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  • Gesù si appresta a celebrare l’ultima Pasqua
    Il più grande uomo che sia mai esistito
    • Capitolo 112

      Gesù si appresta a celebrare l’ultima Pasqua

      IL MARTEDÌ 11 nisan volge al termine quando Gesù finisce di insegnare agli apostoli sul Monte degli Ulivi. Che giornata intensa e faticosa è stata! Ora, forse mentre tornano a Betania per passarvi la notte, egli dice agli apostoli: “Voi sapete che fra due giorni è la pasqua, e il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere messo al palo”.

      Pare che l’indomani, mercoledì 12 nisan, Gesù rimanga in un luogo ritirato e tranquillo insieme agli apostoli. Il giorno prima aveva rimproverato pubblicamente i capi religiosi, e sa che essi cercano di ucciderlo. Perciò il mercoledì non si fa vedere in pubblico, poiché non vuole che alcuna cosa gli impedisca di celebrare la Pasqua con i suoi apostoli la sera seguente.

      Nel frattempo i capi sacerdoti e gli anziani del popolo si sono radunati nel cortile del sommo sacerdote Caiafa. Feriti perché Gesù li ha attaccati il giorno prima, essi stanno facendo i piani per afferrarlo con un astuto stratagemma e farlo mettere a morte. Tuttavia dicono: “Non alla festa, affinché non ci sia un tumulto fra il popolo”. Hanno timore del popolo, che è a favore di Gesù.

      Mentre stanno cospirando malvagiamente per uccidere Gesù, i capi religiosi ricevono una visita. Con loro sorpresa, si tratta di un apostolo di Gesù, Giuda Iscariota, colui nel quale Satana ha seminato l’ignobile idea di tradire il suo Signore! Come si rallegrano quando Giuda chiede: “Che mi darete perché ve lo consegni?” Con piacere concordano di dargli 30 pezzi d’argento, il prezzo di uno schiavo secondo la Legge mosaica. Da allora in poi, Giuda cerca l’occasione propizia per consegnarlo loro senza folla intorno.

      Il 13 nisan inizia mercoledì al tramonto. Gesù era arrivato da Gerico venerdì, per cui questa è la sesta e ultima notte che trascorre a Betania. L’indomani, giovedì, bisognerà fare gli ultimi preparativi per la Pasqua, che comincia al tramonto. È allora che l’agnello pasquale dev’essere scannato e poi arrostito intero. Dove celebreranno la festa, e chi farà i preparativi?

      Gesù non ha dato istruzioni al riguardo, forse per evitare che Giuda informi i capi sacerdoti e che essi magari lo arrestino durante la celebrazione della Pasqua. Ma ora, probabilmente nel primo pomeriggio di giovedì, da Betania Gesù invia Pietro e Giovanni dicendo: “Andate e preparateci la pasqua affinché la mangiamo”.

      “Dove vuoi che la prepariamo?”, essi chiedono.

      “Quando sarete entrati in città”, spiega Gesù, “vi verrà incontro un uomo che porta un vaso di terracotta pieno d’acqua. Seguitelo nella casa in cui entrerà. E dovrete dire al padrone di casa: ‘Il Maestro ti dice: “Dov’è la stanza degli ospiti in cui io possa mangiare la pasqua con i miei discepoli?”’ E quell’uomo vi mostrerà una grande stanza superiore mobiliata. Là preparate”.

      Il padrone della casa è senza dubbio un discepolo di Gesù, e forse si aspetta che Gesù gli chieda di usare la sua casa per questa occasione speciale. Ad ogni modo, quando Pietro e Giovanni arrivano a Gerusalemme trovano ogni cosa come Gesù aveva predetto. Perciò i due fanno in modo che l’agnello sia pronto e che siano disposte tutte le altre cose affinché 13 persone — Gesù e i 12 apostoli — possano celebrare la Pasqua. Matteo 26:1-5, 14-19; Marco 14:1, 2, 10-16; Luca 22:1-13; Esodo 21:32.

      ▪ Cosa fa probabilmente Gesù il mercoledì, e perché?

      ▪ Quale riunione si tiene in casa del sommo sacerdote, e con quale scopo Giuda va a trovare i capi religiosi?

      ▪ Il giovedì Gesù chi manda a Gerusalemme, e a che scopo?

      ▪ Cosa trovano quelli inviati da Gesù, a ulteriore riprova dei suoi poteri miracolosi?

  • Lezione di umiltà durante l’ultima Pasqua
    Il più grande uomo che sia mai esistito
    • Capitolo 113

      Lezione di umiltà durante l’ultima Pasqua

      PIETRO e Giovanni, conforme alle istruzioni di Gesù, sono già arrivati a Gerusalemme per fare i preparativi per la Pasqua. Gesù, a quanto pare insieme agli altri dieci apostoli, arriva nel tardo pomeriggio. Mentre Gesù e i suoi compagni scendono dal Monte degli Ulivi, il sole sta calando all’orizzonte. Questa è l’ultima volta prima della sua risurrezione che Gesù vede la città di giorno da questo monte.

      Ben presto Gesù e i suoi compagni arrivano in città e si dirigono verso la casa in cui celebreranno la Pasqua. Salgono i gradini che portano alla grande stanza superiore, dove trovano tutto pronto per celebrare in maniera riservata la Pasqua. Gesù aveva atteso questa occasione, poiché dice: “Ho grandemente desiderato mangiare con voi questa pasqua prima che io soffra”.

      Per tradizione, ai partecipanti alla Pasqua vengono serviti quattro calici di vino. Dopo aver accettato quello che evidentemente è il terzo calice, Gesù rende grazie e dice: “Prendete questo e passatelo l’uno all’altro fra voi; poiché vi dico: Da ora in poi non berrò di nuovo del prodotto della vite finché non arrivi il regno di Dio”.

      A un certo punto durante il pasto Gesù si alza, depone le vesti, prende un asciugatoio e riempie d’acqua un bacino. Di solito il padrone di casa si incaricava di far lavare i piedi agli ospiti. Ma poiché, data la circostanza, non c’è nessun padrone di casa, Gesù rende lui questo servizio di natura personale. Uno qualunque degli apostoli avrebbe potuto cogliere l’occasione di farlo, ma nessuno l’ha fatto, evidentemente perché fra loro c’è ancora una certa rivalità. Ora che Gesù comincia a lavar loro i piedi, si sentono in imbarazzo.

      Quando Gesù arriva da Pietro, questi protesta: “Certamente tu non mi laverai mai i piedi”.

      “Se non ti lavo, non avrai nessuna parte con me”, dice Gesù.

      “Signore”, è la reazione di Pietro, “non solo i miei piedi, ma anche le mani e la testa”.

      “Chi ha fatto il bagno”, replica Gesù, “non ha bisogno di lavarsi che i piedi, ma è interamente puro. E voi siete puri, ma non tutti”. Dice questo perché sa che Giuda Iscariota sta facendo i piani per tradirlo.

      Dopo aver lavato i piedi a tutti e dodici, compreso il traditore Giuda, Gesù si rimette le vesti e torna a giacere a tavola. Poi chiede: “Sapete che cosa vi ho fatto? Voi mi chiamate: ‘Maestro’ e ‘Signore’, e parlate giustamente, poiché lo sono. Perciò, se io, benché Signore e Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Poiché vi ho dato il modello, affinché come vi ho fatto io, così facciate anche voi. Verissimamente vi dico: Lo schiavo non è maggiore del suo signore, né chi è mandato è maggiore di colui che lo manda. Conoscendo queste cose, siete felici se le fate”.

      Che meravigliosa lezione di umiltà in quanto a servire gli altri! Gli apostoli non dovrebbero cercare di primeggiare, pensando di essere così importanti che gli altri debbano sempre servirli. Devono prendere Gesù a modello: non si tratta di compiere un’abluzione rituale, la lavanda dei piedi, bensì di essere pronti a servire senza parzialità, non importa quanto il compito possa essere umile o sgradevole. Matteo 26:20, 21; Marco 14:17, 18; Luca 22:14-18; 7:44; Giovanni 13:1-17.

      ▪ Cos’ha di particolare la circostanza in cui Gesù vede Gerusalemme mentre è diretto in città per celebrare la Pasqua?

      ▪ Durante la Pasqua, quale calice Gesù evidentemente passa ai 12 apostoli dopo aver pronunciato una benedizione?

      ▪ All’epoca in cui Gesù era sulla terra, quale servizio di natura personale si usava rendere agli ospiti, e perché ciò non fu fatto durante la Pasqua celebrata da Gesù e dagli apostoli?

      ▪ Con quale obiettivo Gesù compì l’umile servizio di lavare i piedi agli apostoli?

  • La cena commemorativa
    Il più grande uomo che sia mai esistito
    • Capitolo 114

      La cena commemorativa

      DOPO aver lavato i piedi agli apostoli, Gesù cita Salmo 41:9, dicendo: “Colui che si nutriva del mio pane ha alzato il suo calcagno contro di me”. Poi, turbato nello spirito, spiega: “Uno di voi mi tradirà”.

      Gli apostoli si addolorano e, uno per uno, chiedono a Gesù: “Non sono io, vero?” Anche Giuda Iscariota fa la stessa domanda. Giovanni, che giace a tavola accanto a Gesù, si appoggia all’indietro sul petto di Gesù e chiede: “Signore, chi è?”

      “È uno dei dodici, che sta intingendo con me nella scodella comune”, risponde Gesù. “È vero che il Figlio dell’uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a quell’uomo mediante il quale il Figlio dell’uomo è tradito! Sarebbe stato meglio per quell’uomo se non fosse mai nato”. Allora Satana entra di nuovo in Giuda, approfittando del fatto che questi gli ha aperto il cuore, divenuto malvagio. Più tardi quella stessa sera Gesù chiama appropriatamente Giuda “il figlio della distruzione”.

      Gesù dice ora a Giuda: “Quello che fai, fallo più presto”. Nessuno degli altri apostoli comprende cosa intende dire Gesù. Alcuni immaginano che, siccome Giuda tiene la cassa del denaro, Gesù gli dica: “Compra le cose che ci occorrono per la festa”, oppure che vada a dare qualcosa ai poveri.

      Dopo che Giuda è andato via, Gesù istituisce con gli apostoli fedeli una celebrazione, o commemorazione, completamente nuova. Prende un pane e, pronunciata una preghiera di ringraziamento, lo spezza e lo dà loro, dicendo: “Prendete, mangiate”. E spiega: “Questo significa il mio corpo che dev’essere dato in vostro favore. Continuate a far questo in ricordo di me”.

      Quando tutti hanno mangiato il pane, Gesù prende un calice di vino, evidentemente il quarto dei calici usati nella celebrazione pasquale. Pronuncia anche su questo una preghiera di ringraziamento, lo passa agli apostoli e dice loro di berne, spiegando: “Questo calice significa il nuovo patto in virtù del mio sangue, che dev’essere versato in vostro favore”.

      Quindi, in effetti, questa è una commemorazione della morte di Gesù. Ogni anno, il 14 nisan, dev’essere ripetuta, come dice Gesù, in ricordo di lui. Servirà a ricordare a coloro che la celebreranno ciò che Gesù e il suo Padre celeste hanno fatto per liberare l’umanità dalla condanna a morte. Per i giudei che diventano seguaci di Cristo, questa celebrazione sostituisce la Pasqua.

