La mia vita di zingaro
Narrato al corrispondente di “Svegliatevi!” nel Canada
“QUANDO Dio dipinge i suoi quadri fai meglio a stare zitto. Guarda coi tuoi occhi, ma trattieni la tua stolta lingua!” Mia zia Lila mi diede questo consiglio quando ero ancora un ragazzo, mentre guardavamo con riverenza un’alba di particolare bellezza. Questo era il tipico pensiero gitano riguardo a Dio e alle sue meravigliose opere creative.
Credevamo in un Creatore e avevamo sincero rispetto per lui, anche se in modo piuttosto semplice e fanciullesco. La filosofia della nostra vita era che dipendevamo sempre da un Creatore, Dio, per soddisfare le nostre quotidiane necessità. Per cui non avremmo mai pensato di maltrattare le belle creature che abitano le foreste, i fiumi, i laghi e i mari. Erano sue creazioni ed eravamo contenti di riconoscere questo fatto.
Un’altra parte della nostra filosofia e del nostro modo di vivere si poteva riassumere con un vecchio proverbio: “Il domani baderà sempre a se stesso!” Per questa ragione la nostra vita era spensierata e generalmente pacifica. Facevamo uno sforzo solo per provvedere alle presenti necessità. Soddisfatte queste necessità, ci riposavamo e godevamo la vita con la nostra famiglia e nella società della nostra gente intimamente legata. Ci servivamo del mondo per procurarci da vivere, ma oltre ciò non ce ne interessavamo. Le sue lotte politiche non ci riguardavano.
La mia vita di ragazzo fra gli zingari
Dalla parte orientale dell’Inghilterra dove nacqui, viaggiai con mia zia in un gruppo di zingari per tutte le Isole Britanniche. Mi fu insegnato a nutrire vero rispetto per gli anziani, chiamando sempre “zio” gli uomini più vecchi e “zia” le donne più vecchie. Non mi fu mai permesso di chiamarli per nome. Negli anni successivi sono stato sempre grato della disciplina impartitami ogni volta che mancavo di rispetto verso l’autorità di mia zia.
Ai figli degli zingari non è mai permesso di divenire sfrenati, per cui non mi fu permesso. Mia zia mi amava e mi teneva occupato. Mi portava con lei a raccogliere crescioni, funghi e bacche e il giorno dopo li vendevamo di casa in casa o li portavamo a un vicino mercato.
Per guadagnarci da vivere mia zia e io andavamo anche nei poderi a comprare mucchi di letame. Lo mettevamo in cesti della capacità di trentasei litri e lo vendevamo di porta in porta a coloro che avevano piccoli giardini od orti.
Nei primi anni del mio addestramento, mia zia e altri del nostro campo facevano piccoli furti. Per cui imparai la disonestà, incluso il modo di fare loschi affari per trarne un profitto pecuniario. Una volta, quando ero un ragazzo, feci amicizia con un giovane i cui genitori non erano zingari. La madre stava morendo di tubercolosi e la famiglia era così povera che avevano poco da mangiare. Volendole provvedere un po’ di sostanzioso nutrimento, condussi il mio amico a un vicino pollaio dove ci impossessammo di una bella gallina grassa. La diedi al mio amico da portare a casa, ma il padre indusse il figlio a restituirmi la gallina quando seppe che era stata rubata.
Addestramento e vedute religiose nei primi anni
La semplice fede in Dio da parte di mia zia aveva sempre fatto una profonda impressione sulla mia mente. Alla fine della giornata mi faceva inginocchiare accanto a lei mentre ringraziava Dio come nostro quotidiano Provveditore, anche se avevamo rubato un coniglio o i funghi, i crescioni e le bacche dalla proprietà di qualcun altro!
La maggioranza degli zingari che conoscevo appartenevano a una denominazione religiosa, come la Chiesa Metodista, la Chiesa d’Inghilterra o la Chiesa Cattolica Romana, ma mia zia non aveva simpatia per la religione organizzata di nessuna forma. Provava un sentimento di disgusto verso il clero religioso per la sua ipocrisia. Questo influì per molti anni sul mio pensiero religioso. Secondo lei, alcuni sacerdoti erano gli ipocriti “tali dei tali”; considerava gli avidi ecclesiastici così “impuri come gli escrementi di un’oca” e non le dispiaceva dirglielo.
Inculcò anche nella mia giovane mente una forte avversione per la violenza. Non dimenticherò mai la sgridata che mi diede un giorno. Una signora a cui vendevamo merce mi aveva chiesto che cosa avrei fatto da grande. Essendo attratto dalle uniformi degli uomini delle forze armate, le dissi che volevo fare il soldato. Mia zia mi disse di non voler più sentirmi ripetere una cosa simile, e se mai fossi comparso alla sua porta con un’uniforme militare facevo meglio a seguitare per la mia strada! Mi fece capire bene che nessuna creatura umana aveva diritto di spargere sangue nelle guerre degli uomini.
