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  • La situazione del contadino della prateria

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  • La situazione del contadino della prateria
  • Svegliatevi! 1970
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  • Com’era in principio
  • Svolta decisiva
  • Prosperità causata dalla guerra
  • E ora?
  • L’agricoltore e la carestia mondiale
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Altro
Svegliatevi! 1970
g70 8/9 pp. 12-15

La situazione del contadino della prateria

Dal corrispondente di “Svegliatevi!” in Canada

PAESE ridente! Sì, ecco ciò che scoprirono i primi pionieri quando penetrarono nelle praterie canadesi. Era davvero una paese di abbondanza. La lussureggiante vegetazione estiva nutriva bufali, cervi, alci e altre creature selvatiche a milioni. Laghi e larghi fiumi erano copiosamente riforniti di pesci. Selvaggina e uccelli canori abbondavano. Vaste regioni coperte di foreste interrotte da radure e interminabili estensioni di terreno pianeggiante con boschetti qua e là, particolarmente lungo gli argini dei fiumi, promettevano il successo nell’agricoltura.

A ciascun colono furono concessi gratuitamente dallo Stato 160 acri di terra, con la possibilità di comprarne altra. Pareva non ci fosse dubbio su che cosa fare con tutta questa terra. Il mondo aveva bisogno di grano, e quello era terreno particolarmente adatto per produrlo. Ruppero dunque le zolle e piantarono grano finché le praterie ondulate divennero famose come Golden West (Occidente Dorato). Potete raffigurarvi nella vostra mente il maturo grano dorato che ondeggia al vento sino all’orizzonte?

Allora le linee ferroviarie cominciarono a giungere sempre più lontano, e lunghi treni carichi di grano trasportavano sferragliando alla costa, il loro prezioso carico per trasferirlo sulle navi in attesa. Nel frattempo, arrivarono altri immigranti ancora. Energici coloni continuarono ad arare il suolo vergine con coppie di buoi o pariglie di cavalli. Case provvisorie, alcune fatte di terra, bastavano. Tutti attendevano con fiducia un’èra di prosperità.

Con la fine della prima guerra mondiale iniziò un periodo di modernizzazione. Pariglie di cavalli e ingombranti trebbiatrici a vapore cominciarono a sparire. Il loro posto fu preso dal versatile motore a benzina. Esso, a sua volta, fu sostituito dal motore diesel. Quindi fecero la loro comparsa gigantesche mietitrebbiatrici semoventi. Era davvero sorprendente vedere come mietevano e ingoiavano, per così dire, vaste quantità di grano falciato nel giro di minuti. Ma con tutto questo progresso crebbero anche i costi e le spese di manutenzione.

Un po’ di previdenza avrebbe dovuto persuadere quei coloni della prateria che la meccanizzazione e i migliorati metodi agricoli sarebbero stati presto adottati anche nelle nazioni sottosviluppate, e anch’esse avrebbero messo sul mercato miliardi di tonnellate di grano. Ma pochi considerarono seriamente tale possibilità. I coloni acquistarono altro terreno per coltivare altro grano per pagare altre macchine, e poi acquistarono altro terreno per coltivare altro grano per pagare altre macchine. Era una giostra che dopo tutto si sarebbe dimostrata niente affatto divertente.

Com’era in principio

In quei primi giorni pochi contadini coltivavano solo grano. Possedevano cavalli, bestiame, maiali, galline, anatre e tacchini. Non ‘puntavano tutto su una carta sola’. Riscontrarono presto che i raccolti abbondanti non si susseguono l’uno all’altro all’infinito. Ci sono anche anni magri. Per cui dovevano coltivare foraggio per il bestiame, e di solito un buon orto rifornito di ogni specie di verdura. Verdure, frutta e carni erano tutti convenientemente conservati per usarli d’inverno.

Il baratto di burro e uova e la vendita di panna fresca o della carcassa avanzata di un manzo o di un maiale parevano sempre più che sufficienti per pareggiare il conto del droghiere. Nessuno soffriva la fame. I bambini crescevano sani come i roditori della prateria che scorrazzavano tutt’intorno a loro. Le famiglie lavoravano insieme e stavano insieme. L’agricoltura aveva successo perché stavano uniti, partecipando ciascun familiare, giovane e vecchio, al lavoro.

