leviti e dei netinei che prestavano servizio insieme a loro era enorme. Un’idea del lavoro che facevano si può avere dalla descrizione della festa dei pani non fermentati tenuta dal re Ezechia dopo avere purificato il tempio, celebrazione che, quella volta, si protrasse per altri sette giorni. La Bibbia dice che Ezechia offrì personalmente per i sacrifici 1.000 tori e 7.000 pecore, e i principi offrirono a loro volta 1.000 tori e 10.000 pecore. — 2Cr 30:21-24.
Durante queste feste certi giorni erano giorni di solenne assemblea o di santo congresso; erano sabati, e come i sabati settimanali richiedevano la completa cessazione delle normali faccende. Non si doveva svolgere nessun lavoro secolare. Un’eccezione alla normale disposizione sabatica era il lavoro consentito per i preparativi della festa, come la preparazione del cibo, lavoro vietato durante il sabato settimanale. (Eso 12:16) Sotto questo aspetto c’era una differenza fra i “santi congressi” festivi e i regolari sabati settimanali (e il sabato del decimo giorno del settimo mese, il giorno di espiazione, tempo di digiuno), giorni in cui non si poteva svolgere assolutamente nessun lavoro, neanche accendere il fuoco “in nessuno dei vostri luoghi di dimora”. — Cfr. Levitico 23:3, 26-32 con i versetti 7, 8, 21, 24, 25, 35, 36 e con Esodo 35:2, 3.
Importanza delle feste nella vita di Israele. Le feste avevano una parte molto importante nella vita nazionale degli israeliti. Mentre si trovavano ancora in schiavitù in Egitto, Mosè aveva detto al faraone che la ragione per cui doveva permettere agli israeliti e al loro bestiame di lasciare l’Egitto era quella di tenere “una festa a Geova”. (Eso 10:9) Il patto della Legge conteneva molte particolareggiate istruzioni relative all’osservanza delle feste. (Eso 34:18-24; Le 23:1-44; De 16:1-17) In armonia con i comandi di Dio, le feste aiutavano tutti i partecipanti ad avere la mente rivolta alla parola di Dio e a non preoccuparsi tanto delle loro faccende personali da dimenticare il più importante aspetto della vita, quello spirituale. Queste feste inoltre ricordavano loro che erano un popolo per il nome di Geova. Il viaggio di andata e ritorno da tali gioiose riunioni avrebbe naturalmente offerto ampie opportunità di parlare della bontà del loro Dio e delle benedizioni che avevano ogni giorno e in ogni periodo dell’anno. Le feste offrivano agli israeliti il tempo e l’opportunità di meditare, di stare insieme e parlare della legge di Geova. Permettevano di conoscere meglio il paese dato loro da Dio, di avere maggior intendimento e amore del prossimo, e promuovevano l’unità e la pura adorazione. Le feste erano motivo di felicità. La mente dei presenti era concentrata sui pensieri e sulle vie di Dio, e tutti coloro che vi partecipavano sinceramente ricevevano ricche benedizioni spirituali. Pensate per esempio alla benedizione che ebbero le migliaia di persone che si trovavano a Gerusalemme per la Pentecoste del 33 E.V. — At 2:1-47.
Le feste erano simbolo di felicità per gli ebrei. Prima dell’esilio in Babilonia, quando la nazione in generale aveva perso di vista il vero scopo spirituale delle feste, i profeti Osea e Amos collegarono la predetta desolazione di Gerusalemme con la cessazione di quelle gioiose e felici celebrazioni, o con il loro trasformarsi in occasioni di lutto. (Os 2:11; Am 8:10) Dopo la caduta di Gerusalemme Geremia deplorò: “Le vie di Sion sono in lutto, perché non c’è nessuno che venga alla festa”. Festa e sabato erano stati ‘dimenticati’. (La 1:4; 2:6) Isaia descrisse in anticipo la felice condizione degli esuli tornati da Babilonia nel 537 a.E.V., dicendo: “Voi avrete un canto come quello nella notte in cui uno si santifica per una festa”. (Isa 30:29) Tuttavia, non molto tempo dopo il ritorno nel paese dato loro da Dio, una volta ancora gli israeliti corruppero le feste di Geova, tanto che, per mezzo del profeta Malachia, Dio avvertì i sacerdoti che sulle loro facce sarebbe stato sparso lo sterco delle loro feste. — Mal 2:1-3.
Gli scrittori delle Scritture Greche Cristiane fanno diversi riferimenti e allusioni alle feste, a volte con un’applicazione felice, simbolica e profetica ai cristiani. Tuttavia i cristiani non avevano l’obbligo di osservare queste feste in modo letterale. — Col 2:16, 17; vedi le feste alle singole voci.
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Festa dei pani non fermentatiPerspicacia nello studio delle Scritture, volume 1
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FESTA DEI PANI NON FERMENTATI
Questa festa iniziava il 15 nisan, il giorno dopo la Pasqua, e continuava per sette giorni fino al 21 nisan. (Vedi PASQUA). Prende nome dai pani non fermentati (ebr. matstsòhth), gli unici consentiti durante i sette giorni della festa. Il pane non fermentato viene impastato con acqua ma senza lievito. Si deve prepararlo in fretta per impedirne la fermentazione.
Il primo giorno della festa dei pani non fermentati era un’assemblea solenne e anche un sabato. Il secondo giorno, 16 nisan, si doveva portare al sacerdote un covone delle primizie della mietitura dell’orzo, il primo prodotto dei campi in Palestina. Prima di questa festa non si potevano mangiare cereali freschi né pane o cereali abbrustoliti del nuovo raccolto. Il sacerdote offriva simbolicamente queste primizie a Geova agitando da una parte all’altra un covone di spighe, mentre veniva offerto in olocausto un montone sano di un anno insieme a un’offerta di cereali intrisi d’olio e a una libagione. (Le 23:6-14) Non era stato comandato di bruciare parte dei cereali o della farina sull’altare, come usavano fare in seguito i sacerdoti. Non solo c’era un’offerta di primizie nazionale o pubblica, ma anche ogni famiglia e singolo individuo che aveva un possedimento in Israele doveva offrire sacrifici di rendimento di grazie durante la festa. — Eso 23:19; De 26:1, 2; vedi PRIMIZIE.
Scopo. Il fatto di mangiare pani non fermentati in quest’occasione era in armonia con le istruzioni che Mosè aveva ricevuto da Geova, riportate in Esodo 12:14-20, che includevano (v. 19) il preciso ordine: “Per sette giorni non si deve trovare pasta acida nelle vostre case”. In Deuteronomio 16:3 i pani non fermentati sono chiamati “pane d’afflizione”, e dovevano rammentare ogni anno agli ebrei l’affrettata partenza dall’Egitto (quando non ebbero il tempo di lasciar lievitare il pane [Eso 12:34]). Così Israele ricordava l’afflizione e la schiavitù da cui era stato liberato, come Geova stesso aveva detto: “Affinché ti ricordi del giorno della tua uscita dal paese d’Egitto per tutti i giorni della tua vita”. Era appropriato che nella prima delle tre grandi feste annuali gli israeliti si rendessero conto della loro presente libertà nazionale e riconoscessero che Geova era il loro Liberatore. — De 16:16.
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