Crescendo, cominciai a notare personalmente l’ipocrisia del clero. Si avvicinava la seconda guerra mondiale e si vedeva molto bene la parte che avevano nel reclutamento dei giovani per la guerra. Uno si rivolse a mia zia chiedendole di farmi arruolare ed ella lo rimproverò senza mezzi termini.
Più frequentavo le cosiddette persone religiose, più mi convincevo dell’ipocrisia della religione del mondo. Il sabato sera i giovani si ubriacavano e gozzovigliavano e poi la domenica mattina andavano a messa. Il fatto che supponessero di ottenere il perdono dei peccati, solo per continuare a comportarsi nello stesso modo immorale nei giorni precedenti la successiva messa domenicale, mi disgustava.
Una religione diversa
Nel 1942 mi sposai. Un giorno, al mio ritorno a casa, mia moglie mi disse che due donne le avevano fatto visita e le avevano parlato della Bibbia e delle sue promesse di un futuro migliore. Essendo incline a schernire tutto ciò che sapeva di religione, non mostrai nessun desiderio di considerare la cosa. In seguito, nella Scozia settentrionale, venne nel nostro campo un uomo che fece sentire a mia moglie un disco con un grammofono mentre ero via. Ella rimase veramente colpita che un uomo avesse il coraggio di fare ascoltare un disco che smascherava la religione quale laccio e truffa. Mia moglie diede da mangiare all’uomo prima che se ne andasse.
In seguito, quando eravamo di nuovo in Inghilterra nei dintorni di Newcastle, mia moglie mi suggerì di cercar di trovare queste persone perché pensava dicessero la verità. Ma poco dopo ci trasferimmo nel Canada, dove pensavo si potesse vivere meglio.
Allevati i figli
Nel frattempo, allevavo la mia famiglia. Conducevo con me mio figlio nella mia attività, che allora consisteva nella compravendita di rottami di metallo. Dopo avere raccolto rottami da vendere a un commerciante, ne davo un mucchio a mio figlio perché sbrigasse l’affare, ma sotto la mia sorveglianza per accertarmi che non fosse imbrogliato. Fu così addestrato a guadagnarsi da vivere.
Mia moglie impartiva a nostra figlia il tipico addestramento gitano, insegnandole a cucinare, fare il bucato, rammendare e aver cura di un bambino così che fosse infine una buona moglie per uno zingaro. Mia moglie le insegnò anche a vendere biancheria di casa in casa. La conduceva nei magazzini a fare gli acquisti affinché vedesse come si faceva. Inoltre, uno zio insegnò a nostra figlia a divenire esperta nel fare fiori di legno. Così quando accompagnava la madre di casa in casa, se non accettavano la biancheria, offriva i suoi “fiori”, guadagnandosi un po’ di denaro.
Vita nell’America del Nord
Nel periodo che fummo nell’America del Nord, viaggiai con altri zingari in tutto il Canada, gli Stati Uniti e il Messico. Escogitammo il modo di guadagnare un po’ di “denaro facile”. Quello che facevamo non era una pratica comune tra gli zingari in generale, perché, di regola, essi non si danno a pratiche così chiaramente fraudolente.
Dicevamo di vendere tappeti orientali “di contrabbando”. Andando in una città, ci rivolgevamo subito a qualcuno che sapevamo aveva un mucchio di denaro contante, il sacerdote locale! Menzionavo che forse aveva amici che pure li desideravano, e, in tal caso, poteva avere un tappeto a prezzo anche inferiore. Di solito ci mandava dal locale medico o dall’impresario di pompe funebri. Nessun sacerdote di quelli che interpellammo rifiutò mai di comprare i nostri tappeti “di contrabbando”, neppure quando gli dicevamo che la merce “scottava”. Fui così ulteriormente disgustato per quanto riguardava qualsiasi rapporto con le cosiddette religioni cristiane.
Ha inizio un nuovo modo di vivere
Passarono alcuni anni e un giorno avevamo il campo vicino a Sarnia, nell’Ontario. Ero a casa quando venne alla nostra tenda una giovane donna. Il modo zelante con cui parlò e le cose che disse destarono il mio interesse. Un nuovo sistema di cose in cui le persone sarebbero vissute in pace e unità e secondo giusti princìpi era quasi incredibile! Nell’andarsene promise di mandarmi una coppia di uomini per parlarmi ancora. Per cui dissi a mia moglie che, se venivano quegli uomini, qualora fossi stato via doveva trattenerli. La giovane mantenne la parola e il giorno che vennero ero a casa. La nostra conversazione durò quasi cinque ore. Quando se ne furono andati, mia moglie ed io eravamo convinti di avere alfine trovato “la verità”.
Dopo quella prima lunga visita comprendemmo che dovevamo vivere secondo i princìpi biblici. Mi rivolsi a mia moglie e dissi: “Che ne facciamo di quello che abbiamo sepolto sotto la nostra tenda?” Mia moglie suggerì: “Forse dovremmo gettarlo nel fiume”. Io pensavo che dovevamo restituire le merci rubate al legittimo proprietario. Non sarebbe stato facile! Era molto pericoloso e difficile restituire due tonnellate di lingotti di piombo. Ciò nondimeno, penso fosse con l’aiuto di Geova che infine portammo a termine il lavoro.
