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  • g87 22/6 pp. 21-24
  • Convivere con l’emofilia

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  • Convivere con l’emofilia
  • Svegliatevi! 1987
  • Sottotitoli
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  • Continue ecchimosi
  • La mia seconda casa, l’ospedale
  • Università e matrimonio
  • Una decisione di importanza vitale
  • Sei mesi di vita?
  • “Lassù dev’esserci qualcuno che l’ama!”
  • La mia tragica esperienza ha insegnato qualcosa ai medici
    Svegliatevi! 1995
  • Quando i medici cercano di imporre le trasfusioni di sangue
    Svegliatevi! 1974
  • Ho accettato il punto di vista di Dio sul sangue
    Svegliatevi! 2003
  • Salvato in extremis con una terapia alternativa
    Svegliatevi! 1992
Altro
Svegliatevi! 1987
g87 22/6 pp. 21-24

Convivere con l’emofilia

SONO nato a St. Petersburg, in Florida, nel 1949. Avrò avuto sei mesi quando una volta mio zio mi prese in braccio, mi lanciò in aria e mi riprese al volo. Fu allora che i miei genitori cominciarono a preoccuparsi. Tutti rimasero meravigliati notando nel mio torace dei piccoli lividi nei punti dove lo zio mi aveva afferrato mentre tornavo giù.

I miei genitori mi portarono dal medico per vedere cos’avevo. Gli esami rivelarono che ero affetto da emofilia, un difetto della coagulazione del sangue. La mia è la forma più grave, l’emofilia classica o emofilia A. Mi manca il cosiddetto fattore VIII, quello che lega insieme tutti gli altri fattori della coagulazione per produrre un coagulo buono e forte. Il mio sangue produce un coagulo buono, ma fragile. Si frantuma facilmente, e spesso basta la pressione del sangue che scorre attraverso la ferita a distruggere il coagulo in via di formazione. Ne risulta un’emorragia prolungata.

Continue ecchimosi

Quando ero piccolo, le cose più insignificanti mi procuravano ecchimosi. Una volta mi sedetti sui cubi con le lettere dell’alfabeto: mi procurai un’ecchimosi che riproduceva la forma della lettera che c’era sul cubo! Ricordo che mi svegliavo in piena notte con forti dolori causati dalle emorragie alle articolazioni o agli organi addominali. Infine, a sei anni, il mio medico ritenne necessario farmi trasfondere sangue intero per arrestare un’emorragia. Quella fu la prima di oltre 900 trasfusioni che ho ricevuto.

La maggior parte dei miei problemi è stata causata da emorragie interne. Le ferite esterne non sono mai state veramente così tante da causare un problema. Comunque, un giorno che mia madre mi lasciò solo in macchina per pochi minuti mentre entrava in un negozio passai un brutto momento. In precedenza lei aveva comprato un pacchetto di lamette a due tagli e alcuni generi alimentari. Seduto in macchina, decisi di scoprire perché le chiamano a due tagli. Suscitai una grande agitazione allorché corsi nel negozio con il sangue che mi colava da entrambi gli indici!

La mia seconda casa, l’ospedale

Per molti anni ho trascorso parecchio tempo nella mia seconda casa, l’ospedale, dove mi praticavano trasfusioni per fermare le emorragie. C’è voluto molto tempo prima che questa tecnica venisse modificata. Tuttavia i medici hanno imparato a separare il sangue nelle sue diverse parti. Così ora, nella cura dell’emofilia, invece del sangue intero si può utilizzare solo una piccola frazione di sangue.a Ciò permette ai medici di ridurre il volume del materiale trasfuso, evitando così di somministrare al paziente tante parti del sangue di cui non ha veramente bisogno.

Alle elementari non mi era permesso partecipare alle attività ricreative. Dato che non potevo giocare con gli altri ragazzi, giocavo spesso con l’insegnante. Un giorno — facevo la terza — un’insegnante mi tirò il pallone e allorché glielo ritirai con un calcio, mi venne un’emorragia alla caviglia. Passai le successive sei settimane su una sedia a rotelle.

In un’altra occasione, a causa di un’emorragia a un ginocchio, rimasi sulla sedia a rotelle per quasi tre anni con un apparecchio dall’anca alla caviglia. Quello fu un periodo molto sconvolgente della mia vita. Quando potei camminare, dovetti usare questo apparecchio che mi teneva rigide le gambe. Ma dopo un po’ l’apparecchio sottoponeva le mie ginocchia a uno sforzo maggiore di quando non lo portavo. Dopo tre anni ne ebbi abbastanza. Mi tolsi l’apparecchio e ne feci a meno, come avrebbe fatto qualsiasi adolescente!

