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  • g82 22/6 pp. 25-27
  • Fiume di vita, fiume di morte

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  • Fiume di vita, fiume di morte
  • Svegliatevi! 1982
  • Sottotitoli
  • Vedi anche
  • Nell’Uttar Pradesh
  • Nel Bihar e nel Bengala Occidentale
  • Fiume di vita e fiume di morte
  • Calcutta: Città piena di vita e di contrasti
    Svegliatevi! 1998
  • Due fiumi straordinari
    Svegliatevi! 2000
  • Induismo: Ricerca di liberazione
    L’uomo alla ricerca di Dio
  • I Delta
    Svegliatevi! 1973
Altro
Svegliatevi! 1982
g82 22/6 pp. 25-27

Fiume di vita, fiume di morte

Dal corrispondente di “Svegliatevi!” in India

“STAVAMO tornando a casa quando notammo un filo d’acqua che veniva verso di noi. Ci mettemmo a correre e l’acqua ci seguiva, poi ci superò, e alla fine ci lambiva i piedi. Ci togliemmo i sandali per correre più in fretta, ma le acque continuavano a salire e ora ci arrivavano alle caviglie. Per fortuna riuscimmo a raggiungere la nostra casa e corremmo di sopra, certi che l’acqua non sarebbe arrivata fin lì.

“Salimmo sul tetto e osservammo la furia dell’inondazione. Era strano vedere le strade trasformarsi in torrenti e fiumi impetuosi unirsi agli incroci. Il livello delle acque si alzò rapidamente. Nel nostro quartiere raggiunsero il metro e mezzo”.

Così un abitante di Patna, in India, descrisse la scena quando il possente Gange straripò.

Immaginate un fiume lungo 2.500 chilometri da cui dipende la vita di 300 milioni di persone. Sì, un quattordicesimo dell’intera razza umana ricava il suo sostentamento dalle acque del Gange. Ma per molti indiani il Gange è più che una fonte di sussistenza. Per gli indù è Ganga, la figlia di Himavat (personificazione dell’Himalaya), una divinità da adorare. Credono che facendo il bagno nel Gange si ottenga la purificazione dal peccato, e pensano che il morto le cui ceneri sono gettate nel fiume vada direttamente in cielo.

Nell’Uttar Pradesh

Il fiume nasce nello stato indiano dell’Uttar Pradesh, non lontano dal confine tibetano, in una grotta di ghiaccio dell’Himalaya a circa 3200 metri di altezza. Alimentato dallo scioglimento delle nevi il piccolo corso d’acqua scende saltellando lungo impervie montagne e si ingrossa subito grazie a un altro fiume, l’Alaknanda, che si getta in esso. A questo punto merita veramente il suo nome. Ganga, com’è chiamato nelle lingue indiane, vuol dire “uno che va forte”.

Uscito infine dai monti il fiume si fa strada attraverso le rovine di Hardwar. Oggi queste rovine sono abitate soprattutto da “santoni” indù i quali indossano di solito solo un misero perizoma, hanno i capelli scarmigliati e arruffati e il corpo cosparso di ceneri “sacre”.

A questo punto il Gange piega in direzione sud-est, e scorre più tranquillo. Intanto, a sud, si avvicina a un altro grande fiume. Anche lo Jumna è nato sulle alte vette dell’Himalaya e, dopo un viaggio di quasi 1.384 chilometri, si unisce al Gange ad Allahabad. Prima di confluire, però, i due fiumi formano il doab, che vuol dire “terra fra due fiumi”.

In certe epoche dell’anno questo doab si trasforma in lussureggianti campi di grano, orzo, miglio e cotone. Perfino sulle sabbiose rive del Gange ci sono campi di grano e piantagioni di zucchero. Anche i banchi di sabbia e le secche producono abbondanti raccolti di angurie, cetrioli e deliziosi meloni.

Prima della confluenza con lo Jumna, il Gange attraversa Kanpur, una città industriale, la “Manchester dell’India”. Anche lì il Gange manifesta la sua generosità. Wilfred John, un abitante di Kanpur, dice: “Durante la lunga stagione asciutta, quando il livello del fiume scende, gli abitanti delle campagne costruiscono villaggi temporanei nelle secche del Gange, e coltivano il suolo fertile. Ogni giorno caricano le barche di verdure che portano a vendere lungo la strada”. Cosa succede durante le piene del fiume? “Ogni anno questi contadini si spostano altrove insieme ai pochi animali domestici e ai loro miseri averi in dimore temporanee fino alla prossima stagione asciutta”.

Infine, ad Allahabad, lo Jumna e il Gange si uniscono. Dato che anche lo Jumna è considerato sacro, ora il Gange è doppiamente riverito, e molti pellegrini vanno alla confluenza dei due fiumi per bagnarsi. Dopo Allahabad, la pianura allagata dal fiume raggiunge in certi punti i sedici chilometri di ampiezza. Nella calda stagione asciutta può avere un aspetto ingannevolmente tranquillo, ma nella stagione delle piogge si trasforma in un fiume ribollente e impetuoso che può causare la morte degli incauti.

