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  • g74 22/5 pp. 17-21
  • La religione nella politica: A che cosa conduce?

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  • La religione nella politica: A che cosa conduce?
  • Svegliatevi! 1974
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  • Muta l’atteggiamento della cristianità
  • I capi della chiesa promuovono la politica
  • Perché il cambiamento?
  • A che cosa conduce la loro ingerenza?
  • Qual è il futuro della religione nella politica?
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Svegliatevi! 1974
g74 22/5 pp. 17-21

La religione nella politica: A che cosa conduce?

PROBABILMENTE avete notato che in anni recenti le chiese hanno dato molta più enfasi alle controversie sociali e politiche. In ogni parte del mondo molti ecclesiastici partecipano a una corsa per divenire “impegnati”.

Le persone sincere si chiedono se questo sia l’appropriato ruolo della religione. Forse notano che, superficialmente, la partecipazione agli affari della comunità e alle attività politiche appare ben motivata. I titoli dei giornali parlano di ecclesiastici che sono imprigionati e perdono anche la vita combattendo per una causa sociale.

Ma che cosa c’è realmente sotto questa crescente attività politica? È essa motivata dalla devozione a ideali cristiani, dalla fede in Dio e dal desiderio di veder fatta sulla terra la sua volontà? A che cosa condurrà infine? Esaminando le recenti tendenze politiche della religione saremo aiutati a conoscere le risposte.

Muta l’atteggiamento della cristianità

L’opuscolo Church and Powers pubblicato dalla Federazione Protestante Francese fa questo commento sulla relazione storica fra religione e politica:

“L’innegabile fatto è che nel campo politico, la chiesa organizzata è stata guidata il più delle volte, volontariamente o involontariamente, verso due estremi: o ha preteso, talvolta con la forza, di esercitare autorità sulle potenze politiche, . . . [o] ha accettato d’essere il principale strumento, la complice o la silenziosa testimone di un ingiusto ordine sociale”.

Comunque, l’arcivescovo cattolico Marcos G. McGrath del Panama dice che questo non avviene più universalmente: “Il vecchio concetto di una chiesa come struttura parallela al potere secolare, e talvolta identificata con esso, sta rapidamente cambiando”.

Ora, sotto l’insegna di “aiuto ai poveri”, “importanza” e “giustizia sociale”, un crescente numero di ecclesiastici prende una nuova direzione. La critica radicale sociale e politica sostituisce il loro tradizionale atteggiamento a favore del governo. Esortano la gran massa a partecipare attivamente alla politica, incoraggiando anche a parteciparvi insieme agli elementi socialisti di sinistra.

I capi della chiesa promuovono la politica

Nel maggio del 1971, papa Paolo VI rese pubblica una “lettera apostolica” di settanta pagine inviata al cardinale Roy, arcivescovo del Quebec. Riguardo alla veduta cattolica della politica, essa dice:

“Spetta alle comunità cristiane analizzare obiettivamente . . . quali scelte e impegni dovrebbero giustamente essere assunti per portare i cambiamenti sociali, politici ed economici che sono necessari e spesso urgenti. . . . È dovere del cristiano partecipare a questa ricerca e all’organizzazione e alla vita della società politica”.

Che cosa sta dicendo di fare il papa ai suoi sudditi? In un editoriale apparso in prima pagina intitolato “Paolo VI, i cristiani e la politica”, il quotidiano parigino Le Monde trae questa conclusione: “Non ci si può sbagliare; questo è un vero e proprio documento pontificio, attentamente preparato, che poteva intitolarsi: ‘I cristiani introdotti alla vita sociale e politica’”.

Fino a che punto può arrivare il sincero cattolico per portare ‘urgenti cambiamenti politici’? Può egli partecipare alla “sinistra” precedentemente condannata, ai movimenti socialisti o comunisti? Essi sono quelli che spesso promuovono più attivamente “i cambiamenti sociali, politici ed economici”. In risposta, la lettera continua:

“Oggi, alcuni cristiani sono attratti da tendenze socialiste. . . . [l’acuto discernimento] permetterà ai cristiani di vedere fino a che punto possono impegnarsi per seguire quella strada. . . . Si è obbligati a riconoscere che sono possibili varie scelte [politiche] legittime”. — Le Monde, 15 maggio 1971.

