L’uragano Fifi devasta l’Honduras
Dal corrispondente di “Svegliatevi!” nell’Honduras
“AIUTATECI, per favore! Sta accadendo qualche cosa di orribile! Non potete immaginarlo!”
La voce implorante era quella di un radioamatore della costa settentrionale dell’Honduras. E aveva ragione. Qualsiasi descrizione della catastrofe, benché sembri esagerata, impallidisce dinanzi alla sua crudele realtà. Il governo dichiarò l’Honduras in uno “stato di disastro nazionale”.
Fu la peggiore calamità della storia scritta dell’Honduras. Gli esperti calcolano che morirono da 8.000 a 10.000 persone. Circa 100.000 persone rimasero senza tetto, e un altro mezzo milione subì perdite. Poderi, bestiame e la maggioranza dei raccolti importanti per l’economia andarono distrutti. Autostrade, linee ferroviarie e ponti furono devastati, paralizzando i trasporti.
Un uomo additò il punto dov’era un tempo la sua casa in mezzo a centinaia d’altre. C’era ora il letto di un largo fiume, e non si poteva vedere il minimo segno di una casa! Letti asciutti di fiumi erano divenuti all’improvviso torrenti impetuosi larghi parecchie centinaia di metri. Passato l’uragano, si trovarono corpi a dieci chilometri dalle loro case. Si scoprirono automobili sepolte sotto un metro di fango. Non era insolito trovare case rimaste in piedi quasi piene di sabbia e fango.
Quali forze provocarono tanta devastazione?
Si prepara l’uragano
Il martedì pomeriggio, 17 settembre, la stazione radio dell’Aeronautica Civile trasmise prima un avvertimento che l’uragano Fifi si avvicinava alla costa onduregna sui Caraibi. Ma non fu dato nessun particolare allarme. Settembre è il mese degli uragani, e le inondazioni che causano sono desiderate, giacché in genere sono moderate e lasciano uno strato di suolo fertile che fa bene all’agricoltura.
Ma il mercoledì 18, verso le 16, le città settentrionali dell’Honduras cominciarono a sentire la furia di Fifi. Invece di avanzare rapidamente lungo la costa settentrionale spostandosi nel Guatemala, la velocità di Fifi fu ridotta da aree a bassa pressione lungo la costa del Pacifico. Ne risultarono forti piogge e inondazioni lungo la costa del Pacifico. Ma le zone realmente disastrate furono quelle dell’Honduras settentrionale.
Infine, il giovedì, l’uragano si spostò nel Guatemala, estinguendo infine la sua furia nel Messico il venerdì. Nel frattempo, in alcune parti dell’Honduras settentrionale erano caduti cinquanta centimetri di pioggia.
L’uragano stava anche causando burrasche nel mare, alzandone il livello. A causa di ciò i fiumi gonfi di pioggia non poterono più riversarsi nel mare, così che strariparono nelle città, seminando rovina e distruzione.
Le piogge torrenziali sui monti prepararono il terreno a una devastazione anche maggiore. Come mediante artigli giganteschi, l’inondazione spogliò le pendici dei monti mandando tonnellate di fango, sabbia, vegetazione e macigni sul suolo sottostante. Questi detriti riempirono i fiumi, ostruendo il passaggio dell’acqua. Quando gli ostacoli erano rimossi, o l’acqua trovava un’altra uscita, era come un’inondazione che trasportava con sé milioni e milioni di tonnellate di rocce, fango e alberi. Questi fiumi distruttivi erano larghi spesso centinaia di metri, e i villaggi incontrati sul loro cammino non erano solo inondati; erano spazzati via completamente.
