Problemi della donna che lavora
L’ALTO costo della vita ha cambiato l’esistenza di milioni di donne. Ci sono cose di cui la famiglia ha bisogno, ma che non può permettersi, e molte altre che desidera. Quando il guadagno del capofamiglia non basta più per il tipo di vita a cui essa è stata abituata, bisogna fare una scelta: o aumentare il guadagno facendo lavorare più persone in famiglia, o accontentarsi di un tenore di vita più modesto.
Mentre consumano gli avanzi del pasto precedente la moglie introduce l’argomento: “Caro, non potrei cercarmi un lavoro? La mamma ha detto che mi aiuterebbe badando ai bambini”.
Da un capo all’altro del mondo, la gente avverte la crisi economica. Qualcuno ha detto: “L’aspetto più importante dell’economia mondiale nel 1979 fu il ritmo accelerato dell’inflazione”. E il costo della vita non è sceso di certo in seguito!
Donne che lavorano
Nello scorso decennio milioni di casalinghe americane si sono messe a lavorare, una cifra senza precedenti. Le donne americane che lavorano sono più numerose ora che in qualsiasi periodo della storia della nazione: il 51 per cento delle donne dai 16 anni in su! Ma questa tendenza non si registra solo negli Stati Uniti. In Svezia il 60 per cento delle donne che hanno figli lavora, ancora di più che negli U.S.A. Oggi le donne rappresentano un terzo della forza lavorativa retribuita del mondo.
Il numero dei lavori accessibili alle donne è aumentato. In molti paesi, specie in quelli in fase di sviluppo, le grandi società, “alla ricerca di manodopera abbondante e poco costosa, si rivolgono invariabilmente alle donne. A Singapore, per esempio, la percentuale delle donne che lavorano nelle industrie esportatrici . . . è aumentata del 118 per cento, mentre la percentuale degli uomini che lavorano in queste industrie è aumentata solo del 36 per cento”, nello stesso periodo. — World Press Review, giugno 1980.
È bene che vada a lavorare?
Se sei una donna, probabilmente lavori fuori casa o, volendo, potresti trovare un impiego. Anche se con tutta probabilità non saresti pagata bene come tuo marito o tuo padre, nondimeno pensi che in questi tempi di inflazione avere un impiego sia l’unica cosa per far quadrare il bilancio familiare.
Sarebbe poco saggio e ingiusto asserire che le donne, anche le mogli e le madri, non debbano mai lavorare. Ma è altrettanto poco saggio cercare lavoro senza un’idea realistica di quello che ti costerebbe. Solo confrontando i vantaggi del tuo lavoro, o del tuo futuro lavoro, con ciò che ti costerà, puoi calcolare accuratamente se ne vale veramente la pena. Le condizioni variano da paese a paese, ma la donna che pensa di trovarsi un lavoro fa bene a prendere in esame alcuni dei seguenti fattori.
Costo in denaro
Riportiamo qui sotto uno specchietto pubblicato dalla rivista americana Changing Times, col titolo “Lavorare costa”. Le cifre si riferiscono al caso di una donna americana sposata, con un figlio in età prescolare, a cui sia offerto un impiego con uno stipendio di 15.000 dollari all’anno. Quanta parte dello stipendio porterà effettivamente a casa? Metà? Un terzo? Nel caso della donna in questione, solo un quinto!
Incredibile? Se voi donne avete un impiego, perché non provate a fare un elenco di dove va a finire il vostro denaro? Prendete le spese giornaliere, come quelle dell’autobus e dei pasti fuori casa, e moltiplicatele per 250 se lavorate cinque giorni la settimana, o per 300 se la vostra settimana lavorativa è di sei giorni. Il vostro lavoro richiede che abbiate la macchina, altrimenti non necessaria? Calcolatelo. Avete bisogno di abiti particolari per l’ufficio? Che qualcuno badi ai vostri figli? Il costo complessivo del vostro lavoro potrebbe sorprendervi.
Noterete che nel caso della donna in questione la spesa singola più grande era quella delle tasse. Naturalmente, nel vostro paese le tasse possono non essere così alte come negli Stati Uniti. Ma se abitate in Europa, molto probabilmente sono anche più alte. In Svezia, ad esempio, le tasse assorbono il 60 per cento della produzione totale. Notate inoltre le spese extra di viaggio e di vestiario che questa donna doveva sostenere per il suo lavoro. Sono spese piuttosto comuni.
La famiglia di questa donna non deve pensare che il suo guadagno netto di 3.037 dollari sia tutto guadagno. Bisogna anche tener conto che la famiglia non ha più i suoi servizi di moglie e massaia a tempo pieno. Quanto valgono questi servizi? Più di quanto molte donne non si rendano conto!
