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Svegliatevi! 1981
g81 8/6 pp. 12-15

Fotografia tridimensionale

Dal corrispondente di “Svegliatevi!” in Gran Bretagna

NEL marzo del 1977, alla Royal Academy of Arts di Londra, era possibile avere una dimostrazione visiva di un nuovo e affascinante concetto della fotografia, un miracolo fotografico del ventesimo secolo detto “olografia”. I visitatori potevano vedere esposta l’immagine tridimensionale galleggiante di un telefono, sospeso in aria, così realistica che qualcuno avrebbe potuto cercare di fare una telefonata con esso.

La mostra serviva a far conoscere al pubblico gli aspetti scientifici e spettacolari dei raggi laser. I visitatori si resero conto che con l’olografia l’immagine, anziché essere riprodotta su un cartoncino, viene proiettata in tre dimensioni nello spazio. Si può effettivamente guardare da varie angolazioni per vederne diverse parti.

Forse avete sentito le parole “olografia” od “ologramma” in relazione ai recenti impieghi dei fasci di luce laser ai fini dello spettacolo. In questo genere di spettacoli, si fanno rappresentazioni coreografiche di vorticosi, guizzanti e roteanti fasci laser multicolori con accompagnamento musicale, e talora si usano immagini olografiche tridimensionali per ottenere effetti speciali.

In che cosa consiste

Il termine “olografia” descrive il processo, perché il prefisso “olo” significa “intero” o “completo”. L’olografia permette di riprendere l’immagine in modo molto più completo che non con una normale macchina fotografica.

Possiamo capire il principio su cui si basa l’olografia paragonandola alla registrazione e alla riproduzione del suono. Prendiamo ad esempio il caso di un’orchestra sinfonica che suona un brano di musica classica. Le note e i toni musicali prodotti dai vari strumenti hanno come risultato un suono complesso che emerge dall’orchestra. Questo suono, naturalmente, si può registrare su disco che lo “immagazzina” in forma codificata (mediante variazioni nei solchi). Facendo suonare il disco, viene prodotto un suono che ripete le note originali suonate dall’orchestra. Vengono rigenerate le identiche onde sonore.

In modo analogo, l’olografia registra le onde luminose per una successiva ricostruzione. Vediamo com’è possibile.

Prima di tutto, cosa occorre per vedere un’altra persona, una scena o un oggetto? Dato che al buio non si può vedere, è necessaria la luce del sole o di qualche altra sorgente. Infatti, ogni piccola parte di un oggetto che guardiamo riflette la luce, ma in vari gradi e in vari colori. Viene così prodotto un complesso fascio luminoso, che emerge dall’oggetto come il suono che emerge dall’orchestra. Vediamo l’oggetto quando questo fascio giunge ai nostri occhi ed è interpretato dal cervello.

Supponiamo che il fascio di onde luminose emergenti da un amico seduto davanti a voi sia interrotto e registrato, o “immagazzinato”, in modo simile a come si fa con un disco fonografico che “immagazzina” il suono. L’amico si alza e se ne va. Nella “ricostruzione” di questo “disco luminoso” si potrebbe rigenerare l’identico fascio luminoso e così l’occhio e il cervello avrebbero l’impressione che il soggetto ricompaia. Inoltre, dato che la luce rigenerata riproduce l’originale (come nel caso della riproduzione sonora), l’immagine visibile è tridimensionale, esattamente come il soggetto.

Questa è la differenza sostanziale tra la fotografia e l’olografia. La fotografia ci dà un’immagine piatta di una scena o di una persona, come il quadro di un pittore, ma l’olografia ricostruisce il fascio originale delle onde luminose.

Come si fa un ologramma

La registrazione con cui le onde luminose sono “immagazzinate” è detta “ologramma”. In sostanza è simile alla pellicola di una comune macchina fotografica ma è di qualità migliore e in genere ha la forma di una lastra fotografica di vetro.

La fig. 1 mostra come si fa la registrazione. Un fascio allargato di luce proveniente da un laser si divide prima in due parti mediante uno speciale specchio. Una parte (detta “fascio di riferimento”) incide direttamente sulla lastra fotografica, mentre l’altra parte illumina l’oggetto di cui si deve ottenere l’ologramma. Il complesso fascio di luce riflessa dall’oggetto incide pure sulla lastra fotografica. Pertanto la luce giunge sulla lastra da due direzioni, producendo sulla lastra una registrazione molto particolareggiata.