No, non si trattava di lavorare sempre e non divertirsi mai. Ogni estate portava i tanto attesi picnic e rodei. C’erano partite di baseball e altri giochi, e anche balli la sera. D’inverno si andava a pattinare, sciare e si organizzavano discussioni letterarie in gruppo. Si facevano anche frequenti sforzi comuni, poiché se c’era un nuovo arrivato o se il granaio di qualcuno prendeva fuoco, i vicini si riunivano e costruivano in fretta una casa o innalzavano un nuovo granaio. La gente era amichevole.

Svolta decisiva

Poi all’improvviso, nel 1929, la situazione cambiò in modo drastico. Era iniziata la grande depressione. I mercati finanziari mondiali crollarono. Le persone benestanti furono ridotte in miseria quasi in una notte. I “magri anni trenta” erano arrivati. Molti delusi investitori si suicidarono piuttosto che affrontare lo squallore della povertà. I coloni furono pure colpiti duramente, e molti rinunciarono alla lotta, lasciando che le società ipotecarie si impossessassero di tutto.

Altri rimasero nei loro poderi. Lavoravano dall’alba al tramonto, e, quando scendeva la notte, c’erano ancora lavori da sbrigare. C’erano le mucche da mungere, la panna da separare, i maiali da nutrire, i cancelli da aggiustare, gli steccati da riparare, il bestiame disperso da radunare. Di frequente, la moglie del colono era l’eroina della casa, poiché molti importanti lavori gravavano sulle sue forti spalle.

Sfortunatamente per i coloni, i giovani impazienti non poterono o non vollero perseverare. Si ribellarono al lavoro di dover governare il bestiame, poiché, per quanto lavorassero duramente, pareva che la famiglia non riuscisse mai a risollevarsi di sotto il peso dei debiti. Volevano migliore istruzione ed emancipazione dalle faccende della fattoria. Cominciarono a trasferirsi in città, dove si doveva lavorare solo otto ore al giorno e si era pagati. Infine l’esodo dalle fattorie assunse proporzioni sorprendenti.

Per coloro che vi rimasero fu un tempo di consolidamento. Alcuni, sperando nella prosperità, comprarono i piccoli poderi, e ne risultarono immense proprietà terriere. Il colono più piccolo, costretto a vendere in perdita, si trasferì nei centri industriali, essendo spesso a carico dell’assistenza pubblica. Quindi la manodopera nei poderi divenne uno spinoso problema. Sembrava che in alcune aree non ci fosse più nessuno da poter assumere. L’intero programma agricolo dovette essere riorganizzato. Ogni cosa fu meccanizzata così che un solo uomo potesse sbrigare tutti i lavori. Il bestiame in eccesso fu venduto e la coltivazione mista cedette il posto alla coltivazione del grano.

Prosperità causata dalla guerra

La seconda guerra mondiale diede quindi impulso all’economia con l’apporto di contante. I prezzi salirono; prodotti agricoli d’ogni specie erano richiesti. Molti coloni parteciparono alla guerra, ma quelli che rimasero a casa raccolsero una ricca messe. La scena agricola cambiò di nuovo. Ora non erano solo i giovani ad andare in città. Gli anziani stessi vi si trasferirono per godere le comodità cittadine, o passavano l’inverno in California, in Florida o nel Messico. Bestiame e orti non erano più necessari. Compravano tutto quello che occorreva al supermercato.

Così il “colono di successo” divenne un uomo agiato. Andava avanti e indietro dalla fattoria su una costosa automobile e lavorava la terra coi trattori. In autunno il podere veniva chiuso, e il proprietario era libero di fare quello che voleva durante il lungo inverno. Pareva che questi coloni dovessero conseguire l’indipendenza e avere una vita abbastanza facile.

Ma un momento! Stava accadendo qualche cosa anche in altri paesi! Sì, anche i paesi sottosviluppati si trasformavano rapidamente. Nuovi metodi di coltivazione, macchine ingegnose, fertilizzanti commerciali, migliori specie di seme e varietà fresche incrementarono la produzione agricola. Altri paesi riuscirono a coltivare grano sufficiente per il loro consumo e un po’ d’avanzo.

Fu così che negli anni cinquanta e negli anni sessanta i Canadesi si trovarono in vere difficoltà. Il mercato mondiale del grano era saturo. Erano ancora richiesti milioni di tonnellate di grano, ma ora Argentina, Australia e Stati Uniti d’America erano entrati in forte competizione. Non passò molto prima che il Golden West avesse massicci silos pieni di eccedenze di grano, mentre i coloni, con il raccolto di altri due anni ancora nei granai della fattoria, e la messe di un altro anno nei campi, si chiedevano quanto terreno dovessero far invadere dalle rigogliose erbacce.

