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  • Un paraplegico cammina con Dio

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  • Un paraplegico cammina con Dio
  • Svegliatevi! 1979
  • Sottotitoli
  • Una svolta importante
  • Il ritorno a casa
  • Superati alcuni problemi
  • La mia vita camminando con Dio
  • La speranza in Geova fa riacquistare potenza
Svegliatevi! 1979
g79 22/11 pp. 20-25

Un paraplegico cammina con Dio

LE ORE 9 dell’11 aprile 1970 furono un momento drammatico per un giovane quasi ventiseienne dell’Italia meridionale. Mentre stava facendo dei lavori in muratura al balcone di un appartamento al secondo piano di un edificio perse l’equilibrio e precipitò nel vuoto accasciandosi nel cortile sottostante: un grido, un tonfo sordo, poi un rapido accorrere, una veloce corsa con un’auto privata all’ospedale dove furono prestati i primi soccorsi. In un attimo la forte fibra di questo giovane fu duramente colpita. Oh vita imprevedibile questa, che in un istante cambia completamente i piani di un uomo, la sua salute, le sue abitudini, le sue mete, la sua disposizione mentale!

Sebbene il giovane non riportasse esteriormente neppure una graffiatura, l’incidente gli aveva procurato la frattura della dodicesima vertebra, abbastanza da procurargli la paralisi dai fianchi in giù. Nel linguaggio medico, chi rimane paralizzato in questo modo viene chiamato paraplegico. Permettete che ora vi parli un po’ di questo giovane che in pochi attimi, da persona agile e piena di vita, divenne proprio un paraplegico. Apprenderete come, pur cessando di usare le gambe, sia riuscito ugualmente a camminare con Dio. Nessuno potrebbe parlarvene meglio di me, in quanto sono proprio io stesso quel giovane.

Iniziò presto per me una triste odissea di trasferimenti da un istituto all’altro, alla ricerca di qualche cura migliore e di uno specialista più capace, con la speranza di poter essere aiutato a guarire: ma inutilmente. Il risultato di questi ricoveri in istituti ortopedici e fisioterapici fu che potevo fare soltanto alcuni esercizi ginnici e di respirazione; mi venivano anche praticati dei massaggi ed altre cure che pensavo servissero a farmi camminare. Ma presto incominciai a capire che la guarigione diveniva sempre più improbabile.

Nell’agosto dello stesso anno 1970 riuscii a stare seduto su una sedia a rotelle e potei lasciare il letto. Ricordo che mi piaceva girare spesso fra il verde e l’ombra delle piante nel bel giardino dell’istituto presso il quale ora mi trovavo. E in quella quieta e fresca ombra talvolta i miei tristi pensieri si calmavano un po’ e si attenuava lo sconforto. Fino a quei giorni ero stato obbligato a sopportare le imprecazioni degli altri infermi che, nelle loro condizioni, davano la colpa a Dio delle loro infermità. Sebbene dalle espressioni dei medici e del personale dell’istituto comprendessi che non avrei più camminato, c’era in me un interiore senso di ribellione a quel mio stato e la fortissima convinzione che tutta la mia vita non poteva finire così miseramente. Non riuscivo ad abituarmi all’idea che non avrei potuto più fare una bella corsa, una nuotata, una passeggiata, qualche allegro salto, come avevo invece fatto come persona sana fino a pochi mesi prima. Non volevo e non potevo arrendermi alla cruda realtà. Tuttavia devo dire che in quelle infelici condizioni non pensai minimamente di incolpare Dio della mia sorte.

Una svolta importante

Poi accadde qualche cosa che segnò una svolta importante nella mia vita. Ricordo un giorno, mentre ero in mezzo al verde del giardino: mi sentivo stranamente allegro e calmo anche se mi trascinavo faticosamente sulla carrozzella a quattro ruote che stavo sperimentando per le prime volte. Sul balcone dell’istituto alcuni malati parlavano fra loro. Dal verde del parco potei avvicinarmi al balcone che faceva da terrazzo dove un uomo sui trent’anni parlava del nostro tempo e del suo importante significato alla luce delle profezie bibliche. Parlò pure di una fine di questi sistemi umani che avrebbero fatto posto a un ordinamento completamente diverso, sotto un unico Dio che aveva un nome del tutto nuovo per me, Geova.

Benché non fosse un dedicato testimone dell’Iddio che mi fece conoscere e io non credessi subito a tutto ciò che diceva, quest’uomo fece ugualmente nascere in me il desiderio di approfondire le idee che aveva manifestate. Poiché in quel tempo doveva tornare a casa, mi lasciò alcuni numeri delle riviste La Torre di Guardia e Svegliatevi! stampate dai testimoni di Geova, e anche l’indirizzo della loro filiale di Roma.

