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  • g78 22/2 pp. 7-10
  • I problemi della donna che lavora

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  • I problemi della donna che lavora
  • Svegliatevi! 1978
  • Sottotitoli
  • Vedi anche
  • Problemi sul lavoro
  • E la casa?
  • Che ne è dei figli?
  • Il problema del successo
  • La donna dovrebbe lavorare . . . o no?
    Svegliatevi! 1978
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    Svegliatevi! 1978
Altro
Svegliatevi! 1978
g78 22/2 pp. 7-10

I problemi della donna che lavora

I TITOLI dei giornali parlano spesso di donne che hanno impieghi interessanti e redditizi, in precedenza esclusivo dominio dei maschi. Alcune sono elette presidenti del loro paese, entrano a far parte del consiglio dei ministri, diventano giornaliste della TV, agenti di cambio, ecc. Ma è pur sempre vero che la stragrande maggioranza delle donne sono pagate male, hanno impieghi poco prestigiosi, e con pochissime probabilità di avanzamento.

Il fatto è che, nonostante le vittorie legali e le leggi federali che vietano in America la discriminazione contro le donne nel lavoro, a quanto pare la situazione della donna che lavora, invece di migliorare, peggiora. “Progresso? Quale progresso?” ammise l’anno scorso l’Organizzazione Nazionale della Donna. “Stiamo andando indietro. Le cose non sono neppure come prima”.

Recenti statistiche governative indicano che negli scorsi vent’anni il divario fra il guadagno medio dell’uomo e quello della donna si è allargato, invece di restringersi. Più dell’80 per cento delle donne che lavorano negli U.S.A. guadagna meno di 10.000 dollari all’anno, mentre questo è il guadagno del 38 per cento soltanto degli uomini. Secondo l’Ufficio del Censimento statunitense, alcune laureate guadagnano solo il 60 per cento di quello che guadagnano i laureati. Inoltre, uno studio effettuato da un’organizzazione di ricerche nuovayorchese comunica che oltre i due terzi di coloro che da qui al 1985 andranno a ingrossare le file delle lavoratrici svolgeranno modesti lavori impiegatizi, e che gli stipendi continueranno a essere sensibilmente inferiori a quelli degli uomini.

Tutto questo significa che la donna che spera di trovare un lavoro interessante e che le renda abbastanza da garantirle l’indipendenza economica rimarrà probabilmente delusa. Non solo il suo lavoro sarà probabilmente di natura meccanica e materiale, ma se paga qualcuno perché badi ai suoi figli mentre è al lavoro, finirà alla pari, se mai. Infatti, di solito va incontro ad altre spese: trasporto, pranzo fuori casa, abiti da lavoro, cibi già pronti più costosi, tintoria, parrucchiere: tutto questo può portare via una grossa fetta della paga.

Problemi sul lavoro

Inoltre, l’ambiente di lavoro mette spesso a dura prova i nervi di una donna. A molte non piacciono le maldicenze, le manovre, la competizione e talvolta la disonestà dello spietato mondo commerciale. Né il clima morale è sempre edificante. Molte donne sono state sessualmente molestate sul lavoro da colleghi o dal principale.

Il Cornell Human Affairs Program ha effettuato un sondaggio su questo soggetto e, secondo il 92 per cento delle donne interrogate, il problema era grave, e niente meno che il 70 per cento hanno detto d’essere state personalmente importunate. Secondo il sondaggio, questo tipo di molestie, che includevano sguardi bramosi e insistenti, strizzatine d’occhio, abbracci e pizzicotti, lo sfiorare continuamente il corpo di una donna, proposte immorali accompagnate dalla minaccia di licenziamento, e, in casi estremi, relazioni sessuali forzate, era qualcosa che capitava alle donne indipendentemente da tipo di lavoro, età, stato civile o guadagno.

E la casa?

Molte donne che lavorano hanno un altro problema, e cioè che il lavoro le esaurisce. Tuttavia, quando arrivano a casa ci sono ancora molte cose a cui devono pensare. In molti casi, anche se si sono assunte l’onere extra di lavorare fuori di casa, il marito non le aiuta nelle faccende domestiche più di quanto non facesse prima che la moglie andasse a lavorare.

Per esempio, prendete il sondaggio effettuato nel 1976 fra alcune dottoresse della zona di Detroit, nel Michigan. Risultò che oltre a esercitare la professione medica a tempo pieno, tre su quattro sbrigavano tutto il lavoro di cucinare, fare la spesa, badare ai figli e amministrare il denaro. I due terzi di loro avevano un aiuto uno o due giorni la settimana per il bucato e le pulizie, ma il restante terzo si occupava personalmente di tutte le faccende domestiche.

Lo sforzo fisico può diventare un problema grave se la donna cerca di portare tale carico sovrumano per un periodo troppo lungo. Le donne che han cercato di farlo ammettono francamente che la casa ne soffre per forza. Una madre che lavora ammise di togliere gli asciugamani dall’asciugatrice e di gettarli letteralmente nell’armadio per risparmiare il tempo di piegarli. Un’altra disse che prima suo marito si lamentava se non gli stirava i fazzoletti; ora che essa lavora è contento se solo li tira fuori dell’asciugatrice e glieli mette nel cassetto.

Che ne è dei figli?