Improvviso terrore
Le repentine inondazioni causarono spesso più danno dei venti ululanti e delle piogge torrenziali dell’uragano. Nelle ore che precedettero l’alba di venerdì una valanga di massi, tronchi d’albero, terra e acqua piombò giù dai colli circostanti e devastò la città di Choloma. “Quando ci svegliammo avevamo già l’acqua alla vita”, disse una giovane. “Ci arrampicammo sul tetto della casa, ma il tetto cedette, e tre delle mie sorelline furono trascinate via”. La stessa cosa accadde a migliaia d’altri. Secondo una stima, solo a Choloma morirono 2.800 persone.
Circa quindici chilometri a sud di Choloma si trova San Pedro Sula, la seconda città dell’Honduras per grandezza, con una popolazione di circa 150.000 abitanti. Un testimone oculare narra: “Nelle prime ore dell’alba l’occhio di Fifi passò a circa cinquantacinque chilometri più a nord di noi. Ci fu un’estesa inondazione. Per chilometri all’intorno, e fino ai ripidi monti vicini, non si poteva vedere altro che acqua. Presa dal panico, la gente corse verso i villaggi vicini situati più in alto. Ma molti rimasero sepolti sotto gigantesche frane o annegarono nelle acque impetuose”.
La Ceiba fu una delle prime città a sentire la furia dell’uragano che avanzava vorticosamente lungo la costa dell’Honduras. Fu spaventoso, specialmente per i bambini. Ecco ciò che disse della sua esperienza una bambina di otto anni, la cui madre la conduce regolarmente alla Sala del Regno dei testimoni di Geova per ricevere istruzione biblica:
“Quando sopraggiunse l’uragano, papà era via e noi eravamo spaventate perché non avevamo mai visto un uragano. Ma la mamma spiegò che gli uragani fanno parte di ciò che accade nel tempo, e che non è come dicono alcuni, che Dio è adirato con le persone.
“Salimmo al secondo piano della casa, perché la mamma disse che lì saremmo state più al sicuro. Ma anche lì l’acqua quasi ci raggiunse. La mia sorella maggiore ed io decidemmo che la cosa migliore era di tirar fuori il nostro libro Ascoltate il grande Insegnante! e di leggere ad alta voce i racconti biblici per farli sentire anche alla mamma.
“Scegliemmo il capitolo 14, quello che narra come Gesù calmò il mare. Guardammo in special modo la figura dove lo si vede camminare sull’acqua, per venire in aiuto dei discepoli nella barca quando si spaventarono per la tempesta. Ci sentimmo realmente meglio, perché confidavamo in Geova e in Gesù.
“La sera successiva l’uragano imperversava ancora, per cui facemmo la stessa cosa. Questa volta studiammo il capitolo sulla preghiera. Chiedemmo alla mamma di dire una preghiera per tutte noi e quella sera pregammo molto. La mamma disse che eravamo di aiuto anche a lei, perché era felice vedendo che confidavamo in Geova”.
Molti, comunque, non furono così fortunati. Quelli che avevano perduto tutto gremirono i rifugi dei profughi. Secondo le organizzazioni di soccorso, i bambini al di sotto dei sette anni costituivano il 75 per cento dei profughi. Ci furono ripetute scene di disperazione.
C’erano ragazzi che avevano visto morire le sorelle. C’erano genitori che avevano perduto i figli e figli che avevano perduto i genitori. L’espressione del loro viso rispecchiava il sentimento di sconforto che avevano nel cuore. Tutta la parte nordorientale dell’Honduras fu devastata dagli effetti dell’uragano.
Salvi in modi sorprendenti
In certe zone è davvero rimarchevole che qualcuno sopravvivesse. A Omoa, per esempio, i funzionari calcolano che l’80 per cento della città andò distrutto. La Sala del Regno dei testimoni di Geova, dove molti si erano rifugiati, fu inondata da più d’un metro di acqua e sabbia. Tuttavia quelli che erano lì sopravvissero arrampicandosi sulle travi del tetto, dove l’acqua non li raggiunse. Un testimone di Geova, predicatore in servizio continuo nella città, riferisce:
“Nel cuore della notte, quando vidi che la situazione diventava pericolosa, il primo pensiero che mi venne in mente fu: Come posso aiutare i miei conservi Testimoni? Mi alzai in fretta e uscii.