Con le regolari visite dei due Testimoni progredimmo nella conoscenza della verità di Dio. Comprendemmo ben presto che ci voleva qualche altra cosa oltre a conoscere la verità della Parola di Dio. Dovevamo fare altri grandi cambiamenti nella nostra vita. Uno di essi era la partecipazione alla proclamazione della buona notizia del regno di Dio e a questo punto non riuscivo proprio a vedermici. Cominciai dunque a trovare da ridire sulle cose che imparavo e a tormentare i Testimoni con irragionevoli domande. Comunque, le gentili risposte che mi davano con la Bibbia non lasciavano via di scampo. Ero io che dovevo cambiare, non la verità della Bibbia!
I nostri figli non furono esclusi dalle conversazioni. Fu uno studio familiare dall’inizio e progredimmo insieme fino al punto che nel 1954 mia moglie ed io simboleggiammo la nostra dedicazione a Geova. Nel 1960 i nostri figli si battezzarono dopo aver preso la decisione di servire il Creatore nei giorni della loro gioventù. In seguito, mio figlio sposò una zingara del Messico di nome Paulina, che aveva in origine conosciuto la verità di Dio in Argentina. (Si veda Svegliatevi! del 22 maggio 1963, pagina 24). Ella ha partecipato di tanto in tanto con suo marito alla predicazione della buona notizia del regno di Dio. Nostra figlia è stata proclamatrice del regno di Dio in servizio continuo per circa cinque anni. Ora fa servizio con una congregazione spagnola cubana nella Florida meridionale.
Tempo di prova
Alcuni anni fa giunse un tempo di prova per la nostra famiglia. Ebbi un’esperienza in cui fui profondamente deluso dai miei fratelli cristiani. Forse avrei dovuto capire che essi hanno manchevolezze come le ho io, ma, invece, permisi che mi facessero smettere il servizio del mio Creatore, su cui non avevo realmente nulla da trovare a ridire. Di conseguenza, per circa quattro anni lasciammo la verità di Dio.
Ciò nondimeno, pensavamo spesso alle cose apprese dalla Parola di Dio e ne parlavamo liberamente. Pareva che la verità ci avesse toccati e non potessimo più essere il genere di persone che eravamo stati prima. Benché ci dissociassimo dall’organizzazione di Dio e dicessimo a noi stessi che ancora una volta eravamo liberi di vivere da zingari, la coscienza ci diceva che avevamo una responsabilità verso il Creatore, Geova, e dovevamo in qualche modo cercare di ricambiarlo per averci dato la verità.
Il fatto che non seguivamo la verità di Dio ci turbava. Infine comprendemmo che c’era una sola via di vera libertà e che essa è entro i sicuri limiti della visibile organizzazione di Geova sulla terra. Solo lì potevamo avere veri fratelli e sorelle cristiani, di cui avevamo bisogno e che avevano bisogno di noi. Ricominciammo a frequentare la Sala del Regno della piccola congregazione di Melville, nel Saskatchewan. L’amorevole benignità dei nostri fratelli cristiani del luogo che ci aiutarono a ricominciare il prezioso servizio di Geova non sarà mai dimenticata. Da quel tempo, e grazie alla bontà di Geova, non ci siamo mai allontanati o non abbiamo mai smesso di rendere manifesto il nostro progresso.
Superiore alla vita di zingaro
Anche se non potremo mai tornare alla “libertà” degli zingari, abbiamo tuttavia un’alta considerazione di loro come popolo. Benché molti vivano ancora secondo ottimi princìpi, un gran numero d’essi è ora contagiato dalle materialistiche idee del mondo occidentale. Non accontentandosi più delle cose semplici, vogliono vistose auto e roulotte e imbroglieranno e ruberanno perfino per ottenerle. Di conseguenza, lo spensierato spirito degli zingari di ieri è in gran parte perduto e a loro danno.
Non desideriamo più derubare i nostri vicini, ma cerchiamo sinceramente di aiutarli a conoscere che “la benedizione di Geova, questo è ciò che rende ricco, ed egli non vi aggiunge nessuna pena”. — Prov. 10:22.
Quanto siamo debitori al grande Dio di verità per averci dato la Bibbia, che ora accettiamo di cuore, “non come la parola degli uomini [come fa il clero della cristianità], ma, quale veracemente è, come la parola di Dio”. — 1 Tess. 2:13.
Per questa ragione preghiamo fervidamente che altri ancora che ora seguono il modo di vivere degli zingari si volgano alla verità la quale li renderà realmente liberi e intraprendano così un superiore modo di vivere. (Giov. 8:32) Inoltre, spero personalmente che in un giorno non lontano rivedrò la mia cara zia Lila, risuscitata alla vita nel giusto nuovo ordine di Dio. Ho fiducia che ivi il suo apprezzamento per la bontà di Geova e le bellezze della sua creazione continuerà a crescere a ogni successiva alba in un mondo senza fine.