Sebbene oggigiorno molti mariti siano disposti a passar sopra a molte cose che un tempo esigevano dalle mogli, c’è un’altra faccenda che è più difficile trascurare per la madre che lavora: le necessità dei figli. Esse diranno che è la qualità del tempo trascorso coi figli che conta, non la quantità, e in un certo senso è vero. Tuttavia la madre che lavora può essere così esausta che sia la quantità che la qualità del tempo dedicato ai figli ne soffriranno.

Riconoscendo questo problema delle madri che lavorano, gli autori di un libro che incoraggia le casalinghe a lavorare danno loro questo suggerimento per quando arrivano a casa, dove sono accolte dai figli che vogliono raccontar loro come hanno passato la giornata: “Dite a quegli adorabili visini pieni di fossette di tenere la bocca chiusa finché la mamma non abbia trascorso 15 minuti da sola nella sua stanza per riordinare le idee, cambiarsi d’abito e forse bere in fretta un martini. Chiudete la porta a chiave se necessario, perché, per quanto ci riguarda, questa è una parte importantissima nel programma di qualsiasi madre che lavora”.

Il guaio di questo consiglio è che la madre che lavora potrebbe scoprire, com’è accaduto ad alcune, che quando è pronta per i figli, essi si sono allontanati da lei. Il desiderio di raccontare alla madre le cose che sono importanti per loro è svanito, sostituito dalla barriera del silenzio.

Uno psichiatra esperto di conflitti emotivi che affliggono le donne dedite alla carriera dice che i figli non vogliono che la propria madre lavori, punto e basta. “Sebbene i figli si lamentino di rado che il padre è lontano da casa, esprimono vivamente la loro ira alla madre che sta fuori”, afferma. “Essi ritengono che la madre dovrebbe essere tutta per loro”.

Questo psichiatra afferma che le donne dedite alla carriera, incitate dal movimento di liberazione della donna, sono divenute insofferenti di qualsiasi tipo di dipendenza. “Per quelle che hanno figli”, dice, “significa che si aspettano che i figli crescano appena nati. Vogliono che assomiglino di più a loro, che siano pieni di risorse e indipendenti. E i figli non vi sono preparati”.

Né i figli piccoli sono i soli bisognosi di cure, come fa notare una madre e massaia, che ha due figli grandi e uno di sedici anni ancora in casa. “Bisogna spronare i figli”, essa dice, “mostrare veramente che ci si interessa di loro, di ciò che è accaduto loro quel giorno. Non lo dicono spontaneamente. E se non si è a casa a parlare di queste cose con loro, troveranno qualcun altro con cui confidarsi. Come sapete se non sceglieranno di confidarsi con qualche persona immorale o immatura?”

Questa madre aggiunse: “Due ragazze del quartiere, le cui madri lavorano, vengono spesso a trovarmi dopo le lezioni finché non ci sia qualcuno a casa loro. Mi dicono cose che non dicono mai alle madri. Quando glielo suggerisco, dicono che le loro madri non hanno tempo per loro”.

Il problema del successo

Alcune donne hanno vero successo nel mondo commerciale. Guadagnano un mucchio di soldi, esercitano considerevole influenza e sono rispettate dai colleghi di lavoro. Ma il loro lavoro richiede spesso che facciano lo straordinario e che viaggino. In tal caso, una donna deve lasciare non solo i figli ma anche il marito. Tuttavia, se rifiutano di fare lo straordinario e di viaggiare possono perdere l’impiego.

Una donna che ha mansioni dirigenziali nella Borsa Valori americana, lavoro che fino a poco tempo fa era tradizionalmente ‘per soli uomini’, deve dedicare più del 30 per cento del tempo ai viaggi. Ha anche due gemelline. Come ha risolto il problema? Di giorno ha un aiuto e, quando viaggia, è il marito a badare alle bambine una volta tornato a casa dal lavoro. Quando viaggia, in media la sua giornata lavorativa va dalle 6 del mattino alle 11 di sera, un programma che le impedirebbe di aver cura dei figli anche se fosse loro fisicamente vicina.

Per la donna che fa carriera, quindi, la casa e la famiglia devono avere un’importanza secondaria; infatti, l’antropologa Margaret Mead dice: “Le cure continue dedicate ai figli piccoli, al marito e alla casa di solito sono incompatibili con la dedizione alla carriera. Il tipo di vita della brava moglie e madre è in netto contrasto con quello di brava scienziata, artista o dirigente”.

Frequentemente i tentativi di conciliare la carriera con la cura della famiglia sono disastrosi. Una donna il cui matrimonio fallì spiega: “Il mio lavoro era diventato quasi un amante per me. Se dico che la mia carriera ha un posto importantissimo nella mia vita, è perché essa è proprio la mia vita”.

Tuttavia anche le donne che non lavorano per fare carriera devono riconoscere che la loro occupazione può influire profondamente sulla relazione coniugale. Una donna che dopo vent’anni di matrimonio tornò a lavorare fa queste osservazioni: “Penso che Lew senta molto la mia mancanza a casa . . . E ora mi irrito quando mi dice ‘Aiutami a preparare la borsa’. Penso: ‘Preparatela da solo!’ Prima non mi sentivo mai così. Ero sempre lieta di aiutarlo perché pensavo che quello fosse il mio ruolo”.

Torniamo così alle domande: Dov’è il posto della donna? Nella casa? Al lavoro? Qual è il suo giusto ruolo?

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