“Vedevo l’acqua diventare un torrente impetuoso davanti a me. Era impossibile proseguire, ma riuscii ad arrampicarmi su un muro che era ancora fuori dell’acqua. Vedevo pochissimo in mezzo alle tenebre e alla forte pioggia. E lo spaventoso frastuono dell’acqua impetuosa e piena di detriti soffocava le grida di quelli che venivano trascinati via dalla forza della corrente.
“Il municipio locale, pieno di persone che vi si erano rifugiate, fu presto spazzato via, come la maggioranza delle case della città. Ora mi resi conto che non avrei potuto aiutare nessuno, e che forse non sarei sopravvissuto neppure io.
“È molto difficile sapere che cosa fare nella situazione in cui mi trovavo. Dovevo saltare nelle acque infuriate e cercare di mettermi in salvo a nuoto? O dovevo rimanere sul muro e aspettare finché fossi portato via dalla corrente? A che altezza sarebbero arrivate le acque?
“Il torrente impetuoso trasportava ogni sorta di alberi, rocce e detriti che divenivano come arieti, battendo contro il muro come in un deliberato sforzo di demolire il mio unico luogo di sicurezza. Ogni volta che sentivo un colpo contro il muro, mi batteva il cuore e mi chiedevo per quanto tempo il muro avrebbe resistito agli urti, specialmente poiché sapevo che ora tanti altri muri galleggiavano nell’acqua. È questo il colpo finale? A quanti altri colpi potrà resistere?
“All’improvviso vidi venire verso di me un oggetto enorme, dapprima informe nelle tenebre, ma mentre si avvicinava potevo distinguere che cos’era, una casa diretta proprio verso il mio muro! Con poca speranza di sopravvivere, strisciai verso l’estremità del muro e chiesi a Geova forza e aiuto. Ero deciso ad accettare qualsiasi cosa Geova permettesse. Con mio stupore e gioia, la casa fece uno scarto e sfiorò solo il fianco del muro.
“Ora più grato che mai d’essere vivo, quando spuntò la luce del giorno ero ancora aggrappato al muro e rendevo grazie a Geova di essere sopravvissuto. Comunque, ero triste per tutte le persone meno fortunate che avevano perso la vita. Nell’intera zona dove avevo trascorso la notte sul muro, rimaneva pochissimo. La desolazione era generale.
“Il mio dolore si faceva più profondo mentre pensavo che dovevo essere il solo Testimone della città ancora in vita. Ma quando riuscii a raggiungere la Sala del Regno e vidi gli altri e appresi che tutti erano sopravvissuti, potete immaginare le lagrime di gioia che mi riempirono gli occhi!”
Molti riuscirono a salvarsi in modo sorprendente mentre le acque d’inondazione demolivano certi luoghi, ma non altri. A San Pedro Sula, per esempio, una trentina di case a soli cinque isolati dalla Sala del Regno furono spazzate via. In un altro caso, un piccolo villaggio nelle vicinanze fu distrutto e molti perirono. Comunque, un ragazzo fu trovato ancora in vita su un albero vicino.
Mentre l’inondazione devastatrice si avvicinava al loro rifugio, quattro famiglie di testimoni di Geova di San Pedro Sula si accingevano a salire su un grosso autocarro diesel con cassone ribaltabile e su due furgoncini per fuggire attraverso il canyon a Sapotal, un vicino villaggio. Un vicino che radunava i suoi averi, comunque, ostruì il cammino dei Testimoni ed essi persero dieci minuti. Ma, nel frattempo, l’autostrada a cui erano diretti divenne un torrente che trasportava tronchi d’albero e macigni. Se fossero andati avanti, sarebbero rimasti uccisi quasi sicuramente! Sono grati che, essendo stati trattenuti, si salvarono.