      Il nuovo patto, convalidato dal sangue versato di Gesù, sostituisce il vecchio patto della Legge. Gesù Cristo è il mediatore di questo patto concluso tra due contraenti: da un lato Geova Dio e dall’altro 144.000 cristiani generati dallo spirito. Oltre a rendere possibile il perdono dei peccati, il patto consente la formazione di una nazione celeste di re-sacerdoti. Matteo 26:21-29; Marco 14:18-25; Luca 22:19-23; Giovanni 13:18-30; 17:12; 1 Corinti 5:7.

      ▪ Quale profezia della Bibbia relativa a un compagno cita Gesù, e come la applica?

      ▪ Perché gli apostoli si addolorano profondamente, e che domanda fanno l’uno dopo l’altro?

      ▪ Gesù cosa dice a Giuda di fare, ma come lo interpretano gli altri apostoli?

      ▪ Quale celebrazione istituisce Gesù dopo che Giuda è andato via, e quale ne è lo scopo?

      ▪ Chi sono i contraenti del nuovo patto, e quali cose vengono realizzate mediante esso?

  • Nasce una discussione
    Il più grande uomo che sia mai esistito
    • Capitolo 115

      Nasce una discussione

      UN PO’ prima quella sera Gesù aveva impartito una meravigliosa lezione di umiltà lavando i piedi agli apostoli. Aveva poi istituito la Commemorazione della sua morte, ormai vicina. Ora si verifica un episodio che, specie se si considera ciò che è appena accaduto, sorprende davvero. Gli apostoli intavolano un’animata discussione su chi di loro poteva essere stimato il più grande! Evidentemente si tratta di una disputa che si trascina da tempo.

      Ricorderete che dopo la trasfigurazione di Gesù sul monte, gli apostoli si erano messi a discutere su chi di loro fosse il più grande. Inoltre, Giacomo e Giovanni avevano chiesto di avere posizioni di preminenza nel Regno, il che aveva aggravato il contrasto fra gli apostoli. Ora, l’ultima notte che è con loro, come deve essere rattristato Gesù vedendoli bisticciare di nuovo! Come reagisce?

      Anziché rimproverarli per il loro comportamento, ancora una volta Gesù ragiona pazientemente con loro: “I re delle nazioni le signoreggiano, e quelli che hanno autorità su di esse sono chiamati Benefattori. Voi, però, non dovete essere così. . . . Poiché chi è più grande, colui che giace a tavola o colui che serve? Non è colui che giace a tavola?” Quindi, ricordando loro il suo esempio, dice: “Ma io sono in mezzo a voi come colui che serve”.

      Nonostante le loro imperfezioni, gli apostoli hanno perseverato con Gesù durante le sue prove, perciò egli dice: “Io faccio un patto con voi, come il Padre mio ha fatto un patto con me, per un regno”. Questo patto personale che Gesù fa con i suoi seguaci leali li unisce a lui perché partecipino al suo dominio regale. Solo un numero limitato, 144.000 in tutto, saranno infine ammessi in questo patto per un Regno.

      Benché venga offerta loro la meravigliosa prospettiva di partecipare con Cristo al governo del Regno, al momento gli apostoli sono spiritualmente deboli. “Questa notte inciamperete tutti riguardo a me”, dice Gesù. Comunque, dopo aver detto a Pietro che ha pregato per lui, Gesù lo esorta: “Una volta tornato, rafforza i tuoi fratelli”.

      “Figlioletti”, spiega Gesù, “sono con voi ancora per poco. Mi cercherete; e come ho detto ai giudei: ‘Dove vado io, voi non potete venire’, lo dico al presente anche a voi. Vi do un nuovo comandamento, che vi amiate gli uni gli altri; come vi ho amati io, che anche voi vi amiate gli uni gli altri. Da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore fra voi”.

      “Signore, dove vai?”, chiede Pietro.

      “Dove vado io, tu non mi puoi seguire ora”, risponde Gesù, “ma mi seguirai più tardi”.

      “Signore”, vuol sapere Pietro, “perché non ti posso seguire al presente? Cederò la mia anima in tuo favore”.

      “Cederai la tua anima in mio favore?”, chiede Gesù. “Veramente ti dico: Oggi, sì, questa notte, prima che il gallo canti due volte, tu mi rinnegherai tre volte”.

      “Anche se dovessi morire con te”, protesta Pietro, “non ti rinnegherò affatto”. E mentre gli altri apostoli dicono la stessa cosa, Pietro si vanta: “Benché tutti gli altri inciampino riguardo a te, io non inciamperò mai!”

      Riferendosi a quando aveva mandato gli apostoli a compiere un giro di predicazione in Galilea senza borsa né bisaccia da cibo, Gesù chiede: “Non vi mancò nulla, vero?”

      “Nulla!”, rispondono.

      “Ma ora chi ha una borsa la prenda, e similmente una bisaccia da cibo”, dice Gesù, “e chi non ha una spada venda il suo mantello e ne compri una. Poiché vi dico che in me deve compiersi ciò che è scritto, cioè: ‘Ed è stato annoverato fra gli illegali’. Poiché ciò che mi concerne si sta compiendo”.

      Gesù si riferisce a quando sarà messo al palo con dei malfattori, o illegali, e indica inoltre che, dopo ciò, i suoi seguaci affronteranno aspra persecuzione. “Signore, ecco, qui ci sono due spade”, dicono.

      “Basta”, risponde Gesù. Come vedremo, il fatto che abbiano le spade con sé darà presto modo a Gesù di impartire un’altra importante lezione. Matteo 26:31-35; Marco 14:27-31; Luca 22:24-38; Giovanni 13:31-38; Rivelazione 14:1-3.

      ▪ Perché sorprende la discussione fra gli apostoli?

      ▪ Come reagisce Gesù a questa discussione?

      ▪ Quale fine si consegue mediante il patto che Gesù fa con i suoi discepoli?

      ▪ Quale nuovo comandamento dà Gesù, e quanto è importante?

      ▪ Come si mostra Pietro troppo sicuro di sé, e cosa dice Gesù?

      ▪ Perché le istruzioni di Gesù circa il portare con sé una borsa e una bisaccia da cibo sono diverse da quelle che aveva dato in precedenza?

  • Prepara gli apostoli per la sua partenza
    Il più grande uomo che sia mai esistito
    • Capitolo 116

      Prepara gli apostoli per la sua partenza

      LA CENA commemorativa è finita, ma Gesù e gli apostoli sono ancora nella stanza superiore. Anche se fra poco non sarà più con loro, Gesù ha ancora molte cose da dire. “Non si turbi il vostro cuore”, dice per confortarli. “Esercitate fede in Dio”. Ma aggiunge: “Esercitate fede anche in me”.

      “Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore”, prosegue Gesù. “Vado a prepararvi un luogo . . . affinché dove sono io siate anche voi. E di dove io vado, voi conoscete la via”. Gli apostoli non capiscono che Gesù sta parlando di andarsene in cielo, per cui Tommaso chiede: “Signore, non sappiamo dove vai. Come conosciamo la via?”

      “Io sono la via e la verità e la vita”, risponde Gesù. Sì, solo chi accetta lui e imita il suo modo di vivere può entrare nella casa celeste del Padre, infatti Gesù dice: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”.

      “Signore, mostraci il Padre”, chiede Filippo, “e ci basta”. A quanto pare Filippo vuole che Gesù dia una manifestazione visibile di Dio, come quelle che nell’antichità furono concesse a Mosè, a Elia e a Isaia sotto forma di visioni. Ma in realtà gli apostoli hanno qualcosa che è di gran lunga migliore di quel genere di visioni, come fa notare Gesù: “Sono stato con voi tanto tempo, e tu, Filippo, non mi hai ancora conosciuto? Chi ha visto me ha visto anche il Padre”.

      Gesù riflette in maniera così perfetta la personalità del Padre che vivere con lui e osservarlo è, in effetti, come vedere realmente il Padre. Tuttavia il Padre è superiore al Figlio, e Gesù lo riconosce: “Le cose che vi dico non le dico da me stesso”. Giustamente Gesù attribuisce al suo Padre celeste tutto il merito dei suoi insegnamenti.

      Come dev’essere incoraggiante per gli apostoli sentirsi dire ora da Gesù: “Chi esercita fede in me farà anche lui le opere che io faccio; e farà opere più grandi di queste”! Gesù non intende dire che i suoi seguaci faranno uso di poteri miracolosi superiori ai suoi. No, piuttosto intende dire che compiranno il ministero per un periodo di tempo molto più lungo, in un territorio molto più esteso e a favore di molte più persone.

      Gesù, dopo la sua partenza, non abbandonerà i suoi discepoli. “Qualunque cosa voi chiederete nel mio nome”, promette, “io la farò”. Per di più, dice, “pregherò il Padre ed egli vi darà un altro soccorritore che sia con voi per sempre, lo spirito della verità”. Quando sarà asceso al cielo, allora Gesù verserà sui discepoli quest’altro soccorritore, lo spirito santo.

      La sua partenza è imminente, perciò Gesù dice: “Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più”. Gesù sarà una creatura spirituale che nessun uomo potrà vedere. Ma di nuovo promette ai suoi apostoli fedeli: “Voi mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete”. Sì, Gesù non solo apparirà loro in forma umana dopo la sua risurrezione, ma a tempo debito li risusciterà affinché vivano insieme a lui in cielo come creature spirituali.

      Gesù enuncia ora una regola elementare: “Chi ha i miei comandamenti e li osserva, egli è colui che mi ama. A sua volta, chi ama me sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò e mi mostrerò chiaramente a lui”.

      A questo punto l’apostolo Giuda, quello chiamato anche Taddeo, lo interrompe: “Signore, che è accaduto che ti vuoi mostrare chiaramente a noi e non al mondo?”

      “Se uno mi ama”, risponde Gesù, “osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà . . . Chi non mi ama non osserva le mie parole”. A differenza dei suoi seguaci ubbidienti, il mondo ignora gli insegnamenti di Cristo. Pertanto egli non si rivela al mondo.

      Durante il suo ministero terreno Gesù ha insegnato molte cose agli apostoli. Come faranno a ricordarle tutte, visto che, fino a questo momento, non riescono ad afferrarne tante? Gesù li rassicura con questa promessa: “Il soccorritore, lo spirito santo, che il Padre manderà nel mio nome, quello vi insegnerà ogni cosa e vi rammenterà tutte le cose che vi ho detto”.

      Confortandoli ancora, Gesù dice: “Vi lascio pace, vi do la mia pace. . . . Non si turbi il vostro cuore”. Sì, Gesù sta per andarsene, però spiega: “Se mi amaste, vi rallegrereste che me ne vado al Padre, perché il Padre è maggiore di me”.

      Il tempo rimasto a Gesù per stare con loro è breve. “Non parlerò più molto con voi”, dice, “perché viene il governante del mondo. Ed egli non ha presa su di me”. Il governante del mondo è Satana il Diavolo, colui che era riuscito a entrare in Giuda e a far presa su di lui. Ma in Gesù non c’è alcuna debolezza dovuta al peccato sulla quale Satana possa far leva per distoglierlo dal servire Dio.

      Come coltivare un’intima relazione

      Dopo la cena commemorativa Gesù ha incoraggiato i suoi apostoli con una conversazione intima e amichevole. Forse è già passata la mezzanotte, per cui Gesù li sollecita: “Alzatevi, andiamo via di qui”. Ma prima che lascino il posto, Gesù, spinto dall’amore che ha per loro, continua a parlare e propone un’illustrazione stimolante.

