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BarbaroPerspicacia nello studio delle Scritture, volume 1
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BARBARO
La ripetizione “bar bar” nel termine greco bàrbaros rendeva l’idea di balbettare, farfugliare o parlare in modo incomprensibile; quindi il termine “barbaro” era in origine applicato dai greci a uno straniero, particolarmente di lingua diversa. In quel tempo non denotava inciviltà o rozzezza, né indicava sentimenti di sprezzante ostilità. Il termine “barbari” distingueva semplicemente i non greci dai greci, come il termine “gentili” distingue i non ebrei dagli ebrei. Chi non era greco non aveva nulla in contrario né si sentiva offeso a essere chiamato barbaro. Alcuni scrittori ebrei, fra cui Giuseppe Flavio, riconoscevano di avere tale appellativo (Antichità giudaiche, XIV, 187 [x, 1]; Contro Apione, I, 58 [11]); i romani si definirono barbari finché non adottarono la cultura greca. In questo senso tutt’altro che sfavorevole, scrivendo ai romani, Paolo usò questa espressione per includere tutti: “Ai greci e ai barbari”. — Ro 1:14.
Il principale elemento di separazione fra i greci e il mondo barbaro era la lingua; per cui il termine si riferiva in special modo a chi non parlava greco, come per esempio gli abitanti di Malta che parlavano una lingua non affine al greco. In questo caso la Traduzione del Nuovo Mondo spiega il significato di bàrbaroi traducendolo “persone di lingua straniera”. (At 28:1, 2, 4) Scrivendo in merito al dono delle lingue, Paolo due volte chiama bàrbaros (“straniero”) chi parla in una lingua incomprensibile. (1Co 14:11; vedi anche Col 3:11). Similmente la Settanta greca usa bàrbaros in Salmo 113:1 (114:1 in ebraico e in quasi tutte le versione italiane) e in Ezechiele 21:36 (21:31 in italiano).
Dato che i greci consideravano la loro lingua e la loro cultura superiori a tutte le altre, e dato che subirono un indegno trattamento da parte dei loro nemici, il termine “barbaro” assunse a poco a poco il suo comune significato dispregiativo.
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Bar-GesùPerspicacia nello studio delle Scritture, volume 1
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BAR-GESÙ
[figlio di Gesù].
Ebreo di Pafo, città dell’isola di Cipro, vissuto nel I secolo E.V., che era “stregone, falso profeta”. (At 13:6) Aveva lo pseudonimo o il titolo di “Elima”, che significa “stregone”. — Vedi ELIMA.
Sembra che Bar-Gesù godesse di una posizione di prestigio come mago di corte e consigliere di Sergio Paolo, proconsole romano a Pafo. Essendo “sacerdote” di un culto divinatorio, Bar-Gesù era naturalmente contrario al cristianesimo e, per proteggere la propria posizione lucrativa, fu inflessibile nell’opporsi alla predicazione di Paolo e Barnaba. Perciò, quando Sergio Paolo “cercò premurosamente di udire la parola di Dio”, Elima “si opponeva loro, cercando di allontanare il proconsole dalla fede”. — At 13:7, 8.
Allora Paolo fissò quello stregone satanico negli occhi e, “pieno di spirito santo” gli disse: “O uomo pieno di ogni sorta di frode e di ogni sorta di furfanteria, figlio del Diavolo, nemico di ogni cosa giusta, non smetterai di pervertire le giuste vie di Geova? E ora, ecco, la mano di Geova è su di te e sarai cieco, non vedendo la luce del sole per un periodo di tempo”. Immediatamente Bar-Gesù fu colpito da cecità. Il proconsole, assistendo al primo miracolo di Paolo di cui si abbia notizia, fu “stupito dell’insegnamento di Geova”, accettò prontamente il messaggio e “divenne credente”. — At 13:9-12.
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BarnabaPerspicacia nello studio delle Scritture, volume 1
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BARNABA
(Bàrnaba) [figlio di conforto].
Questa importante figura del cristianesimo del I secolo ci è presentata per la prima volta nelle Scritture dallo storico Luca in Atti 4:34-36. Da questi versetti apprendiamo che quest’uomo devoto era un levita nativo di Cipro che all’epoca si trovava a Gerusalemme. Dei molti credenti che poco dopo la Pentecoste vendettero case e campi e consegnarono il ricavato agli apostoli per promuovere l’opera cristiana, egli è fra quelli menzionati per nome. Si chiamava Giuseppe, ma gli apostoli lo soprannominarono Barnaba, che significa “Figlio di conforto”. L’usanza di dare soprannomi secondo le caratteristiche personali non era insolita.
Era un uomo molto cordiale e generoso, che non esitò a offrire se stesso e tutti i suoi beni materiali per promuovere gli interessi del Regno. Fu lieto di ‘venire in aiuto’ dei fratelli (At 9:27), e alla vista di nuovi interessati “si rallegrò e li incoraggiava tutti a rimanere nel Signore con proponimento di cuore”. Barnaba “era un uomo buono, pieno di spirito santo e di fede” (At 11:23, 24), profeta e maestro della congregazione di Antiochia. (At 13:1) Gli apostoli menzionarono Barnaba fra gli “amati”, coloro “che hanno ceduto le loro anime per il nome del nostro Signore Gesù Cristo”. (At 15:25, 26) Pur non essendo uno dei dodici apostoli, era giustamente chiamato
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