Primo e secondo Tessalonicesi (Lezione 63)
MENTRE stava compiendo il suo secondo giro di predicazione, Paolo fondò la congregazione cristiana di Tessalonica, verso il 49 o il 50 d.C. Fin dalla sua nascita la congregazione fu provata nel crogiolo della persecuzione religiosa. Paolo predicò per tre sabati nella sinagoga, e “alcuni di loro furon persuasi, e si unirono a Paolo e Sila; e così fecero una gran moltitudine di Greci pii, e non poche delle donne principali. Ma i Giudei, mossi da invidia, presero con loro certi uomini malvagi fra la gente di piazza; e raccolta una turba, misero in tumulto la città; e, assalita la casa di Giasone, cercavano di trar Paolo e Sila fuori al popolo. Ma non avendoli trovati, trascinarono Giasone e alcuni de’ fratelli dinanzi ai magistrati della città, gridando: Costoro che hanno messo sossopra il mondo son venuti anche qua, e Giasone li ha accolti; ed essi tutti vanno contro agli statuti di Cesare, dicendo che c’è un altro re, Gesù”. (Atti 17:1-10, VR) La notte seguente i fratelli fecero partire Paolo e Sila per Berea. Ma la congregazione di testimoni a Tessalonica era stabilita.
Paolo si preoccupava molto del benessere di questa nuova congregazione, tanto presto sottoposta a prove così dure. Le furiose persecuzioni tennero sulle mosse l’apostolo, che da Berea andò ad Atene. Due volte egli tentò di ritornare a Tessalonica, ma fu impedito da ostacoli posti da Satana. (1 Tess. 2:17, 18) Incapace di pazientare ancora e ansioso per i nuovi convertiti, Paolo manda Timoteo a Tessalonica per edificarli e confortarli maggiormente. Il giovane collaboratore ritorna da Paolo, che intanto sta predicando a Corinto, e il rapporto che gli reca di come la congregazione di Tessalonica resista fedelmente all’uragano di persecuzione è molto confortante e rincuorante per Paolo. (1 Tess. 3:1-7; Atti 17:14-16; 18:1, 5) Egli è così colmo di gratitudine verso Dio per la loro perseveranza che, in unione con Timoteo e Silvano, scrive la sua prima epistola ai Tessalonicesi. Egli scrive da Corinto, verso la primavera del 50 d.C. Questa lettera è considerata la prima epistola canonica di Paolo, e con la probabile eccezione del Vangelo di Matteo, il primo libro delle Scritture Greche messo per iscritto.
Il tono generale dei primi tre capitoli di questa prima epistola ai Tessalonicesi riflette il suddetto sfondo storico di avvenimenti. Il primo capitolo loda la loro fede e rammenta che essi hanno ricevuto la parola di verità in mezzo a molte afflizioni, ma che a motivo di queste difficili circostanze, son divenuti esempi per la loro saldezza nella fede non solo in Macedonia e in Acaia ma anche oltre questi confini. Nel capitolo 2 Paolo esamina il modo in cui ha predicato fra loro, come ha compiuto il suo servizio senza traccia d’inganno e parole adulatrici, con tenerezza e affetto, senza essere di peso a loro in alcun modo. Per quanto riguardava le prove da parte dei loro connazionali, egli rammenta loro l’analoga situazione della Giudea, dove i Giudei cristiani soffrono violenza dai Giudei in generale. Il capitolo 3 parla dell’invio di Timoteo e del suo ritorno presso Paolo, della gioia e della consolazione dell’apostolo per il buon rapporto di Timoteo.
Il quarto capitolo inizia con una fervente esortazione a santificarsi e a mantenere il corpo puro affinché possa essere un vaso onorevole per il Signore. Poiché è Dio che li ha chiamati a santità e li ha generati col suo spirito santo, essi disprezzano Dio e non un uomo se si volgono dalla santità all’impurità. Sembra che alcuni della congregazione di Tessalonica avessero tendenza ad infiacchirsi nel fare il proprio lavoro e l’opera diligentemente, poiché Paolo li ammonisce di “cercar di vivere tranquilli, e a pensare ai fatti vostri e lavorare con le vostre mani”. Egli quindi li conforta relativamente a quelli che si sono addormentati nella morte. Alla venuta di Cristo questi Cristiani che dormono saranno risuscitati dalla morte e il rimanente che vivrà a quel tempo sulla terra nella carne sarà unito al Re regnante, Cristo Gesù.
Il quinto e ultimo capitolo parla dei tempi e delle stagioni, del giorno del Signore che viene come un ladro. Si noti che alla fine o verso la fine di ciascuno dei precedenti capitoli è fatta menzione della venuta di Cristo Gesù. I nuovi aderenti al Cristianesimo in Tessalonica erano a quanto sembra, vivamente interessati ed ansiosi riguardo a questa particolare verità. Paolo dimostra come questo futuro giorno avrebbe colto il mondo addormentato in una sensazione di falsa pace e sicurezza: “Quando diranno: ‘Pace e sicurezza!’ un’improvvisa distruzione verrà istantaneamente su di loro, come le doglie su una donna incinta; e non scamperanno in nessun modo”. Ma i Cristiani erano figli della luce e del giorno, e la venuta di Cristo non li avrebbe colti di sorpresa come la visita di un ladro nelle tenebre della notte. Essi restano sobri e vegliano vivendo in Cristo. La lettera termina con diverse esortazioni generali.