“Ne va di mezzo l’amor proprio”
Uno studio ha mostrato che negli Stati Uniti, nel 1972, una persona che facesse tutte le faccende di casa svolte da una comune massaia di trent’anni veniva a costare 6.417 dollari. In dollari del 1980, la spesa si aggirerebbe sui 12.000 dollari. Naturalmente, la donna che lavora fa ancora molte cose in casa, ma non ha certo il tempo né le forze per fare quello che faceva prima.
“Non puoi rendere al cento per cento nel lavoro e poi tenere la casa come un tempo”, ha detto una madre che lavora. “Anche se il marito si rende utile, come fa il mio, è inevitabile che le faccende domestiche ne soffrano. Ne va di mezzo l’amor proprio”. Anche se tutto ciò non si può valutare in termini di denaro, non c’è dubbio che la qualità della vita familiare ne soffre.
Maturità e dialogo sono specialmente necessari quando sia il marito che la moglie lavorano. Per esempio, l’unione familiare ne soffrirà se il marito pensa che la sua posizione di capofamiglia è minacciata dal guadagno della moglie, specie se la moglie guadagna quanto lui, o di più. La situazione non migliora quando la moglie ragiona in questo modo: “Ho guadagnato questi soldi e li spendo come mi pare”.
Il matrimonio ne soffrirà anche se la moglie considera il suo lavoro soprattutto come un mezzo per evadere dalla “noia” della casa. Senza rendersene conto, può dedicarsi tanto al lavoro da trascurare le faccende di casa e suscitare le obiezioni del marito. D’altra parte, il marito può non comprendere che ora che la moglie lavora ha più bisogno di aiuto in casa. Per entrambi è importante comunicare. Il guaio è che il dialogo ne soffre quando i due sono esausti dopo una dura giornata di lavoro, seguita dallo “straordinario” delle faccende domestiche indispensabili.
È utile che marito e moglie si accordino in anticipo sul perché la moglie andrà a lavorare e su come verrà usato il denaro che guadagna. Dev’essere un accordo flessibile e soggetto a modifiche, ma è un’utile salvaguardia contro eventuali malintesi.
Ci si rimette emotivamente
“Al lavoro c’è il problema degli uomini che fanno allusioni”, si è lamentata una madre che lavora. “Sono cose che ti fanno tornare a casa di pessimo umore”. Molte donne che lavorano dicono la stessa cosa. “È una lotta continua”, ha detto una giovane donna che lavora in banca. “Quei tipi fanno di tutto per indebolire la mia resistenza. Si va da un invito a pranzo all’invito di scappare con loro in Florida. Quello che mi preoccupa di più è il fatto che la situazione sembra peggiorare”.
I gruppi femministi stanno vincendo processi intentati a tale riguardo, ma “nessuno crede che la legge eliminerà i problemi di natura sessuale”, ha fatto notare recentemente la rivista Newsweek. Il prezzo che dovrete pagare sul piano emotivo può essere elevato. “In uno studio si è appurato che le donne che si ritenevano sessualmente molestate hanno denunciato mal di testa, nausea e insonnia”. Questa è una cosa da valutare, anche quando si lavora in un “bel posto” come una banca.
Le donne che sono diventate madri da poco al momento di riprendere il lavoro si accorgono di perdere qualcosa che non avevano previsto. “Pensavo ingenuamente che sarebbe stato facile riprendere il lavoro”, ha detto Margherita, che ha ricominciato a lavorare solo cinque settimane dopo la nascita di suo figlio. “Ero pronta a riprendere il lavoro, e poi Gigi ha sorriso per la prima volta — aveva un mese — e tutt’a un tratto la maternità mi è apparsa così meravigliosa che il mio unico pensiero è stato: ‘Non posso tornare a lavorare e perdere tutte queste cose fantastiche che gli stanno succedendo. . . . Non posso tornare a lavorare perché potrei danneggiarlo’. Sono tornata a lavorare, ma che strazio!”
I figli ne soffrono
Sara, che ha due bambini, ha smesso di lavorare dopo la nascita del secondo figlio. “Ho smesso per i bambini”, dice. “Credo fermamente che una madre debba passare più tempo possibile con i suoi figli. Non voglio mettere a repentaglio l’unità della mia famiglia per qualche soldo in più”.
Alla domanda se pensava che il fatto di non lavorare più facesse differenza nella sua famiglia, ha risposto con enfasi: “Ho visto una grande differenza nei miei ragazzi da che ho smesso di lavorare. Sono molto più aperti con me. Comunichiamo di più. Quando lavoravo mia figlia si stava staccando da me. Cosa potevo aspettarmi? Passava tutta la giornata in casa della nonna. Ora vedo una grande differenza tra i miei ragazzi e i figli di mie conoscenti che lavorano”.
Certo, quando questa donna ha smesso di lavorare la famiglia ha dovuto fare dei cambiamenti. “Abbiamo dovuto rinunciare ad alcune cose”, ammette. “Il mio debole sono i vestiti e ho dovuto imparare ad aspettare le liquidazioni invece di comprare qualcosa quando ne ho voglia. Ora mio marito si porta il pranzo da casa invece di andare al ristorante, e anche questo è un aiuto”.
