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  • “Portato a termine un lungo lavoro”
    Svegliatevi! 1998 | 22 novembre
    • “Portato a termine un lungo lavoro”

      CINQUANT’ANNI fa una donna ormai avanti negli anni parlò e il mondo stette ad ascoltare. Era il 10 dicembre 1948. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite si era riunita a Parigi nel Palais Chaillot, costruito da poco, e la presidente della Commissione dell’ONU sui diritti umani si alzò per pronunciare un discorso. Con voce ferma Eleanor Roosevelt, vedova dell’ex presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt, disse a quell’uditorio: “Oggi siamo alle soglie di un grande avvenimento sia della storia delle Nazioni Unite che della storia dell’umanità: l’approvazione da parte dell’Assemblea Generale della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”.

      Dopo che lei ebbe letto le vigorose parole del preambolo e i 30 articoli della Dichiarazione, l’Assemblea Generale adottò il documento.a Poi, per onorare la straordinaria leadership della signora Roosevelt, i membri dell’ONU tributarono una calorosa ovazione a quella che era affettuosamente soprannominata “la first lady del mondo”. Alla fine della giornata, la Roosevelt annotò: “Portato a termine un lungo lavoro”.

      Da molte opinioni a un’unica Dichiarazione

      Due anni prima, nel gennaio 1947, non appena erano iniziati i lavori della commissione dell’ONU era diventato subito chiaro che scrivere un documento sui diritti umani che soddisfacesse tutti i membri dell’ONU sarebbe stata un’impresa ardua. Sin dall’inizio, profondi disaccordi rallentarono il lavoro dei 18 membri della commissione dando vita a dispute interminabili. Secondo il delegato cinese il documento avrebbe dovuto includere i princìpi filosofici di Confucio, un membro cattolico della commissione sosteneva gli insegnamenti di Tommaso d’Aquino, gli Stati Uniti erano a favore della loro Dichiarazione dei diritti e l’Unione Sovietica voleva includere le idee di Karl Marx... e queste non erano che alcune delle prese di posizione che bisognava conciliare!

      I continui litigi dei membri della commissione misero a dura prova la pazienza della signora Roosevelt. Nel 1948, a una conferenza tenuta a Parigi, alla Sorbona, la Roosevelt avrebbe suscitato l’ilarità dell’uditorio dicendo che un tempo credeva che la sua pazienza fosse stata provata sino al limite quando aveva dovuto allevare una famiglia numerosa, eppure ‘presiedere la Commissione sui diritti umani aveva richiesto una capacità di sopportazione ancora maggiore’.

      A quanto pare la sua esperienza di madre le tornò utile. Un giornalista dell’epoca scrisse che il modo in cui la Roosevelt trattava i membri della commissione gli ricordava una madre che “dirige una famiglia numerosa dove ci sono molti ragazzi spesso chiassosi, a volte indisciplinati ma fondamentalmente buoni, i quali di tanto in tanto hanno bisogno che qualcuno li metta in riga con fermezza”. (Eleanor Roosevelt—A Personal and Public Life) Coniugando fermezza e gentilezza, la Roosevelt riuscì a imporsi senza inimicarsi i suoi oppositori.

      Come risultato, dopo due anni di riunioni, centinaia di emendamenti, migliaia di dichiarazioni e 1.400 votazioni praticamente su ogni parola e ogni clausola, la commissione completò un documento che elencava i diritti che dovevano essere accordati a tutti gli uomini e le donne, in qualunque parte del mondo vivessero. Fu chiamato Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. In questo modo fu portata a termine una missione che a volte era sembrata impossibile.

      Grandi speranze

      Naturalmente, nessuno si aspettava che le mura dell’oppressione cadessero miracolosamente al suono di questa Dichiarazione. Nondimeno, la sua adozione suscitò grandi speranze. L’allora presidente dell’Assemblea Generale dell’ONU, l’australiano Herbert V. Evatt, disse: “Milioni di uomini, donne e bambini in tutto il mondo, lontanissimi da Parigi e New York, guarderanno a questo documento come fonte di aiuto, guida e ispirazione”.

      Da quando Evatt pronunciò queste parole sono passati cinquant’anni. È vero che in questo periodo molti si sono fatti guidare dalla Dichiarazione e l’hanno usata come metro per valutare in che misura vengono rispettati i diritti umani nel mondo. Cosa hanno scoperto? I paesi membri dell’ONU stanno agendo coerentemente con questa Dichiarazione? Fino a che punto oggi, nel mondo, vengono rispettati i diritti umani?

      [Nota in calce]

      a Quarantotto paesi votarono a favore, nessuno contro. Attualmente la Dichiarazione è stata ratificata da tutti e 185 i paesi membri dell’ONU, compresi quelli che nel 1948 si erano astenuti.

      [Riquadro a pagina 4]

      COSA SONO I DIRITTI UMANI?