Interesse per altri
Nella spaventosa inondazione della città di Choloma, spesso alcuni sopravvissero per l’aiuto ricevuto da altri. Un testimone di Geova, la cui casa sorge su palafitte a circa un metro dal suolo, narra:
“Quando mi resi conto che la mia vicina e tutti i suoi bambini erano in pericolo, la chiamai, esortandola a venire a casa nostra dove sarebbe stata più al sicuro. Ma ella era decisa a rimanere dov’era. Mi legai dunque una corda attorno alla vita e fissai saldamente l’altra estremità alla casa. Strisciai quindi attraverso il reticolato di filo spinato e a guado raggiunsi la casa di lei. Col consenso della famiglia, presi i bambini, e riuscimmo a tornare indietro sani e salvi. Più tardi il resto della famiglia, ripensandoci, decise di venire a casa mia. In precedenza non erano stati favorevolmente disposti verso i testimoni di Geova, ma ora avevano cambiato idea, poiché non avevano mai immaginato che avremmo rischiato la vita per salvarli.
“Infine circa 200 persone si rifugiarono a casa mia. Stavo sulla veranda e osservavo l’acqua trasportare ogni specie di detriti. Ma la vista più impressionante era quella dei cadaveri. Sapevo che era pericoloso se quei cadaveri erano spinti sulla veranda o dentro casa bloccando o facendo straripare le acque. Così mi procurai un’asta e stetti sui bordi della veranda, spingendo via i cadaveri man mano che si avvicinavano.
“Ebbi ottime opportunità di spiegare le verità bibliche riguardo alla condizione dei morti, che sono inconsci e non sono tormentati in alcun modo. (Eccl. 9:5, 10) Parlai anche della speranza che la Bibbia offre di una risurrezione dei morti, e che nel nuovo sistema di Dio quelli che sono morti hanno la prospettiva di riunirsi con i loro cari. — Atti 24:15; 2 Piet. 3:13”.
Un predicatore in servizio continuo dei testimoni di Geova pure si sforzò di aiutare altri, ma nel far questo ebbe dolorose esperienze. Egli racconta:
“Verso le 22 udimmo gli avvertimenti per radio, ma non pensavamo realmente che l’uragano ci avrebbe provocato molti danni dato che eravamo così all’interno. Ma verso le tre del mattino l’inondazione sopraggiunse con una rapidità e una forza tale che nelle zone più vicine al fiume molti furono letteralmente strappati dal letto; altri furono portati via con tutta la casa.
“Quando mi svegliai l’acqua era alta già quasi un metro, e il livello aumentava di circa trenta centimetri l’ora. La corrente aveva già portato via parte dello steccato di fronte a casa. Presi i nostri due bambini sotto le braccia e li trasportai in un punto più elevato. Ma mia moglie, essendo di salute cagionevole, era troppo debole per avanzare in mezzo alla corrente rapida. Si accinse a tornare indietro, ma cadde. Un uomo lì vicino che stava a guardare comprese la sua situazione e venne in suo aiuto. Comunque, non era abbastanza forte, benché riuscisse a impedirle di andare a fondo. Quando ebbi messo in salvo i bambini tornai e li aiutai entrambi a raggiungere il luogo dove avevo lasciato i bambini.
“Poi ci mettemmo in cammino poiché sapevo che non saremmo stati al sicuro a lungo dove eravamo. Si stava facendo giorno ma era ancora difficile vedere. Inciampavamo, mettendo i piedi nelle buche e l’acqua ci arrivava fino al collo. Infine giungemmo a un ponte che si poteva ancora traversare benché l’acqua lo coprisse e ne fossero stati portati via dei pezzi. Quando l’avemmo attraversato tutti e fummo al sicuro, li lasciai per andare a vedere come stavano altri Testimoni.