Continuavo ad avere emorragie a varie articolazioni del corpo: gomiti, dita, ginocchi, caviglie e polsi. Per le cure dovevo andare all’ospedale, dove finii per conoscere per nome tutto il personale. Erano quasi tutti molto gentili e comprensivi. Le ore più penose erano quelle della notte, quando tutti erano ormai a letto e alla televisione non c’era più nulla da guardare. Rimanevo solo col mio dolore.

Università e matrimonio

Dopo la scuola superiore i miei genitori mi mandarono all’università, e fu un sacrificio per loro dato che prendersi cura di un emofiliaco era un peso finanziario non indifferente. Comunque, avevo voti abbastanza buoni, per cui ricevetti alcune piccole borse di studio. Così mi iscrissi all’Università di Miami per studiare biologia marina. Cominciai a passare sempre più tempo all’infermeria dell’università e in un ospedale di Miami.

Il terzo giorno di università conobbi una ragazza di nome Leslie. Mi dispiacque doverle dire che ero emofiliaco, perché pensai che non si sarebbe interessata a me per via dei miei problemi. Ovviamente non la conoscevo bene, perché lei pensò che valesse la pena di frequentarmi nonostante i miei problemi. Leslie mi aiutava negli studi quando perdevo le lezioni e nel 1968 ci sposammo. Andammo a vivere in un appartamento e mentre Leslie lavorava, io frequentavo il secondo anno. Ma fisicamente continuavo a peggiorare, finché dovetti lasciare l’università a causa del dolore ai ginocchi e alle spalle.

Dopo che ebbi interrotto gli studi, ci trasferimmo a Winter Haven (Florida), dove nel 1969 nacque il nostro primo figlio, John. Poco dopo tornammo a St. Petersburg, dove nell’ottobre del 1977 nacque il nostro secondo figlio, Kenneth. Che sollievo sapere che nessuno dei due ragazzi avrebbe potuto ereditare l’emofilia da me!

Una decisione di importanza vitale

Dopo il nostro ritorno a St. Petersburg, Leslie ed io ci mettemmo a vendere utensili da cucina. Una sera, per dimostrare l’uso degli utensili, preparai la cena per la vicina di mia madre che, a mia insaputa, si era appena battezzata come testimone di Geova. Anche tutte le persone che aveva invitato per la dimostrazione erano Testimoni. Successivamente, quando feci visita a quelle persone per vendere loro gli utensili da cucina, ognuna di esse mi parlò della Bibbia. Come risultato di queste conversazioni, appresi che i Testimoni non accettano trasfusioni di sangue. Dissi loro che a mio avviso quella sarebbe stata una strada molto difficile per un emofiliaco.

Circa un anno dopo una coppia di Testimoni venne a casa nostra e io accettai di studiare la Bibbia con loro. Esaminando le Scritture più attentamente, mi convinsi che stavo realmente conoscendo la verità. Ma avrei dovuto affrontare un’importante decisione: che fare riguardo al problema del sangue.

Ricevevo ancora trasfusioni. E come potevo rinunciarci, dal momento che si supponeva mi tenessero in vita? Se mi succedeva qualcosa, chi avrebbe pensato a mia moglie e al nostro bambino, il primo, che allora aveva solo un anno e mezzo? Dove sarebbero andati? Chi si sarebbe preso cura di loro? In cuor mio sapevo qual era la cosa giusta da fare. Ma per un po’ tutte queste domande mi lasciarono perplesso.

Una sera, dopo lo studio biblico, chiesi al Testimone: “Ti rendi conto che probabilmente morirò se smetto di ricevere trasfusioni?”

“Sì, John, me ne rendo conto”, rispose calmo.

“Ti prenderai cura della mia famiglia se muoio?”

Promise che, se fossi morto per avere mantenuto l’integrità verso Geova riguardo al problema del sangue, avrebbe fatto in modo che non mancasse loro nulla. Tuttavia ribadì che dovevo sapere bene quello che facevo e che, se mi dedicavo a Geova, dovevo fare sul serio e perseverare.

Una sera ero in viaggio per andare a farmi fare una trasfusione quando mi resi conto che non avevo ancora dato prova della mia integrità verso Geova. Tornai a casa. Così il 6 novembre 1970 fu l’ultima volta che accettai una trasfusione e sono andato avanti fino ad ora, nel 1987, senza trasfusioni. Fui battezzato come testimone di Geova nel luglio del 1971 e mia moglie Leslie fu battezzata nel marzo del 1972.

Sei mesi di vita?