      L’ONU definisce diritti umani “quei diritti che sono insiti nella nostra natura e senza i quali non possiamo vivere come esseri umani”. I diritti umani sono stati definiti anche, e appropriatamente, la “lingua comune dell’umanità”. Proprio come la capacità di imparare una lingua è una caratteristica innata che ci rende umani, vi sono altri bisogni e qualità che ci distinguono dalle creature inferiori. Ad esempio, conoscenza, espressione artistica e spiritualità sono bisogni umani. Negare a un essere umano la possibilità di soddisfare questi bisogni significa costringerlo a vivere un’esistenza subumana. Per proteggere gli esseri umani da questo pericolo, spiega un avvocato, “parliamo di ‘diritti umani’ anziché di ‘bisogni umani’ perché nel linguaggio giuridico un ‘diritto’ è qualcosa di più di un ‘bisogno’. Usando il termine ‘diritti’ diciamo in sostanza che è sia moralmente che legalmente doveroso far sì che questi bisogni siano soddisfatti per ciascun essere umano”.

      [Riquadro/Immagine a pagina 5]

      La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo

      Lo scrittore e premio Nobel Aleksandr Solženicyn ha definito la Dichiarazione Universale “il miglior documento” che l’ONU abbia mai scritto. Se diamo un’occhiata al contenuto capiremo perché molti sono d’accordo con la sua affermazione.

      Il principio fondamentale della Dichiarazione è esposto nell’articolo 1: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.

      Partendo da questo presupposto, gli estensori della Dichiarazione hanno garantito due categorie di diritti umani. La prima categoria è menzionata nell’articolo 3: “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona”. Questo articolo costituisce il fondamento dei diritti civili e politici elencati negli articoli da 4 a 21. La seconda categoria di diritti si fonda sull’articolo 22, il quale afferma, in parte, che a ogni individuo deve essere garantita la possibilità di realizzare i diritti “indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità”. Su questo principio si fondano gli articoli da 23 a 27, che specificano quali sono i diritti economici, sociali e culturali dell’uomo. La Dichiarazione Universale è stata il primo documento internazionale a collocare questa seconda categoria di diritti tra i diritti fondamentali dell’uomo. È stata anche il primo documento internazionale a usare l’espressione “diritti umani”.

      La sociologa brasiliana Ruth Rocha riassume il contenuto della Dichiarazione Universale in questi termini: “Non importa di che razza sei. Non importa se sei uomo o donna. Non importa che lingua parli, di che religione sei, quali sono le tue idee politiche, da quale paese o da quale famiglia vieni. Non importa se sei ricco o povero. Non importa da quale parte del mondo vieni, se il tuo paese è una monarchia o una repubblica. Questi diritti e queste libertà devono essere garantiti a tutti”.

      Da quando è stata adottata, la Dichiarazione Universale è stata tradotta in più di 200 lingue ed è stata inglobata nella costituzione di molti paesi. Oggi alcuni leader ritengono che andrebbe riscritta. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, non è però di questo avviso. Secondo un funzionario dell’ONU, Annan avrebbe detto: “Proprio come non c’è bisogno di riscrivere la Bibbia o il Corano, non c’è nessun bisogno di modificare la Dichiarazione. Quello che bisogna modificare non è il testo della Dichiarazione Universale, bensì la condotta dei suoi discepoli”.

      Il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan

      [Fonte]

      UN/DPI photo by Evan Schneider (Feb97)

      [Immagine a pagina 3]

      Eleanor Roosevelt con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo

      [Fonte]

      E. Roosevelt e il simbolo che compare alle pagine 3, 5 e 7: UN photo

  • Il mondo visto dal 29° piano
    Svegliatevi! 1998 | 22 novembre
    • Il mondo visto dal 29º piano

      QUANDO si esce dall’ascensore al 29º piano del palazzo delle Nazioni Unite a New York una targhetta azzurra indica dov’è l’Alto Commissariato per i Diritti Umani (OHCHR). Questo è solo un ufficio di rappresentanza: la vera sede dell’OHCHR, il fulcro delle attività dell’ONU relative ai diritti umani, è a Ginevra. Mentre a Ginevra a capo dell’OHCHR c’è Mary Robinson, l’Alto Commissario per i Diritti Umani, l’ufficio di New York è diretto da Elsa Stamatopoulou, di origine greca. Qualche mese fa la signora Stamatopoulou ha gentilmente ricevuto un corrispondente di Svegliatevi! e ha fatto un bilancio di cinque decenni di lavoro a tutela dei diritti umani. Riportiamo di seguito alcuni brani dell’intervista.