Si calcola che ora il Canada abbia 525.000.000 di ettolitri di grano a disposizione, con pochi compratori. E adesso di rado si tratta di una transazione in denaro. Il Canada deve spesso determinare quanti prodotti d’esportazione dei suoi clienti è disposto a importare in cambio di grano. È il mercato in cui il prezzo è stabilito dal compratore. Nello stesso tempo le nazioni affamate non possono semplicemente pagare il prezzo. Gli esportatori devono dunque rispondere alla domanda: Vendere o non vendere per meno? La drastica riduzione del prezzo mondiale potrebbe causare una guerra dei prezzi a oltranza che nessuno si può permettere.

Nel frattempo, sono sorti pascoli per ingrassare il bestiame, pascoli dove non ci vuole né granaio, né abitazione per il colono, ma solo silos per conservare il foraggio, stalle aperte per il bestiame e macchine che distribuiscono il foraggio in tali stalle. E il grano è divenuto lo “wampum” o mezzo di scambio. Con esso macchine, mobili, generi alimentari, ecc., hanno cambiato mani.

Philip Mathias scrive nel Financial Post: “L’economia dei poderi della prateria comincia a tornare al sistema del baratto: La ragione: Enormi eccedenze di grano invendibile. I coloni con i granai strapieni barattano il grano con macchine, bestiame, mobili, istruzione per i figli e forse una visita dentistica”. Questo può alleviare la pressione locale, ma non reca nessun vero sollievo all’economia nazionale.

Di tutti i settori della società, quello dei coloni pare sia stato il più docile. Le lamentele degli operai dell’industria trovarono sfogo negli scioperi, ma il colono soffocava semplicemente i suoi sentimenti e andava avanti nella speranza che in qualche modo la successiva stagione recasse dei miglioramenti. Ma infine, la malattia dei protestatari lo infettò: gli operai protestavano, gli studenti protestavano, perfino il clero aveva le sue proteste, perché non dunque l’agricoltore?

In tutto il paese furono fatti raduni di protesta, e le organizzazioni agricole mandarono incitanti risoluzioni al Governo, chiedendogli di agire. Non si sarebbero più accontentati dei soliti discorsi e consigli di pazientare offerti dalle autorità. Acquistarono forza e si mossero in massa. Quando il primo ministro canadese, Pierre E. Trudeau, si incontrò recentemente con loro a Winnipeg e a Regina, migliaia di agricoltori ostruirono le strade delle città coi loro trattori e lo fischiarono adirati.

Ma qual è la soluzione? A chi vendereste il ghiaccio nell’Artico? A chi potete realmente vendere grano in un mercato mondiale saturo? Anche altri paesi hanno lo stesso problema, e anch’essi chiedono a gran voce degli sbocchi. Pare non ci sia una soluzione immediata. Che paradosso suscita questo! Le nazioni sature di grano non hanno abbastanza di certi articoli perché hanno troppo grano, mentre quelli che sono malnutriti e soffrono la fame vedono l’abbondanza dappertutto tranne che sulla loro tavola. Ci vorrà un re più saggio di Salomone per trovare la soluzione.

E ora?

Qualunque rimedio il Governo cerchi di recare, una cosa sembra sicura: I precedenti concetti delle relazioni fra poderi e Governo dovranno essere ridimensionati, drasticamente cambiati. Gli agricoltori non potranno più dedicarsi a un solo tipo di coltivazione. Potrà benissimo tornare la coltivazione mista in condizioni totalmente diverse. Ma ci vorrà qualche sorta di controllo internazionale per porre fine alla situazione di “banchetto o carestia” che prevale ora nella maggioranza dei paesi.

Il sistema competitivo, particolarmente per quanto riguarda la produzione agricola, ha perduto per molti la sua ragion d’essere. Molti asseriscono che ci voglia un corpo consultivo internazionale, che sia assolutamente imparziale, onorevole e giusto e che regoli attentamente che cosa coltivare, chi deve coltivarlo e dove, su base mondiale. La deplorevole realtà, comunque, è che tale corpo è una cosa attualmente irrealizzabile fra gli elementi politici e commerciali della società.

Certo sarà un saggio amministratore colui che riuscirà a trovare la soluzione di questo persistente problema! Gli sforzi umani non offrono nessuna speranza di improvviso rimedio per la sorte del colono della prateria.

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