      “Io sono la vera vite, e il Padre mio è il coltivatore”, inizia Gesù. Il grande Coltivatore, Geova Dio, aveva piantato questa vite simbolica quando aveva unto Gesù con spirito santo al suo battesimo nell’autunno del 29 E.V. Ma con le successive parole Gesù indica che la vite non simboleggia soltanto lui: “Ogni tralcio che in me non porta frutto egli lo toglie, e ognuno che porta frutto lo purifica, perché porti più frutto . . . Come il tralcio non può da se stesso portar frutto se non resta nella vite, così nemmeno voi lo potete, se non restate uniti a me. Io sono la vite, voi siete i tralci”.

      Alla Pentecoste, 51 giorni dopo, gli apostoli e altri diventano tralci della vite quando spirito santo è versato su di loro. Alla fine 144.000 persone diventano i tralci di questa vite simbolica. Insieme al tronco, Gesù Cristo, formano una vite simbolica che produce i frutti del Regno di Dio.

      Gesù spiega cos’è essenziale per produrre frutto: “Chi rimane unito a me, e io unito a lui, questi porta molto frutto; perché separati da me non potete fare nulla”. Se però qualcuno non produce frutto, dice Gesù, “è gettato via come un tralcio e si secca; e si raccolgono questi tralci e si lanciano nel fuoco e sono bruciati”. D’altra parte promette: “Se rimanete uniti a me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che desiderate e vi avverrà”.

      Ancora, Gesù dice ai suoi apostoli: “Il Padre mio è glorificato in questo, che continuiate a portare molto frutto e vi dimostriate miei discepoli”. Come frutto Dio si aspetta dai tralci che manifestino qualità simili a quelle di Cristo, in particolare l’amore. Inoltre, poiché Cristo era un proclamatore del Regno di Dio, il frutto desiderato include che si impegnino, come lui, nell’opera di fare discepoli.

      “Rimanete nel mio amore”, esorta ora Gesù. Ma come possono far questo gli apostoli? “Se osservate i miei comandamenti”, dice Gesù, “rimarrete nel mio amore”. Poi spiega: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come vi ho amati io. Nessuno ha amore più grande di questo, che qualcuno ceda la sua anima a favore dei suoi amici”.

      Fra poche ore Gesù dimostrerà questo amore senza pari cedendo la propria vita a favore dei suoi apostoli, come pure di tutti gli altri che eserciteranno fede in lui. Il suo esempio dovrebbe spingere i suoi seguaci ad avere gli uni per gli altri tale amore che va fino al sacrificio di se stessi. Questo amore li identificherà, come Gesù aveva affermato poco prima: “Da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore fra voi”.

      Per indicare chi sono i suoi amici, Gesù dice: “Voi siete miei amici se fate quello che vi comando. Non vi chiamo più schiavi, perché lo schiavo non sa quello che fa il suo padrone. Ma vi ho chiamati amici, perché tutte le cose che ho udito dal Padre mio ve le ho fatte conoscere”.

      Che relazione preziosa: essere intimi amici di Gesù! Ma per conservare tale relazione, i suoi seguaci devono ‘continuare a portare frutto’. Solo allora, afferma Gesù, ‘qualunque cosa chiederanno al Padre nel suo nome egli la darà loro’. Questa è senz’altro una splendida ricompensa per aver prodotto il frutto del Regno! Dopo aver esortato di nuovo gli apostoli ad ‘amarsi gli uni gli altri’, Gesù spiega che il mondo li odierà. Tuttavia li conforta: “Se il mondo vi odia, sapete che prima di odiare voi ha odiato me”. Poi rivela perché il mondo odia i suoi seguaci: “Poiché non fate parte del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo motivo il mondo vi odia”.

      Chiarendo meglio il motivo dell’odio del mondo, Gesù aggiunge: “Faranno contro di voi tutte queste cose a causa del mio nome, perché non conoscono colui [Geova Dio] che mi ha mandato”. In effetti, fa notare Gesù, le sue opere miracolose condannano quelli che lo odiano: “Se non avessi fatto fra loro le opere che nessun altro ha fatto, non avrebbero nessun peccato; ma ora hanno visto e hanno anche odiato sia me che il Padre mio”. In tal modo, dice Gesù, si adempie ciò che è scritto: “Mi hanno odiato senza ragione”.

      Come aveva fatto un po’ prima, di nuovo li conforta promettendo di mandare il soccorritore, lo spirito santo, che è la potente forza attiva di Dio. “Quello renderà testimonianza di me, e voi, a vostra volta, renderete testimonianza”.

      Altre esortazioni prima di andarsene

      Gesù e gli apostoli sono in procinto di lasciare la stanza superiore. “Vi ho detto queste cose affinché non inciampiate”, prosegue Gesù, per poi dare questo serio avvertimento: “Vi espelleranno dalla sinagoga. Infatti, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà immaginerà di avere reso sacro servizio a Dio”.

      Gli apostoli devono essere profondamente turbati da questo avvertimento. Altre volte Gesù aveva detto che il mondo li avrebbe odiati, ma non aveva rivelato in modo così diretto che sarebbero stati uccisi. “[Questo non ve l’ho detto] dal principio”, spiega Gesù, “perché ero con voi”. Tuttavia, è davvero un’ottima cosa che, prima di andarsene, li prepari con queste informazioni!

      “Ma ora”, prosegue Gesù, “vado da colui che mi ha mandato, e nessuno di voi mi chiede: ‘Dove vai?’” In precedenza, quella sera, essi gli avevano chiesto dove stesse andando, ma adesso le sue parole li hanno talmente scossi che non fanno più domande al riguardo. Perciò Gesù dice: “Perché vi ho detto queste cose il vostro cuore si è riempito di dolore”. Gli apostoli sono addolorati non solo perché hanno appreso che subiranno crudele persecuzione e che saranno uccisi, ma perché il loro Signore li lascia.

      Gesù, allora, spiega: “È per il vostro beneficio che io me ne vada. Poiché se non me ne vado, il soccorritore non verrà a voi in nessun modo; ma se me ne vado, ve lo manderò”. Come uomo, Gesù può essere in un solo posto alla volta, ma quando sarà in cielo potrà mandare ai suoi seguaci il soccorritore, lo spirito santo di Dio, in qualunque parte della terra essi si trovino. Quindi, che Gesù se ne vada tornerà a loro vantaggio.

      Lo spirito santo, dice Gesù, “darà al mondo convincente prova riguardo al peccato e riguardo alla giustizia e riguardo al giudizio”. Il peccato del mondo, il fatto che il mondo non esercita fede nel Figlio di Dio, sarà smascherato. Inoltre, sarà data convincente prova della giustizia di Gesù mediante la sua ascensione al Padre. E il fatto che Satana e il suo mondo malvagio non siano riusciti a infrangere l’integrità di Gesù è una convincente prova che il governante del mondo ha ricevuto un giudizio di condanna.

      “Ho ancora molte cose da dirvi”, prosegue Gesù, “ma non siete in grado di sostenerle al presente”. Pertanto promette che quando verserà lo spirito santo, cioè la forza attiva di Dio, esso li guiderà alla comprensione di queste cose conforme alla loro capacità di afferrarle.

      In particolare, gli apostoli non comprendono che Gesù morirà e poi apparirà loro dopo essere stato risuscitato. Perciò si chiedono gli uni gli altri: “Che significa questo che ci dice: ‘Fra poco non mi vedrete, e, di nuovo, fra poco mi vedrete’, e, ‘perché vado al Padre’?”

      Gesù capisce che lo vogliono interrogare, per cui spiega: “Verissimamente vi dico: Voi piangerete e vi lamenterete, ma il mondo si rallegrerà; voi vi addolorerete, ma il vostro dolore sarà mutato in gioia”. Più tardi quello stesso giorno, quando nel pomeriggio Gesù verrà ucciso, i capi religiosi mondani si rallegreranno, mentre i discepoli si addoloreranno. Il loro dolore, però, sarà mutato in gioia quando Gesù verrà risuscitato! E la loro gioia continuerà quando egli, alla Pentecoste, li costituirà con potenza suoi testimoni versando su di loro lo spirito santo di Dio!

      Paragonando la situazione degli apostoli a quella di una donna che ha le doglie, Gesù dice: “Una donna, quando partorisce, ha dolore, perché la sua ora è arrivata”. Ma una volta dato alla luce il bambino essa non ricorda più le sue sofferenze, fa notare Gesù, e incoraggia gli apostoli: “Perciò, anche voi, in realtà, provate ora dolore; ma vi vedrò di nuovo [quando sarò risuscitato] e il vostro cuore si rallegrerà, e nessuno vi toglierà la vostra gioia”.

      Fino a questo momento gli apostoli non hanno mai fatto richieste nel nome di Gesù. Ma ora egli dice: “Se chiederete al Padre qualche cosa egli ve la darà nel mio nome. . . . Poiché il Padre stesso ha affetto per voi, perché voi avete avuto affetto per me e avete creduto che sono uscito come rappresentante del Padre. Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo. Inoltre, lascio il mondo e me ne vado al Padre”.

      Le parole di Gesù sono di grande incoraggiamento per gli apostoli. “Da ciò crediamo che sei uscito da Dio”, dicono. “Credete al presente?”, chiede Gesù. “Ecco, viene l’ora, in realtà è venuta, quando sarete dispersi ciascuno alla propria casa e mi lascerete solo”. Per quanto possa sembrare incredibile, questo avviene prima che la notte finisca!

      “Vi ho detto queste cose affinché per mezzo di me abbiate pace”. Gesù conclude: “Nel mondo avete tribolazione, ma fatevi coraggio! Io ho vinto il mondo”. Gesù aveva vinto il mondo compiendo fedelmente la volontà di Dio nonostante tutto ciò che Satana e il suo mondo avevano tentato di fare per infrangere la Sua integrità.

      Preghiera conclusiva nella stanza superiore

      Spinto dal profondo amore che nutre per loro, Gesù ha preparato gli apostoli per la sua imminente partenza. Ora, dopo averli esortati e confortati a lungo, alza gli occhi al cielo e chiede al Padre suo: “Glorifica il tuo figlio, affinché il figlio glorifichi te, secondo che gli hai dato autorità sopra ogni carne, affinché, in quanto all’intero numero di quelli che gli hai dato, egli dia loro vita eterna”.

      Che tema entusiasmante presenta Gesù: la vita eterna! Poiché gli è stata data “autorità sopra ogni carne”, Gesù può applicare i benefìci del suo sacrificio di riscatto a tutta l’umanità soggetta alla morte. Tuttavia, egli concede la “vita eterna” solo a coloro che il Padre approva. Sviluppando il tema della vita eterna, Gesù dice quindi nella sua preghiera:

      “Questo significa vita eterna, che acquistino conoscenza di te, il solo vero Dio, e di colui che tu hai mandato, Gesù Cristo”. Sì, la salvezza dipende dall’acquistare conoscenza sia di Dio che di suo Figlio. Ma occorre più che semplice conoscenza intellettuale.

      È necessario imparare a conoscerli intimamente e stringere con loro un’amicizia profonda. Bisogna essere del loro stesso pensiero e vedere le cose dal loro punto di vista. E soprattutto, bisogna sforzarsi di imitare le loro incomparabili qualità nei rapporti con gli altri.