      D. Quali progressi ritiene siano stati compiuti nel promuovere il rispetto dei diritti umani?

      R. Le farò tre esempi. Primo, 50 anni fa il concetto di diritti umani non esisteva nell’agenda internazionale; oggi è onnipresente e operativo. Governi che fino a qualche decennio fa non avevano mai sentito parlare di diritti umani ora ne discutono. Secondo, ora possediamo un codice di diritto internazionale composto di numerose convenzioni che dicono ai governi, nero su bianco, quali obblighi hanno nei confronti dei propri cittadini. [Vedi il riquadro “La ‘Carta internazionale dei diritti dell’uomo’”, a pagina 7]. Ci sono voluti molti anni di duro lavoro per mettere insieme questo codice. Ne siamo estremamente fieri. Il terzo esempio è che oggi il numero di coloro che partecipano a movimenti per la difesa dei diritti umani e possono esprimersi in maniera eloquente su temi legati ai diritti umani è più alto che mai.

      D. Quali sono gli ostacoli da superare?

      R. Dopo 17 anni che lavoro con i programmi dell’ONU per i diritti umani, naturalmente mi rendo conto che dobbiamo fare i conti con problemi scoraggianti. Il più grosso è che spesso i governi considerano i diritti umani una questione politica anziché umanitaria. A volte non sono disposti a rispettare i trattati sui diritti umani perché si sentono minacciati sul piano politico, e allora questi trattati diventano lettera morta. Un’altra sconfitta è stata l’incapacità dell’ONU di evitare gravi violazioni dei diritti umani in luoghi come l’ex Iugoslavia, il Ruanda e, più di recente, l’Algeria. L’incapacità dell’ONU di evitare i massacri che si sono verificati in questi paesi è stata un gravissimo fallimento. I meccanismi per la tutela dei diritti umani esistono, ma bisogna che qualcuno li attivi. Chi sarà quel qualcuno? Quando gli interessi dei paesi che potrebbero offrire protezione non sono minacciati, spesso manca la volontà politica di agire per far cessare le violazioni.

      D. Cosa si aspetta per il futuro?

      R. Sulla strada che porta a garantire i diritti umani per tutti vedo una minaccia e una promessa. Quello che mi preoccupa è la minaccia rappresentata dalla globalizzazione dell’economia, che spinge le grandi imprese a stabilirsi in paesi dove la manodopera costa meno. Oggi, se necessario, possiamo incolpare i governi delle violazioni dei diritti umani e fare pressione su di essi. Ma a chi possiamo dare la colpa delle violazioni quando accordi commerciali multilaterali trasferiscono il potere in misura sempre maggiore dai governi alle forze economiche globali? Poiché queste forze economiche non si possono controllare, la posizione delle organizzazioni intergovernative come l’ONU ne esce indebolita. In termini di diritti umani, questa tendenza è distruttiva. In questo momento è indispensabile coinvolgere il settore privato nella campagna per i diritti umani.

      D. E la promessa?

      R. L’affermarsi di una cultura mondiale dei diritti umani. Quello che intendo dire è che attraverso l’istruzione dovremmo sensibilizzare la gente sul tema dei diritti umani. Naturalmente, è un’impresa immane perché implica un cambiamento di mentalità. Ecco perché, dieci anni fa, l’ONU lanciò una campagna educativa mondiale per insegnare alla gente i suoi diritti e ai paesi le loro responsabilità. In più, l’ONU ha proclamato gli anni dal 1995 al 2004 “Decennio per l’educazione ai diritti umani”. Si spera che l’educazione cambi la mentalità e il cuore della gente. So che tutto questo potrebbe sembrare quasi Vangelo, ma per quanto riguarda l’educazione ai diritti umani sono una vera credente. Spero che nel prossimo secolo l’umanità adotti come ideologia la cultura dei diritti umani.

      [Riquadro a pagina 7]

      LA ‘Carta internazionale dei diritti dell’uomo’

      Oltre alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, esiste anche un “International Bill of Human Rights”, ovvero una ‘Carta internazionale dei diritti dell’uomo’. Che relazione c’è fra le due cose?

      Ebbene, se si paragona questa carta dei diritti a un libro con cinque capitoli, la Dichiarazione Universale è un po’ come il capitolo 1. I capitoli 2 e 3 sono il Patto internazionale sui diritti civili e politici e il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali. I capitoli 4 e 5, poi, contengono ciascuno un Protocollo opzionale.

      Mentre la Dichiarazione Universale è considerata un documento che ha valore morale, in cui si dice alle nazioni quello che dovrebbero fare, questi quattro documenti aggiuntivi sono legalmente vincolanti e dicono alle nazioni quello che devono fare. Anche se si cominciò a lavorare su questi documenti già nel 1949, ci vollero decenni prima che tutti entrassero in vigore. Oggi questi quattro documenti insieme alla Dichiarazione Universale formano la ‘Carta internazionale dei diritti dell’uomo’.

