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  • La Chiesa Cattolica e la Bibbia

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  • La Chiesa Cattolica e la Bibbia
  • Svegliatevi! 1982
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Altro
Svegliatevi! 1982
g82 8/8 pp. 4-6

La Chiesa Cattolica e la Bibbia

IN UNA “Guida alla lettura” per i cattolici (A Guide to Catholic Reading) troviamo la seguente interessante dichiarazione: “Quasi tutti i cattolici laici della vecchia generazione ammetteranno che leggere la Bibbia senza la debita guida era una cosa disapprovata dalla maggioranza dei sacerdoti e delle suore. È un piacere notare che la situazione è cambiata radicalmente e oggi i cattolici sono esortati, sollecitati e pregati da ogni parte di leggere il Libro dei libri”.

Non si può negare che negli ultimi decenni la Chiesa Cattolica ha ‘cambiato radicalmente’ il suo atteggiamento nei riguardi della Bibbia. Sono state pubblicate più traduzioni cattoliche popolari della Bibbia negli scorsi trent’anni che nei secoli precedenti. Ma cosa sono trent’anni nella storia di una chiesa che afferma di risalire al tempo degli apostoli? Qual è stata la storia della Chiesa Cattolica nel corso dei secoli? Ha essa mostrato amore per la Bibbia, mettendola a disposizione dei cattolici e incoraggiandoli a leggerla? O ha manifestato odio per chi amava la Bibbia?

Prima e dopo Carlo Magno

In tutta onestà bisogna dire che in principio la Chiesa di Roma fu favorevole alla traduzione delle Sacre Scritture nella lingua volgare. Non si deve dimenticare che tra i primi cristiani la lingua parlata comunemente era il greco. E continuò ad esserlo per vari secoli dopo che si era instaurata l’apostasia con la morte degli apostoli. Una prova di ciò è il fatto che al Primo Concilio Ecumenico, tenuto a Nicea nel 325, le sessioni furono tenute non in latino, ma in greco, e il famoso Credo Niceno, definito l’“incrollabile fondamento” della fede cattolica, fu formulato in greco.

Nel IV secolo sorse la rivalità tra Roma e Bisanzio (Costantinopoli), desiderose entrambe di divenire la capitale religiosa della Chiesa, e quella rivalità si estese anche alla lingua. La parte orientale della Chiesa, sotto il patriarca di Costantinopoli, usava il greco nella liturgia, e possedeva l’intera Bibbia in greco (la versione delle Scritture Ebraiche dei Settanta e le Scritture Greche Cristiane). Ad ogni modo, la lingua comunemente parlata in occidente non era il greco, ma il latino. Esistevano varie antiche versioni latine delle Scritture, ma nessuna di esse prevaleva come traduzione standard. Così verso la fine del IV secolo Damaso, vescovo di Roma, affidò a uno studioso di nome Girolamo il compito di produrre una versione standard della Bibbia in latino.

Girolamo non usò il latino classico, ma il latino volgare, la lingua dell’uomo della strada. Infine la sua traduzione divenne nota come Vulgata (Vulgata editio, edizione divulgata o popolare). Fu la Bibbia standard della Chiesa Cattolica per oltre mille anni rimanendo tale per molto tempo dopo che il latino era diventato una lingua morta. Ma il fatto importante è che la Vulgata latina fu in origine una Bibbia nella lingua della gente comune.

Con lo smembramento dell’Impero Romano e la fine del sistema scolastico secolare prevalso ai tempi di Roma, le alte sfere clericali della Chiesa Cattolica ebbero in pratica il monopolio dell’istruzione, ma trascurarono miseramente questa opportunità e il risultato fu l’estesa ignoranza che divenne una caratteristica del medioevo.

Verso la fine dell’ottavo secolo l’imperatore Carlomagno deplorò l’ignoranza crassa del popolo e del basso clero del suo reame. Egli è stato chiamato il “creatore dell’istruzione medievale”. Invitò alla sua corte studiosi come il teologo inglese Alcuino, che fece una revisione del testo corrotto della Vulgata di Girolamo. Carlomagno ordinò la creazione di scriptoria, o locali in cui si copiavano i manoscritti nei monasteri. I suoi sforzi di incoraggiare l’istruzione favorirono soprattutto il clero e la nobiltà, poiché questi manoscritti erano in latino, che, a quel tempo, era stato sostituito dalle lingue volgari fra la gente comune d’Europa.

