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  • Perché fare lo scienziato?

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Svegliatevi! 1980
g80 22/4 p. 27

Perché fare lo scienziato?

Questa era la domanda a cui si doveva rispondere in un tema d’esame per giovani aspiranti scienziati. La rivista inglese “New Scientist” del 6 settembre 1979 ha pubblicato il tema che ha vinto, scritto dalla 15enne Gabrielle Horne di Blackheath (Londra).

“A MIO giudizio, la scienza d’oggi, malgrado la sua impetuosa avanzata, è priva di un interiore senso di direttiva”. Secondo lei, questa mancanza esige un nuovo tipo di scienziato: “Gli scienziati non possono più proseguire sulla strada del ‘progresso scientifico’ senza tener conto — in modo creativo e vivo — degli effetti che hanno sul nostro pianeta gli aspetti negativi del loro lavoro. Abbiamo bisogno di un nuovo tipo di scienziato-filosofo”. Quindi elenca alcuni di questi aspetti negativi.

“L’uomo, ebbro di scienza, è come un elefante in un negozio di porcellane”. Bruciando combustibili fossili, l’uomo ha aumentato la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera, ciò che potrebbe generare calore e un “effetto serra” tale da rendere infine inabitabile la terra.

“L’uomo occidentale si è comportato nel complesso come un marinaio ubriaco. Quel ch’è peggio, abbiamo detto in sostanza che, finché possiamo andare in automobile, non ce ne importa se domani i nostri figli e i nostri nipoti moriranno di fame o di freddo o se salteranno in aria a causa dei reattori nucleari!”

Con l’impiego di certi insetticidi, i veleni si accumulano nei vermi, e gli uccelli che se ne nutrono muoiono a centinaia di migliaia. “Un altro esempio”, essa dice, “di come siamo ciechi alla relazione fra causa ed effetto è quello che è accaduto in seguito al diboscamento di regioni tropicali per scopi agricoli: questo processo ha anche generato condizioni favorevoli alla mosca tse-tse, che di conseguenza si è moltiplicata rapidamente diffondendo la malattia del sonno in proporzioni epidemiche”.

L’elenco di tali esempi potrebbe continuare fino alla nausea. L’assoluta indifferenza dell’uomo verso l’ambiente è resa più deleteria che mai dagli strumenti che la scienza ha messo nelle sue mani, fino al punto che l’uomo potrebbe annientarsi. Gabrielle Horne illustra questo pericolo in modo efficace:

“Si potrebbe dire che, con l’incredibile potere che la scienza ci ha messo in mano, seminiamo inevitabilmente i semi della nostra propria distruzione; che qualsiasi specie che domina la Terra fino al punto di mettere in pericolo la sopravvivenza dei suoi coabitanti è destinata ad autodistruggersi, e in questo sta la valvola di sicurezza della natura. Come un cancro si distrugge uccidendo il suo ospite, così l’uomo mette in pericolo se stesso depauperando proprio le risorse di cui abbisogna per sopravvivere”.

Essa ritiene sia urgente dare alla scienza una guida morale, e ritiene che l’impegno a tal fine sia un forte incentivo per chi vuole diventare scienziato. Ecco come esprime questo pensiero:

“È per far fronte a questo minaccioso aspetto del futuro che deve sorgere un nuovo tipo di scienziato, uno specialista che non si limiti alla scienza pura, ma che si renda conto del fatto che la scienza ha bisogno soprattutto di guida morale. Diventare scienziato ora vuol dire accettare la più terribile sfida morale che si sia mai presentata all’umanità”.

È una cosa lodevole che Gabrielle Horne si renda conto del pericolo rappresentato da una scienza amorale. Sono molti quelli che se ne rendono conto. Ma la storia mostra che la percezione di un lontano pericolo influisce molto meno sul corso degli eventi umani che l’interesse attuale. Finché la minaccia riguarda una generazione futura, quella attuale sarà influenzata più da ciò che la tocca da vicino. In effetti, questa generazione è già pregiudicata dall’inquinamento, ma finché i danni non saranno più ovviamente catastrofici, questa verità sarà convenientemente oscurata dall’amore del denaro e dalla mania delle comodità materiali.

Circa 19 secoli fa la Bibbia predisse non solo l’attuale inquinamento della terra ma anche la fine dell’inquinamento. Tale fine verrà non per mano di “scienziati-filosofi” o di altri uomini, ma per mano di Dio. È lui che secondo la profezia ‘ridurrà in rovina quelli che rovinano la terra’. — Riv. 11:18.

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