      Oltre a questa ‘Carta internazionale’ l’ONU ha ratificato più di 80 trattati in materia di diritti umani. “È perciò un errore pensare che i trattati sui diritti umani contenuti nella ‘Carta internazionale’ siano i più importanti”, commenta un’esperta. “Ad esempio, la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, del 1990, è il documento ONU più universale e con il maggior numero di ratifiche, pur non facendo parte della ‘Carta internazionale’. Il termine ‘Carta internazionale dei diritti dell’uomo’ è stato coniato più per scopi pubblicitari che per esigenze concettuali. E bisogna dire che è un’espressione che fa colpo”.a

      [Nota in calce]

      a Al momento della stesura di questo articolo, la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia era stata ratificata da 191 paesi (183 paesi membri dell’ONU più 8 paesi che non ne sono membri). Solo due paesi non l’avevano ratificata: la Somalia e gli Stati Uniti.

      [Immagine a pagina 6]

      Elsa Stamatopoulou

      [Fonte]

      UN/DPI photo by J. Isaac

  • Diritti umani e violazioni: La situazione odierna
    Svegliatevi! 1998 | 22 novembre
    • Diritti umani e violazioni: La situazione odierna

      DI RECENTE i difensori dei diritti umani hanno riportato una vittoria. Per prima cosa hanno riunito più di 1.000 organizzazioni che operavano in 60 paesi in un movimento chiamato “Campagna internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo”. Poi hanno ottenuto che venisse siglato un trattato internazionale che mette al bando queste armi. Dopo di che questo movimento e la sua instancabile coordinatrice, l’attivista americana Jody Williams, hanno vinto il Premio Nobel per la pace nel 1997.

      Questi traguardi, però, sono accompagnati da un’amara consapevolezza. Come osserva un recente rapporto, tutti i diritti umani subiscono ancora gravi violazioni. E la colpa non è solo di piccoli dittatori. “Le principali potenze”, afferma il rapporto, “hanno mostrato una netta tendenza a ignorare i diritti umani quando questi andavano contro interessi economici o strategici: una piaga, questa, comune sia all’Europa che agli Stati Uniti”. — Human Rights Watch World Report 1998.

      In tutto il mondo milioni di persone non possono ignorare le violazioni dei diritti umani neanche se lo volessero. Ogni giorno devono fare i conti con discriminazione, povertà, fame, persecuzione, stupro, abusi all’infanzia, schiavitù e morte violenta. Per queste vittime le promesse contenute nella pila di trattati sui diritti umani sono lontane anni luce dalla realtà di ogni giorno. Per la maggior parte dell’umanità persino i diritti fondamentali elencati nei 30 articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo rimangono una promessa non mantenuta. Per illustrare questo fatto, vediamo brevemente in che modo alcuni dei nobili princìpi della Dichiarazione si scontrano con la realtà quotidiana.

      Uguaglianza per tutti?

      Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. — Articolo 1.

      Una bozza precedente dell’articolo 1 della Dichiarazione Universale diceva: “Tutti gli uomini nascono . . . eguali”. Tuttavia, per garantire che questa affermazione non venisse interpretata in modo da escludere le donne, le donne all’interno della commissione incaricata di redigere il testo insistettero perché la frase venisse riformulata. La richiesta fu accolta, e “tutti gli uomini nascono . . . eguali” divenne “tutti gli esseri umani nascono . . . eguali”. (Il corsivo è nostro). Ma l’aver cambiato le parole di questo articolo ha forse cambiato la condizione delle donne?

      Il 10 dicembre 1997, in occasione della Giornata dei diritti umani, la first lady americana Hillary Clinton disse alle Nazioni Unite che il mondo continua a “trattare le donne come cittadini di serie B”. E fece alcuni esempi: Di tutti i poveri del mondo, il 70 per cento è costituito da donne. Due terzi dei 130 milioni di bambini che in tutto il mondo non possono andare a scuola sono femmine. Due terzi dei 96 milioni di analfabeti che ci sono nel mondo sono donne. Le donne inoltre subiscono gravi violenze domestiche e sessuali, le quali, ha aggiunto la Clinton, continuano ad essere “una delle violazioni dei diritti umani meno denunciate e più diffuse”.

      Alcune femmine subiscono violenza prima ancora di nascere. Soprattutto in certi paesi asiatici, alcune madri abortiscono se il nascituro è femmina, perché preferiscono avere figli maschi. In certi posti la preferenza per i figli maschi ha trasformato i test genetici per la determinazione del sesso del nascituro in un grosso business. La pubblicità di una clinica che offriva questo servizio suggeriva che se il nascituro era femmina era meglio spendere 38 dollari oggi per abortire che spenderne 3.800 domani per darle una dote. Pubblicità del genere funzionano. Uno studio condotto in un grande ospedale asiatico ha riscontrato che nel 95,5 per cento dei casi in cui era stato accertato che il nascituro era di sesso femminile si ricorreva all’aborto. Anche in altre parti del mondo c’è chi preferisce avere figli maschi. Quando a un ex campione di pugilato americano fu chiesto quanti figli avesse generato, la sua risposta fu: “Un maschio e sette sbagli”. La pubblicazione dell’ONU Women and Violence (Donne e violenza) osserva che “per cambiare la mentalità della gente e il modo di considerare le donne ci vorrà parecchio tempo: secondo molti almeno una generazione, e forse anche più”.