Briciole per la gente comune

È vero che nell’813, sotto la spinta di Carlomagno, un Concilio tenuto nella città francese di Tours decretò che le omelìe, o sermoni, per la gente comune dovevano essere tradotte nella lingua locale. Ma non fu emanato nessun decreto del genere per tradurre la Bibbia per il popolo. Per giustificare la cosa, la Catholic Encyclopedia dichiara:

“Esistevano libri soltanto in forma di manoscritto ed essi, essendo costosi, erano al di là delle possibilità della maggioranza. Inoltre, se la massa fosse stata in grado di venire in possesso di libri, non avrebbe potuto leggerli, dato che in questi tempi oscuri l’istruzione era il privilegio di pochi. Infatti, quasi nessuno sapeva leggere all’infuori del clero e dei monaci”. Ma di chi era la colpa se le masse erano analfabete? E perché la Chiesa Cattolica Romana aspettò che fosse un re, Carlomagno, a incoraggiare l’istruzione, anche fra il basso clero?

Invece di promuovere l’istruzione fra le masse e la traduzione della Bibbia nelle lingue locali, la Chiesa Cattolica incoraggiò la produzione di ‘libri per gli ignoranti’: Bibbie illustrate (come la Biblia pauperum, o Bibbia dei poveri), racconti biblici, rappresentazioni sacre, statue e sculture, affreschi e vetrate istoriate nelle chiese su temi biblici. Queste erano le briciole che il clero cattolico lasciava cadere dalla ricca tavola spirituale della conoscenza biblica, che tenne per sé e per pochi re e nobili privilegiati.

Conseguenze impreviste

La campagna educativa di Carlomagno ebbe conseguenze impreviste per la Chiesa Cattolica Romana. Alla morte di Carlomagno — man mano che l’istruzione si diffondeva fra il basso clero e la nobiltà e i manoscritti della Bibbia circolavano in latino — sacerdoti, monaci, re, regine, signori medievali e nobildonne cominciarono a fare domande sulla dottrina cattolica e la Bibbia. Chiesero anche a gran voce la Bibbia nella lingua volgare, e a quell’epoca la Chiesa di Roma permise che parti delle Scritture fossero tradotte per il clero e per la nobiltà.

Alcuni di coloro che lessero la Bibbia — perfino alcuni del clero — furono i dissidenti del periodo precedente alla Riforma. Per citarne solo alcuni: Berengario di Tours (morto nel 1088), Pietro di Bruys (morto nel 1140) ed Enrico di Losanna o di Cluny (morto in prigione dopo il 1148) erano tutti sacerdoti francesi che avevano messo la Bibbia al di sopra del dogma cattolico e che pagarono a caro prezzo.

Inoltre, mentre la gente comune udiva i sermoni nelle rispettive lingue native e vedeva temi biblici illustrati in Bibbie in immagini (scritte in latino) e in varie opere d’arte religiosa, il suo appetito di conoscenza biblica fu stuzzicato. Cominciarono a circolare traduzioni “non autorizzate” di parti della Bibbia, e gruppi dissidenti come quello dei valdesi cominciarono a predicare le verità bibliche in Francia, Italia, Spagna e in altri paesi europei. Questo era qualcosa che Roma non aveva previsto. Pertanto, dal XII e dal XIII secolo in poi l’atteggiamento della Chiesa Cattolica nei riguardi della Bibbia cambiò radicalmente. Per Roma diventò un libro pericoloso, come mostrano i seguenti fatti della storia.

[Immagine a pagina 4]

Girolamo fu incaricato da Damaso, vescovo di Roma, di tradurre la Bibbia nel latino della gente comune

[Immagini a pagina 5]

Il programma educativo di Carlomagno andò soprattutto a beneficio del clero e della nobiltà

[Immagine a pagina 6]

Quando alcuni dissidenti cominciarono a predicare la Bibbia, l’atteggiamento della Chiesa nei riguardi d’essa cambiò

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