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  • g81 22/11 pp. 20-24
  • La “Space Shuttle” apre una nuova era spaziale

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  • La “Space Shuttle” apre una nuova era spaziale
  • Svegliatevi! 1981
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  • Perché è stata costruita la “shuttle”?
  • A cosa servirà?
  • Uno sguardo al sistema
  • L’ascesa
  • In orbita
  • Rientro
  • Ne vale la pena?
  • L’esplorazione dello spazio: Fin dove è arrivato l’uomo?
    Svegliatevi! 1992
  • La nuova era delle scoperte
    Svegliatevi! 1992
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    Svegliatevi! 1992
  • A che punto sono ora i voli spaziali umani?
    Svegliatevi! 1972
Altro
Svegliatevi! 1981
g81 22/11 pp. 20-24

La “Space Shuttle” apre una nuova era spaziale

CON un tuono fragoroso che scosse la terra in un raggio di chilometri, la prima nave spaziale riutilizzabile della storia, la Columbia, si staccò dalla pista di lancio a Cape Canaveral (Florida), sfrecciando verso lo spazio. Era il 12 aprile, esattamente vent’anni dopo il primo volo spaziale compiuto dal cosmonauta russo Yuri Gagarin. Dopo 54 ore e mezza di volo e 36 orbite terrestri, il veicolo spaziale riattraversò l’infuocata atmosfera terrestre atterrando sul letto asciutto di un lago in California, in perfetto orario e nel punto previsto.

Questa impresa veramente spettacolare è stata il frutto di 10 anni di lavoro ed è costata 10 miliardi di dollari. È stata salutata come “l’inizio di una nuova era nell’esplorazione dello spazio”. Altri la considerarono un aiuto per una nazione tormentata da dubbi tecnologici. Altri ancora l’accolsero con sentimenti contrastanti, dicendo che “era un enorme spreco di denaro”.

Perché reazioni così diverse? In sostanza, cos’è la space shuttle e a cosa dovrebbe servire? Vale la spesa?

Perché è stata costruita la “shuttle”?

In passato, tutti i veicoli spaziali erano mandati nello spazio da razzi che in seguito andavano distrutti nell’atmosfera o cadevano negli abissi dell’oceano. Anche gli stessi costosi veicoli spaziali finivano di solito nei musei dopo un unico viaggio. Ma con lo Space Transport System (STS), il nome ufficiale della space shuttle, le cose sono diverse. È prevista una serie di orbiter, il primo dei quali è la Columbia, a cui è stato dato il nome della prima nave americana che fece il giro del mondo nel 1790. La space shuttle è stata descritta come una nave spaziale da carico che può fare parecchi viaggi di andata e ritorno nello spazio, fino a un centinaio. Questo nuovo sistema, in teoria, dovrebbe rendere i voli spaziali molto più economici.

A cosa servirà?

Con un carico pagante di 30.000 chilogrammi, l’orbiter può trasportare nello spazio satelliti per le comunicazioni, per scopi scientifici e militari, oltre che altre apparecchiature come telescopi, macchine fotografiche e perfino laboratori completi. Può anche condurre nello spazio specialisti per fare esperimenti, studiare i cieli e la terra, nonché per revisionare, riparare o anche ritirare apparecchiature difettose. Col tempo potrà offrire la possibilità di trasportare uomini e materiali in orbita per costruire stazioni spaziali, per imbrigliare l’energia solare o per compiere processi di fabbricazione nell’imponderabilità dello spazio. A tal fine la NASA (Ente Nazionale Aeronautico e Spaziale americano) sta attualmente costruendo altri tre orbiter da 500 milioni di dollari l’uno — il Challenger, il Discovery e l’Atlantis — così che entro il 1985 potrebbero essere programmati forse 30-40 voli all’anno, e forse anche 50 entro il 1990.

Uno sguardo al sistema

L’orbiter Columbia, lungo 37 metri e di 80 tonnellate, somiglia a un voluminoso aviogetto con le ali a delta e un’apertura alare di oltre 23 metri. La poppa dell’orbiter contiene tre dei più straordinari motori a razzo che siano mai stati costruiti. Insieme possono generare più corrente di quella necessaria per illuminare l’intero stato di New York. Eppure, a parte gli ugelli, sono alti solo un metro e mezzo circa. Anche la pompa del propellente, grande quanto un barile di petrolio, ha una potenza pari a quella di 28 locomotive diesel. Per costruire questi motori ad alto rendimento sono stati impiegati tutti i mezzi tecnologici disponibili, e le avarie ai motori sono state una delle ragioni principali del rinvio del viaggio inaugurale della Columbia, previsto originariamente per i primi del 1978.