      Proseguendo la sua preghiera, Gesù dice: “Io ti ho glorificato sulla terra, avendo finito l’opera che mi hai dato da fare”. Poiché ha adempiuto il suo incarico fino ad ora ed è fiducioso di portarlo a termine con successo, fa questa richiesta: “Padre, glorificami presso te stesso con la gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse”. Egli chiede così di essere ristabilito nella sua precedente gloria celeste per mezzo di una risurrezione.

      Quindi riassume la sua opera principale sulla terra: “Ho reso manifesto il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi, e tu li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola”. Gesù aveva usato il nome di Dio, Geova, nel suo ministero e ne aveva rivelato la corretta pronuncia, ma aveva fatto più di questo per rendere manifesto il nome di Dio ai suoi apostoli. Li aveva aiutati anche a conoscere meglio e ad apprezzare di più Geova, la sua personalità e i suoi propositi.

      Riconoscendo Geova come suo Superiore, Colui sotto la cui direttiva egli serve, umilmente Gesù dichiara: “Le parole che hai dato a me io le ho date a loro, ed essi le hanno ricevute e hanno certamente conosciuto che sono uscito come tuo rappresentante, e hanno creduto che tu mi hai mandato”.

      Gesù fa poi una distinzione tra i suoi seguaci e il resto dell’umanità, e dice: “Non prego per il mondo, ma riguardo a quelli che mi hai dato . . . Quando ero con loro io vigilavo su di loro . . . e io li ho custoditi, e nessuno d’essi è distrutto tranne il figlio della distruzione”, cioè Giuda Iscariota. In questo preciso momento Giuda sta compiendo l’ignobile gesto di tradire Gesù. Così, senza rendersene conto, sta adempiendo le Scritture.

      “Il mondo li ha odiati”, prosegue Gesù. “Io ti prego, non di toglierli dal mondo, ma di vigilare su di loro a causa del malvagio. Essi non fanno parte del mondo come io non faccio parte del mondo”. I seguaci di Gesù sono nel mondo — la società umana organizzata sotto il dominio di Satana — ma sono e devono sempre rimanere separati da esso e dalla sua malvagità.

      “Santificali per mezzo della verità”, prega ancora Gesù, “la tua parola è verità”. Qui Gesù chiama le ispirate Scritture Ebraiche, che aveva citato di continuo, la “verità”. Ma anche le cose che aveva insegnato ai discepoli e quelle da loro scritte in seguito sotto ispirazione, le Scritture Greche Cristiane, sono la “verità”. Questa verità può santificare l’individuo, cambiare completamente la sua vita e farne una persona separata dal mondo.

      Gesù prega ora “non solo per questi, ma anche per quelli che riporranno fede in [lui] per mezzo della loro parola”. In tal modo Gesù prega per coloro che saranno suoi unti seguaci e per altri futuri discepoli che dovranno pure essere raccolti nel “solo gregge”. Cosa chiede sia per gli uni che per gli altri?

      Che “siano tutti uno, come tu, Padre, sei unito a me ed io sono unito a te, . . . affinché siano uno come noi siamo uno”. Gesù e il Padre suo non sono letteralmente un’unica persona, ma sono concordi in ogni cosa. Gesù prega che tra i suoi seguaci regni la stessa unità, affinché “il mondo abbia la conoscenza che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me”.

      A favore di coloro che diventeranno suoi unti seguaci, Gesù fa ora una richiesta al suo Padre celeste. Quale? “Che, dove sono io, anche loro siano con me, affinché contemplino la mia gloria che tu mi hai dato, poiché tu mi hai amato prima della fondazione del mondo”, cioè prima che Adamo ed Eva generassero figli. Molto prima di allora Dio amava il suo unigenito Figlio, che in seguito divenne Gesù Cristo.

      Concludendo la sua preghiera, Gesù ribadisce: “Io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, affinché l’amore col quale mi hai amato sia in loro e io unito a loro”. Per gli apostoli, apprendere il nome di Dio ha significato conoscere personalmente l’amore di Dio. Giovanni 14:1–17:26; 13:27, 35, 36; 10:16; Luca 22:3, 4; Esodo 24:10; 1 Re 19:9-13; Isaia 6:1-5; Galati 6:16; Salmo 35:19; 69:4; Proverbi 8:22, 30.

      ▪ Dove sta per andare Gesù, e quale risposta riceve Tommaso riguardo alla via per andarci?

      ▪ Con la sua richiesta, a quanto pare, cosa vuole Filippo che Gesù dia?

      ▪ Perché chi ha visto Gesù ha visto anche il Padre?

      ▪ In che senso i seguaci di Gesù faranno opere più grandi delle sue?

      ▪ Cosa vuol dire che Satana non ha presa su Gesù?

      ▪ Quando Geova piantò la vite simbolica, e quando e come altri diventano parte d’essa?

      ▪ Quanti tralci ha, alla fine, la vite simbolica?

      ▪ Quale frutto Dio desidera dai tralci?

      ▪ Come possiamo essere amici di Gesù?

      ▪ Perché il mondo odia i seguaci di Gesù?

      ▪ Quale avvertimento di Gesù turba gli apostoli?

      ▪ Perché gli apostoli non domandano a Gesù dove sta per andare?

      ▪ Cosa in particolare gli apostoli non comprendono?

      ▪ Con quale illustrazione Gesù fa capire che il dolore degli apostoli sarà mutato in gioia?

      ▪ Cosa dice Gesù che faranno tra poco gli apostoli?

      ▪ In che modo Gesù vince il mondo?

      ▪ In che senso a Gesù è stata data “autorità sopra ogni carne”?

      ▪ Cosa significa acquistare conoscenza di Dio e di suo Figlio?

      ▪ In quali modi Gesù rende manifesto il nome di Dio?

      ▪ Che cos’è la “verità”, e in che modo essa ‘santifica’ il cristiano?

      ▪ In che senso Dio, suo Figlio e tutti i veri adoratori sono uno?

      ▪ A quando risale la “fondazione del mondo”?

  • Agonia nel Getsemani
    Il più grande uomo che sia mai esistito
    • Capitolo 117

      Agonia nel Getsemani

      APPENA Gesù termina di pregare, lui e gli 11 apostoli fedeli intonano cantici di lode a Geova. Quindi scendono dalla stanza superiore, escono nella notte fredda e buia e attraversano di nuovo la valle del Chidron in direzione di Betania. Lungo la strada però si fermano in uno dei loro luoghi preferiti: l’orto di Getsemani, situato sul Monte degli Ulivi o nelle vicinanze. Qui, fra gli olivi, Gesù si è riunito spesso con gli apostoli.

      Lasciando otto degli apostoli, forse nei pressi dell’entrata dell’orto, Gesù ordina loro: “Sedete qui mentre io vado là a pregare”. Poi, presi gli altri tre, Pietro, Giacomo e Giovanni, si addentra nell’orto. Gesù comincia ad essere addolorato e gravemente turbato. “L’anima mia è profondamente addolorata, fino alla morte”, dice loro. “Restate qui e vigilate con me”.

      Allontanatosi un po’, Gesù si prostra e, con la faccia a terra, comincia a pregare con fervore: “Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice. Tuttavia, non come io voglio, ma come tu vuoi”. Cosa intende dire? Perché è ‘profondamente addolorato, fino alla morte’? Si sta forse ritraendo dalla decisione di morire e di provvedere il riscatto?

      Niente affatto! Gesù non chiede che gli venga risparmiata la vita. Solo l’idea di evitare di offrire la sua vita in sacrificio, come una volta gli era stato suggerito da Pietro, gli ripugna. Piuttosto, Gesù è in agonia perché teme che il modo in cui tra breve morirà, come uno spregevole criminale, arrecherà grave disonore al nome del Padre suo. Egli si rende ormai conto che entro poche ore sarà messo al palo come una persona della peggiore sorta: un bestemmiatore! È questo che lo turba così tanto.

      Dopo aver pregato a lungo, Gesù torna e trova i tre apostoli addormentati. Rivolgendosi a Pietro, dice: “Non avete potuto vigilare con me nemmeno un’ora? Vigilate e pregate di continuo, per non entrare in tentazione”. Ma poiché riconosce che sono stati sottoposti a grande tensione e che l’ora è tarda, aggiunge: “Lo spirito, certo, è desideroso, ma la carne è debole”.

      Gesù si allontana quindi una seconda volta e chiede a Dio di rimuovere da lui “questo calice”, cioè la porzione assegnatagli da Geova, la Sua volontà per lui. Quando torna, trova di nuovo i tre che dormono, mentre avrebbero dovuto pregare per non entrare in tentazione. Gesù parla loro, ma essi non sanno che cosa rispondere.

      Infine per la terza volta Gesù si allontana, alla distanza di circa un tiro di pietra, e inginocchiatosi prega, con forti grida e lacrime: “Padre, se lo desideri, rimuovi da me questo calice”. Gesù soffre intensamente perché la morte che farà come se fosse un criminale coprirà di disonore il nome del Padre suo. Essere condannato come bestemmiatore — uno che maledice Dio — è quasi insopportabile per lui!

      Tuttavia, continua a pregare dicendo: “Non ciò che io voglio, ma ciò che tu vuoi”. Ubbidientemente sottopone la propria volontà a quella di Dio. A questo punto appare un angelo dal cielo che lo rafforza con parole incoraggianti. È probabile che l’angelo dica a Gesù che ha la piena approvazione del Padre suo.

      Ma quale peso grava sulle spalle di Gesù! È in gioco la sua vita eterna e quella dell’intera razza umana. La tensione emotiva è enorme. Perciò Gesù continua a pregare con maggiore intensità, e il suo sudore diviene come gocce di sangue che cadono al suolo. “Pur essendo un fenomeno molto raro”, osserva un periodico medico (The Journal of the American Medical Association), “la sudorazione ematica . . . si può verificare in caso di emozioni estremamente forti”.

      Dopo ciò Gesù torna per la terza volta dagli apostoli, e di nuovo li trova addormentati. Sono esausti per lo sconforto. “In un tempo come questo voi dormite e vi riposate!”, egli esclama. “Basta! L’ora è venuta! Ecco, il Figlio dell’uomo è consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo. Ecco, il mio traditore si è avvicinato”.

      Mentre egli parla ancora, Giuda Iscariota si avvicina, accompagnato da una folla numerosa che ha con sé torce e lampade e armi. Matteo 26:30, 36-47; 16:21-23; Marco 14:26, 32-43; Luca 22:39-47; Giovanni 18:1-3; Ebrei 5:7.

      ▪ Lasciata la stanza superiore, dov’è che Gesù porta gli apostoli, e cosa fa lì?

      ▪ Che fanno gli apostoli mentre Gesù prega?

      ▪ Perché Gesù è in agonia, e cosa chiede a Dio?

      ▪ Cosa sta a indicare il fatto che il sudore di Gesù “divenne come gocce di sangue”?

  • Tradimento e arresto
    Il più grande uomo che sia mai esistito
    • Capitolo 118

      Tradimento e arresto

      MEZZANOTTE è passata da un pezzo quando Giuda conduce nell’orto di Getsemani una folla numerosa composta da soldati, capi sacerdoti, farisei e altri. I sacerdoti hanno concordato di dare a Giuda 30 pezzi d’argento perché tradisca Gesù.

