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  • Dovremo dire addio a un altro uccello?
  • Svegliatevi! 1978
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  • Perché rischia l’estinzione?
  • Tentativi di conservazione
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Altro
Svegliatevi! 1978
g78 22/1 pp. 24-26

Dovremo dire addio a un altro uccello?

Dal corrispondente di “Svegliatevi!” nelle Filippine

CHI ama la fauna selvatica soffre per le stragi sfrenate compiute da persone sconsiderate. Forse qui nelle Filippine stiamo per dire addio a un altro uccello. Purtroppo, è una specie rara, che non si trova in nessun’altra parte del mondo.

Gli ornitologi chiamano questa creatura in pericolo col nome di Pithecophaga jeffrey. Il primo di questi termini significa ‘mangiatrice di scimmie’, con riferimento alla particolare alimentazione di questo uccello. Scimmie vive compaiono spesso nel suo menu. Questo volatile è chiamato comunemente “aquila delle scimmie”.

Visto da vicino questo uccello è imponente. Da adulto, misura un metro dal becco alla coda e ha un’apertura alare di tre metri. Molti considerano l’aquila delle scimmie il rappresentante più grosso della famiglia delle aquile (sebbene l’arpia, un’aquila americana, pesi di più). Il maschio di questa specie ha la parte superiore del corpo ricoperta di piume di color marrone intenso, mentre le penne della parte inferiore sono bianco-giallastre. La femmina, però, ha piume più scure e più lucide e il petto bianco.

Vicino a Monte Apo, la vetta più alta delle Filippine, c’è un centro di studi sulle aquile chiamato “Campo estivo”. Vi si possono vedere i custodi che danno da mangiare all’aquila delle scimmie. Quando gli uomini gettano dentro l’enorme recinzione di fil di ferro un pollo, un gatto domestico o un piccione, l’uccello piomba giù afferrandolo con una zampa. Gli artigli acuminati di quest’aquila danno la morte istantanea a qualsiasi creatura scelga per cibo. Con un colpo di becco alla nuca decapita la preda e subito l’aquila scompare.

Perché rischia l’estinzione?

Solo alcuni anni fa sopravvivevano un centinaio di queste poderose creature alate. Ma ora, in base agli effettivi avvistamenti nelle foreste pluviali dell’isola di Mindanao, sono scese a una quarantina, forse meno. Si afferma ne restino alcune in certe parti della catena montuosa della Sierra Madre, nell’isola di Luzon. Ma queste zone sono inaccessibili all’uomo.

Il Red Data Sheet, supplemento trimestrale pubblicato dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura e delle Risorse Naturali, fornisce informazioni sugli animali selvatici che rischiano l’estinzione. Nell’elenco delle specie più in pericolo nel mondo, l’aquila delle scimmie è fra le prime. La mortalità annua registrata è di 19,6 esemplari, per cui quest’aquila potrebbe sparire nel giro di due o tre anni.

Qual è la causa della diminuzione? Fino a un certo punto la colpa è proprio dell’uccello, a causa delle sue abitudini riproduttive. La femmina depone in media un uovo all’anno e la sua durata di vita si aggira sui quarant’anni. E finora non si è riprodotta in cattività.

Il principale nemico di questa aquila, comunque, è l’uomo. Può essere il cacciatore inveterato, l’uccellatore, la guardia forestale disonesta, il tagliaboschi senza scrupoli e il kainginero, un contadino nomade che segue il tagliaboschi e coltiva gli spiazzi che riesce a diboscare.

I motivi per cui si dà la caccia a questo volatile sono svariati. Queste aquile sono richieste dagli zoo e da privati. Molti desiderano imbalsamarle ed esporle come trofei in salotto. Il fatto stesso di darle la caccia, che richiede abilità, dà prestigio. Inoltre, l’uccello viene pagato a prezzo esorbitante sul mercato mondiale. Si afferma che le quotazioni europee arrivino a un milione di dollari per un solo esemplare.

Anche i tagliaboschi hanno la loro parte di colpa. Ora le Filippine perdono ogni anno 170.000 ettari di foresta. Oltre metà di questa perdita, 90.000 ettari, la subisce l’isola di Mindanao. Questo diboscamento è considerato la più notevole causa singola di diminuzione dell’aquila delle scimmie.

Tentativi di conservazione

Poiché il pericolo che questo grosso volatile si estingua si fa sempre più concreto, sono stati fatti alcuni passi per la sua conservazione. Perché? Anzitutto, molti si stanno rendendo conto che quanto accade alla fauna selvatica ha stretta relazione con il benessere dell’uomo. “L’umanità è aggrappata solo a un filo della misteriosa tela della vita sulla terra”, osservò un articolo del Reader’s Digest del giugno 1975. “Noi strappiamo gli altri a nostro rischio e pericolo”. Illustrando questo fatto, l’articolo citava lo sterminio avvenuto in Europa della lince e del lupo, predatori naturali del cervo. Di conseguenza, la popolazione dei cervi è aumentata, causando estesi danni alle foreste e ai raccolti commerciali. Inoltre, in Gran Bretagna la diminuzione delle comuni rane ha provocato un aumento di insetti nocivi.

In quanto alle Filippine, per conservare l’aquila delle scimmie bisogna mantenere intatto il suo habitat di foreste pluviali, ciò che, a sua volta, significa stabilità del terreno. Indicando l’importanza di questo fatto, Expressweek del 17 giugno 1976 faceva questi commenti: “Quando i monti sono spogliati degli alberi, le cui radici sono il mezzo con cui la natura impedisce l’inondazione delle terre basse, la pioggia che cade su queste montagne finisce interamente nelle aree più basse, trasportando . . . terra e altri materiali solidi. Questa si chiama erosione, ed essa a sua volta provoca delle frane”. Gli studiosi hanno additato il diboscamento come “la causa principale delle alluvioni annuali”, una delle quali ha recentemente inondato cinquanta città dell’isola di Luzon.

Ora esistono alcune leggi favorevoli alla conservazione di questo uccello. Esse includono la proibizione di abbattere alberi nei parchi nazionali, e il divieto, più altri severi provvedimenti, di cacciare ed esportare quest’aquila. Recentemente ha avuto impulso una campagna per la sua conservazione, lanciata dal direttore del Fondo Mondiale per la Natura. Include un continuo programma di informazione e istruzione presentato per radio, nei giornali, in opuscoli, posters e con esposizione in pubblico di foto e altro materiale.

Prendere, possedere, ferire o uccidere l’aquila delle scimmie è ora un reato. Un dispaccio della Reuters da Manila riferisce: “I responsabili della fauna selvatica delle Filippine sperano che il programma triennale . . . abbia contribuito a salvare la locale aquila delle scimmie, che è sull’orlo dell’estinzione. . . . I responsabili hanno detto che si sta scoprendo un crescente numero di nidi d’aquila, e che si cerca di proteggerli da cacciatori e predatori mediante parchi e guardie della fauna selvatica”. Inoltre, è stata fatta la raccomandazione di costituire riserve per queste aquile, e si sono avanzate proposte di riservare zone della foresta esclusivamente all’aquila e ad altri animali selvatici.

Per fortuna, un crescente numero di persone sentono la responsabilità di proteggere l’ambiente e le creature selvatiche. Grazie alla sincerità e agli sforzi diligenti di tali persone, forse non sarà necessario dire addio a un altro uccello.

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