Il giornale italiano di sinistra Avanti! osservò in base a questo che ora papa Paolo permetteva ai cattolici di cooperare con certe forme di socialismo. Gabriel Matagrin, vescovo di Grenoble, in Francia, andò anche oltre, dichiarando: “In nessun punto la lettera dichiara che sia impossibile a un cristiano essere comunista o a un comunista essere cristiano”. — Annecy Catholique, ottobre 1971.

I 136 vescovi francesi radunati a Lourdes nell’ottobre 1972 unirono la loro voce al crescente coro. Ne emerse una lunga relazione intitolata “Per un cristiano esercizio della politica”. Citandola, il periodico cattolico America mostra il grado di partecipazione politica raccomandato da questi vescovi ai fedeli:

“Emergono chiaramente certi imperativi per chi prende sul serio la Parola di Dio: ‘rispetto per i poveri, difesa dei deboli, . . . rovesciamento delle potenze totalitarie’. Il Vangelo non è neutrale riguardo a tali cose, e quelli che sono testimoni del Vangelo ‘possono essere indotti a interventi nelle questioni politiche che sbalordiranno alcuni’”. — 18 novembre 1972.

In molte parti del mondo gli ecclesiastici hanno accettato con fervore questa veduta del “Vangelo”. Vi ‘sbalordisce’ questa notizia della United Press International?

“Nell’America Latina la Chiesa Cattolica Romana è una cosa a sé. E in gran parte d’essa, il cattolicesimo radicale e il comunismo castrista vanno a braccetto sotto il motto: ‘Viva Cristo, Viva Marx’. . . . I loro santi non sono i santi di gesso della tradizionale devozione cattolica, ma adirate figure di carne e sangue del recente passato, Ernesto ‘Che’ Guevara e il rev. Camillo Torres, sacerdote guerrigliero della Colombia”. — The Jersey Journal, 20 aprile 1973.

Un servizio nella rivista Latin America menziona anche l’attività politica ad alto livello. Dice che tre arcivescovi e dieci vescovi del Brasile nordoccidentale “famosi perché sono ‘di sinistra’” hanno recentemente lanciato uno “sferzante attacco al governo e a tutte le sue opere”. Il servizio continua:

“Tale avvenimento si sarebbe difficilmente verificato, a parere di molti osservatori, senza l’autorizzazione del Vaticano . . . Inoltre, la dichiarazione del 6 maggio mostra evidentemente che, in contrasto con la sua precedente politica, la Chiesa non teme più di entrare nell’arena politica”. — 25 maggio 1973.

Vi è difficile mettere in relazione tale attività con il “Vangelo”? A molti lo è. Tuttavia anche molti capi protestanti hanno assunto un atteggiamento simile verso la politica.

Poco dopo il convegno dei vescovi cattolici a Lourdes, la Federazione Protestante Francese tenne la sua assemblea triennale. Il lungo servizio di Le Monde sul convegno era così intitolato: “La politica, il nocciolo delle conversazioni”. L’opuscolo precedentemente citato, Church and Powers, fu usato come base. Riguardo alla veduta politica del cristiano, l’opuscolo dice:

“Alcune tendenze teologiche generalmente note fra il pubblico protestante francese, particolarmente tra i giovani, indicano che di fronte alla riconosciuta ingiustizia sociale, l’amore del prossimo richiede uno specifico impegno nel mondo, . . . e personale ‘impegno nella politica’”.

Questo “personale ‘impegno nella politica’” potrebbe giungere al punto della “ribellione rivoluzionaria”, dicono i capi protestanti.

Sullo stesso tono, il segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, Philip Potter, disse agli studenti e al corpo insegnante della scuola di teologia di Berkeley, in California:

“Il ruolo della teologia è quello d’essere strumento di cambiamento, col rifiuto di farsi prendere da ciò che esiste! . . . Si ammette che la rivoluzione e la violenza sono pericolose. Ma non ha portato la Pasqua la promessa della rivoluzione?” — Examiner di San Francisco, 11 giugno 1973.

Il Consiglio Ecumenico e altri organi protestanti sono stati recentemente oggetto di forti critiche per aver dato considerevoli aiuti finanziari ai rivoluzionari e perché sono “ossessionati da controversie politiche e sociali”. — Times di New York, 29 agosto 1973.

