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  • Come vedere le cose con gli occhi di un pavone
  • Svegliatevi! 1970
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  • Usanze dei pavoni
  • I pavoni genitori si dividono le responsabilità
  • Le penne del pavone
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Svegliatevi! 1970
g70 22/8 pp. 20-23

Come vedere le cose con gli occhi di un pavone

Dal corrispondente di “Svegliatevi!” in India

TUTTO cominciò quando, rotto il guscio dell’uovo, uscii incespicando nel reame dei volatili. Rimasi lì a battere le palpebre nel sole tropicale, perplesso. Era tutto così strano, tutto così spaventoso. Per istinto, riconobbi la mamma. Mi rannicchiai vicino a lei, sotto la sua protettiva ala. Lì ero al sicuro, ero amato. Mamma mi appariva così forte, così fiduciosa, mi faceva sentire al sicuro.

Trascorsi così i primissimi giorni della mia vita. Sebbene a quel tempo non me ne rendessi conto, ero un pavone maschio, e avevo due fratelli e due sorelle. Eravamo dunque una famiglia media di pavoni, giacché in genere ci sono da quattro a sei uova nel nido dei giovani pavoni.

E parlando di nidi, notai che il nido dove io venni alla luce era una depressione prodotta nel suolo in mezzo a un folto gruppo di arbusti situato in una incolta zona di aperta campagna. Era ricoperto di ramoscelli, foglie ed erba, molto comodo e ben celato ai nemici in agguato. Per osservazione appresi in seguito che mamma doveva aver deposto lì le sue cinque lucenti uova di color giallo pallido, lunghe ciascuna circa sei centimetri. Con sollecitudine le covò per ventotto giorni finché io venni al mondo.

So che durante la mia incubazione si verificò un episodio per cui avrei potuto non uscire affatto dall’uovo. Il nostro nido era situato vicino a campi di miglio e orzo, presso un piccolo tributario del fiume Jamuna. Lì vicino c’era anche un appezzamento di terreno non coltivato cosparso di sassi e coperto di erbe selvatiche e vegetazione della giungla. Qua e là sul terreno c’erano arbusti di mirto selvatico e alberi di acacia. Era il tardo pomeriggio mentre il sole cominciava la sua rapida discesa. Tutto era tranquillo e molto quieto.

All’improvviso, un furtivo movimento nella vegetazione della giungla richiamò l’attenzione della mamma. Scrutando con occhi acuti nel sottobosco, individuò una lince in cerca di preda. Si irrigidì per così dire presso il nido, mentre la creatura dall’aspetto affamato si avvicinava maggiormente. Le piume della mamma si confusero con la circostante vegetazione. Sembrava invisibile. Il felino passò, avanzando a passi misurati verso i campi di cereali. Se la mamma fosse stata vista, poteva significare la nostra fine nonché la sua, poiché le femmine del pavone rifiutano di abbandonare il nido anche nel più grave pericolo.

Usanze dei pavoni

Noi giovani pavoni impariamo in fretta. Imparammo subito che la mamma non era l’unica compagna che papà possedeva. Ne aveva cinque! Come risultato, un pavone può avere fino a venticinque piccoli in un anno, normale stato di cose visto con gli occhi di un pavone.

La nostra famiglia appartiene a un piccolo branco di volatili abitanti in una sezione del deserto del Rajasthan nell’India settentrionale, non lontano da Jaipur. Ho moltissimi zii e zie, e, essendo gregari di natura, proviamo piacere stando insieme. Spesso alcune famiglie si appollaieranno sullo stesso albero. Comunque, nella stagione dell’accoppiamento tutti i miei zii se ne vanno in cerca di compagne per se stessi.

I pavoni sono completamente svegli sin dalle prime luci dell’alba, ma, anziché volare immediatamente a terra, preferiamo fare con calma, scendendo da un ramo all’altro, rompendo il silenzio mattutino con alte grida che somigliano a un “mei-oè”. Quindi ci interessiamo subito dei cereali per la colazione. La mamma ha insegnato a noi piccoli come cercare i più deliziosi bocconcini. Ci nutriamo essenzialmente di erbe e cereali. Spesso passiamo intere giornate devastando i campi di cereali. Poiché siamo considerati “sacri”, comunque, gli agricoltori del villaggio sopportano con stoica forza d’animo le nostre depredazioni. Nel nostro menù figurano anche grasse, succose bistecche d’insetto, con ogni tanto una tenera lucertola. Papà e mamma pranzano anche con piccoli serpenti! Probabilmente non è un pensiero invitante se non vedete le cose con gli occhi di un pavone.

