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g04 22/6 p. 31

Il “gioiello del mare”

Le diatomee si trovano in gran numero in tutti i mari. Sono alghe microscopiche dotate di un guscio siliceo che assomiglia a un cofanetto ornato di eleganti disegni e rilievi. Affascinano gli scienziati da secoli, sin da quando fu inventato il microscopio ed è stato possibile rappresentare con dei disegni la loro bellezza. A ragione la diatomea è stata definita “il gioiello del mare”.

Alfred Nobel, che inventò la dinamite negli anni ’60 del XIX secolo, si servì della silice delle diatomee per stabilizzare la nitroglicerina, riuscendo in questo modo a ottenere candelotti di esplosivo che si potevano trasportare con facilità. Oggi i gusci fossili vengono utilizzati in molti modi, ad esempio per rendere luminescente la vernice usata per la segnaletica orizzontale, per filtrare i vini e per depurare l’acqua delle piscine.

Ancora più importante, però, è il fatto che da queste minuscole piante unicellulari dipende un quarto della fotosintesi del nostro pianeta. I ricercatori Allen Milligan e Francois Morel dell’Università di Princeton (USA) hanno scoperto che la silice dei gusci delle diatomee provoca cambiamenti chimici nell’acqua al loro interno, creando un ambiente ideale per la fotosintesi. A detta degli scienziati, il guscio è così ornato perché in questo modo la superficie interna esposta all’acqua è più estesa, rendendo la fotosintesi più efficiente. Come facciano questi bei “cofanetti” in miniatura a formarsi dal silicio disciolto nell’acqua è ancora un mistero, ma quello che i ricercatori sanno con certezza è che le diatomee, assorbendo anidride carbonica e rilasciando ossigeno, hanno un ruolo fondamentale nel sostenere la vita sulla terra, forse anche più importante di quello svolto da molte piante che crescono sulla terraferma.

Secondo Morel le diatomee “sono fra gli organismi più riusciti della terra”. Milligan aggiunge che se non consumassero così tanta anidride carbonica “l’effetto serra potrebbe essere molto più grave”.

Quando le diatomee muoiono, i loro resti organici finiscono sul fondo del mare e infine si fossilizzano. Alcuni scienziati ritengono che in forma fossile, sottoposte a forte pressione, le diatomee abbiano contribuito alla formazione delle riserve petrolifere. Ora che a causa del riscaldamento globale la temperatura dei mari è in aumento, si teme che i batteri finiscano per mangiare i resti delle diatomee prima che questi riescano a depositarsi sul fondo e che il carbonio venga rilasciato nelle acque superficiali. Anche questo minuscolo “gioiello del mare”, dunque, fa parte di un ecosistema meraviglioso che potrebbe ora essere in pericolo.

[Fonte dell’immagine a pagina 31]

© Dr. Stanley Flegler/Visuals Unlimited

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