Sulla pista di lancio, l’orbiter è fissato a un gigantesco serbatoio esterno alto quanto un edificio di 15 piani, che contiene 800 tonnellate di ossigeno e idrogeno liquido. Ma viene tutto bruciato dai tre motori principali dell’orbiter in appena nove minuti. Per sollevare tutto quel peso nello spazio i tre motori non bastano, per quanto siano potenti. Per cui lungo il serbatoio ci sono due razzi vettori a propellente solido. Simili a due grosse matite e pieni di oltre 900.000 chili di alluminio atomizzato — lo stesso esplosivo utilizzato nei fuochi artificiali — forniscono una potenza pari a cinque volte quella dei motori principali. Sono i più grossi razzi a propellente solido costruiti finora e i primi usati in un volo spaziale con equipaggio umano.

L’ascesa

Alla partenza, vennero accesi prima i motori principali dell’orbiter. Qualche secondo più tardi, i razzi vettori fornivano una spinta di forza esplosiva e la shuttle iniziò la sua ascesa, dapprima lentamente. In due minuti i razzi vettori avevano consumato tutto il propellente e mediante piccole cariche esplosive furono staccati dal serbatoio del propellente. Mentre cadevano, tre giganteschi paracadute si aprirono per facilitare l’ammaraggio di questi razzi da 18 milioni di dollari nell’oceano sottostante. Due navi costruite appositamente, la Liberty e la Freedom, attendevano nella zona prevista per rimorchiarli a riva, perché possano essere riutilizzati una ventina di volte, con una spesa di 13 milioni di dollari ogni volta.

Nove minuti dopo la partenza, il propellente del serbatoio esterno era esaurito e la shuttle aveva raggiunto la quota di 115 chilometri. A questo punto il serbatoio doveva staccarsi affinché la gravità lo riportasse a terra. Il calore sprigionato nel rientro bruciò il serbatoio e i detriti si sparsero nell’Oceano Indiano. Il serbatoio da 3 milioni di dollari è l’unica porzione che non sarà riutilizzata. Il ricupero verrebbe a costare più del serbatoio stesso.

Ora la Columbia era tutta sola. Con l’accensione dei due motori non ancora utilizzati del Sistema di Manovra Orbitale installati a bordo la Columbia entrò in un’orbita circolare a oltre 240 chilometri dalla superficie terrestre.

In orbita

Nella cabina di pilotaggio, i due piloti hanno davanti a sé 1.400 interruttori e relay e tre schermi televisivi collegati a cinque computer installati a bordo. In effetti, da nove minuti prima della partenza a qualche momento prima dell’atterraggio, la shuttle è stata comandata dai computer. Il sistema è “ridondante”, ovvero i quattro computer principali elaborano le stesse informazioni e devono ottenere le stesse risposte. In caso di disaccordo, votano e vince la maggioranza. Se il problema non si risolve così, viene attivato il quinto computer, quello di riserva, che decide. Le loro immense banche di memoria contengono circa 134 milioni di informazioni e nei punti cruciali del volo compiono 325.000 operazioni al secondo.

Uno degli obiettivi principali del primo volo era quello di collaudare i portelloni della stiva nello spazio. Sulla parte interna dei portelloni ci sono quattro pannelli di radiatori che devono essere esposti nello spazio per dissipare il calore prodotto da tutte le apparecchiature elettroniche installate a bordo. Effettuati quel collaudo e alcuni controlli del sistema di navigazione, la Columbia era pronta per tornare sulla terra.

Rientro

Per evitare che alla Columbia accada quanto è accaduto al serbatoio del propellente al rientro, il 70 per cento della superficie esterna della navetta è ricoperto da circa 31.000 tegole di silicio rivestite di ceramica che la proteggono da una temperatura di 1.370 gradi centigradi, prodotta dall’attrito atmosferico. La costruzione di questo scudo termico riutilizzabile ha comportato lo stesso impegno della costruzione dei tre motori principali. Le tegole, di cui non ce ne sono due uguali, sono state progettate e tagliate mediante computer e incollate a mano come un gigantesco puzzle. Gli enormi problemi incontrati durante l’installazione e il collaudo delle tegole furono un’altra delle maggiori cause del rinvio dell’impresa.