Giungiamo ora a Varanasi, o Benares, altra meta di pellegrinaggi. Qui, lungo gli argini, ci sono chilometri e chilometri di ghat, scalinate che scendono all’acqua per uso dei pellegrini. Un visitatore descrive la scena: “Lungo il fiume brulicano devoti indù occupati in varie attività religiose. Persone in lutto raccolgono le ceneri dai resti fumanti di parenti cremati, mentre altre sono in vari stadi del bagno rituale. Altri ancora siedono a gambe incrociate in posizioni riverenti, ed è evidente che mischiano l’adorazione del fiume con l’adorazione del sole. Versano nel fiume libazioni di acqua, girati verso il sole e mormorando mantra”.

Nel Bihar e nel Bengala Occidentale

Mentre il fiume procede tortuosamente verso est entrando nello stato del Bihar, si nota un graduale mutamento nella vegetazione, e alla fine predomina il riso. Intanto, altri affluenti si gettano in esso, tra cui il Kosi, che porta le sue acque dalle vicinanze del monte Everest. Il fiume s’ingrossa. A est di Patna, da dove viene il riso omonimo, la “zona dei meandri” si allarga fino a raggiungere un’estensione di trentadue chilometri.

Dal Bihar il Gange avanza maestosamente nel Bengala Occidentale, per uscire poi dall’India ed entrare nel Bangladesh. Poco prima che attraversi il confine comincia l’immensa regione deltaica. Il delta copre infine una superficie di 57.000 chilometri quadrati. Anche qui il fiume è sorgente di vita. Nel delta il paesaggio è di un verde lussureggiante. I contadini bengalesi coltivano 295 diversi tipi di riso.

In quella parte del delta che si affaccia sulla costa ci sono tratti di giungla, dove vivono la tigre del Bengala e il gaviale o coccodrillo del Gange. Le acque stesse sono popolate di varie specie di pesci che alimentano piccole industrie della pesca.

Il braccio principale del Gange nel delta è il Padma, che scorre nel Bangladesh. Questo corso d’acqua si suddivide infine in molti canali. Infatti il possente Gange sfocia nel golfo del Bengala attraverso 40 bocche diverse.

Il braccio più meridionale del fiume, l’Hooghly, continua il suo corso in India e attraverso l’immensa città di Calcutta. Pur essendo situata a 129 chilometri dal mare, Calcutta ha un porto formicolante. “Un enorme volume di traffico fluviale giunge a Calcutta attraverso l’Hooghly”, dice Tapash Chakravarty, nato nei pressi di Calcutta. “Calcutta è la maggiore esportatrice di iuta del mondo e anche il tradizionale mercato indiano del tè. In effetti, è il Gange che fa di Calcutta quello che è”.

Fiume di vita e fiume di morte

I capricci del Gange possono significare vita o morte per i 300 milioni di persone che vivono nell’ampia pianura gangetica. Quando arrivano le piogge portate dal monsone, il fiume può diventare un torrente infuriato, allagando le rive e le terre vicine.

Nello stato del Bihar molti conducono un’esistenza precaria. In tempo di siccità rischiano di morire di fame, mentre durante la stagione delle piogge rischiano di annegare. Secondo un superstite delle recenti inondazioni che hanno colpito Patna, nel Bihar, la stampa ha dichiarato che solo a Patna e in un vicino distretto 140.000 case hanno riportato danni e più di 300.000 sono stati i senzatetto. Sì, il Gange può essere un fiume di morte!

Comunque questo accade solo quando la popolazione non tiene conto dei suoi capricci e non prende precauzioni. Nella maggioranza dei casi è un fiume di vita. Trasporta 900.000 tonnellate di limo all’anno, incluse enormi quantità di sali naturali che sottrae ai monti. Durante le inondazioni sono depositati sulla terra, arricchendo il fertile suolo superficiale di una delle regioni più intensamente coltivate del mondo.

Milioni di indù adorano questo imprevedibile fiume che è sorgente di vita. Molti indiani, però, comprendono che in sostanza è solo una cosa impersonale. Sanno che è il dono di un amorevole Creatore che ha nome Geova. Anziché adorare la creazione, ringraziano il Creatore che rende possibile la vita a tante persone per mezzo del maestoso Gange.

[Testo in evidenza a pagina 26]

Nel delta ci sono tratti di giungla dove vivono la tigre del Bengala e il gaviale del Gange

[Testo in evidenza a pagina 27]

Il possente Gange si suddivide infine in molti canali e sfocia nel golfo del Bengala attraverso 40 bocche diverse

[Cartina a pagina 25]

(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

CINA

TIBET

NEPAL

SIKKIM

BHUTAN

Brahmaputra

BANGLADESH

GANGE

Jamuna

Noakhali

Bocche del Gange

GOLFO DEL BENGALA

INDIA

Gangotri

Hardwar

Alaknanda

Ramganga

GANGE

DELHI

Agra

Jumna

Betwa

Lucknow

Kanpur

Allahabad

Benares

Gumti

Son

GANGE

Gogra

Gandak

Patna

Kosi

Monghyr

CALCUTTA

Hooghly

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