Naturalmente, non tutto il clero e i laici sono d’accordo con le precedenti attività. Ma il fatto è che c’è una crescente tendenza della religione a occuparsi della politica radicale, e questo fatto è degno di nota.

Perché il cambiamento?

Come abbiamo notato, in tutta la storia i capi politici potevano contare di solito sul pieno appoggio degli ecclesiastici. Ora, dopo tutte queste centinaia d’anni, perché il loro atteggiamento sta cambiando?

Notate quale ragione è suggerita dalla pubblicazione cattolica America. Un recente articolo si riferisce alla “‘tempesta che si sta preparando’ nelle Chiese protestanti mentre i ministri che hanno seri dubbi su basilari dottrine teologiche cercano di far partecipare i parrocchiani a programmi d’azione sociale”. (1º settembre 1973; il corsivo è nostro). È addotta una ragione simile per l’attività politica cattolica: “Molti sacerdoti e suore hanno abbandonato il loro ruolo di predicatori di un sistema con un significato (detto ‘vangelo’), e cercano di acquistare ‘importanza’ . . . nell’attività politica radicale, ciò che può (o non può) essere una conseguenza della fede, ma che certo non la sostituisce”. — 28 ottobre 1972.

Questo è il nocciolo della questione, non è vero? “Seri dubbi” e mancanza di fede nell’“importanza” del vangelo spingono molti ecclesiastici a cercare altrove un “significato”. Senza fede nel “vangelo” o “buona notizia” del regno di Dio per benedire il genere umano, credono che la riforma debba attuarsi con mezzi politici umani. Come disse Richard J. Mouw, scrivendo nella rivista The Christian Century:

“Dio ha scelto di appartare un popolo come suo strumento per portare il suo Regno . . . la redenzione del mondo, fra l’altro, è una redenzione politica. . . . La sfera politica non è semplicemente un campo in cui il cristiano può essere testimone; è un campo in cui siamo chiamati a proclamare il potere affrancatore del vangelo”. — 27 dicembre 1972.

Tuttavia il “vangelo” a cui si fa riferimento nella Bibbia riguarda il regno celeste di Dio che dominerà la terra, non un regno terrestre e politico stabilito dagli uomini. (Matt. 9:35; 10:7) Per questo motivo Gesù disse: “Il mio regno non è di questo mondo”, e dei suoi veri servitori: “Io vi ho scelti dal mondo”. (Giov. 18:36; 15:19, La Sacra Bibbia a cura di mons. S. Garofalo [cattolica]) Le parole di Gesù sono in armonia con ciò che aveva detto molto tempo prima il profeta Daniele. Non gli uomini, ma “l’Iddio del cielo stabilirà un regno che non sarà mai ridotto in rovina”. In quanto all’eventualità che fosse amministrato da uomini, l’ispirata profezia di Daniele dice che “non passerà ad alcun altro popolo. Esso stritolerà tutti questi regni e porrà loro fine”. — Dan. 2:44.

Credono i capi religiosi nella separazione del celeste regno di Dio? No! L’opuscolo Church and Powers va contro il chiaro atteggiamento biblico a questo riguardo dicendo che “questi rapporti [fra Chiesa e Stato] sono stati basati su una ristretta interpretazione delle Scritture che separano i due reami”. Che cosa offrono essi alle persone sincere in sostituzione di questa cosiddetta “ristretta interpretazione delle Scritture”?

Non è solo un altro tipo di politica e rivoluzione ideato dagli uomini? Benché comprendano l’inutilità del loro precedente corso senza fede come ‘principali strumenti, complici o silenziosi testimoni di un ingiusto ordine sociale’, si rivolgono ora con fede a Dio? Soprattutto, inculcano nei sinceri frequentatori di chiesa la fede nel vangelo inerente al regno di Dio, quella che è la loro massima responsabilità? I fatti rispondono chiaramente di No.

A che cosa conduce la loro ingerenza?

Come pensate che i capi politici considerino le militanti imprese della religione nel loro dominio? Possono i capi religiosi aspettarsi d’essere immuni dal danno solo perché asseriscono di rappresentare Dio? Si accorgono sempre più d’essere considerati intriganti politici e trattati come tali. Il periodico cattolico Maryknoll deplora:

“I cristiani impegnati vanno incontro a crescente persecuzione nell’America Latina . . . Sono considerati alla stessa stregua dei guerriglieri e dei comunisti come minacce sovversive al potere dei governi di destra. La persecuzione ha luogo per ragioni politiche anziché spirituali”. Febbraio 1973, pag. 47, (il corsivo è nostro).