Potei così senza indugio scrivere alla Watch Tower Society per abbonarmi ad entrambe le riviste e per ordinare una Bibbia e un libro per lo studio biblico. Nell’attesa di ricevere le pubblicazioni, assorbii tutto d’un fiato le riviste donatemi. È inutile dire che feci prestissimo a leggerle, con la sete di conoscenza e il tempo a disposizione che avevo.

Anche se il nome di questo Dio, Geova, mi era nuovo all’inizio, nondimeno lo accettai con prontezza, perché quelle pubblicazioni citavano spesso le versioni cattoliche della Bibbia, che riportano il nome personale di Dio. Dalla lettura dei Vangeli, divenne sempre più chiaro per me che Cristo aveva un Padre che pregava, adorava e al quale ubbidiva, facendo sempre la sua volontà: un concetto di Dio nettamente differente, più logico e semplice di quello trinitario insegnatomi dalla Chiesa Cattolica. Poiché Cristo pronunciò il nome del Padre suo e affermò che avrebbe continuato a ‘farlo conoscere’ (Giov. 17:26), compresi che tutti i traduttori che avevano tolto il nome di Geova erano lontani dall’imitare il suo diletto figlio. Come divennero chiare per me le parole di Malachia 2:2 rivolte ai sacerdoti d’Israele, che vedevo ora chiaramente applicarsi ai capi della cristianità: “e se non prenderete a cuore di dar gloria al mio nome . . . per certo manderò su di voi anche la maledizione, e maledirò le vostre benedizioni”!

Personalmente ciò che mi piacque di più fin dall’inizio era l’aver trovato finalmente un intero popolo che agiva come pensava, coerente nel pensiero e nell’azione. Leggevo di persone di tutte le nazioni che avevano superato la discriminazione sociale, tribale, nazionale e di razza e che, considerandosi tutti fratelli, avevano smesso di farsi guerra le une contro le altre. Veniva chiaramente impresso nella mia mente il significato delle parole di Rivelazione 7:9 e Isaia 2:2-4 che contengono in sé una irresistibile forza che spinge all’unità col popolo di Dio. Capii, con piacevole stupore, che Dio stava operando in modo meraviglioso e preparava una nuova società umana, “un popolo per il suo nome”. — Atti 15:14.

In quel tempo nell’istituto dove venivo curato non c’era alcuno che mi rafforzasse spiritualmente o con il quale potessi fare delle riflessioni sulla nuova fede che stava nascendo in me. E sebbene fossi grandemente rafforzato dalla lettura delle pubblicazioni e delle riviste che mi arrivavano ora settimanalmente, tuttavia ero una persona piena di timori. Ogni tanto mi coglieva un dubbio e pensavo: “Non sarò troppo ingenuo? Anche questa religione sarà come tutte le altre?” Evidentemente ero influenzato dalle critiche di coloro ai quali parlavo delle prime verità apprese. Ogni volta che mi assalivano questi dubbi, sorgeva in me una forte reazione all’idea di smettere la mia ricerca. C’era come una voce interiore che mi esortava: ‘Questa è la via. Cammina per essa’. (Isa. 30:21) Devo dire che continuai a camminare in questa via con una fiducia ormai maggiore. Avevo deciso: avrei smesso solo se avessi trovato qualcosa di sbagliato in ciò che studiavo. E questo positivo modo di pensare mi fece infine pervenire alla conclusione che Dio si era fatto conoscere da me.

Il ritorno a casa

Cominciai molto presto a dare testimonianza al personale sanitario e agli infermi. Scrissi ad amici in Italia e in Francia dove avevo lavorato dal 1960 al 1968. Soprattutto inviai lunghe lettere di testimonianza ai miei familiari. Quando compresi che questi non afferravano l’importanza del messaggio biblico (mi credevano mentalmente anormale, quasi che l’infortunio avesse influito sulle mie facoltà di pensare), solo sei mesi dopo l’incidente, in ottobre, decisi di tornare a casa per parlarne loro personalmente. Presi appunti sulla ginnastica degli arti, la respirazione libera e altri esercizi che avrei potuto fare anche a casa, e partii subito per ritornare dalla mia famiglia a Reggio Calabria.

