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  • g98 22/11 pp. 19-22
  • L’editto di Nantes: Un trionfo della tolleranza?

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  • L’editto di Nantes: Un trionfo della tolleranza?
  • Svegliatevi! 1998
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  • Un’Europa dilaniata dalla guerra
  • Una politica pacificatoria
  • Una “Dichiarazione dei Diritti” alla francese
  • Fino a che punto l’editto era tollerante?
  • Risultati importanti
  • La sua importanza oggi
  • Le questioni in gioco
  • Gli ugonotti in fuga verso la libertà
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Svegliatevi! 1998
g98 22/11 pp. 19-22

L’editto di Nantes: Un trionfo della tolleranza?

“QUESTO mi crocifigge!” Fu con questa esclamazione che, nel 1598, papa Clemente VIII accolse la notizia della firma dell’editto di Nantes da parte di Enrico IV re di Francia. Quattrocento anni dopo, anziché suscitare risentimento e opposizione, l’editto è celebrato come atto di tolleranza e come uno dei passi più significativi verso la garanzia della libertà di religione per tutti. Cos’era l’editto di Nantes? Fu davvero un trionfo della tolleranza? E cosa insegna a noi oggi?

Un’Europa dilaniata dalla guerra

L’Europa del XVI secolo era caratterizzata dall’intolleranza e da sanguinose guerre di religione. “Mai prima del XVI secolo i seguaci di Cristo si erano fatti così tanto beffe del suo insegnamento ‘Abbiate amore fra voi’”, osserva uno storico. Alcuni paesi, come la Spagna e l’Inghilterra, perseguitavano senza pietà le minoranze religiose. Altri, come la Germania, avevano adottato il principio del “cuius regio, eius religio”, secondo cui chi governava un territorio ne decideva la religione. Chiunque non fosse d’accordo con la scelta religiosa del governante era costretto ad andarsene. La guerra si evitava tenendo le religioni separate, e quasi nessuno si provava a far coesistere religioni diverse.

La Francia scelse una strada diversa. Dal punto di vista geografico si trovava fra l’Europa settentrionale, a maggioranza protestante, e l’Europa meridionale, cattolica. A metà del XVI secolo i protestanti erano diventati una minoranza significativa in questo paese cattolico. Una serie di guerre di religione accentuò questa frattura.a Numerosi trattati di pace, o “editti di pacificazione”, come erano chiamati, non erano riusciti a creare una pacifica convivenza religiosa. Perché la Francia scelse la strada della tolleranza anziché imitare gli altri paesi europei?

Una politica pacificatoria

Nonostante la diffusa intolleranza si era sviluppata l’idea che pace e disunione religiosa non fossero necessariamente incompatibili. Generalmente parlando, a quel tempo appartenenza religiosa e ubbidienza civile erano tutt’uno. Era possibile essere francesi e allo stesso tempo non appartenere alla Chiesa Cattolica? Evidentemente alcuni pensavano di sì. Nel 1562 Michel de l’Hospital, uomo di stato francese, scrisse: “Nemmeno chi è scomunicato cessa di essere un cittadino”. Un gruppo cattolico noto come les politiques (“i politici”) sosteneva idee simili.

I trattati di pace firmati in Francia senza successo incorporavano alcune di queste nuove idee. Promuovevano anche l’idea di dimenticare il passato per costruire il futuro. Ad esempio, l’editto di Boulogne, del 1573, diceva: “Il ricordo di tutto ciò che è accaduto . . . sia cancellato e offuscato come di cose mai avvenute”.

La Francia aveva molte cose da dimenticare. Prima che Enrico IV diventasse re nel 1589, il trattato di pace più duraturo era durato solo otto anni. La Francia stava soffrendo sia sul piano economico che su quello sociale. Era essenziale ritrovare una stabilità interna. Enrico IV conosceva di persona entrambe le religioni e le politiche. In diverse occasioni aveva cambiato bandiera, abbracciando ora il protestantesimo ora il cattolicesimo. Dopo aver conseguito nel 1597 alcune vittorie militari che avrebbero portato alla pace con la Spagna e aver finalmente domato i dissidi interni nel 1598, era in grado di imporre una soluzione pacifica sia ai protestanti che ai cattolici. Nel 1598, dopo più di 30 anni che la Francia era piagata dalle guerre di religione, Enrico IV firmò l’editto di Nantes.