      È evidente che Giuda, qualche ora prima, dopo essere stato allontanato dal pasto pasquale, era andato senza indugio dai capi sacerdoti. Questi avevano immediatamente radunato i propri ufficiali e una coorte di soldati. Forse Giuda li aveva condotti per prima cosa al luogo in cui Gesù e gli apostoli avevano celebrato la Pasqua. Visto che se n’erano andati, la folla munita di armi, lampade e torce, era uscita da Gerusalemme e, seguendo Giuda, aveva attraversato la valle del Chidron.

      Giuda ora guida il gruppo su per il Monte degli Ulivi, sicuro di sapere dove trovare Gesù. Durante la settimana, nei frequenti viaggi fra Betania e Gerusalemme, Gesù e gli apostoli si erano fermati spesso nell’orto di Getsemani per riposare e conversare. Ma come faranno i soldati, che forse non hanno mai visto Gesù di persona, a riconoscerlo, dato che potrebbe essere nascosto dall’oscurità sotto gli olivi? Perciò Giuda dà loro un segno dicendo: “Chi bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via al sicuro”.

      Giuda porta la folla nell’orto, e quando vede Gesù con gli apostoli subito gli si avvicina e dice: “Buon giorno, Rabbi!”, e lo bacia molto teneramente.

      “Amico, per quale scopo sei presente?”, gli chiede a sua volta Gesù. Poi, rispondendo alla propria domanda, dice: “Giuda, tradisci il Figlio dell’uomo con un bacio?” Ma basta con questo traditore! Gesù si fa avanti, illuminato dalle torce e dalle lampade, e chiede: “Chi cercate?”

      “Gesù il Nazareno”, rispondono.

      “Sono io”, replica Gesù, ponendosi coraggiosamente davanti a tutti loro. Stupiti dalla sua intrepidezza e non sapendo cosa aspettarsi, gli uomini indietreggiano e cadono a terra.

      “Ve l’ho detto che sono io”, continua Gesù con tono calmo. “Se, perciò, cercate me, lasciate andare questi”. Poco prima, nella stanza superiore, Gesù aveva detto al Padre suo in preghiera che aveva custodito i suoi apostoli fedeli e che nessuno d’essi era stato perduto “tranne il figlio della distruzione”. Pertanto, affinché si possa adempiere la sua parola, Gesù chiede che i suoi seguaci siano lasciati andare.

      Mentre i soldati si ricompongono, si alzano e cominciano a legare Gesù, gli apostoli si rendono conto di ciò che sta per accadere. “Signore, dobbiamo colpire con la spada?”, chiedono. Prima che Gesù possa rispondere, Pietro, brandendo una delle due spade che gli apostoli hanno con sé, si lancia contro Malco, uno schiavo del sommo sacerdote, e gli sferra un colpo alla testa, ma fallisce e gli stacca l’orecchio destro.

      “Lasciate andare fin qui”, interviene Gesù. E, toccato l’orecchio a Malco, sana la ferita. Quindi insegna un’importante lezione, comandando a Pietro: “Riponi la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada periranno di spada. O credi che non mi possa appellare al Padre mio perché mi provveda in questo momento più di dodici legioni di angeli?”

      Gesù è disposto a farsi arrestare, poiché spiega: “Come si adempirebbero le Scritture secondo le quali deve accadere così?” E aggiunge: “Il calice che il Padre mi ha dato, non dovrei io berlo ad ogni costo?” Egli è perfettamente d’accordo con la volontà di Dio nei suoi confronti!

      Poi si rivolge alla folla. “Siete usciti con spade e bastoni come contro un ladrone per arrestarmi?”, chiede. “Giorno dopo giorno sedevo nel tempio a insegnare e non mi avete arrestato. Ma tutto questo è accaduto perché si adempissero le scritture dei profeti”.

      A questo punto la coorte dei soldati, il comandante militare e gli ufficiali dei giudei afferrano Gesù e lo legano. Vedendo ciò, gli apostoli abbandonano Gesù e fuggono. Tuttavia, un giovane — forse il discepolo Marco — rimane tra la folla. Può darsi che si trovasse nella casa in cui Gesù aveva celebrato la Pasqua e che poi da lì avesse seguito la folla. Ora però viene riconosciuto e qualcuno tenta di afferrarlo. Ma lui si lascia dietro la veste di lino e fugge. Matteo 26:47-56; Marco 14:43-52; Luca 22:47-53; Giovanni 17:12; 18:3-12.

      ▪ Perché Giuda è sicuro di poter trovare Gesù nell’orto di Getsemani?

      ▪ In che modo Gesù mostra di preoccuparsi per gli apostoli?

      ▪ Che azione compie Pietro in difesa di Gesù, ma cosa gli dice Gesù al riguardo?

      ▪ Come mostra Gesù di essere perfettamente d’accordo con la volontà di Dio nei suoi confronti?

      ▪ Quando gli apostoli abbandonano Gesù, chi rimane, e cosa gli succede?

  • Portato da Anna, poi da Caiafa
    Il più grande uomo che sia mai esistito
    • Capitolo 119

      Portato da Anna, poi da Caiafa

      GESÙ, legato come un abietto criminale, viene condotto da Anna, l’influente ex sommo sacerdote. Anna era sommo sacerdote quando Gesù, dodicenne, aveva meravigliato i maestri rabbinici nel tempio. Diversi figli di Anna avevano poi ricoperto l’incarico di sommo sacerdote, e attualmente questa funzione è esercitata da suo genero Caiafa.

      Può darsi che Gesù venga condotto prima a casa di Anna perché da molto tempo questo capo sacerdote svolge un ruolo importante nella vita religiosa giudaica. Questa sosta per incontrare Anna dà al sommo sacerdote Caiafa sia il tempo di radunare il Sinedrio, la corte suprema giudaica composta di 71 membri, che di trovare falsi testimoni.

      Il capo sacerdote Anna interroga dunque Gesù circa i suoi discepoli e circa il suo insegnamento. Ma Gesù risponde: “Io ho parlato al mondo pubblicamente. Ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove si radunano tutti i giudei; e non ho detto nulla in segreto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro. Ecco, questi sanno che cosa ho detto”.

      A ciò, uno degli ufficiali che sta lì accanto a Gesù gli dà uno schiaffo, dicendo: “Così rispondi al capo sacerdote?”

      “Se ho parlato male”, replica Gesù, “rendi testimonianza del male; ma se bene, perché mi colpisci?” Dopo questo scambio di parole Anna manda Gesù, legato, da Caiafa.

      Intanto cominciano a radunarsi tutti i capi sacerdoti e gli anziani e gli scribi, sì, l’intero Sinedrio. La riunione ha luogo evidentemente in casa di Caiafa. È chiaro che tenere un processo del genere la notte di Pasqua va contro la legge giudaica, ma questo non fa desistere i capi religiosi dal loro malvagio intento.

      Alcune settimane prima, quando Gesù aveva risuscitato Lazzaro, il Sinedrio aveva già deciso la morte di Gesù. E solo due giorni prima, mercoledì, le autorità religiose avevano tenuto consiglio insieme per afferrarlo con un astuto stratagemma e ucciderlo. Pensate, in pratica Gesù era stato condannato prima d’essere sottoposto a processo!

      Intanto si cerca di trovare testimoni che depongano il falso così da poter costruire un’accusa contro Gesù. Tuttavia non c’è modo di trovare testimonianze concordi. Alla fine, si presentano due che sostengono: “Noi lo abbiamo udito dire: ‘Io abbatterò questo tempio che è stato fatto con mani e in tre giorni ne edificherò un altro non fatto con mani’”.

      “Non rispondi nulla?”, chiede Caiafa. “Che testimoniano questi contro di te?” Ma Gesù tace. Con grave scorno del Sinedrio, neppure su questa falsa accusa i testimoni riescono ad essere concordi. Perciò il sommo sacerdote prova una tattica diversa.

      Caiafa sa come sono suscettibili i giudei quando qualcuno sostiene di essere il Figlio di Dio. Agendo d’impulso, in due precedenti occasioni avevano tacciato Gesù di essere un bestemmiatore meritevole di morte, una volta perché avevano erroneamente supposto che egli si fosse fatto uguale a Dio. Ora, con perfidia, Caiafa ingiunge: “Per l’Iddio vivente ti pongo sotto giuramento di dirci se sei il Cristo, il Figlio di Dio!”

      Qualunque cosa ne pensino i giudei, Gesù è davvero il Figlio di Dio. E se tacesse, il suo silenzio potrebbe essere interpretato come se egli stesse negando di essere il Cristo. Perciò Gesù risponde con coraggio: “Lo sono; e voi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della potenza e venire con le nubi del cielo”.

      A ciò Caiafa, in maniera teatrale, si strappa le vesti ed esclama: “Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia. Qual è la vostra opinione?”

      “È reo di morte”, decreta il Sinedrio. Allora cominciano a schernire Gesù e a dire bestemmiando molte cose contro di lui. Lo schiaffeggiano e gli sputano in faccia. Altri, dopo avergli coperto la faccia, lo colpiscono con i pugni chiedendo sarcasticamente: “Profetizzaci, Cristo. Chi ti ha colpito?” Questo è il comportamento oltraggioso e illegale che viene tenuto durante il processo notturno. Matteo 26:57-68; 26:3, 4; Marco 14:53-65; Luca 22:54, 63-65; Giovanni 18:13-24; 11:45-53; 10:31-39; 5:16-18.

      ▪ Dove viene condotto dapprima Gesù, e lì cosa gli accade?

      ▪ Dove viene portato subito dopo, e a che scopo?

      ▪ Come riesce Caiafa a indurre il Sinedrio a decretare che Gesù merita la morte?

      ▪ Quale comportamento oltraggioso e illegale viene tenuto durante il processo?

  • Rinnegato nel cortile
    Il più grande uomo che sia mai esistito
    • Capitolo 120

      Rinnegato nel cortile

      PIETRO e Giovanni avevano abbandonato Gesù nell’orto di Getsemani ed erano fuggiti spaventati col resto degli apostoli. A un certo punto però si fermano e forse raggiungono Gesù mentre viene portato in casa di Anna. Quando Anna manda Gesù dal sommo sacerdote Caiafa, Pietro e Giovanni lo seguono mantenendosi a debita distanza, evidentemente combattuti fra la paura di rischiare la propria vita e la profonda preoccupazione per ciò che accadrà al loro Signore.

      Giunti alla spaziosa residenza di Caiafa, Giovanni riesce a entrare nel cortile, perché il sommo sacerdote lo conosce, mentre Pietro viene lasciato fuori, alla porta. Ma poco dopo Giovanni torna e parla alla portiera, una serva, così Pietro ha il permesso di entrare.

      A quest’ora fa freddo, e i servitori della casa e gli ufficiali del sommo sacerdote hanno acceso un fuoco di carbone. Pietro si unisce a loro per riscaldarsi in attesa dell’esito dell’interrogatorio di Gesù. Lì, al chiarore della fiamma, la portiera che ha fatto entrare Pietro lo guarda meglio ed esclama: “Anche tu eri con Gesù il Galileo!”

      Turbato perché è stato scoperto, Pietro nega davanti a tutti di aver mai conosciuto Gesù. “Non lo conosco né capisco ciò che dici”, afferma.

      Allora Pietro esce verso l’ingresso. Lì un’altra ragazza lo nota e anch’essa dice ai presenti: “Quest’uomo era con Gesù il Nazareno”. Di nuovo Pietro lo nega, giurando: “Non conosco quell’uomo!”