I miei genitori sono sempre stati persone molto religiose e sincere nella loro devozione. Arrivato a casa notai ben presto che, a causa dei loro pregiudizi, avevano perfino timore di toccare le pubblicazioni che leggevo. C’era però in casa qualcosa in cui avevano fiducia: una Bibbia cattolica; l’avevano acquistata anni prima in parrocchia quando il prete aveva dichiarato che ogni buon cattolico doveva averne in casa una copia. Naturalmente quel sacerdote non li ha mai aiutati a leggerla e capirla. Visto che avevano fiducia in quella versione, me ne servii e un po’ alla volta riuscii a destare il loro interesse.

Si presentava ora un grave ostacolo, qualcosa che impediva ai miei familiari di accogliere nel cuore e nella mente la verità: il paralizzante potere del timore dell’uomo, che influisce sulla mente e ne blocca i pensieri, molto più dannoso di una lesione che, come nel mio caso, immobilizza solo una parte del corpo. Sì, l’ostacolo era proprio il timore dell’opinione della gente che ne diceva di cotte e di crude. Qualcuno ha perfino detto che sarebbe venuta la fine del mondo se una famiglia cattolica come la nostra avesse cambiato religione. Altri ci hanno scritto delle lettere anonime per dissuaderci, dichiarando che i testimoni di Geova sono falsi profeti. Nonostante queste critiche, alcuni familiari si decisero a non prenderle troppo sul serio, preferendo riporre la loro fiducia nel Creatore. Fu soprattutto la promessa della risurrezione che li toccò profondamente; un’altra cosa che li colpì fu quando nella locale Sala del Regno videro che tutti, anche i bambini, avevano una copia della Bibbia e seguivano l’oratore, sfogliandola attentamente.

Nel frattempo alcuni conoscenti vennero a farmi visita e mi dissero che avrebbero fatto venire da me un sacerdote per togliermi quelle che chiamavano “le tue illusioni”. In attesa di questa visita ricordo che feci molte ricerche per prepararmi su ogni possibile soggetto, pensando che un sacerdote doveva essere veramente ben preparato. Ma, come spesso accade, nessun ecclesiastico venne né è venuto in seguito a trovarmi.

Quando divenne spiritualmente abbastanza forte, fu mia sorella che affrontò il prete della sua parrocchia. Siccome era rimasta vedova, voleva sapere da lui se era davvero scritto nella Bibbia che doveva continuare a far dire messe funebri a favore del marito. Questo ministro religioso, invece di rivolgersi alla Parola di Dio per far tornare all’ovile cattolico la pecorella smarrita [per lui], quasi seccato disse: “Signora . . ., ma anche lei? Non era preoccupata per suo fratello, e ora vuole cambiare anche lei?” Dopo questo colloquio, per Giovanna, mia sorella, divenne fin troppo chiaro che la maggior parte delle pratiche della religione odierna non si fondano sulla Parola di Dio e quindi fu molto rafforzata e determinò di continuare a studiare con i testimoni di Geova.

Fra il novembre 1971 e l’agosto 1973 tutti e sei i miei familiari ed io, sette in tutto, ci siamo battezzati essendoci dedicati a Geova Dio. Tra questi c’è mia sorella Giovanna che sta facendo da molti mesi la pioniera ausiliaria ed ha molto successo nell’opera degli studi biblici; Geova la benedice per il suo cuore pieno di bontà. Mia sorella Caterina è pioniera regolare. Quindi ci sono i miei due fratelli, Gaspare ed Enzo. Quest’ultimo è stato nominato anziano insieme a me in una delle quattro congregazioni che attualmente ci sono a Reggio Calabria, mentre Gaspare è servitore di ministero. Anche i due vecchietti, papà e mamma, sono molto zelanti poiché non solo mi sono costantemente vicini, ma riescono pure a fare spesso i pionieri ausiliari.

Superati alcuni problemi

Forse vi chiederete come ho fatto a continuare le cure a casa. Ebbene, neppure io in principio sapevo come avrei potuto curarmi, ma presto i miei familiari, col loro benefico amore, si mostrarono all’altezza del non facile compito. Ora, dopo nove anni, grazie alle affettuose cure e ai pazienti sforzi dei miei cari, mi sento molto meglio, non soltanto moralmente, ma anche fisicamente. Tutte le mattine applico alle gambe gli apparecchi ortopedici per tenerle diritte e poi, con l’aiuto di un deambulatore o girello mi tengo in piedi e faccio un passo dopo l’altro spingendo avanti prima un fianco e poi l’altro. Quando piove o fa freddo, mi servo del corridoio in casa per camminare in questo modo; quando invece è bel tempo, posso passeggiare sul balcone esterno.