      Bambini senza infanzia

      Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma. — Articolo 4.

      Sulla carta la schiavitù è completamente abolita. I governi hanno firmato numerosi trattati che la rendono illegale. Ma secondo la Società Britannica Antischiavista, nota come la più antica organizzazione che si batte per i diritti umani, “oggi ci sono più schiavi che mai”. La schiavitù moderna include un gran numero di violazioni dei diritti umani. Si dice che una delle forme di schiavitù moderna sia il lavoro minorile coatto.

      Derivan, un bambino sudamericano, ne è un triste esempio. ‘Le sue manine sono scorticate per il continuo maneggiare le ruvide foglie di agave da cui si ricava la sisal, una fibra vegetale usata per fare materassi. Il suo lavoro consiste nel raccogliere le foglie in un magazzino e portarle a una macchina un centinaio di metri più in là. Ogni giorno lavora 12 ore e sposta una tonnellata di foglie. Derivan ha cominciato a lavorare quando aveva cinque anni. Oggi ne ha 11’. — World Press Review.

      L’Organizzazione Internazionale del Lavoro calcola che oggi i bambini di età compresa tra i 5 e i 14 anni costretti a lavorare siano 250 milioni: un esercito di piccoli lavoratori grande quasi quanto la popolazione del Brasile e del Messico messe insieme! Molti di questi bambini senza infanzia sgobbano nelle miniere trascinando contenitori pieni di carbone, arrancano nel fango per mietere raccolti, oppure lavorano curvi su telai facendo tappeti. Persino bambini di soli tre, quattro e cinque anni vengono aggiogati insieme in squadre per arare, seminare e spigolare nei campi dall’alba al tramonto. “I bambini”, dice un proprietario terriero di un paese asiatico, “sono più economici dei trattori e più intelligenti dei buoi”.

      Scegliere e cambiare religione

      Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione. — Articolo 18.

      Il 16 ottobre 1997 l’Assemblea Generale dell’ONU ricevette un “rapporto provvisorio sull’eliminazione di ogni forma di intolleranza religiosa”. Il rapporto, preparato dal Relatore Speciale della Commissione per i Diritti Umani, Abdelfattah Amor, elenca continue violazioni dell’articolo 18. Parlando di un gran numero di paesi, il rapporto cita numerosi casi di ‘molestie, minacce, maltrattamenti, arresti, detenzioni, sparizioni e omicidi’.

      Analogamente, un recente rapporto sui diritti umani preparato dalla Sezione per la Democrazia, i Diritti dell’Uomo e il Lavoro del governo statunitense fa notare che persino paesi con una lunga tradizione di democrazia “hanno tentato di limitare le libertà di un gruppo eterogeneo di confessioni minoritarie, classificandole indiscriminatamente come ‘sette’”. (1997 Human Rights Reports) Tendenze del genere sono preoccupanti. Willy Fautré, presidente dell’organizzazione “Diritti umani senza frontiere”, con sede a Bruxelles, osserva: “La libertà di religione è uno dei migliori indicatori dello stato generale di libertà in una qualsiasi società”.

      Schiene spezzate, portafogli vuoti

      Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana. — Articolo 23.

      I tagliatori di canna da zucchero delle Antille possono guadagnare anche tre dollari al giorno, ma a causa del costo dell’affitto e degli attrezzi partono già indebitati con i proprietari delle piantagioni. In più, non vengono pagati in contanti ma con dei buoni. E visto che lo spaccio dell’azienda è l’unico negozio raggiungibile, sono costretti a comprare lì l’olio, il riso e i fagioli. Tuttavia, nell’accettare i buoni dei lavoratori il negozio detrae come commissione dal 10 al 20 per cento del loro valore. Bill O’Neill, vicedirettore del Comitato degli Avvocati per i Diritti Umani, ha detto in una trasmissione radiofonica dell’ONU: “Alla fine della stagione, dopo settimane e mesi di un lavoro che spezza la schiena, non si ritrovano in mano nulla. Non hanno messo da parte neanche un centesimo, e ce l’hanno fatta a malapena a sopravvivere sino alla fine della stagione”.

      Cure mediche per tutti?

      Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche. — Articolo 25.

      ‘Ricardo e Justina sono una coppia di contadini latino-americani poveri e vivono a un’ottantina di chilometri dalla città più vicina. Quando Gemma, la loro bambina nata da poco, si ammalò, la portarono in una clinica privata vicina, ma il personale li mandò via perché era ovvio che Ricardo non era in grado di pagare le spese di ricovero. Il giorno dopo Justina ottenne in prestito del denaro dai vicini per andare in città con i mezzi pubblici e affrontò il lungo viaggio. Quando, con la bambina, finalmente raggiunse il piccolo ospedale statale della città, le fu detto che non c’erano letti disponibili e che doveva tornare la mattina dopo. Non avendo parenti in città né soldi per affittare una stanza, Justina passò la notte su un banco nel luogo del mercato. Tenne la bambina stretta a sé per confortarla e proteggerla in qualche misura, ma fu inutile. Quella notte la piccola Gemma morì’. — Human Rights and Social Work.