      Pietro resta nel cortile, cercando di farsi notare il meno possibile. Forse è a questo punto che viene sorpreso dal canto di un gallo alle prime luci dell’alba. Intanto l’interrogatorio di Gesù prosegue, evidentemente in una parte della casa che sovrasta il cortile. Senza dubbio Pietro e gli altri che attendono di sotto vedono l’andirivieni dei vari testimoni chiamati a deporre.

      È trascorsa circa un’ora dall’ultima volta che Pietro è stato riconosciuto quale compagno di Gesù. Adesso alcuni di quelli che stanno là si accostano a lui e gli dicono: “Certamente anche tu sei uno di loro, poiché, infatti, il tuo dialetto ti fa riconoscere”. Fra loro c’è un parente di Malco, l’uomo a cui Pietro aveva staccato l’orecchio. “Io ti ho visto nell’orto con lui, non è vero?”, dice questi.

      “Non conosco quell’uomo!”, sostiene Pietro con veemenza. Anzi, nel tentativo di convincerli che si stanno sbagliando tutti, si mette a maledire e a giurare, cioè a invocare su di sé il male se ciò che dice non è vero.

      Proprio mentre Pietro nega per la terza volta di conoscere Gesù, un gallo canta. E in quel momento Gesù, uscito forse su una loggia che dà sul cortile, si volta e lo guarda. Immediatamente Pietro si ricorda di ciò che Gesù aveva detto solo poche ore prima nella stanza superiore: “Prima che il gallo canti due volte, tu mi rinnegherai tre volte”. Prostrato dal peso del suo peccato, Pietro esce fuori e piange amaramente.

      Com’è potuta accadere una cosa del genere? Come ha potuto Pietro, dopo essere stato così sicuro della propria forza spirituale, rinnegare il suo Signore tre volte di seguito? Senza dubbio le circostanze hanno colto Pietro alla sprovvista. La verità viene distorta, e Gesù viene fatto passare per un abietto criminale. Ciò che è giusto viene fatto apparire errato, e chi è innocente, colpevole. Così, a motivo delle forti pressioni dovute alla situazione Pietro perde il proprio equilibrio. D’un tratto il suo giusto senso di lealtà viene falsato; con sua grande costernazione, è paralizzato dal timore dell’uomo. Che non ci accada mai una cosa del genere! Matteo 26:57, 58, 69-75; Marco 14:30, 53, 54, 66-72; Luca 22:54-62; Giovanni 18:15-18, 25-27.

      ▪ Come Pietro e Giovanni accedono al cortile del sommo sacerdote?

      ▪ Che accade nella casa mentre Pietro e Giovanni sono nel cortile?

      ▪ Quante volte canta un gallo, e quante volte Pietro nega di conoscere Cristo?

      ▪ In che senso Pietro maledice e giura?

      ▪ Cosa induce Pietro a negare di conoscere Gesù?

  • Davanti al Sinedrio, poi da Pilato
    Il più grande uomo che sia mai esistito
    • Capitolo 121

      Davanti al Sinedrio, poi da Pilato

      LA NOTTE volge al termine. Pietro ha rinnegato Gesù per la terza volta, e i membri del Sinedrio hanno concluso il loro processo da burla e sciolto la riunione. Tuttavia venerdì mattina all’alba tornano a riunirsi, questa volta nella sala del Sinedrio. Il loro intento è probabilmente quello di dare una parvenza di legalità al processo notturno. Quando Gesù viene condotto dinanzi a loro, ripetono la domanda della notte prima: “Se sei il Cristo, diccelo”.

      “Anche se ve lo dicessi, non ci credereste affatto”, risponde Gesù. “Inoltre, se vi interrogassi, non rispondereste affatto”. Comunque, richiamando coraggiosamente l’attenzione sulla propria identità, aggiunge: “Da ora in poi il Figlio dell’uomo sarà seduto alla potente destra di Dio”.

      “Sei tu, dunque, il Figlio di Dio?”, chiedono tutti.

      “Voi stessi dite che lo sono”, risponde Gesù.

      Per questi uomini dalle intenzioni omicide questa risposta è sufficiente. La considerano una bestemmia. “Che bisogno abbiamo di ulteriore testimonianza?”, chiedono. “Poiché noi stessi lo abbiamo udito dalla sua propria bocca”. Perciò legano Gesù, lo conducono via e lo consegnano al governatore romano Ponzio Pilato.

      Giuda, il traditore di Gesù, ha seguito gli avvenimenti. Vedendo che Gesù è stato condannato, prova rimorso. Va quindi dai capi sacerdoti e dagli anziani a restituire i 30 pezzi d’argento, e spiega: “Ho peccato, tradendo sangue giusto”.

      La loro cinica risposta è: “Che ce ne importa? Te la vedrai tu!” Allora Giuda getta i pezzi d’argento nel tempio e, andatosene, tenta di impiccarsi. Ma poiché, a quanto pare, il ramo a cui egli lega la corda si spezza, il suo corpo cade sulle rocce sottostanti e si squarcia.

      I capi sacerdoti non sanno bene cosa fare con i pezzi d’argento. “Non è lecito metterli nel tesoro sacro”, concludono, “perché sono prezzo di sangue”. Allora, dopo essersi consultati, comprano con quel denaro il campo del vasaio per seppellirvi gli stranieri. Perciò il campo viene poi chiamato “Campo di Sangue”.

      È ancora mattina presto quando Gesù viene portato nel palazzo del governatore. Ma i giudei che l’hanno accompagnato non vogliono entrare, perché pensano che un simile contatto con i gentili possa contaminarli. Per compiacenza, Pilato esce verso di loro e chiede: “Quale accusa portate contro quest’uomo?”

      “Se quest’uomo non fosse un malfattore, non te lo avremmo consegnato”, rispondono.

      Pilato, che preferisce evitare di farsi coinvolgere, replica: “Prendetelo voi stessi e giudicatelo secondo la vostra legge”.

      Rivelando le loro intenzioni omicide, i giudei sostengono: “Non ci è lecito uccidere nessuno”. In effetti, se uccidessero Gesù durante la Pasqua, potrebbe scoppiare un tumulto popolare, perché molti hanno Gesù in grande stima. Ma se riuscissero a convincere i romani a metterlo a morte sotto l’accusa di reato politico, questo servirebbe a scagionarli agli occhi del popolo.

      Perciò ora i capi religiosi, senza menzionare il loro precedente processo durante il quale hanno condannato Gesù per bestemmia, inventano altre accuse. Lo accusano di tre cose: “Abbiamo trovato quest’uomo mentre [1] sovvertiva la nostra nazione, [2] proibiva di pagare le tasse a Cesare e [3] diceva che egli stesso è Cristo re”.

      L’accusa secondo cui Gesù sostiene di essere re è quella che interessa Pilato. Rientra dunque nel palazzo e, chiamato Gesù, gli chiede: “Sei tu il re dei giudei?” In altre parole, hai infranto la legge dichiarandoti re in opposizione a Cesare?

      Gesù desidera sapere quante cose Pilato ha già udito sul suo conto, così gli chiede: “Dici questo da te stesso o te l’hanno detto altri di me?”

      Pilato ammette di non sapere nulla di lui e che vorrebbe conoscere i fatti. “Io non sono giudeo, vero?”, risponde. “La tua stessa nazione e i capi sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che hai fatto?”

      Gesù non tenta in alcun modo di eludere la questione controversa, che è quella della regalità. Senza dubbio la risposta che ora dà sorprende Pilato. Luca 22:66–23:3; Matteo 27:1-11; Marco 15:1; Giovanni 18:28-35; Atti 1:16-20.

      ▪ A che scopo il Sinedrio si riunisce di nuovo al mattino?

      ▪ Come muore Giuda, e che ne fanno dei 30 pezzi d’argento?

      ▪ Perché i giudei, anziché uccidere essi stessi Gesù, vogliono che siano i romani a farlo?

      ▪ Di quali cose i giudei accusano Gesù?

  • Da Pilato a Erode e viceversa
    Il più grande uomo che sia mai esistito
    • Capitolo 122

      Da Pilato a Erode e viceversa

      GESÙ non tenta affatto di nascondere a Pilato che è re, però spiega che il suo Regno non costituisce una minaccia per Roma. “Il mio regno non fa parte di questo mondo”, dichiara. “Se il mio regno facesse parte di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai giudei. Ma ora il mio regno non è di qui”. In tal modo Gesù attesta tre volte di possedere un Regno, anche se non di origine terrena.

      Tuttavia Pilato incalza ancora: “Dunque, sei tu re?” In altre parole, sei re anche se il tuo Regno non fa parte di questo mondo?

      Con la sua risposta Gesù fa capire a Pilato che ha tratto la conclusione giusta: “Tu stesso dici che io sono re. Per questo sono nato e per questo son venuto nel mondo, per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla parte della verità ascolta la mia voce”.

      Sì, lo scopo stesso dell’esistenza di Gesù sulla terra è quello di rendere testimonianza alla “verità”, in particolare alla verità relativa al suo Regno. Gesù è pronto a rimanere fedele a questa verità anche se ciò gli costerà la vita. “Che cos’è la verità?”, chiede Pilato, ma non attende altre spiegazioni. Ha udito abbastanza per emettere la sentenza.

      Pilato torna dalla folla in attesa fuori del palazzo. Evidentemente con Gesù al suo fianco, dice ai capi sacerdoti e a quelli che sono con loro: “Non trovo nessun delitto in quest’uomo”.

      Adirati per questa decisione, insistono: “Egli incita il popolo insegnando in tutta la Giudea, sì, cominciando dalla Galilea fino a qui”.

      L’irragionevole fanatismo dei giudei deve sorprendere Pilato. Perciò, mentre i capi sacerdoti e gli anziani continuano a gridare, si rivolge a Gesù e gli chiede: “Non odi quante cose testimoniano contro di te?” Ma Gesù non prova nemmeno a rispondere. La sua calma di fronte a quelle accuse assurde meraviglia Pilato.

      Quando sente che Gesù è galileo, Pilato intravede un modo per scaricarsi della responsabilità. Il governante della Galilea, Erode Antipa (figlio di Erode il Grande), è a Gerusalemme per la Pasqua, perciò Pilato manda Gesù da lui. Tempo prima Erode Antipa aveva fatto decapitare Giovanni il Battezzatore, ma poi si era spaventato sentendo parlare delle opere miracolose che Gesù compiva, perché temeva che Gesù fosse in realtà Giovanni destato dai morti.

      Ora Erode è felicissimo di poter vedere Gesù. Non che gli stia a cuore il suo benessere o che voglia cercare di appurare se le cose di cui lo accusano sono vere o no. È semplicemente curioso, e spera di vedere Gesù compiere qualche miracolo.

      Ma Gesù si rifiuta di soddisfare la curiosità di Erode. Infatti, quando Erode lo interroga, non apre bocca. Delusi, Erode e i soldati della sua guardia scherniscono Gesù. Lo vestono di una splendida veste e si burlano di lui, quindi lo rimandano da Pilato. In seguito a ciò Erode e Pilato, che prima erano nemici, diventano buoni amici.

      Tornato Gesù, Pilato convoca i capi sacerdoti, i governanti dei giudei e il popolo e dice: “Voi mi avete condotto quest’uomo come uno che incita il popolo alla rivolta, ed ecco, l’ho interrogato davanti a voi ma non ho trovato in quest’uomo nessuna base per le accuse che presentate contro di lui. Infatti, neanche Erode, poiché lo ha rimandato da noi; ed ecco, non ha commesso nulla che meriti la morte. Perciò lo castigherò e lo libererò”.