“C’era quasi un metro d’acqua sulla strada, per cui seguii i binari della ferrovia. Ben presto udii delle grida e guardando vidi una famiglia in difficoltà sul tetto della loro casa. Non potevo andare avanti e lasciarli lì, così andai a vedere quello che potevo fare. Quando lasciai i binari della ferrovia, entrai in acqua ed essa scorreva così velocemente che mi fece cadere e mi trasportò direttamente attraverso il cancello mandandomi a finire contro un reticolato di filo spinato dove mi strappai malamente i pantaloni. La mia giacca fu presa nel filo spinato e vi rimase tutta impigliata.
“Riuscii infine a liberarmi della giacca e l’acqua mi mandò a sbattere in pieno contro un albero. Afferrai l’albero circondandolo con le braccia, restandovi disperatamente aggrappato. Quando mi fui ripreso, mi gettarono una corda che legai attorno a due alberi. La famiglia era composta di sette persone, ed erano tutti sul tetto tranne la nonna. La casa era pericolosamente inclinata e sembrava stesse quasi per crollare. Portai i bambini nel punto dove la corda era legata agli alberi, ed essi si arrampicarono su un albero. Fu un po’ più difficile far uscire la nonna, ma infine ci riuscii. Quando l’ultima persona fu uscita dalla casa e fu salita sugli alberi, la casa crollò.
“Non ci sentivamo molto sicuri su quegli alberi, comunque, perché c’erano altre creature che avevano avuto la nostra stessa idea: mettersi in salvo in un luogo elevato. Erano serpenti velenosi. Appresi in seguito che un uomo si era rifugiato su un albero solo per morire di un morso di serpente al collo. Fortunatamente, questo non ci accadde.
“Infine, dopo un paio d’ore le acque calarono. Ci aiutammo a vicenda a scendere dagli alberi e io continuai il cammino per andare a vedere come stavano i miei conservi Testimoni. Fui grato che in quelle vicinanze tutti stavano bene. Ma poi, insieme ad alcuni amici, andammo a vedere come stavano altri in una zona chiamata Guayabal. Avemmo una spaventosa sorpresa, non vedendo altro che un enorme fiume su cui galleggiavano tronchi d’albero e detriti e case. Fui realmente preoccupato per il fratello che abitava lì. Ma non potevamo fare nulla, per cui andammo a vedere che cosa potevamo fare per altri.
“Disponemmo di tenere un’adunanza alle 14 del giorno successivo, dopo avere trascorso tutto quel giorno a provvedere ai bisogni di altri. Quando cominciò l’adunanza, di alcuni non avevamo ancora avuto notizia, ma verso la metà dell’adunanza, a uno a uno, cominciarono ad arrivare gli altri. Alla fine tutti erano lì sani e salvi. Come fummo felici di vederci!
“Alcuni fratelli abitavano nelle zone più colpite, per cui fummo realmente sorpresi e grati di vederli ancora in vita. Nessuno si preoccupava perché aveva perso la casa o gli averi. Eravamo contenti solo d’essere insieme e vivi. Eravamo così emozionati che riuscimmo a fatica a concludere il cantico finale; piangevano tutti. Ringraziammo Geova in preghiera dal profondo del nostro cuore. Avevamo realmente provato che cosa vuol dire fare assegnamento su Geova e confidare nella sua protezione”.
Si calcola che nella zona colpita dall’uragano abitassero 1.600 testimoni di Geova. Ma la cosa davvero sorprendente è che non uno solo di essi perse la vita, benché molti vivessero nei luoghi più duramente colpiti, come Choloma, Omoa, San Pedro Sula e nelle zone adiacenti.
Soccorsi
Da trentacinque paesi del mondo, l’Honduras ricevette aiuti sotto forma di generi alimentari, vestiario, medicinali, tende, coperte, denaro, eccetera. Letteralmente centinaia di tonnellate di soccorsi per le vittime dell’uragano furono mandate per nave e in aereo e distribuite dagli organi governativi.