      Nel mondo, una persona su quattro tira avanti con un dollaro al giorno. Si trovano di fronte allo stesso dilemma fatale che si presentò a Ricardo e Justina: l’assistenza sanitaria privata è disponibile ma è fuori della loro portata, mentre quella pubblica è alla loro portata ma non è disponibile. La tragica realtà è che, anche se al miliardo e più di poveri nel mondo è stato riconosciuto ‘il diritto alle cure mediche’, per loro tali cure sono ancora di là da venire.

      Il triste elenco delle violazioni dei diritti umani non ha fine. Di casi come quelli riportati sopra ne esistono centinaia di milioni. Nonostante i colossali sforzi delle organizzazioni che si battono per i diritti umani e nonostante l’abnegazione di migliaia di attivisti che rischiano letteralmente la vita per migliorare la situazione di uomini, donne e bambini in tutto il mondo, garantire il rispetto dei diritti umani per tutti resta solo un sogno. Diventerà mai realtà? Lo diventerà senz’altro, ma prima devono cambiare parecchie cose. L’articolo che segue ne prenderà in considerazione due.

      [Fonte dell’immagine a pagina 8]

      Per gentile concessione di MgM Stiftung Menschen gegen Minen (www.mgm.org)

      [Fonti delle immagini a pagina 9]

      UN PHOTO 148051/J. P. Laffont—SYGMA

      WHO photo/PAHO by J. Vizcarra

  • Diritti umani per tutti: Una realtà mondiale!
    Svegliatevi! 1998 | 22 novembre
    • Diritti umani per tutti: Una realtà mondiale!

      A UN avvocato esperto nel campo dei diritti umani è stato chiesto: “Qual è la causa fondamentale delle violazioni dei diritti umani?” La sua risposta è stata: “L’avidità. La sete di potere politico ed economico”. E dato che l’avidità nasce nella mente, in ultima analisi le violazioni dei diritti umani riflettono una condizione mentale. Un’altra causa è il nazionalismo. La filosofia del porre il proprio paese al di sopra di qualsiasi altra cosa spinge a violare i diritti umani. Questi ultimi, perciò, saranno garantiti solo ‘se subentrerà un governo mondiale capace di far rispettare le misure che adotta’, afferma Jan Berkouwer, professore olandese di diritto ed economia.

      In altre parole, perché il rispetto dei diritti umani diventi una realtà mondiale devono prima succedere almeno due cose: un cambiamento di mentalità e un cambiamento di governo. È realistico aspettarsi che queste cose succedano?

      Un duplice motivo per cambiare

      Mentre sta per iniziare il quinto anno del “Decennio per l’educazione ai diritti umani” proclamato dall’ONU, esiste un programma educativo internazionale e non governativo che da decenni riesce a cambiare la mentalità di milioni di persone. Di conseguenza, questi individui ora trattano il prossimo con dignità. Questo programma, svolto dai testimoni di Geova, è operativo in più di 230 paesi. Perché funziona?

      Innanzi tutto, questo programma mondiale di istruzione biblica aiuta a comprendere meglio l’origine dei diritti umani. La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo afferma che l’uomo gode di diritti in quanto è dotato di facoltà razionali e morali.

      Ora, l’uomo deve avere ricevuto le facoltà della ragione e della coscienza da una fonte superiore. (Vedi il riquadro “La fonte dei diritti umani”, a pagina 13). Riconoscere questa fonte superiore, divina, costituisce un potente incentivo per rispettare il prossimo. A quel punto si trattano gli altri con dignità non solo perché si è spinti dalla propria coscienza ma, cosa più importante, perché il rispetto e l’amore per il Creatore spingono ad accordare dignità alla sua creazione. Questa duplice motivazione si basa sulle parole di Gesù Cristo: “Devi amare Geova tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”, e: “Devi amare il tuo prossimo come te stesso”. (Matteo 22:37-39) Chi rispetta veramente il Creatore non violerebbe mai i diritti del prossimo, perché sono un’eredità ricevuta da Dio. Violare i diritti umani equivale a rubare l’eredità altrui.

      Un’istruzione che fa la differenza

      Fino a che punto questo programma di istruzione biblica portato avanti dai testimoni di Geova è efficace nel ridurre le violazioni dei diritti umani? Il modo migliore per rispondere è quello di osservare i risultati che sta conseguendo, poiché Gesù disse: “Che la sapienza sia giusta è provato dalle sue opere”. — Matteo 11:19.

      Una nota iscrizione su un muro della United Nations Plaza, a New York, dice: “Dovranno fare delle loro spade vomeri. E delle loro lance cesoie per potare: nazione non alzerà la spada contro nazione. Né impareranno più la guerra”. Con questa citazione presa dal libro biblico di Isaia, capitolo 2, versetto 4, l’ONU addita un modo importante per ridurre le diffuse violazioni dei diritti umani: far cessare le guerre. Dopo tutto, per usare le parole di una pubblicazione dell’ONU, la guerra è ‘l’antitesi dei diritti umani’.