Non tutte le madri possono smettere di lavorare e dedicarsi di più ai figli. In certi casi la crisi economica ha fatto perdere l’impiego al marito, e il lavoro della moglie è la sola entrata della famiglia. In quasi tutti i paesi i divorzi sono in aumento, per cui sempre più madri si trovano a dover allevare i figli senza l’appoggio del marito, e gli alimenti che lui passa non bastano.
Spesso, però, mogli e madri lavorano non perché la famiglia ne abbia assolutamente bisogno, ma perché possa mantenere il tenore di vita a cui è abituata. È particolarmente in questi casi che bisogna chiedersi: Ne vale la pena?
Robert Coles, esperto in psichiatria infantile, ha fatto queste osservazioni sulla vita familiare negli Stati Uniti: “Per molti la vita familiare è diventata una questione materialistica: Quanto possiede questa famiglia, e quanto potrà possedere in futuro? La gente vive molto comodamente nel senso che ha più di una macchina e la casa con l’aria condizionata e il televisore; ma si rovinano l’esistenza a vicenda”. Non indica questo che è necessario rivedere quali sono le cose più importanti?
Qualcosa di meglio
Nessuno vuole essere povero o soffrire la fame. Sarebbe stolto non lavorare e non condurre una vita dignitosa e vivere invece in estrema povertà o non avere abbastanza da mangiare. Ma oggi molti non lavorano per procurarsi da mangiare, ma per permettersi due macchine, lo stereo, una seconda casa: si rovinano l’esistenza per avere certi beni materiali.
Viene in mente una richiesta molto sensata espressa oltre 2.500 anni fa: “Non mi dare né povertà né ricchezze”. (Prov. 30:8) Come la povertà causa frustrazione, avvilimento e infelicità, l’altro estremo, cioè i troppi beni materiali, può far escludere dalla vita valori più importanti, come la famiglia o l’adorazione di Dio. Se ci si esaurisce per concedersi un tenore di vita tale che non si ha più tempo da dedicare ai propri cari o si perde l’interesse per cose che ristorano lo spirito, si è veramente in condizioni migliori di chi è oppresso dalla povertà?
Anziché lottare disperatamente per concedersi un tenore di vita più elevato saremo molto più felici rinunciando ad alcune cose extra e accontentandoci di una vita più semplice. In molti casi, la moglie che smette di lavorare riduce le spese che aveva come conseguenza del lavoro. Quindi può darsi si debba stringere meno la cinghia di quanto non si prevedesse, a seconda dei casi.
Perché come famiglia non accettate la sfida di collaborare per risparmiare, per ridurre le spese? Lo psichiatra Coles osserva: “I genitori dimenticano che ciò di cui i figli hanno più bisogno è la disciplina e un impegno verso qualcosa più grande di loro stessi. Oltre che di ricevere, i bambini hanno bisogno d’essere invitati a dare”. Perché dunque non invitate i bambini a partecipare agli sforzi che la famiglia fa per ridurre le spese superflue, o per avere una miglior cura di ciò che la famiglia possiede? In tal modo si coltivano sentimenti di collaborazione e intesa familiare.
Quando è necessario che tutti i familiari si rimbocchino le maniche per provvedere ai veri bisogni della famiglia, si prova un senso di soddisfazione facendo la propria parte. Ma l’effetto è diverso quando si fa un lavoro solo per appagare uno spirito inquieto o soprattutto per considerazioni di natura personale.
La vera felicità non deriva dal guadagnare abbastanza denaro affinché ciascun adulto della famiglia abbia la propria macchina. La vera contentezza non dipende dall’avere nella propria stanza la TV o lo stereo o dal poter comprare più liberamente nuovi abiti. La vita significa molto di più. Gli interessi spirituali arricchiscono la vita in un modo che i beni materiali non potrebbero mai fare. Che come donna tu debba lavorare o no, proverai la massima felicità essendo ricca spiritualmente. — Luca 12:20, 21; Matt. 13:18-23.
[Prospetto a pagina 17]
LAVORARE COSTA
reddito lordo $ 15.000
tasse federali 5.238
contributi di previdenza sociale 908
tasse statali 862
asilo infantile 2.080
collaboratrice domestica, $ 25 la sett. 1.250
colazione fuori, $ 15 la sett. 750
vestiario (spesa iniziale $ 200,
poi $ 25 al mese) 500
viaggi, $ 7,50 la sett. 375
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Spesa complessiva 11.963
Guadagno netto $ 3.037 = 20,2 % di $ 15.000
[Immagine a pagina 18]
“Ho smesso per i bambini”
[Immagine a pagina 19]
L’intera famiglia ci guadagna collaborando per ridurre le spese