I lettori ci scrivono

Alcool e guida

È con grande gioia che vi scrivo per dirvi che il vicesceriffo locale responsabile del traffico ha chiesto 100 copie del vostro numero su “Alcool e guida” (8 marzo 1986). Si sta attualmente occupando di un lavoro che riguarda questo argomento e dovrà parlare a un gruppo di proprietari di bar e ristoranti, sottolineando la loro responsabilità di non permettere a chi deve guidare di bere troppo. Vi ringraziamo perché siete sempre pronti a darci quello che ci occorre, quando ci occorre.

J. P., USA

Vincere il pregiudizio

Desidero ringraziarvi dell’articolo “Il pregiudizio si può vincere!” (8 marzo 1985). Ne sono rimasto entusiasta già dal primo articolo. Ho potuto usare il materiale di quel numero per trattare il soggetto a scuola. I pensieri espressi nell’articolo mi sono stati molto utili per svolgere bene quel compito.

P. P., Austria

Figli handicappati

Il vostro articolo “Trent’anni di amore e devozione” (8 febbraio 1986) era molto bello e incoraggiante per coloro che hanno figli affetti dalla sindrome di Down, ma non mi è piaciuta la frase: “Spesso gli estranei pensano che aver cura di un figlio handicappato sia una responsabilità con poche soddisfazioni. Come si sbagliano!” Avendo una figlia seriamente handicappata, posso dire sinceramente che forse vi sbagliate a mettere tutti i ragazzi handicappati nella stessa categoria. Mia figlia non cammina, non parla, non vede, non sa mangiare da sola e non può stare senza pannolino. Bisogna lavarle i denti e farle il bagno tutti i giorni. Darle da mangiare è un’impresa che dura tutta la giornata. Ci vogliono molte ore per consultare terapisti, esperti di nutrizione, pediatri e altri, ed è sempre una lotta trovare l’assistenza e i servizi di cui ha bisogno. I genitori di figli handicappati li amano moltissimo, ma quello che cerco di dire è che se proprio non riuscite a capire la situazione, non cercate di trovare una scusante dicendo: “Be’, hanno tanta gioia e felicità”.

J. B., Canada

Nel corso degli anni abbiamo pubblicato vari racconti in prima persona di genitori che si sono presi cura di figli handicappati. Abbiamo pensato che molte preziose informazioni in essi contenute potevano essere utili ad altri che si trovavano in una situazione analoga e che la pubblicazione di tali articoli poteva risultare incoraggiante. Non vogliamo certo accrescere il dolore delle famiglie che hanno già un problema difficilissimo. Nel suo racconto Anna Field ammette che ogni caso è diverso e che le condizioni familiari variano. Sebbene anche loro abbiano avuto momenti difficili e dispiaceri, lei è sinceramente convinta che la figlia handicappata abbia dato loro molta più gioia che dolore. Ne siamo felici. Nello stesso tempo, ci rendiamo conto che possono esserci casi molto più difficili nei quali un figlio non è in grado di rispondere in modo tale da recare felicità ai suoi genitori. I genitori di un tale figlio meritano senz’altro la comprensione di tutti nonché il debito aiuto degli intimi amici. Siamo molto vicini a tutti quelli che si trovano in questa difficile situazione. — Ed.