È questa la strada della felicità?
NELLA loro ricerca della felicità molti vanno agli estremi. Prendete ad esempio il caso di Caterina Fieschi. Veniva da una facoltosa famiglia italiana, era intelligente e religiosissima. La depressione mentale causatale da un matrimonio infelice spinse questa giovane donna a cercare sollievo nei divertimenti e negli agi che la sua posizione sociale le consentiva.
Le cose cambiarono, comunque, quando Caterina arrivò a 26 anni. A quell’epoca la giovane donna ebbe una cosiddetta, “conversione”. In seguito “fece grandi penitenze, così da mortificare tutti i suoi sensi. . . . Non appena si accorgeva che era portata a desiderare qualcosa, immediatamente se ne privava. . . . Indossava un cilicio, non mangiava carne né alcun’altra cosa le piacesse; non mangiava frutta, né fresca né secca . . . e conduceva una vita di grande sottomissione verso tutti, cercando sempre di fare tutte le cose contrarie alla sua volontà”.
Questo brano è tratto dalla biografia di colei che fu chiamata “Santa Caterina da Genova”. Chiestale la ragione per cui si torturava, rispose: “Non lo so, ma mi sento interiormente spinta a farlo . . . e penso sia la volontà di Dio”. Credeva di purificarsi torturandosi, per ottenere il favore di Dio e la felicità.
Un’idea simile fu sostenuta dallo spagnolo chiamato “San Giovanni della Croce”. Egli raccomandò, fra l’altro, di cercare ‘non ciò che ha il miglior sapore, ma ciò che è più sgradevole; non ciò che piace di più, ma ciò che disgusta; non ciò che è più alto e più prezioso ma ciò che è più basso e più spregevole; non il meglio di tutto, ma il peggio’. Egli consigliò: “Disprezza te stesso e augurati che gli altri ti disprezzino; parla a tuo danno, e prega che gli altri facciano altrettanto; abbi una bassa opinione di te stesso, e considerala una cosa buona quando gli altri la pensano così”. Idee simili trovano dei sostenitori anche oggi.
Ma con questa eccessiva umiliazione del proprio corpo si può trovare vera e duratura felicità? Secondo la Bibbia, no. L’apostolo Paolo scrive:
“Se siete morti con Cristo agli elementi del mondo, perché mai, come se viveste nel mondo, siete sottomessi a regole e precetti: Non prendere, non gustare, non toccare, le quali sono tutte cose che vanno in perdizione con l’uso, seguendo le prescrizioni e gli insegnamenti degli uomini? Tali cose hanno apparenza di sapienza a motivo della religiosità volontaria, della mortificazione e del trattamento severo del corpo, ma non servono contro l’indulgenza della carne”. — Col. 2:20-23, “La Bibbia Concordata”.
L’eccessiva “mortificazione” del corpo è una mistificazione e ha solo un’“apparenza di sapienza”. Non piace a Dio né è di alcun valore per ottenere la felicità.
Che dire dell’estremo opposto, quello di vivere soprattutto per i piaceri? È forse questa la strada che permette di trovare vera gioia nella vita? Molti credono di sì. Alcune delle cose che fanno per divertirsi sono descritte nell’articolo che segue.
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“Indossava un cilicio, non mangiava carne né alcun’altra cosa le piacesse”