Una “Dichiarazione dei Diritti” alla francese

L’editto di Nantes era composto da quattro testi fondamentali, tra cui quello principale formato da 92 o 95 articoli e i 56 articoli segreti, o “particolari”, che riguardavano i diritti e i doveri dei protestanti. La struttura fondamentale dell’accordo era quella dei precedenti editti, da cui furono tratti due terzi degli articoli. A differenza di quanto era avvenuto le altre volte, però, la preparazione di questo editto richiese molto tempo. La sua eccezionale lunghezza si può spiegare con il fatto che esso affrontava i problemi nei dettagli, il che gli dà l’aspetto di un compromesso fatto in casa. Quali erano alcuni diritti che accordava?

L’editto riconosceva piena libertà di coscienza ai protestanti francesi. Conferiva loro anche lo status di minoranza rispettata, con tanto di diritti e privilegi. Uno degli articoli segreti garantiva loro persino la protezione contro l’Inquisizione nei viaggi all’estero. In più, i protestanti avrebbero goduto degli stessi diritti civili dei cattolici e avrebbero potuto ricoprire cariche pubbliche. Tuttavia, questo editto fu un vero trionfo della tolleranza?

Fino a che punto l’editto era tollerante?

Se si considera il trattamento riservato alle minoranze religiose negli altri paesi, l’editto di Nantes fu “un documento di rara saggezza politica”, afferma lo storico Elisabeth Labrousse. In ultima analisi Enrico IV avrebbe voluto vedere i protestanti tornare nell’ovile cattolico. Nel frattempo, la coesistenza delle due religioni era un compromesso: l’unico modo in cui Dio poteva “essere adorato e pregato da tutti i nostri sudditi”, per usare le parole del re.

In realtà l’editto favoriva il cattolicesimo, che veniva proclamato religione dominante e doveva essere ripristinato in tutto il regno. I protestanti dovevano pagare la decima come i cattolici e rispettare le feste cattoliche e determinate restrizioni in materia di matrimoni. La libertà di culto dei protestanti era circoscritta a specifiche aree geografiche. L’editto inoltre riguardava solo la coesistenza di protestanti e cattolici. Non menzionava affatto le altre minoranze religiose. I musulmani, ad esempio, furono espulsi dalla Francia nel 1610. Come mai, nonostante i suoi limiti sul piano della tolleranza, oggi questo editto viene celebrato?

Risultati importanti

Le cronache dell’epoca non diedero ampio spazio all’editto. Gli storici lo definiscono un “non evento”. Oggi, però, viene considerato un capolavoro di diplomazia politica. L’editto chiamava il protestantesimo “religione” anziché “eresia”. Il fatto di riconoscere un’altra religione al di fuori del cattolicesimo aprì la strada al pluralismo religioso. Secondo uno storico, questo “ebbe l’effetto di eliminare dalle passioni francesi il fanatismo che caratterizzava tanto i protestanti quanto i cattolici”. L’editto riconosceva che la religione non era il fattore determinante per quanto riguardava la lealtà allo Stato o l’identità nazionale. In più, sanciva che si dovevano perseguire legalmente le attività criminose, non l’affiliazione religiosa. Queste idee riflettevano cambiamenti anche maggiori.

Nel firmare l’editto, il re Enrico IV si preoccupava soprattutto dell’unità civile. Per assicurare quest’ultima, l’editto distingueva l’unità civile da quella religiosa. “Esso avviò un processo di secolarizzazione . . . , il riconoscimento che nazione e confessione religiosa non erano più sinonimi”, fa notare uno storico. Anche se la Chiesa Cattolica continuava a detenere un certo potere, il potere dello Stato ne usciva grandemente rafforzato. Il sovrano doveva essere arbitro nei casi di conflitto. Proponendo soluzioni politiche o giuridiche ai problemi religiosi si indicava che la politica prevaleva sulla religione. Per questo uno storico definisce l’editto “il trionfo del potere politico sul ruolo della Chiesa”. Un altro dice che “fu una tappa decisiva nell’emergere dello Stato moderno”.

La sua importanza oggi

Alcuni dei princìpi delineati nell’editto di Nantes furono poi adottati da altri governi. Nel corso del tempo molti paesi ridefinirono il rapporto tra religione e politica, ponendo su una nuova base l’autorità dello Stato. In Francia la strada che finì per essere scelta (nel 1905) fu quella della completa separazione tra Chiesa e Stato. Secondo il noto professore di storia e sociologia Jean Baubérot, questa posizione costituisce “la miglior salvaguardia per le minoranze” in un clima di crescente intolleranza. Altri paesi, pur continuando ad avere una religione di stato, hanno scelto di garantire la libertà di religione e di assicurare un trattamento paritario a tutti incorporando questi princìpi nella loro costituzione.