Alcuni hanno anche perso la vita e l’hanno fatta perdere ai loro seguaci. Uno, Nestor Paz, “si rifugiò infine sui colli con una banda armata di 70 studenti” in Bolivia. “Furono inseguiti e uccisi dalla milizia governativa”. — Examiner di San Francisco, 11 gennaio 1973.

Pensate che questa specie di sofferenza faccia ottenere l’approvazione di Dio? Notate il principio esposto dall’apostolo Pietro: “Se siete biasimati per il nome di Cristo, felici voi . . . Comunque, nessuno di voi soffra quale . . . intromettente nelle cose altrui”. — 1 Pietro 4:14, 15, NM; Ga; Nardoni.

Tenendo presente ciò, notate il seguente resoconto fatto dal Times di New York sulla recente controversia degli esperimenti della bomba atomica francese:

“I militari stanno dicendo al clero di non immischiarsi negli affari dello stato, di rendere a Cesare quello che è di Cesare e di continuare a dispensare beneficenza e predicare la fede. . . . I soldati rimproverano gli uomini di chiesa perché non seguono il rammemoratore di Gesù secondo cui ‘Il mio regno non è di questo mondo’. Gli uomini di chiesa castigano i soldati perché non hanno riconosciuto il mutato ruolo del clero”. — 18 luglio 1973.

A che cosa condurrà infine l’ingerenza del clero nella politica?

Qual è il futuro della religione nella politica?

La Bibbia illustra vividamente come Dio considera i rapporti fra religione e politica. Sono paragonati a illeciti rapporti sessuali e chiamati “adulteri”. (Giac. 4:4, Ga) Quindi, appropriatamente, il ruolo della religione mondana nella storia è rappresentato in Rivelazione o Apocalisse come essendo simile a quello di una “grande meretrice . . . con la quale hanno fornicato i re della terra”. — Apoc. 17:2, Na.

La Bibbia mostra che le cose cambieranno per questa meretrice. Tutti i governanti politici che hanno messo i loro poteri a disposizione della mondiale organizzazione politica, le N.U. (raffigurate da una “bestia”), sono rappresentati come “dieci corna” che “sono dieci re, che . . . non hanno che un medesimo pensiero, e la loro potestà e la loro forza la mettono a disposizione della bestia”. Tra breve, continua a dire l’Apocalisse, “le dieci corna che hai veduto, come pure la bestia, prenderanno in odio la Meretrice, la lasceranno desolata e nuda; mangeranno le sue carni, e la consumeranno col fuoco”. Quelli che precedentemente provarono piacere in questa meretrice vedranno la ragione di ‘prenderla in odio’, esponendola a tutti perché vedano quello che è realmente, e quindi distruggendola. — Apoc. 17:12, 13, 16, Na.

Ora la religione mondana si sente al sicuro dietro il suo manto di devozione. Come osserva la Bibbia, essa dice: “Siedo regina e non son vedova, né saprò mai che sia il pianto!” Tuttavia la Bibbia predice pure: “Appunto per questo, in un sol giorno, piomberanno su di lei i flagelli . . . Potente è il Signore Iddio, che l’ha giudicata”. — Apoc. 18:7, 8, Na.

Quindi l’ingerenza della religione nella politica conduce alla condanna di Dio e alla sua inaspettata distruzione ad opera dei governanti politici stessi. E la predetta distruzione verrà con sorprendente subitaneità.

Che cosa possono fare i sinceri cristiani per evitare la stessa fine? Apocalisse non ci lascia nel dubbio: “Uscite, o popolo mio, da essa, per non associarvi ai suoi peccati e non ricevere parte dei suoi flagelli”. — Apoc. 18:4, Ga.

Se desiderate sinceramente piacere a Dio nella vostra adorazione, allora ‘uscirete’ certamente dalla religione che si è resa impura con la politica del mondo. Invece, vi assocerete alla “religione pura e senza macchia davanti a Dio, Padre nostro”, nella quale i veri cristiani “[si mantengono] immuni dalle sozzure del mondo”. I testimoni di Geova saranno lieti di assistervi a tal fine. — Giac. 1:27, Na.

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