Durante la discesa della Columbia, prima di pancia, fino a circa 130 chilometri dalla superficie terrestre, le tegole divennero di un rosso incandescente, e il bagliore infuocato che circondava l’astronave interruppe tutte le comunicazioni radio. Per 16 minuti la Columbia fu sola in questo stadio cruciale del volo, e l’equipaggio del centro di controllo a terra rimase col fiato sospeso. Lo stesso dicasi della folla in attesa presso la pista del deserto di Mojave.

Poi all’improvviso ci fu il boom sonico: due alti scoppi annunciavano che la Columbia ce l’aveva fatta e stava per atterrare. Per circa un minuto, 10.000 paia d’occhi rimasero incollati alla navetta da 80 tonnellate, mentre planava a un angolo sette volte più acuto di quello di qualsiasi aereo che stia per atterrare. Il carrello d’atterraggio si abbassò, e, qualche secondo più tardi, toccò il letto asciutto del lago a 345 km/h. “Bentornata a casa, Columbia! Bello, bello”, esclamò l’addetto al controllo della missione. Così finì il primo volo della space shuttle.

Si fanno progetti per preparare la Columbia per il prossimo viaggio entro sei mesi circa. Dopo quello ci saranno due voli di collaudo di sette giorni nel 1982, il che concluderà la fase sperimentale dell’impresa.

Ne vale la pena?

Il vantaggio economico dell’STS si basava sulla stima che le navette spaziali eseguissero una cinquantina di voli all’anno fra il 1979 e il 1990. Se venissero fatti solo 30 voli all’anno, il costo di ciascun volo sarebbe pressappoco quello dei razzi convenzionali. Attualmente il programma non prevede più di 20 voli all’anno, e resta da vedere se ci saranno altre richieste. Circa un terzo dei voli sono prenotati dai militari, e, anzi, si dice che, senza i militari, il progetto della shuttle sarebbe stato abbandonato parecchio tempo fa. Molti temono che sia un’escalation militare in veste civile.

Anche da un punto di vista scientifico alcuni sono disillusi. In sostanza, ha detto Joseph Veverka, direttore del Comet Science Working Group della NASA, “il programma scientifico spaziale in questo paese è stato quasi annullato”. Questo perché “il denaro per finire [la shuttle] è stato sottratto ad altri programmi scientifici”. E la NASA è costretta al poco simpatico ruolo di trasportatrice di merci nello spazio per conto terzi perché le rimane poco denaro per fare qualche altra cosa.

Pur definendo l’STS “valido e produttivo”, un gruppo di scienziati ha dichiarato nel Bulletin of the American Academy of Arts and Sciences che “nessun fondamentale principio di fisica, nessuna questione biologica a breve termine e nessun problema valido di ingegneria” ne sarebbe favorito. “Al contrario”, ha detto Lester R. Brown, direttore del Worldwatch Institute di Washington, “ci sono urgenti problemi che vengono ignorati”. Ha citato esempi come l’erosione del terreno agrario e il debito nazionale.

Non c’è dubbio che il primo volo quasi perfetto della Columbia è una grande impresa tecnologica. Per questo molti hanno l’idea che le nuove possibilità spaziali offerte dalla shuttle significheranno un futuro migliore per l’umanità. Ma, allorché l’ottimismo suscitato dal primo volo si affievolirà, ci saranno ottime occasioni per riconsiderare e rivalutare questa complicatissima macchina volante costruita dall’uomo.

[Diagramma/Immagine a pagina 21]

(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)

Space Shuttle

I tre principali motori a razzo possono generare una potenza pari a 23 volte quella generata dalla Hoover Dam (diga sul Colorado, U.S.A.)

Serbatoio del propellente vuoto, costato 3 milioni di dollari, sganciato 9 minuti dopo la partenza

Il manipolatore a distanza posiziona satelliti, laboratori spaziali e altri strumenti

I computer a bordo eseguono circa 325.000 operazioni al secondo

I razzi rallentano l’orbiter fino a 22.500 km/h per il rientro a un angolo di 40 gradi

Lo scudo di silicio resiste alla temperatura di 1.370 °C o più sviluppata al rientro

I razzi vettori forniscono una spinta pari a quella di 25 jumbo jet

Atterraggio a 320 km/h sulla pista prestabilita

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