Quando la giornata è finita, nel tardo pomeriggio, ceniamo presto e poi ci rifugiamo sui nostri posatoi seguendo la procedura inversa, salendo lentamente le “scale” finché arriviamo a un punto soddisfacente. Abbiamo la reputazione di fare un mucchio di confusione e di rumore mentre ci sistemiamo per la notte.

I pavoni genitori si dividono le responsabilità

Dei miei genitori, papà era il personaggio di gran lunga più pittoresco. Mamma, d’altra parte, sapeva anch’ella come armonizzare i colori. Sceglieva un abito che si confondeva con l’ambiente mentre curava il nido e le uova. Probabilmente era così occupata a fare nidi, deporre uova, covarle e curare i piccoli, che riteneva poco pratico un bell’abito piumato. Papà, che non partecipava ai compiti dell’incubazione, aveva più tempo per occuparsi della sua bella coda piumata e incedere con sussiego.

Ciò nondimeno, devo ammettere che papà era un’astuta guida per il suo branco. Contrariamente a quello che a volte poteva sembrare, era sempre molto diligente nel fare la guardia contro i nemici, linci, aquile e uomini. Ha gli occhi e gli orecchi così straordinariamente acuti che di rado i pavoni sono presi. Di tutti gli abitanti della giungla, papà è di solito il primo a percepire l’avvicinarsi di un leopardo. In tali momenti di pericolo, spesso non prendiamo il volo, benché possiamo volare velocemente e per lunghe distanze. Preferiamo invece correre rapidi sul suolo.

Menzionando i nemici mi viene in mente qualche cosa che accadde quando avevo solo sei mesi. Alcuni di noi giovani pavoni giocavamo all’ombra. Un giovane maschio assumeva un aspetto ridicolo, cercando di inscenare una prematura esibizione di corteggiamento. Gli scoiattoli correvano qua e là e un poco più in là una solitaria ghiandaia azzurra era quietamente appollaiata su un albero dei rosari. Su un vicino fico d’India un gruppo di acridoteri imitavano i rumori della giungla. Alcuni giovani pavoni litigavano per una lucertola che uno di essi aveva presa. All’improvviso, papà emise un lacerante grido che ci fece rimanere tutti immobili dov’eravamo. Pericolo! Ci disperdemmo in tutte le direzioni. Dal nulla uscì volteggiando un’aquila, ma grazie alla vigile cura di papà, non ne derivò nessun danno.

Le penne del pavone

Nei primi pochi mesi non mi distinguevo quasi dalle mie sorelle. Le penne della nostra coda erano le stesse. A otto mesi giunse il tempo, nel sistema dei pavoni, di lasciare la casa e badare a me stesso. Questo concesse alla mamma una tregua prima che si dedicasse nuovamente ad allevare una famiglia. A questo punto mi stavano crescendo le mie caratteristiche penne della coda che crescono sopra le vere penne della coda. È una cosa lenta. Solo nel quarto anno di vita potevo sperare di avere tutte le penne del maschio adulto.

A poco a poco, col passar dei mesi, ottenni un impeccabile abito di piume e penne. Ero pienamente cresciuto, pesando circa cinque chili, e misuravo circa due metri dalla testa alla coda. Le penne del sopracoda soltanto misuravano un metro e mezzo di lunghezza. Ero divenuto maturo, e avevo la prospettiva di vivere fino alla buona vecchiaia di dodici anni. Ora potevo attendermi di cambiare vestito ogni anno, e forse anche d’essere ammirato dalle creature umane armate di macchina fotografica invece che di fucile.

Se solo poteste darmi una buona occhiata! Cominciando dalla testa, ho un ciuffetto di piccole piume con una nuda chiazza bianca da ciascuna parte. Anche i miei occhi sono su uno sfondo bianco. Il mio lungo collo è ricoperto di scintillanti piume di color verde metallico e azzurro, che sfumano in un verde screziato sotto le penne delle ali. Diventano quasi nere sullo stomaco. Notate che, in contrasto, le mie ali sono grige, striate di nero. Le penne della coda vera e propria, che non potete vedere, sono di color marrone.

Le penne del sopracoda, lunghe un metro e mezzo, sono di color verde bronzeo e azzurro. Queste penne del sopracoda sviluppano una specie di barba su cui si possono osservare i noti scintillanti “occhi” od ocelli. Volendo posso alzarle verticalmente al di sopra del mio dorso a guisa di ventaglio, e tenerle lì sostenute dalle penne della coda vera e propria. Certo posso dare spettacolo.