      Così per due volte Pilato dichiara Gesù innocente. È suo desiderio liberarlo, poiché sa che i sacerdoti lo hanno consegnato solo per invidia. Persistendo nei suoi sforzi di liberare Gesù, Pilato riceve un incentivo ancor più forte per farlo. Mentre egli siede in tribunale, sua moglie gli manda un messaggio con cui lo esorta: “Non aver nulla a che fare con quel giusto, poiché oggi ho sofferto molto in sogno [evidentemente un sogno di origine divina] a causa di lui”.

      Ma come può Pilato liberare questo innocente, facendo ciò che sa essere suo dovere? Giovanni 18:36-38; Luca 23:4-16; Matteo 27:12-14, 18, 19; 14:1, 2; Marco 15:2-5.

      ▪ Come risponde Gesù alla domanda relativa alla sua regalità?

      ▪ Cos’è la “verità” circa la quale Gesù rese testimonianza durante la sua vita terrena?

      ▪ Quale sentenza emette Pilato, come reagisce il popolo, e che ne fa Pilato di Gesù?

      ▪ Chi è Erode Antipa, perché è felicissimo di vedere Gesù, e cosa gli fa?

      ▪ Perché Pilato desidera tanto liberare Gesù?

  • “Ecco l’uomo!”
    Il più grande uomo che sia mai esistito
    • Capitolo 123

      “Ecco l’uomo!”

      COLPITO dal contegno di Gesù e convinto della sua innocenza, Pilato tenta un’altra strada per liberarlo. “Voi avete l’usanza”, dice alle folle, “che io vi liberi un uomo alla pasqua”.

      Visto che tra i prigionieri c’è anche Barabba, un noto assassino, Pilato chiede: “Chi volete che vi liberi, Barabba o Gesù il cosiddetto Cristo?”

      Il popolo, persuaso dai capi sacerdoti che l’hanno incitato, chiede che sia liberato Barabba e che Gesù sia messo a morte. Pilato non si arrende, e chiede di nuovo: “Quale dei due volete che vi liberi?”

      “Barabba”, gridano.

      “Che farò dunque di Gesù il cosiddetto Cristo?”, chiede sgomento Pilato.

      All’unisono, rispondono con un urlo assordante: “Al palo! Al palo!”

      Sapendo che chiedono la morte di un innocente, Pilato li scongiura: “Ma che male ha fatto costui? Io non ho trovato nulla in lui che meriti la morte; perciò lo castigherò e lo libererò”.

      Nonostante i suoi tentativi la folla inferocita, istigata dai capi religiosi, continua a gridare: “Al palo!” Spinta al parossismo dai sacerdoti, vuole la morte di Gesù. E pensare che solo cinque giorni prima alcune di quelle persone erano probabilmente fra coloro che lo avevano accolto come Re a Gerusalemme! Mentre avviene tutto questo, i discepoli di Gesù, se sono presenti, rimangono in silenzio e non si fanno notare.

      Pilato, vedendo che i suoi appelli non servono a nulla, ma che anzi sta per sorgere un tumulto, prende dell’acqua e si lava le mani davanti alla folla, dicendo: “Sono innocente del sangue di quest’uomo. Ve la dovete vedere voi”. Allora il popolo risponde: “Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli”.

      Così, cedendo alle loro richieste — e desiderando soddisfare la folla più che fare ciò che sa essere giusto — Pilato libera loro Barabba. Quindi prende Gesù, e lo fa spogliare e flagellare. Non si tratta di comuni frustate. Un periodico medico (The Journal of the American Medical Association) descrive in che consisteva la flagellazione presso i romani:

      “Lo strumento usato di solito era una sferza corta (flagrum o flagellum) con varie strisce di cuoio, singole o intrecciate, di lunghezza variabile, a cui erano legate, a intervalli, palline di ferro o frammenti acuminati di osso di pecora. . . . Quando i soldati romani colpivano ripetutamente e con violenza il dorso della vittima, le palline di ferro provocavano profonde contusioni, e le strisce di cuoio e gli ossi di pecora laceravano la pelle e i tessuti sottocutanei. Poi, mentre la flagellazione continuava, le lacerazioni si estendevano ai muscoli scheletrici sottostanti, riducendoli a tremanti brandelli di carne sanguinolenta”.

      Dopo questo atroce supplizio, Gesù viene condotto nel palazzo del governatore, e l’intero reparto delle truppe viene radunato intorno a lui. I soldati gli infliggono ulteriori sevizie intrecciando una corona di spine e calcandogliela sulla testa. Gli mettono una canna nella mano destra, e lo vestono con un mantello di porpora, del tipo di quelli indossati dai sovrani. Quindi lo scherniscono dicendo: “Buon giorno, re dei giudei!” Oltre a ciò, gli sputano addosso e lo schiaffeggiano. Gli tolgono di mano la robusta canna e con essa gli percuotono la testa, conficcandogli ancora più a fondo nel cuoio capelluto le spine acuminate della sua umiliante “corona”.

      La straordinaria dignità e forza di Gesù dinanzi a questi maltrattamenti fa una tale impressione a Pilato che si sente spinto a fare un altro tentativo per salvarlo. “Ecco, ve lo conduco fuori affinché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa”, dice rivolto alle folle. Probabilmente immagina che, alla vista straziante di Gesù, il loro cuore si intenerirà. Mentre Gesù sta in piedi davanti alla folla spietata, portando la corona di spine e il mantello di porpora e con il volto insanguinato segnato dal dolore, Pilato esclama: “Ecco l’uomo!”

      Per quanto ferito e percosso, dinanzi a loro sta il personaggio più straordinario di tutta la storia, davvero il più grande uomo che sia mai esistito! Sì, la serena dignità e la calma che Gesù manifesta denotano una grandezza che perfino Pilato è costretto a riconoscere, poiché le sue parole sono chiaramente un misto di rispetto e compassione. Giovanni 18:39–19:5; Matteo 27:15-17, 20-30; Marco 15:6-19; Luca 23:18-25.

      ▪ In che modo Pilato tenta di far liberare Gesù?

      ▪ Come cerca Pilato di esimersi da ogni responsabilità?

      ▪ In che consiste la flagellazione?

      ▪ Di quali scherni è oggetto Gesù dopo essere stato flagellato?

      ▪ Quale ulteriore tentativo fa Pilato per liberare Gesù?

  • Consegnato e condotto via
    Il più grande uomo che sia mai esistito
    • Capitolo 124

      Consegnato e condotto via

      QUANDO Pilato, mosso dal contegno calmo e dignitoso di Gesù dinanzi alle torture, tenta di nuovo di liberarlo, i capi sacerdoti si infuriano più che mai. Sono decisi a non permettere che nulla interferisca nel loro malvagio intento, perciò tornano a gridare: “Al palo! Al palo!”

      “Prendetelo voi stessi e mettetelo al palo”, è la reazione di Pilato. (Contrariamente a quanto avevano affermato prima, è possibile che i giudei abbiano l’autorità di mettere a morte chi è colpevole di reati abbastanza gravi di natura religiosa). Quindi, almeno per la quinta volta, Pilato dichiara Gesù innocente dicendo: “Io non trovo in lui nessuna colpa”.

      Visto che le accuse politiche non riescono, i giudei ripiegano sull’accusa religiosa di bestemmia sostenuta alcune ore prima, quando Gesù era comparso dinanzi al Sinedrio. “Noi abbiamo una legge”, dicono, “e secondo la legge deve morire, perché si è fatto figlio di Dio”.

      Questa accusa è nuova per Pilato, e lo intimorisce ancora di più. Ormai si rende conto che Gesù non è un uomo comune, com’è evidente dal sogno di sua moglie e dalla straordinaria forza d’animo di cui egli dà prova. Ma, addirittura “figlio di Dio”? Pilato sa che Gesù viene dalla Galilea. Che sia però già vissuto prima? Lo riporta dentro il palazzo e gli chiede: “Di dove sei?”

      Gesù rimane in silenzio. In precedenza aveva detto a Pilato di essere re, ma di un Regno che non fa parte di questo mondo; ora non servirebbe a niente dare altre spiegazioni. Tuttavia, ferito nel suo orgoglio perché Gesù si rifiuta di rispondere, Pilato ha uno scatto d’ira: “Non mi parli?”, dice. “Non sai che ho autorità di liberarti e ho autorità di metterti al palo?”

      “Non avresti contro di me nessuna autorità se non ti fosse stata concessa dall’alto”, risponde Gesù con rispetto, alludendo al fatto che Dio ha concesso autorità ai governanti umani perché amministrino gli affari terreni. E aggiunge: “Perciò l’uomo che mi ha consegnato a te ha un maggior peccato”. Sì, il sommo sacerdote Caiafa, i suoi complici e Giuda Iscariota sono tutti molto più responsabili di Pilato dell’ingiusto trattamento riservato a Gesù.

      Pilato, provando ancor più ammirazione per Gesù e temendo che egli possa avere un’origine divina, rinnova i suoi sforzi per liberarlo. I giudei, però, oppongono a Pilato un netto rifiuto e ripetono la loro accusa politica, minacciando con perfidia: “Se liberi quest’uomo, non sei amico di Cesare. Chiunque si fa re parla contro Cesare”.

      Nonostante le tragiche conseguenze che ciò può comportare, Pilato conduce di nuovo fuori Gesù e rivolge loro un ulteriore appello: “Ecco il vostro re!”

      “Toglilo di mezzo! Toglilo di mezzo! Mettilo al palo!”

      “Metterò al palo il vostro re?”, Pilato chiede disperato.

      I giudei hanno sopportato malvolentieri il giogo romano, anzi, disprezzano il dominio di Roma! Eppure, ipocritamente, i capi sacerdoti dichiarano: “Non abbiamo altro re che Cesare”.

      Temendo per la sua posizione politica e per la sua reputazione, alla fine Pilato cede alle incalzanti richieste dei giudei e consegna loro Gesù. I soldati spogliano Gesù del manto di porpora e lo vestono con le sue vesti. Mentre viene condotto via per essere messo al palo, Gesù è obbligato a portare il suo palo di tortura.

      Ormai la mattina di venerdì 14 nisan è inoltrata; forse è quasi mezzogiorno. Gesù è sveglio da giovedì mattina presto, ed è passato da un tormento all’altro. È comprensibile che, sotto il peso del palo, le forze gli vengano subito meno. Perciò un passante, un certo Simone della città africana di Cirene, viene costretto a portare il palo al suo posto. Mentre procedono, li segue una grande moltitudine di popolo e di donne che si battono con dolore e fanno lamenti per Gesù.

      Voltandosi allora verso le donne, Gesù dice: “Figlie di Gerusalemme, smettete di piangere per me. Al contrario, piangete per voi stesse e per i vostri figli; perché ecco, vengono i giorni in cui si dirà: ‘Felici le sterili, e i seni che non hanno partorito e le mammelle che non hanno allattato!’ . . . Perché se fanno queste cose quando l’albero è verde, che accadrà quando sarà secco?”

      Gesù si riferisce all’albero della nazione giudaica, il quale ha ancora in sé un po’ di linfa vitale a motivo della presenza di Gesù e dell’esistenza di un rimanente che crede in lui. Ma quando questi saranno tolti alla nazione, rimarrà solo un albero spiritualmente morto, sì, un’organizzazione nazionale inaridita. Oh, quanto ci sarà da piangere allorché gli eserciti romani, che Dio impiegherà come giustizieri, devasteranno la nazione giudaica! Giovanni 19:6-17; 18:31; Luca 23:24-31; Matteo 27:31, 32; Marco 15:20, 21.