SECONDO TESSALONICESI
La seconda lettera di Paolo ai Tessalonicesi seguì a breve distanza la prima. Evidentemente ritenne necessario scrivere nuovamente così presto per correggerli da un errore nel quale erano caduti. È probabile che fra i testimoni di Tessalonica alcuni sostenessero che la venuta di Cristo era imminente, che questi predicassero energicamente tale loro teoria, e che la loro attività avesse provocato qualche turbamento nella congregazione. Non si sa su che cosa fondassero questa loro credenza, ma è possibile che quando la prima epistola di Paolo fu letta alla congregazione (1 Tess. 5:27) questi speculatori si siano affrettati a valersi dei frequenti riferimenti di Paolo alla venuta del Signore per dar peso alle loro teorie. Essi non esitarono a torcere le parole di Paolo e a dare alle sue dichiarazioni significati che in realtà non avevano. Paolo non si aspettava di essere uno di quelli viventi al tempo del ritorno del Signore, ma si aspettava di essere ridestato dal sonno della morte a quel tempo. (2 Tim. 4:8) Pietro sapeva che la seconda venuta del Signore era molto lontana dai suoi giorni. (2 Piet. 1:14; 3:3-8) Gli apostoli e gli altri scrittori ispirati delle Scritture Greche non si perdettero in esagerati calcoli cronologici. Perciò Paolo scrisse una seconda volta ai Tessalonicesi da Corinto, nell’anno 50, per frenare questa corrente che sorgeva nella nuova ed entusiastica congregazione di Tessalonica.
Associati con lui in quest’epistola sono pure Silvano e Timoteo. (2 Tess. 1:1) Paolo loda la loro fede e il loro amore, e li informa ch’egli si gloria della loro costanza nella fede nonostante l’imperversare delle tribolazioni e persecuzioni che è la loro parte. Egli li incoraggia ricordando loro che Dio retribuirà i loro persecutori, che si vendicherà di quelli che non lo conoscono e non ubbidiscono al Vangelo. La loro punizione sarà distruzione eterna e verrà su di loro nel giorno della rivendicazione. — 1:2-12.
Paolo poi li ammonisce di non pensare che la venuta del Signore sia imminente. Dovrebbero avere la mente ferma su questo punto, e non lasciarsi facilmente scuotere da nessuna vantata rivelazione spirituale o da nessuna parola o lettera che si volesse attribuire a Paolo. Il giorno del Signore non è venuto; prima che venga quel tempo dev’essere manifestato “l’illegale”, il “figlio di distruzione”. La venuta di quell’empio è “secondo l’azione di Satana, con ogni opera potente e menzogneri segni e miracoli e con ogni iniqua seduzione”. Quelli che appartengono a tale classe non hanno ricevuto l’amore per la verità; essi credono a una menzogna. Paolo ammonisce quelli di Tessalonica di rimaner saldi e attenersi alle cose che furono insegnate loro, sia con la parola degna di fiducia che con la sua epistola. — 2:1-17.
Infine l’apostolo confida che i Cristiani di Tessalonica seguiranno l’apostolico consiglio che hanno ricevuto. Sembra che non considerasse la loro congregazione in pericolo di cadere in una grande apostasia dietro nuove speculazioni. Egli confida che il Signore dirigerà il loro cuore all’amore di Dio e alla paziente aspettazione di Cristo. Comanda quindi quello che si dovrebbe fare per assicurare il buon ordine nella congregazione in generale. Dovrebbero ritrarsi da quelli che si conducono disordinatamente e camminare come camminava Paolo stesso quando era in mezzo a loro. Sebbene avesse diritto di mangiare del loro pane per sostenersi in vista del servizio che rendeva loro, egli aveva lavorato per non essere di peso ad alcuno. La regola era che “se qualcuno non vuole lavorare, neppure mangi”. Ma secondo le informazioni, questa regola non era unanimemente osservata: “Poiché sentiamo che certuni agiscono fra voi disordinatamente, non lavorando affatto ma intromettendosi in ciò che non li riguarda”. Essi dovrebbero lavorare quietamente e non stancarsi di fare il bene. Se rifiutavano di conformarsi a queste disposizioni teocratiche, la congregazione non avrebbe dovuto aver relazione con loro. In tal modo i disordinati si vergogneranno e saranno ammoniti, e probabilmente per il loro bene. (3:1-18) Paolo conclude l’epistola col saluto di sua mano.
[Domande per lo studio]
1. Come venne fondata la congregazione di Tessalonica?
2. Che cosa palesa l’interessamento di Paolo per questa congregazione di recente stabilita? e come fu egli confortato e rincuorato?
3. Da dove e quando scrisse egli l’epistola? e che cosa distingue questa lettera?
4. Qual è la sostanza dei primi 1 Tessalonicesi uno fino a tre capitoli?
5. Qual è il contenuto di (a) capitolo 4? (b) Capitolo 5?
6. Perché e quando scrisse Paolo la sua seconda epistola ai 2 Tessalonicesi?
7. Qual è il tono dei suoi commenti nel primo capitolo?
8. Quale avvertimento è dato nel capitolo 2?
9. Riassumete il contenuto del capitolo 3.