In origine avevano previsto che sarei vissuto solo sei mesi, poiché sarebbe sorto senz’altro qualche grave problema e i medici non avrebbero potuto fermare l’emorragia. Come sono felice che si siano sbagliati!

A sei mesi di distanza dalla mia decisione, però, la mia fede fu messa alla prova. Ci fu un episodio particolarmente doloroso quando mi venne un’emorragia a una spalla. All’ospedale dov’ero solito andare si rifiutarono di curarmi se non permettevo loro di farmi una trasfusione qualora fosse stato necessario. Non acconsentii. Con l’aiuto dei Testimoni locali trovai un ospedale dove il personale fu disposto a rispettare i miei desideri.

Quando smisi di ricevere trasfusioni, mia moglie ed io attuammo un nostro programma di cure: fasce elastiche; impacchi di ghiaccio; immobilizzazione; riposo a letto, se necessario; antidolorifici; e quando il dolore era troppo intenso, temporaneo ricovero in ospedale. Tutto questo ha avuto discreti risultati nel corso degli anni. Purtroppo, le articolazioni soggette a frequenti emorragie sono peggiorate di continuo, in particolare quelle dei ginocchi e delle spalle.

“Lassù dev’esserci qualcuno che l’ama!”

Verso la metà del 1978 ebbi una delle esperienze più difficili della mia vita. Mi venne un’emorragia a un rene. Ovviamente, più invecchio, più questi problemi possono essere seri e, senza trasfusioni, anche più gravi. Non si può certo avvolgere un rene in una fascia elastica o immobilizzarlo per impedirgli di compiere le sue normali funzioni. La prognosi non fu buona.

I valori normali dell’emoglobina oscillano fra 14 e 16, e di solito i miei valori si aggirano su 16. Ma nelle successive due settimane i miei valori scesero al di sotto di 5! Passarono alcuni giorni, poi i medici mi esortarono a valutare le possibili conseguenze del non prendere sangue. Erano sicuri che, se aspettavo troppo, sarei morto.

Per tutta la mia vita sono stato molto vicino ai medici, per ovvie ragioni. Mi sono reso conto che la maggioranza di essi è bene intenzionata. Non vogliono perdere una vita se pensano di poterla salvare. Per loro era difficile capire la mia posizione riguardo al sangue.

Mentre ero in ospedale, ricevetti una lettera in cui mi si informava che per la prima volta mi era stata assegnata una parte alla successiva assemblea di circoscrizione dei testimoni di Geova. Il mio morale si risollevò! Nel giro di 24 ore i miei valori dell’emoglobina si alzarono e si stabilizzarono. Era la prima indicazione che l’emorragia si era fermata. Allora venne il dottore e mi disse: “Tra una settimana o una decina di giorni, quando la sua emoglobina sarà arrivata a dieci, la manderemo a casa”. Ebbene, dopo tre o quattro giorni il valore dell’emoglobina si era alzato abbastanza da permettermi di andare a casa.

Nelle settimane immediatamente successive, quando andai alle visite di controllo, il medico osservò di avere imparato un modo nuovo per curare gli emofiliaci: “Aspettare”. E aggiunse: “Lassù dev’esserci qualcuno che l’ama!”

Da allora — salvo quando nel 1981 fui costretto a letto per sei settimane in seguito a un’emorragia al ginocchio destro — il mio stato di salute è rimasto pressoché immutato. Continuo ad avere emorragie che mi costringono a letto per vari giorni o anche settimane, ma passano, e posso riprendere la maggior parte delle attività.

Insieme alla mia diletta moglie e ai miei due figli spero di poter vivere molti anni ancora. Ma qualunque cosa succeda, sono sicuro di aver fatto quello che ogni cristiano deve fare: ubbidire a Geova sia che sembri facile o no. Un giorno la scienza medica potrebbe produrre un fattore artificiale per la coagulazione. Ma la mia vera speranza sta nel giusto nuovo sistema di Geova dove tutti avranno salute perfetta. (Isaia 33:24; Rivelazione 21:3, 4) — Narrato da John A. Wortendyke.

[Nota in calce]

a Per una considerazione del pensiero scritturale circa l’accettare questa frazione di sangue, si vedano i numeri del 1º novembre 1978, pagina 31, e del 1º dicembre 1974, pagine 735 e 736, dell’altra nostra rivista, La Torre di Guardia.

[Immagine a pagina 21]

A volte ero costretto sulla sedia a rotelle

[Immagine a pagina 23]

Pronto per una giornata nel ministero di campo

[Immagine a pagina 24]

Con mia moglie e i miei due figli

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