      L’idea di scrivere le parole di Isaia su un muro di pietra è buona, ma il programma educativo dei testimoni di Geova si spinge oltre. Le “scrive” nel cuore degli uomini. (Confronta Ebrei 8:10). In che modo? Tale programma elimina le barriere razziali ed etniche e fa crollare le mura del nazionalismo insegnando il punto di vista biblico sulla razza: esiste un’unica razza, la razza umana. (Atti 17:26) Chi partecipa al programma sviluppa il desiderio di ‘divenire imitatore di Dio’, e la Bibbia dice che “Dio non è parziale, ma in ogni nazione l’uomo che lo teme e opera giustizia gli è accetto”. — Efesini 5:1; Atti 10:34, 35.

      Come risultato di questa istruzione basata sulla Bibbia, oggi milioni di persone ‘non imparano più la guerra’. C’è stato un cambiamento di mente e di cuore. E questo cambiamento dura nel tempo. (Vedi il riquadro “Insegnare la pace”, a pagina 14). Attualmente, in media, più di 1.000 persone al giorno completano questo corso di studio fondamentale condotto dai testimoni di Geova e si uniscono alle file di questo esercito mondiale per la pace.

      Quanto è profondo questo cambiamento di mentalità e la conseguente decisione di rispettare i diritti umani rifiutando di partecipare alla guerra? È molto profondo. Per fare un esempio, il rispetto dei Testimoni per i diritti umani fu messo brutalmente alla prova durante la seconda guerra mondiale, soprattutto nella Germania nazista. Lo storico Brian Dunn ha detto: ‘La fede dei testimoni di Geova era incompatibile con il nazismo. La cosa più invisa ai nazisti era la loro neutralità politica. Questo significava che nessun credente poteva impugnare le armi’. (The Churches’ Response to the Holocaust) E un altro storico, Paul Johnson, ha osservato: “Molti furono condannati a morte per il rifiuto del servizio militare . . . o finirono a Dachau o in manicomio”. (A History of Christianity) Nonostante questo, rimasero saldi. La sociologa Anna Pawełczyńska ha definito quei Testimoni “una minuscola isola di instancabile resistenza in seno a una nazione terrorizzata”.

      Provate solo a immaginare come diminuirebbero drasticamente le violazioni dei diritti umani nel mondo intero se tutti oggi assumessero questa posizione e ‘non imparassero più la guerra’!

      Un governo mondiale: solo “un’utopia”?

      ‘Cambiare la mentalità della gente è una sfida, ma formare un governo mondiale è un’utopia’, ha detto un funzionario delle Nazioni Unite. E il fatto che le nazioni non siano state disposte a cedere la propria sovranità all’ONU né a nessun’altra organizzazione sottolinea questa convinzione. Nondimeno, osserva il prof. Berkouwer, coloro che scartano l’idea di un governo mondiale “hanno l’obbligo morale di indicare un altro mezzo per risolvere i problemi mondiali. Ma non esistono soluzioni alternative”. O perlomeno, non esistono soluzioni umane. Esiste invece una soluzione sovrumana. Di che si tratta?

      La Bibbia, oltre a indicare che il Creatore è la fonte delle facoltà che stanno alla base dei diritti umani, spiega pure che egli è la fonte di un governo mondiale che garantirà questi diritti. Questo governo celeste è invisibile ma reale. Anzi, milioni di persone, forse senza nemmeno rendersene conto, pregano per questo governo mondiale quando recitano il cosiddetto “Padrenostro” e dicono: “Venga il tuo regno. Si compia la tua volontà, come in cielo, anche sulla terra”. (Matteo 6:10) La persona che Dio ha messo a capo di questo Regno o governo è il Principe della Pace, Gesù Cristo. — Isaia 9:6.

      Questo governo mondiale riuscirà a creare una cultura dei diritti umani davvero mondiale e permanente, e uno dei passi che farà per raggiungere questo obiettivo sarà quello di eliminare la guerra per sempre. La Bibbia predice riguardo al Creatore: “Fa cessare le guerre fino all’estremità della terra. Frantuma l’arco e taglia a pezzi la lancia; brucia i carri nel fuoco”. — Salmo 46:9.

      Quand’è che questo avverrà su scala mondiale? Il programma di studio biblico provveduto dai testimoni di Geova fornisce una risposta soddisfacente a questa domanda. Vi incoraggiamo a conoscere questo programma.a Se vi stanno a cuore i diritti umani, non rimarrete delusi.

      [Nota in calce]

      a Se desiderate saperne di più circa questo programma di istruzione biblica, mettetevi in contatto con gli editori di questa rivista o con i testimoni di Geova della vostra zona. Il programma è completamente gratuito.

