Impronte digitali
Quale probabilità c’è che due persone abbiano le linee esistenti nei polpastrelli delle mani perfettamente uguali? Troviamo la risposta in un articolo di Ugo Maraldi della Provincia di Cremona del 6 maggio 1979, che, per inciso, mostra anche la complessa varietà e sapienza con cui è stato progettato il corpo umano: “La prima descrizione scientifica delle linee esistenti nei polpastrelli fu data nel Seicento dal medico e biologo italiano Marcello Malpighi. Si scoprì che le linee sono immutabili nel corso della vita. L’antropologo tedesco Welker prese un’impronta della propria mano all’età di 34 anni; ripeté l’esperimento nel 1897, a 76 anni. Le due impronte erano identiche. . . . Si può considerare assolutamente infallibile l’identificazione in base alle impronte? Cerchiamo di rispondere.
“Le figure tattili non differiscono soltanto da individuo a individuo, ma anche da dito a dito della stessa mano. In base alla media delle osservazioni e ai calcoli eseguiti da vari autori, il loro numero è nell’ordine della sessantina di miliardi. Considerando le dieci dita, la quantità delle possibili combinazioni delle varie figure si eleva a un numero inconcepibile dalla nostra mente, composto da quattro cifre significative seguite da 105 zeri. È infinitamente più piccolo il numero di tutti gli uomini vissuti finora sulla Terra.
“Si è calcolata la possibilità teorica di ritrovare lo stesso disegno di mano di due individui. Calcoli e statistica dicono che nemmeno in mezzo miliardo di anni la natura riprodurrebbe linee perfettamente simili in due individui.
“Certi racconti gialli in cui si legge di delinquenti che riescono a modificare i disegni delle dita con procedimenti chimici o col bisturi sono grossolane fandonie. Un detective di Scotland Yard, Nigel Morland, autore di un libro sulla criminologia scientifica, ricorda come la permanenza delle linee, nonostante ferite prodotte da traumi o ustioni, sia stata ben dimostrata da alcuni coraggiosi sperimentatori che immersero le dita in acqua o in olio bollente, e sopportarono il contatto di piastre infocate. Si osservò che le dolorose esperienze distruggevano i segni dello strato esterno, ma le linee impresse sul derma, cioè sullo strato profondo della pelle, rimanevano inalterate, e il disegno originale ricompariva in ogni particolare appena le ferite o le ustioni erano cicatrizzate”.