Ma questo spettacolo non ha primariamente lo scopo di recar piacere agli ammiratori umani. È il modo in cui mi trovo le compagne. Quando comincia il nostro annuale periodo della procreazione, mi metto alla ricerca di future compagne. Non appena ne trovo una esibisco tutto il mio fascino. Eseguo davanti ad essa una specie di danza. Col petto proteso in fuori e le penne del sopracoda alzate, cammino con sussiego avanti e indietro inclinato in avanti. Nello stesso tempo emetto un aspro, rauco grido, niente affatto musicale per voi, ma esso le fa sapere che mi interessa. Al culmine della mia esibizione faccio vibrare le penne inferiori della coda, ciò che sua volta dà alle penne del sopracoda un aspetto scintillante accompagnato da fruscio. E ha effetto, perché nella stagione dell’accoppiamento, da gennaio a ottobre, posso di solito conquistare quattro o cinque compagne. Allora mi sento come un ingioiellato maragià che passeggia nel suo harem.

Naturalmente, le mie scintillanti piume possono rappresentare anche un pericolo. Con tutto questo equipaggiamento extra come si fa a evitare i cacciatori e i commercialisti decisi a mangiarmi o a prendermi le penne? È vero, c’è una legislazione che limita la caccia e l’uccisione della mia specie, ma ci sono sempre alcuni disposti a non tener conto della legge. Potete immaginare quanto mi sia difficile tenermi al sicuro?

C’è una cosa che posso fare per ridurre il pericolo. Ogni anno, quando cambio le lunghe penne della coda, posso lasciare questi begli oggetti ricordo sparsi per terra così che i collezionisti le trovino e le portino via. Ancora, nonostante l’impedimento delle penne, sono capace di scivolare silenziosamente in mezzo a fitti boschetti con l’agilità di un cobra. Inoltre, per molti sono oggetto di riverenza. Mi considerano una specie di uccello “sacro”. Quindi i cacciatori di pavoni non osano compiere troppo apertamente la loro opera nefasta.

Storia dei pavoni

Ma il mio racconto non sarebbe completo senza un po’ di storia dei pavoni. Suppongo sappiate che apparteniamo alla famiglia dei fagiani. Comunque, abbiamo tanti cugini tra i fagiani che gli esperti ci hanno classificati col termine “Pavo cristatus”. Probabilmente questo è perché il ciuffo ci distingue dai nostri lontani cugini. Quando i miei antenati uscirono dall’arca di Noè si stabilirono infine in India. Qui, per migliaia d’anni, la mia specie è servita quale uccello ornamentale nelle corti reali e nelle tenute degli aristocratici. Anche all’estero sono serviti come ambasciatori piumati in palazzi stranieri.

Fu un gran giorno nella storia dei pavoni quello in cui alcuni dei miei illustri antenati sbarcarono dalle navi fenicie su suolo egiziano per essere introdotti nella corte di Faraone, dove con le complete insegne regali dei pavoni presentarono le loro pennute “credenziali”. La storia biblica dice che i pavoni erano alcuni dei preziosi prodotti d’importazione del re Salomone. Quindi, tremila anni fa, gli splendori del palazzo reale di Sion erano accresciuti da ornamentali pavoni viventi. (1 Re 10:22, 23) Secoli dopo, Alessandro il Macedone riportò in Europa duecento pavoni.

In tutta la nostra storia abbiamo sempre avuto difficoltà a capire le cose dal punto di vista umano. Per esempio, per millenni noi pavoni in India siamo stati considerati uccelli sacri e a volte perfino adorati. Figuriamo in alcune loro antiche leggende religiose. Ancora oggi in parti dell’India si considera reato criminale uccidere un pavone. Tuttavia gli antichi Romani incoraggiavano l’uso dei pavoni sulla tavola. Nell’Europa medievale un banchetto fra ricchi non era completo senza un piatto di succulento pavone. Vedete dunque quanta perplessità ha suscitato questo agli occhi dei pavoni.

Ora, prima di concludere, c’è solo un comune malinteso che mi preoccupa. L’espressione “vanitoso come un pavone” ha diffuso l’idea che il pavone simboleggi la superbia e la vanagloria. Come pensate che questo mi faccia sentire? Ed è realmente così? Pensate realmente che il nostro onnisapiente Creatore mettesse tali indesiderabili qualità in una delle sue mute creazioni? Ma poi, per capire a fondo le qualità del pavone, bisogna vedere le cose con gli occhi di un pavone.

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