      [Riquadro a pagina 13]

      La fonte dei diritti umani

      L’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo dice che “tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”. I diritti umani vengono perciò assimilati a un diritto di nascita che i genitori trasmettono ai figli, un po’ come un fiume porta l’acqua a coloro che vivono sulle sue sponde. Ma da dove sgorga questo fiume dei diritti umani?

      Secondo la Dichiarazione Universale, gli esseri umani godono di diritti perché “sono dotati di ragione e di coscienza”. Una pubblicazione dell’ONU spiega: “L’uomo, in quanto essere razionale e morale, è diverso dalle altre creature e pertanto gli spettano certi diritti e certe libertà di cui le altre creature non godono”. (Il corsivo è nostro). Le facoltà della ragione e della coscienza vengono dunque additate come fondamento dei diritti umani. In tal caso, la fonte della ragione e della coscienza umane dev’essere anche la fonte dei diritti dell’uomo.

      Per i difensori dei diritti umani che credono nell’evoluzione biologica, dire che i diritti umani sono legati alla ragione e alla coscienza pone un problema. Un libro che sostiene l’evoluzione ammette: “Quando ci chiediamo com’è possibile che un processo [l’evoluzione] . . . abbia generato qualità come amore per la bellezza e per la verità, compassione, libertà e, soprattutto, la ricchezza dello spirito umano, rimaniamo perplessi”. (Life Ascending) E non può essere altrimenti. In fondo, dire che le facoltà umane della ragione e della coscienza derivano da antenati subumani che ne erano privi è come dire che un fiume nasce da un pozzo privo d’acqua.

      Se le facoltà umane della ragione e della coscienza non possono derivare da una fonte subumana, devono avere origine da una fonte sovrumana. La Bibbia spiega che solo gli esseri umani possiedono le qualità che sono legate ai diritti umani, cioè ragione e coscienza, perché a differenza degli animali sono stati creati “a immagine” di Dio. (Genesi 1:27) Pertanto, come osserva un libro sull’argomento, una risposta valida a chi chiede perché gli uomini godano di diritti morali è che “sono dotati di valore o dignità intrinseci ovvero sono . . . figli di Dio”. — Human Rights—Essays on Justification and Applications.

      [Riquadro/Immagine a pagina 14]

      Insegnare la pace

      Qualche anno fa, mentre la guerra lacerava i Balcani, Branko faceva la guardia armata in una clinica nella parte croata della Bosnia.b Lì lavorava un medico che studiava la Bibbia con i testimoni di Geova, e una notte questo medico raccontò a Branko quello che aveva imparato dal suo studio. Ciò che Branko udì lo spinse a rinunciare alle armi. In seguito, dopo essersi trasferito in un altro paese europeo, Branko assistette a un’adunanza dei testimoni di Geova, dove incontrò Slobodan.

      Anche Slobodan veniva dalla Bosnia. Aveva partecipato alla stessa guerra cui aveva partecipato Branko, ma sul fronte opposto. Slobodan aveva combattuto con i serbi contro i croati. Quando i due si incontrarono Slobodan era già diventato testimone di Geova e propose a Branko, suo ex nemico, di studiare insieme la Bibbia. Più lo studio andava avanti e più l’amore di Branko per il Creatore, Geova, cresceva. Dopo non molto anche lui decise di diventare testimone di Geova.c

      Slobodan stesso, d’altra parte, era diventato Testimone grazie all’aiuto di un ex nemico. Come? Ebbene, dopo aver lasciato il teatro di guerra in Bosnia aveva ricevuto la visita di Mujo, che veniva anche lui dalla Bosnia ma che era cresciuto in una religione molto diversa da quella di Slobodan. Ora Mujo era testimone di Geova. Anche se un tempo erano nemici, Slobodan accettò l’offerta di Mujo di studiare la Bibbia con lui, e in seguito diventò testimone di Geova.

      Cosa ha indotto questi uomini a superare profonde ostilità etniche e a non essere più nemici ma amici? Attraverso lo studio della Bibbia hanno imparato ad amare Geova. In seguito sono stati disposti ad essere ‘ammaestrati da Dio ad amarsi gli uni gli altri’. (1 Tessalonicesi 4:9) Come osserva il prof. Wojciech Modzelewski a proposito dei testimoni di Geova in generale, “la chiave del loro atteggiamento pacifico è l’idea di seguire fin d’ora i princìpi rivelati nella Bibbia”.

      [Note in calce]

      b Tutti i nomi menzionati in questo riquadro sono stati cambiati.

      c Con sua grande gioia, in seguito Branko venne a sapere che anche il medico che gli aveva parlato per primo era diventato testimone di Geova.

      [Immagini a pagina 11]

      È realistico aspettarsi un cambiamento di mentalità e un cambiamento di governo?

      [Fonte]

      U.S. National Archives photo

      [Immagini alle pagine 12 e 13]

      L’istruzione biblica sta aiutando molti a cambiare modo di pensare

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