La fig. 2 mostra come avviene il processo di ricostruzione dell’immagine tridimensionale. Prima si sviluppa la lastra (come per una normale fotografia) e si toglie l’oggetto. Viene ora inviato sulla lastra un solo fascio di luce. La luce attraversa la lastra, ma nel far questo è modificata dal fascio luminoso impresso nella lastra. Il risultato è che la luce emergente riproduce esattamente la luce originale proveniente dall’oggetto, per cui sembra che l’oggetto ricompaia. All’occhio dell’osservatore, la lastra fotografica è come una finestra attraverso cui si vede l’oggetto in tutta la sua profondità. Guardando attraverso la “finestra” in varie direzioni, si vede l’oggetto da diverse angolazioni. L’immagine presenta un realismo così vivo che l’osservatore può essere tentato di allungare una mano e toccarla, ma naturalmente non c’è nulla!

Proprietà interessanti

Gli ologrammi e le immagini che essi producono hanno molte curiose e affascinanti proprietà. La lastra olografica equivale, in olografia, ai negativi ottenuti da una normale pellicola. Ma sotto certi aspetti è molto diversa. Per esempio, se avete qualche negativo in bianco e nero, mettetelo contro luce e noterete che contiene l’immagine (in effetti, all’inverso: le zone scure sono chiare e quelle chiare sono scure). Mettete la lastra olografica contro luce e vedrete che non somiglia assolutamente a nessuna immagine. Solo al microscopio si possono vedere le informazioni relative, ma, anche in tal caso, solo una serie di linee, chiazze e spirali molto irregolare e incomprensibile.

Se parte di un comune negativo è danneggiata o tagliata, ovviamente quella parte della foto sarà rovinata o mancherà nelle foto ottenute dal negativo. Rompete la lastra olografica di vetro e rimarrete sorpresi. Da uno qualsiasi dei pezzi si può ricostruire l’intera immagine! La qualità ne soffrirà parecchio, secondo la grandezza del pezzo. Ad ogni modo, l’immagine sarà sempre completa!

Il realismo tridimensionale dell’immagine prodotto dagli ologrammi è evidente in parecchi modi. Se cambiate la posizione da cui guardate attraverso la “finestra” (la lastra olografica di vetro), la prospettiva dell’immagine cambia come cambierebbe se guardaste la scena originale. Se nel primo piano dell’immagine qualcosa nasconde l’oggetto, spostando la testa di lato potete guardare oltre per vedere l’oggetto nascosto. Riscontrerete pure che la messa a fuoco dell’occhio cambia guardando punti vicini e lontani dalla scena e se siete miopi farete bene a mettervi gli occhiali!

Si ha un effetto interessante se, ad esempio, si fa l’ologramma di un anello con brillante. Nell’immagine olografica il brillante riflette bagliori di luce dalle sue faccette che appaiono e scompaiono mentre l’osservatore muove la testa, proprio come il brillante vero!

In breve, la ricostruzione ha tutte le proprietà visive dell’oggetto reale.

Alcuni progressi

I principi fondamentali dell’olografia sono noti da oltre trent’anni (l’olografia fu inventata nel 1948 da Dennis Gabor), ma solo con l’invenzione dei laser negli anni sessanta si poterono dimostrare tutte le possibilità dell’olografia. Un laser è una sorgente di luce pura, regolare o “coerente” e, in generale, è necessario questo tipo di luce per registrare ologrammi di oggetti tridimensionali. Ad ogni modo, se si considerano le applicazioni pratiche dell’olografia, l’impiego dei laser presenta degli svantaggi. Sono costosi e in certi casi comportano dei rischi. Ci sarebbe il modo di ridurne al minimo l’impiego?

Un notevole passo avanti in tal senso fu fatto dal ricercatore russo Yu. N. Denisyuk. Egli ebbe la buona idea di combinare l’olografia con una forma di fotografia a colori inventata dal fisico francese Gabriel Lippmann nel 1891. Nell’idea di Denisyuk, mentre c’è sempre bisogno dei laser per registrare l’ologramma (fig. 1), nel processo di ricostruzione (fig. 2) il laser può essere sostituito da una comune lampada. Inoltre, usando tre laser durante la registrazione, corrispondenti ai tre colori primari (rosso, verde e blu), l’ologramma offre un’immagine a colori.