Potete capire quanto sia importante esercitare i muscoli ed i tendini delle gambe, se considerate ciò che mi accadde alla fine del 1976. Da tre mesi non camminavo a causa di una piaga che l’apparecchio ortopedico mi aveva fatta appena sopra la caviglia. Nonostante facessi alcuni esercizi ginnici ogni mattina sul letto, le gambe divenivano sempre più rigide. I tendini cominciavano a ritirarsi e gli arti non si allungavano più facilmente. Ricordo che nel 1970 accanto al mio letto nell’istituto dove ero ricoverato c’era un paraplegico sui quarant’anni, che soltanto dopo quattro anni dal suo incidente aveva già le gambe piegate. Fra le due ginocchia doveva mettere un cuscino affinché non si toccassero e non gli venissero delle piaghe. Fu troppo tardi per lui: che pena vederlo a letto senza potersi distendere, costretto a stare con le gambe piegate ad angolo retto! Potete immaginare come quel ricordo aumentasse le mie preoccupazioni! Tuttavia ben presto potei riprendere a muovermi; sono veramente grato per le mie condizioni attuali.

Un paraplegico ha molti inconvenienti da superare, di natura igienica e fisiologica. Le più comuni azioni quotidiane, come vestirsi e fare il bagno, che sono molto semplici per una persona sana, presentano varie difficoltà per uno che si trovi nella mia situazione. Uno dei più grossi problemi per noi paraplegici non è osservabile. Vi siete mai chiesti come facciamo a stare per molte ore su una sedia a rotelle senza recarci nel bagno? Ebbene, io porto agganciato ad una cintura intorno alla vita un raccoglitore di gomma appositamente fabbricato, collegato ad un tubo di gomma fissato per mezzo di due elastici sopra e sotto il ginocchio. Una valvola interna all’estremità superiore del tubo impedisce che l’urina torni indietro, mentre un rubinetto posto circa dieci centimetri sopra la caviglia permette ogni tanto di svuotare il contenitore. Per quanto mi riguarda, trovo questo congegno molto comodo. Il solo inconveniente consiste nel farmi sentire molto legato, ma questa impressione svanisce quando sono assorto in qualche cosa che mi estranea dalle sensazioni fisiche.

Per continuare a mantenere la mia gioia di vivere e sentirmi utile, ho dovuto superare vari problemi. Le prime volte che dovevo andare sul podio nella Sala del Regno, qualcuno doveva prendermi sulle braccia e posarmi su una sedia sul podio; ciò era un po’ difficoltoso. Ma quando mi resi conto che dovevo salire molto spesso sul podio, nel 1974 mi feci comprare una minisedia a rotelle e fu appositamente costruita una pedana a scivolo, per cui da allora è stato sufficiente che qualcuno mi sospingesse leggermente sul podio per poter così parlare alla congregazione.

La mia vita camminando con Dio

Da quanto vi ho narrato, potrete pensare che la mia situazione sia assai infelice, per non dire disperata. Devo ammettere che la mia vita presenta diverse complicazioni. Tuttavia la forza che ho tratto dalla fede in Geova e nelle sue promesse mi ha aiutato ad accettarla così com’è, senza fare un dramma per qualsiasi difficoltà e a trarre da essa, anche in questo stato, delle piccole e semplici gioie, ma anche intime e profonde. Guai se un po’ alla volta mi lasciassi andare ad uno stato di rilassamento e di sconforto come hanno invece fatto molti paraplegici, e se cessassi di fare costantemente tutti gli esercizi necessari anche se faticosi. In breve tempo diverrei un rottame rendendo la vita fin troppo dura non solo a me stesso, ma anche ai miei cari.

Permettetemi ora che io vi dica come trascorro una giornata comune. La mattina, dopo colazione, mi sottopongo agli esercizi ginnici per circa mezz’ora o un’ora. Poi, per circa due ore, cammino lungo i 10 metri del corridoio interno o gli 8 metri del balcone esterno. Naturalmente ho allacciati gli apparecchi ortopedici nascosti dai pantaloni, e mi sorreggo col deambulatore. Dopo pranzo ho circa un’ora di tempo per leggere o scrivere a macchina, per consultare Bibbie o dizionari che sono intorno a me in mobili fatti appositamente, senza essere obbligato a faticosi spostamenti. Poi mi riposo per circa due ore, steso di fianco per far riposare il bacino che mi fa soffrire quando sto seduto troppo a lungo.