      ▪ Di che cosa accusano Gesù i capi religiosi, visto che le accuse politiche non riescono?

      ▪ Perché Pilato si intimorisce ancora di più?

      ▪ Chi è colpevole di maggior peccato per ciò che accade a Gesù?

      ▪ Come, infine, i sacerdoti convincono Pilato a consegnare Gesù perché sia messo a morte?

      ▪ Cosa dice Gesù alle donne che piangono per lui, e a cosa vuole riferirsi con l’albero “verde” che poi diventa “secco”?

  • L’agonia sul palo
    Il più grande uomo che sia mai esistito
    • Capitolo 125

      L’agonia sul palo

      INSIEME a Gesù sono condotti fuori due ladroni per essere giustiziati con lui. Non lontano dalla città, la lunga fila si ferma nel luogo chiamato Golgota, o Luogo del Teschio.

      I prigionieri vengono spogliati, poi viene dato loro vino drogato con mirra. Pare siano le donne di Gerusalemme a preparare questa pozione che attutisce il dolore, e i romani non la negano a coloro che vengono messi al palo. Tuttavia Gesù, dopo averla assaggiata, si rifiuta di bere. Perché? Senza dubbio perché desidera essere in pieno possesso di tutte le sue facoltà durante questa suprema prova di fede.

      Adesso Gesù viene steso sul palo con le mani in alto sopra la testa, quindi i soldati gli conficcano grossi chiodi nelle mani e nei piedi. Egli si contorce dal dolore mentre i chiodi gli trapassano la carne e i legamenti. Quando il palo viene alzato in posizione verticale il dolore è atroce, giacché col peso del corpo le ferite prodotte dai chiodi si lacerano. Eppure, invece di proferir minacce, Gesù prega per i soldati romani: “Padre, perdona loro, poiché non sanno quello che fanno”.

      Pilato fa affiggere al palo un cartello con l’iscrizione: “Gesù il Nazareno, il re dei giudei”. È chiaro che scrive questo non solo perché stima Gesù, ma anche perché detesta i sacerdoti giudei per il fatto che gli hanno strappato la condanna a morte di Gesù. Affinché tutti possano leggere il cartello, Pilato lo fa scrivere in tre lingue: in ebraico, in latino, la lingua ufficiale, e in greco comune.

      I capi sacerdoti, tra cui Caiafa e Anna, sono costernati. Questa dichiarazione così esplicita rovina il loro trionfo, perciò protestano: “Non scrivere ‘Il re dei giudei’, ma che egli ha detto: ‘Io sono re dei giudei’”. Irritato perché è stato manovrato dai sacerdoti, Pilato risponde con sprezzante risolutezza: “Quello che ho scritto, ho scritto”.

      Ora i sacerdoti, circondati da una folla numerosa, si radunano sul luogo dell’esecuzione e cercano di negare ciò che il cartello attesta. Essi ripetono le dichiarazioni false che erano state emesse prima alle udienze dinanzi al Sinedrio. Non sorprende, quindi, che i passanti comincino a loro volta a parlare ingiuriosamente, scuotendo la testa in segno di scherno e dicendo: “Tu che abbattevi il tempio e lo edificavi in tre giorni, salva te stesso! Se sei figlio di Dio, scendi dal palo di tortura!”

      “Ha salvato altri; non può salvare se stesso!”, fanno eco i capi sacerdoti e i loro amici religiosi. “Egli è il re d’Israele; scenda ora dal palo di tortura e noi gli crederemo. Ha riposto la sua fiducia in Dio; lo salvi ora se lo desidera, poiché ha detto: ‘Sono Figlio di Dio’”.

      Contagiati dallo spirito generale, anche i soldati scherniscono Gesù. Per burla gli offrono vino acido, forse tenendolo appena discosto dalle sue labbra riarse, e lo deridono: “Se tu sei il re dei giudei, salva te stesso”. Persino i ladroni, messi al palo uno alla destra e l’altro alla sinistra di Gesù, lo scherniscono. Pensate! Il più grande uomo che sia mai esistito, sì, colui che collaborò con Geova Dio alla creazione di tutte le cose, sopporta con fermezza tutti questi oltraggi!

      I soldati prendono le vesti di Gesù, ne fanno quattro parti e gettano le sorti per decidere a chi toccheranno. La tunica però è senza cuciture, essendo di qualità superiore, così i soldati si dicono l’un l’altro: “Non la strappiamo, ma determiniamo a sorte di chi sarà”. In questo modo, senza saperlo, adempiono la scrittura che dice: “Ripartirono fra loro le mie vesti, e sul mio abito gettarono le sorti”.

      Infine uno dei ladroni si rende conto che Gesù deve essere davvero un re. Perciò, rimproverando il suo compagno, dice: “Non temi affatto Dio, ora che sei nello stesso giudizio? E noi, in realtà, giustamente, poiché riceviamo appieno ciò che meritiamo per le cose che abbiamo fatto; ma quest’uomo non ha fatto nulla fuori posto”. Poi si rivolge a Gesù e lo supplica: “Ricordati di me quando sarai venuto nel tuo regno”.

      “Veramente ti dico oggi: Tu sarai con me in Paradiso”, risponde Gesù. Questa promessa si adempirà quando Gesù, quale Re regnante in cielo, risusciterà questo malfattore pentito perché viva sulla terra nel Paradiso che i sopravvissuti ad Armaghedon e i loro compagni avranno il privilegio di coltivare. Matteo 27:33-44; Marco 15:22-32; Luca 23:27, 32-43; Giovanni 19:17-24.

      ▪ Perché Gesù si rifiuta di bere il vino drogato con mirra?

      ▪ Per quale evidente ragione viene affisso il cartello sul palo di Gesù, e a quale scambio di parole fra Pilato e i capi sacerdoti ciò dà luogo?

      ▪ Quali altri oltraggi riceve Gesù una volta sul palo, ed evidentemente da che cosa sono provocati?

      ▪ In che modo quel che accade agli abiti di Gesù adempie una profezia?

      ▪ Quale cambiamento fa uno dei ladroni, e come adempirà Gesù la sua richiesta?

  • “Certamente questo era il Figlio di Dio”
    Il più grande uomo che sia mai esistito
    • Capitolo 126

      “Certamente questo era il Figlio di Dio”

      GESÙ è da poco sul palo quando, a mezzogiorno, scendono tenebre misteriose che durano tre ore. Non sono da attribuire a un’eclissi solare, poiché le eclissi di sole avvengono soltanto quando c’è la luna nuova, mentre al tempo della Pasqua la luna è piena. Inoltre, durano solo alcuni minuti. Queste tenebre, perciò, sono di origine divina! Probabilmente inducono quelli che deridono Gesù a riflettere e fanno cessare anche i loro scherni.

      Se questo fenomeno soprannaturale si è verificato prima che uno dei malfattori rimproveri l’altro e chieda a Gesù di ricordarsi di lui, avrà contribuito al suo pentimento. Forse è durante questo periodo di tenebre che quattro donne, cioè la madre di Gesù, la sorella di lei Salome, Maria Maddalena e Maria madre dell’apostolo Giacomo il Minore, si avvicinano al palo di tortura. Insieme a loro c’è Giovanni, il diletto apostolo di Gesù.

      Sì, il cuore della madre di Gesù è ‘trafitto’ mentre essa guarda il figlio, che ha allattato e che ha allevato, agonizzante sul palo! Eppure Gesù non pensa al proprio dolore, ma al benessere di lei. Con grande sforzo, fa cenno col capo a Giovanni e dice a sua madre: “Donna, ecco tuo figlio!” Poi, facendo cenno a Maria, dice a Giovanni: “Ecco tua madre!”

      In tal modo Gesù affida sua madre, evidentemente già vedova, all’apostolo per il quale ha speciale affetto. Gliel’affida perché gli altri figli di Maria non hanno ancora manifestato fede in lui. Così facendo dà un ottimo esempio, in quanto provvede non solo ai bisogni fisici di sua madre, ma anche ai suoi bisogni spirituali.

      Verso le tre del pomeriggio Gesù dice: “Ho sete”. Egli avverte che il Padre suo ha, per così dire, ritirato da lui la protezione affinché la sua integrità possa essere provata fino al limite. Perciò grida con gran voce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Sentendolo, alcuni degli astanti dicono: “Vedi, chiama Elia”. Immediatamente uno di loro corre e, posta una spugna inzuppata di vino acido su un ramo di issopo, gli dà da bere. Altri invece dicono: “Lasciate stare! Vediamo se Elia viene a calarlo giù”.

      Dopo aver ricevuto il vino acido, Gesù dice: “È compiuto!” Sì, egli ha portato a termine tutto ciò che il Padre suo l’ha mandato a fare sulla terra. Le sue ultime parole sono: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito”. In questo modo Gesù affida a Dio la sua forza vitale, fiducioso che Dio gliela restituirà. Poi china la testa e muore.

      Nel momento in cui Gesù spira ha luogo un violento terremoto che spacca i massi di roccia. La scossa è così forte che le tombe commemorative situate all’esterno di Gerusalemme si aprono e i cadaveri vengono scaraventati fuori. Alcuni, passando, vedono i morti venuti allo scoperto, e quando entrano in città riferiscono l’accaduto.

      Inoltre, alla morte di Gesù, l’imponente cortina che nel tempio di Dio divide il Santo dal Santissimo si squarcia in due, da cima a fondo. Si tratta di una cortina riccamente adorna, alta, si dice, circa 18 metri, e molto pesante! Questo miracolo straordinario non solo manifesta l’ira di Dio contro gli assassini di Suo Figlio, ma sta a indicare che ora, grazie alla morte di Gesù, è reso possibile l’accesso al Santissimo, il cielo stesso.

      Quando sentono il terremoto e vedono ciò che sta accadendo, alcuni provano moltissimo timore. L’ufficiale dell’esercito incaricato dell’esecuzione dà gloria a Dio e dichiara: “Certamente questo era il Figlio di Dio”. Con tutta probabilità egli era presente quando, davanti a Pilato, si era discussa la questione se Gesù fosse figlio di Dio. Ora è convinto che Gesù è il Figlio di Dio, sì, che è davvero il più grande uomo che sia mai esistito.

      Anche altri sono sconvolti da questi eventi miracolosi, e mentre tornano a casa si battono il petto in segno di dolore e vergogna. Molte donne che sono discepole di Gesù osservano la scena da lontano, profondamente commosse davanti a questi significativi avvenimenti. È presente anche l’apostolo Giovanni. Matteo 27:45-56; Marco 15:33-41; Luca 23:44-49; 2:34, 35; Giovanni 19:25-30.

      ▪ Perché le tre ore di tenebre non si possono attribuire a un’eclissi solare?

      ▪ Quale ottimo esempio dà Gesù poco prima di morire a chi ha i genitori anziani?

      ▪ Quali sono le ultime quattro frasi che Gesù pronuncia prima di morire?

      ▪ Che avviene in seguito al terremoto, e che significato ha il fatto che la cortina del tempio si squarcia in due?

      ▪ Che effetto hanno i miracoli sull’ufficiale dell’esercito incaricato dell’esecuzione?

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