Esiste un altro metodo, una tecnica multipla in cui si può fare a meno del tutto dei laser. Con questo metodo si ottiene l’ologramma da un gran numero di normali fotografie. Per esempio, il soggetto è seduto su una piattaforma che gira lentamente, e con una comune macchina da presa si fanno centinaia di riprese, registrandone l’aspetto da tutte le direzioni. Le riprese sono quindi sintetizzate in un solo ologramma da cui si può ricostruire un’immagine tridimensionale. Questa tecnica ha permesso di registrare un certo grado di movimento nell’ologramma; si può vedere il soggetto che muove una mano o che sorride. Fa pensare un po’ ai primi giorni del cinematografo, ma questa volta il film è veramente tridimensionale!

Applicazioni pratiche

Fare e vedere ologrammi è una cosa affascinante, ma che applicazioni pratiche ha l’olografia?

Si potrebbe immediatamente pensare al cinema e alla televisione in tre dimensioni, dove l’olografia offrirebbe il non plus ultra del realismo. In linea di principio sarebbe possibile produrre un tale sistema, ma per il momento ne siamo molto lontani. Il problema è dovuto al vasto contenuto di informazioni della lastra olografica. Una lastra olografica di 200 millimetri quadrati ha un contenuto potenziale di informazioni oltre 300.000 volte maggiore di una sola immagine televisiva statica. Gli attuali sistemi televisivi non hanno neppure lontanamente la capacità di elaborare una così vasta quantità di informazioni.

Al presente l’olografia trova applicazione nelle esposizioni e come mezzo pubblicitario. Una società che produce molti dei quadri per affissioni della metropolitana di Londra ha detto d’essere interessata agli ologrammi per fini pubblicitari. E il rappresentante del futuro potrebbe benissimo portare con sé degli ologrammi come campioni di prodotti voluminosi o pesanti.

I tesori dei musei possono essere sostituiti da riproduzioni olografiche. Questa tecnica è stata utilizzata in via sperimentale nell’U.R.S.S., e il museo dell’Ermitage di Leningrado sta ora costituendo una biblioteca di ologrammi da prestare ad altri musei. La produzione di ritratti tridimensionali sarà senz’altro un’importante applicazione nel prossimo futuro.

L’olografia ha trovato alcune importanti applicazioni anche nell’industria e nella ricerca. Ad esempio, nei cilindri ad alta precisione per automobili, si può fare un ologramma di un esemplare perfetto. L’immagine olografica è quindi esattamente sovrapposta ai cilindri veri prodotti in serie; qualsiasi difetto e imperfezione si manifesta immediatamente sotto forma di frange caratteristiche. Si possono individuare errori di meno di un micron. (Un micron equivale a un millesimo di millimetro!)

Nel campo della ricerca, con l’impiego di laser impulsati si possono ottenere ologrammi di avvenimenti che si verificano troppo rapidamente per essere afferrati dall’osservatore. I laser impulsati, come un sincronismo super adattato alla macchina olografica, emettono impulsi luminosi che durano solo un istante. Un laser al rubino, per esempio, può produrre un lampo della durata di appena 0,00000003 secondi! Il lampo di luce imprigiona effettivamente un avvenimento che ha luogo in meno di un milionesimo di secondo, o blocca il movimento di un oggetto che si muove a fortissima velocità. L’avvenimento è ricreato con l’immagine olografica. Le vibrazioni di oggetti, come macchine o strumenti musicali, si possono studiare, inoltre il metodo offre la possibilità di analizzare rapide reazioni chimiche.

L’olografia è ancora una tecnica piuttosto costosa e ingombrante se paragonata alla comune fotografia. Al presente ha anche notevoli limitazioni per quanto riguarda le dimensioni dell’ologramma che si può produrre. Quindi, anziché sostituire la fotografia, l’olografia costituisce una forma perfezionata di fotografia da sfruttare in certi campi speciali. Rappresenta un altro impiego delle leggi naturali — in effetti, delle leggi del Creatore — da cui l’umanità può trarre profitto e piacere. Man mano che il processo sarà ulteriormente perfezionato e il costo ridotto, indubbiamente sorgeranno nuove idee per una sempre più estesa e pratica utilizzazione dell’olografia.

[Diagrammi/Immagini a pagina 13]

(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

Figura 1

Luce pura dal laser

Specchio semitrasparente

Fascio

Le onde luminose sono trasmesse alla piastra da due direzioni

OLOGRAMMA

Lastra di vetro

Oggetto tridimensionale

Emulsione fotografica trasparente

[Diagramma]

Figura 2

Dal laser

OLOGRAMMA

Immagine tridimensionale

L’osservatore vede un’immagine tridimensionale identica all’oggetto tridimensionale

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