Svolgo poi varie attività nel pomeriggio e la sera: conduco due studi biblici con persone interessate al messaggio biblico che vengono a casa mia, mentre altri che hanno studiato con me sono già dedicati servitori di Dio. Per circa due anni ho insegnato a un conservo cristiano a leggere e scrivere. Nei pomeriggi del venerdì e del sabato attualmente sto aiutando alcuni studenti iscritti alla Scuola Teocratica affinché preparino stimolanti discorsi e sermoni. Sto anche imparando l’inglese, molto utile per consultare le pubblicazioni teocratiche che sono disponibili solo in quella lingua. Inoltre impiego molto tempo per lo studio personale, per la preparazione delle adunanze che naturalmente frequento con assiduità, e per lo studio con la mia famiglia. Posso assicurarvi che, come voi, non ho del tempo da gettar via: è tutto utile, piacevole, meritevole di essere vissuto e impiegato per la lode del Creatore. Sì, la mia vita si svolge in maggior parte tra le strette mura della mia abitazione. Ma non mi sento soffocato od oppresso. La speranza che traggo dalla Parola di Dio mi dà un conforto così grande (Rom. 15:4) che, pur vivendo fra le mura di un’abitazione, i miei pensieri sono liberi, senza ostacoli, li posso spingere avanti nel tempo futuro, un tempo senza limiti, nella vita, nella salute, nella libertà sotto il governo del Regno messianico! Quanta forza e coraggio danno queste mete a me e ad altri che ci credono fermamente!

Ogni martedì conduco uno studio di gruppo chiamato studio di libro di congregazione. Poiché dal gennaio del 1977 sono stato nominato anziano nella congregazione cui appartengo, ho pure il privilegio di condurre lo studio Torre di Guardia ogni domenica nella locale Sala del Regno dei Testimoni di Geova.

La speranza in Geova fa riacquistare potenza

Da cinque anni abito proprio nello stabile in cui ebbi l’incidente nove anni fa e dal giugno del 1974 la congregazione della zona si raduna al piano terreno dello stesso edificio, dov’è situata la Sala del Regno. Così mi trovo proprio al centro delle attività del Regno e provo molta gioia nell’operare strettamente con i miei fratelli spirituali. È davvero un grande incoraggiamento per me essere proprio in mezzo ai leali servitori di Geova Dio e sentire il loro caloroso amore. Dopo nove anni mi guardo indietro e posso osservare l’eccellente progresso delle attività cristiane, che ha portato alla formazione di altre cinque congregazioni fra Reggio Calabria e dintorni. Che grande privilegio l’aver continuato a camminare in questi nove anni col mio Dio, partecipando alla Sua opera! Ho la prova che Dio mi ha aiutato e che si sono avverate in me le parole del profeta: “Egli [Geova] dà all’affaticato potenza; e a chi è senza energia dinamica fa abbondare la piena possanza. I ragazzi si stancheranno e anche s’affaticheranno, e i giovani stessi senza fallo inciamperanno, ma quelli che sperano in Geova riacquisteranno potenza. Saliranno con ali come aquile. Correranno e non si affaticheranno; cammineranno e non si stancheranno”. — Isa. 40:29-31.

Se fate parte del popolo di Geova, il Signore dell’intera terra, felici voi! Ma se ancora non ne fate parte, perché non decidete ora di servirLo, camminando così con Lui? La vera conoscenza può colmare in ogni persona ciò che le viene a mancare a causa di lutti e disgrazie, proprio come nel mio caso. A causa delle mie circostanze mi sento meno forte in me stesso ma più fiducioso in Geova; i miei fratelli spirituali mi stimano ed apprezzano ogni mio sforzo in misura più che normale, cosicché mi sento amato, accettato e ascoltato: ‘la potenza [di Geova] è resa perfetta nella mia debolezza’. (2 Cor. 12:9) La mia esperienza e molte altre del passato e del presente dovrebbero far comprendere chiaramente che possiamo servire il Creatore anche se abbiamo gravi impedimenti. Infatti questo Dio di amorevole benignità non si è mai atteso dagli uomini più di quello che essi potessero ragionevolmente fare. Possiamo vivere una vita felice anche ora, e presto, molto presto, osservare di persona come “gli occhi dei ciechi saranno aperti, e i medesimi orecchi dei sordi saranno sturati. . . . lo zoppo salterà proprio come fa il cervo, e la lingua di chi è senza parola griderà di gioia”. (Isa. 35:5, 6) — Da un collaboratore.

[Immagine a pagina 24]

Dopo pranzo ho circa un’ora di tempo per leggere o scrivere a macchina

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