Anche i testimoni di Geova ebbero una parte notevole nel provvedere i soccorsi. Già il giovedì 19 settembre, prima che l’uragano fosse passato, tre rappresentanti della sede filiale della Società Torre di Guardia di Tegucigalpa andarono a San Pedro Sula per rendersi conto della situazione. Quello stesso giorno i Testimoni di Tegucigalpa cominciarono a offrire generi alimentari, vestiario, medicinali, utensili, coperte e denaro per aiutare coloro che erano nelle zone più colpite. Anche altri, udendo del programma di soccorso dei Testimoni, contribuirono. Il sabato mattina i Testimoni erano occupati alla sede filiale a selezionare, impacchettare e caricare le provviste su autocarri per distribuirle ai fratelli cristiani nel nord. E un po’ di vestiario fu mandato sulla costa del Pacifico dove il numero dei bisognosi era inferiore.
Il primo giorno, furono spedite quasi sei tonnellate di articoli donati localmente, e altre tonnellate furono inviate in seguito. Finché tali provviste giunsero nelle zone più colpite, i Testimoni locali fecero ogni sforzo per rintracciare ogni fratello e sorella, e provvedere ai loro bisogni. Anche quelli con i quali si conducevano studi biblici furono rintracciati e aiutati. In alcune zone ci vollero fino a cinque giorni prima che tutti i Testimoni fossero rintracciati e ritrovati.
Il giovedì, ancor prima che a Choloma fosse passato il peggio, sedici Testimoni di San Pedro Sula vi giunsero a piedi trasportando sulle spalle pacchi di cibo e vestiario. Percorsero la maggior parte del tragitto nell’acqua, che talvolta gli arrivava alla vita, schivando serpenti e cadaveri. In seguito, squadre composte di ben quaranta Testimoni partirono da San Pedro Sula per aiutare nei lavori di rimozione delle macerie. Portarono le loro proprie pale e altri attrezzi per togliere il fango e la melma dalle case e dalle Sale del Regno. Alcuni lavorarono direttamente lì a San Pedro Sula, altri a Choloma e nelle città vicine.
Anche i testimoni di Geova di molti altri paesi fornirono aiuti. Da ogni paese dell’America Centrale chiesero di che cosa avevano bisogno i fratelli onduregni, e furono prese le disposizioni più pratiche per inviare provviste. Solo cinque giorni dopo l’uragano giunse da Belize una nave carica di dieci tonnellate di generi alimentari e vestiario. La scaricarono i Testimoni stessi sul molo di Puerto Cortés. Da Miami e New Orleans furono inviate molte altre tonnellate di provviste su navi e aerei. I lavoratori dell’ufficio principale della sede centrale della Società Torre di Guardia a New York offrirono contribuzioni personali per circa 4.000 chili di vestiario e coperte. Per di più, contribuzioni volontarie in denaro furono inviate dai Testimoni di molte parti della terra, e la sede centrale inviò alla sede filiale denaro da usare per ottenere provviste e aiutare a ricostruire le case di quelli che l’avevano persa a causa dell’uragano.
Le Sale del Regno furono i centri da cui vennero distribuite le provviste ai testimoni di Geova. I Testimoni, a loro volta, poterono condividere la gran quantità di cose offerte con parenti, vicini e conoscenti per aiutarli a sfamarsi e vestirsi. In questo modo furono in grado di dimostrare amore e generosità ai loro simili, e imitare così Geova Dio, che manifesta tale considerazione a ogni sorta di persone. — Matt. 5:45.
L’uragano Fifi dimostrò ancora una volta come sono deboli gli uomini di fronte alle forze naturali. E tuttavia Fifi servì a dimostrare un’altra cosa: che gli uomini, se hanno amore nel loro cuore, andranno in aiuto dei loro simili, pur mettendo a repentaglio la propria vita.
[Cartine a pagina 21]
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
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