Oggi, tuttavia, molti ritengono che si possano fare ulteriori passi avanti nella tutela della libertà di religione. “L’editto di Nantes viene commemorato solennemente una volta ogni secolo e calpestato per il resto del tempo”, lamenta il giornalista Alain Duhamel. Alcuni commentatori informati, ad esempio, denunciano quanto sia intollerante escludere altri etichettando arbitrariamente tutte le religioni minoritarie come “sette”. Imparare a convivere in pace e senza pregiudizi era una lezione fondamentale che si doveva imparare 400 anni fa. Ma è una lezione che continua ad essere di grande attualità.

Le questioni in gioco

Non esiste libertà di religione quando le autorità favoriscono arbitrariamente certe religioni rispetto ad altre. In Francia alcune amministrazioni riconoscono ai testimoni di Geova lo status di religione, altre no. Paradossalmente, uno Stato laico sta definendo cosa è una religione e cosa non lo è. Questo modo di fare inizia con la discriminazione e porta alla persecuzione. Inoltre, “potrebbe anche stabilire un precedente che si può estendere a vari paesi e vari gruppi religiosi”, dice il parlamentare europeo Raimo Ilaskivi. Per questo il giurista Jean-Marc Florand conclude dicendo: “È un brutto colpo per la Francia e per l’esercizio delle libertà. Come cattolico, questo mi preoccupa molto”. Ma la storia può insegnare delle lezioni a chi è disposto a imparare.

A una recente conferenza dell’UNESCO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) un oratore ha detto che “un modo per celebrare l’editto di Nantes è quello di riflettere sulla posizione giuridica delle religioni nel nostro tempo”. Sì, il modo migliore per commemorare l’editto di Nantes è accertarsi che a tutti sia garantita vera libertà di religione!

[Nota in calce]

a Vedi Svegliatevi! del 22 aprile 1997, pagine 3-9.

[Riquadro/Immagini alle pagine 20 e 21]

La libertà di religione nella Francia odierna

A volte le lezioni del passato vengono dimenticate. Difendendo l’editto di Nantes, Enrico IV dichiarò: “Non si deve più fare distinzione tra cattolici e ugonotti”. Jean-Marc Florand, che insegna giurisprudenza alla XII Università di Parigi, spiega sul quotidiano francese Le Figaro che in Francia, dal 1905, “la legge pone tutte le religioni, le fedi e le sette su un piano di parità”. Discriminazione e pregiudizi dovrebbero essere cose del passato.

Paradossalmente nel 1998, proprio quando ricorre il quarto centenario dell’editto di Nantes, sembra che la lezione che tale editto avrebbe dovuto insegnare — e cioè che la libertà di religione e un trattamento paritario vanno garantiti a tutti i cittadini — sia stata dimenticata. In Francia i testimoni di Geova, la terza comunità religiosa cristiana del paese per numero di aderenti, praticano la loro religione da quasi un secolo. Eppure una relazione parlamentare francese ha negato che i Testimoni siano una religione legittima. Di conseguenza alcune autorità francesi discriminano regolarmente i testimoni di Geova sul piano delle loro libertà. Ad esempio, nelle cause per l’affidamento dei figli spesso capita che i magistrati francesi mettano in dubbio se sia il caso di permettere ai genitori testimoni di Geova di mantenere l’affidamento dei figli. Tali dubbi vengono sollevati solo a causa dell’appartenenza religiosa dei genitori. Inoltre, per il fatto di essere testimoni di Geova, alcuni genitori adottivi stanno correndo sempre di più il rischio di perdere i bambini che hanno adottato.

Di recente le autorità francesi hanno minacciato di imporre una tassa arbitraria sulle contribuzioni che i testimoni di Geova danno alle loro congregazioni. Secondo l’organizzazione non governativa “Diritti umani senza frontiere”, questo costituisce un “pericoloso precedente” che viola le risoluzioni approvate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Sì, l’Unione Europea garantisce la libertà di religione. La Corte europea ha più volte riconosciuto i testimoni di Geova come una “religione nota”, il che rende ancora più incomprensibile l’azione intrapresa da alcune autorità francesi.

I testimoni di Geova sono attivi in Francia da quasi un secolo

In alto a destra: In Francia molte famiglie sono testimoni di Geova da diverse generazioni

In alto a sinistra: 1913, congregazione di Roubaix

In basso a sinistra: 1922, Testimoni nella Francia settentrionale

[Immagine a pagina 19]

Enrico IV re di Francia

[Fonte]

© Cliché Bibliothèque Nationale de France, Parigi

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