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  • g86 8/6 pp. 25-27
  • I diplomati di Galaad si sottomettono alla direttiva di Dio

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  • I diplomati di Galaad si sottomettono alla direttiva di Dio
  • Svegliatevi! 1986
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  • Sottomissione in un mondo scettico?
  • Messa da parte “la paura dell’ignoto”
  • “Un buon amico che ami e apprezzi”
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Svegliatevi! 1986
g86 8/6 pp. 25-27

I diplomati di Galaad si sottomettono alla direttiva di Dio

OGGI molti non sono tanto propensi a farsi guidare da altri. Per questa ragione è raro trovare persone disposte a sottomettersi ad altri.

Comunque, il 2 marzo 1986, 24 diplomati della Scuola missionaria di Galaad (Watchtower Bible School of Gilead) che ha sede a Brooklyn (New York) si sono spontaneamente offerti di andare dove potevano essere meglio impiegati come missionari. (Matteo 28:19, 20) Come si sentono ad essere mandati, anziché scegliere loro stessi il posto dove trascorrere quelli che alcuni considererebbero i migliori anni della loro vita?

Sottomissione in un mondo scettico?

Anne risponde: “Volevo che fosse Geova a decidere il posto e il modo in cui potevo compiere il servizio continuo”. Lei e il marito Teuvo avevano già lasciato la loro casa in Finlandia e ora sono pronti per andare a vivere nel loro nuovo paese in Africa.

Wayne la pensa allo stesso modo. Lui e la moglie Barbara, originari degli Stati Uniti, sono entusiasti del paese a cui sono stati assegnati, il Guatemala, nell’America Centrale. “Quando abbiamo compilato la domanda della scuola di Galaad”, ha detto Wayne, “ci siamo detti che l’organizzazione di Geova sapeva meglio di noi dove mandarci, e ci credevamo. Quando siamo arrivati alla sede mondiale dei testimoni di Geova e abbiamo visto da vicino l’organizzazione di Geova all’opera, ci siamo veramente convinti che essa è nella posizione migliore per decidere dove possiamo compiere il massimo bene”.

In un mondo così scettico, come potevano questi giovani avere tanta fiducia in un’organizzazione da permetterle di prendere per loro una decisione così importante? Elizabeth, che era venuta dall’Australia, spiega: “In quasi tutte le altre fasi del servizio continuo, possiamo scegliere, almeno fino a un certo punto. Quando ci dedichiamo alla vita missionaria, però, è come se Geova ci prendesse per mano e scegliesse personalmente quello che è meglio per noi. Questo mi fa sentire molto vicina a Geova”. Suo marito Daryl aggiunge: “Per quanto mi riguarda, ho bisogno di riflettere continuamente sul fatto che dietro queste decisioni c’è Geova. Ho fiducia nel modo in cui viene guidata la mia carriera”.

Messa da parte “la paura dell’ignoto”

Per tutti i diplomati, diventare missionari ha significato lasciare i parenti, gli amici e un modo di vivere a cui erano abituati. Nutrivano qualche apprensione in proposito? Rachel, anch’essa australiana, risponde: “Sì. La paura dell’ignoto, la paura di lasciare tutto ciò che è sicuro e familiare e la paura di non essere all’altezza. Ma se lo spirito santo sceglie dove dovrò andare, allora lo spirito santo mi aiuterà ad adempiere l’incarico”. Suo marito Edi dice cosa pensa del fatto di avere rinunciato al loro precedente modo di vivere: “Meno la decisione di dove andare e cosa fare dipende da me, e più sono sicuro che dedico la mia vita al servizio di Geova e non soddisfo i miei propri desideri egoistici”. Hanno ricevuto l’incarico di servire nelle Isole Salomone, nel Pacifico meridionale.

Queste sono persone comuni con desideri normali che hanno semplicemente messo da parte le loro preferenze personali per rendersi disponibili per fare di più nel servizio di Geova. Gun si esprime così: “Ho la piena fiducia che Geova impiega la sua organizzazione per dirigere le cose. Dovrei porre un limite al modo in cui guida la mia vita? Quando abbiamo dedicato la nostra vita al suo servizio, abbiamo rimesso a lui queste decisioni. Spero solo di continuare ad avere il giusto spirito, qualunque cosa accada”. Ha lasciato la sua casa in Svezia per andare a servire nell’Honduras, nell’America Centrale.

E che dire della sicurezza economica o di una carriera in questo mondo? “Fare carriera nel mondo non rende necessariamente felici o soddisfatti né dà uno scopo alla vita”, ha osservato Chris, originario degli Stati Uniti. “Ma servire Geova di continuo è una carriera che offre tutto questo e molto di più”. Chris e sua moglie Mary non vedono l’ora di imparare la loro nuova lingua, il cinese, a Taiwan.

“Un buon amico che ami e apprezzi”

Quando le è stato chiesto se raccomandava ad altri di lasciarsi mandare dall’organizzazione di Geova in qualsiasi parte della terra a compiere l’opera di predicazione, Monét ha risposto: “Solo se hanno ferma fiducia che è Geova a guidare le cose. Altrimenti, quando sorgeranno problemi non avranno la forza per superarli o per lo meno non li sopporteranno con gioia”. Monét, originaria degli Stati Uniti, si è sposata poco dopo la consegna dei diplomi, e andrà a Taiwan con il marito che già serviva lì come missionario.

Ma chi fa sacrifici del genere può provare gioia? Elizabeth ha riassunto la cosa in questo modo: “Quando hai un buon amico che ami e apprezzi, è facile rinunciare alle tue preferenze personali per amor suo. Questo è quello che provo cooperando con l’organizzazione di Dio. Si tratta solo di rinunciare a quello che vogliamo per Geova, il nostro migliore Amico”.

[Riquadro a pagina 25]

PROFILO DELLA CLASSE:

Numero dei paesi di provenienza: 6

Numero dei paesi dove sono mandati: 11

Numero di celibi: 4

Numero di nubili: 2

Numero di coppie di sposi: 9

Numero totale degli studenti: 24

Età media: 31,1

Battezzati in media da anni: 13,7

Nel servizio continuo in media da anni: 8,8

[Diagramma/Immagini alle pagine 26 e 27]

(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

Deborah e Yale Kooperstein, Stati Uniti

Evelyn e David Fritz, Barbara e Wayne Sullivan, Guatemala

Timo Kurkaa/Tommy Petersson, Colombia

Cam e Donnie Doerschler, Repubblica Dominicana

Peter Davies/Barry Hill, Ecuador

Gun Stenz, Honduras

Pauline e Geoffrey Hendry, Hong Kong

Anne e Teuvo Hyörtti, Africa

Mary e Christopher LaPrath,

Monét Carleton, Taiwan

Elizabeth e Daryl Byron, Papua Nuova Guinea

Rachel e Edi Possamai, Isole Salomone

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