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  • g84 8/9 pp. 22-25
  • Kilio: un modo di fare lutto in Africa

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  • Kilio: un modo di fare lutto in Africa
  • Svegliatevi! 1984
  • Sottotitoli
  • Vedi anche
  • Decidono di non seguire la tradizione
  • Parole per i morti
  • Il funerale
  • Il “kilio”
  • Il settimo giorno
  • Ciò che voi potete fare
  • Un punto di vista cristiano sulle usanze funebri
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1998
  • Come si mostra rispetto per i morti?
    Svegliatevi! 1977
  • Cordoglio per i morti
    Svegliatevi! 1975
  • Come considerate le usanze funebri?
    La Torre di Guardia annunciante il Regno di Geova 1985
Altro
Svegliatevi! 1984
g84 8/9 pp. 22-25

Kilio: un modo di fare lutto in Africa

“MANGAZA è morta!” Queste sconvolgenti parole gettarono in un profondo sconforto quattro giovani che all’improvviso erano rimasti orfani. Avevano perso la madre! Ma il loro dolore sarebbe stato presto grandemente accresciuto.

Perché? Perché tre dei figli di Mangaza — Emeli, Richard ed Ernest — sono testimoni di Geova. La loro fede non gli avrebbe permesso di seguire le vecchie usanze funebri dello Zaire, tradizioni radicate nella superstizione e nella credenza dell’immortalità dell’anima. Come si comportarono questi tre giovani cristiani davanti alle insistenze di seguire tali usanze? Non solo la loro vicenda rafforza la fede, ma ci offre anche un’interessante prospettiva delle usanze africane relative al lutto.

Decidono di non seguire la tradizione

I giovani presero immediatamente una coraggiosa decisione. Richard si rivolse agli anziani della locale congregazione dei testimoni di Geova e chiese loro di parlare con il fratello maggiore di Mangaza. Infatti, egli era non solo il padrone della loro casa ma, secondo l’usanza, aveva anche l’obbligo di predisporre il kilio, parola swahili per lutto.

Gli anziani spiegarono gentilmente che la locale congregazione dei testimoni di Geova si sarebbe occupata del funerale. Tuttavia non avrebbero impedito ai familiari di osservare le tradizioni locali se lo desideravano.

Parole per i morti

La camera mortuaria dove fu portata Mangaza si riempì subito di parenti e amici. Tutti, specie gli stretti parenti, piangevano rumorosamente, poiché se non avessero pianto, gli altri avrebbero pensato che erano responsabili della sua morte. Nello Zaire, infatti, la morte non è accettata come una cosa naturale a meno che la persona non sia molto vecchia. Spesso si pensa che l’occultismo sia la causa della morte. Così i parenti invocavano talora gli “spiriti” di familiari morti dicendo: “Ora viene!” oppure: “Fatele una buona accoglienza!”

I figli di Mangaza non poterono evitare interamente questa atmosfera carica di emozione. Secondo l’usanza le parenti stanno molto vicine alla bara. Perciò Emeli ha detto: “Non volevo turbare la famiglia rimanendo a casa in quel momento. Così chiesi ad alcune sorelle cristiane di accompagnarmi all’obitorio. Stavamo lì per un po’, uscivamo, e poi dopo qualche minuto rientravamo. Questo mi ha aiutato a mantenere la calma”.

Il funerale

Il funerale stesso presentava altri problemi ai figli cristiani di Mangaza. Mentre la bara veniva trasportata dalla camera mortuaria al luogo di sepoltura, familiari e amici formarono un corteo in cui cantavano e ballavano. Ernest ha detto: “Non abbiamo seguito il corteo perché se lo avessimo fatto avremmo mostrato di partecipare al tradizionale modo di fare lutto”.

Presso la tomba un ministro della locale congregazione dei testimoni di Geova pronunciò un incoraggiante discorso biblico, dando risalto alla speranza cristiana della risurrezione. I figli di Mangaza e i loro amici Testimoni lasciarono quindi il luogo della sepoltura. Gli altri però rimasero per gli usuali “messaggi” al morto. Tutti ascoltano attentamente questi messaggi per determinare chi o che cosa sia stata la causa del decesso. Un messaggio di questo genere: “Scusami, ti prego, per averti offeso una volta”, o addirittura: “Se sei morta per colpa mia, vieni, dunque, e porta via anche me oggi”, potrebbe essere considerato un’ammissione di colpevolezza!

Il “kilio”

Segue quindi il kilio, che dura una settimana. Dato che il fratello di Mangaza è il padrone di casa, i figli della donna possono fare poco se non stare a vedere mentre lui prepara il kilio. La prima cosa che fa è di portar fuori tutti i mobili. Dopo di che piombano in casa i parenti: gli uomini siedono su sedie e sgabelli attorno a un fuoco all’aperto e le donne siedono su tela da sacchi dentro casa. Le parenti strette sono messe agli angoli della casa per sognare e avere visioni. Cercano nuovamente di scoprire la ‘causa della morte’, anche se la ragione medica è già nota.

Fortunatamente Mangaza aveva detto ai figli molto tempo prima: “Se dovessi morire e voi faceste un sogno o riceveste un messaggio che in apparenza proviene da me, non credeteci! Proverrebbe da spiriti invisibili e malvagi”. E aggiunse: “Se dovessi morire, spetta a tutti voi rimanere fedeli per poterci rivedere nella risurrezione”. “Queste parole”, ha detto Ernest, “ci hanno aiutato moltissimo durante il funerale e la settimana del kilio”. Richard ha aggiunto: “È stato più facile per noi rimanere fermi e non fare compromessi”.

Non fu facile, però, evitare i compromessi durante la lunga settimana del kilio. Emeli cercò di stare separata il più possibile dalle altre donne che erano in casa e parlava invece con altri cristiani che per tutta la settimana si recarono in visita. “Questo mi ha aiutato a rimanere salda e a non farmi influenzare”, ha detto.

Il kilio dovrebbe essere una settimana di lutto, ma a volte l’avvenimento assume l’aspetto di una baldoria. Si suppone che bere e mangiare a sazietà aiutino a dimenticare il triste avvenimento della morte. “Non abbiamo mai bevuto insieme agli altri né servito le bevande”, ha detto Ernest, “dato che sarebbe stato considerato una partecipazione al kilio”.

È superfluo dire che non tutti furono felici di questa decisa presa di posizione. Anzi, un parente che aveva fatto un lungo viaggio in aereo per assistere al kilio aveva promesso di picchiare qualsiasi testimone di Geova avesse incontrato fra i presenti. “Ma quando ha visto che erano così numerosi”, ha detto Ernest, “non ha mantenuto la promessa”.

E che dire della sera? Secondo l’usanza, a nessuno è permesso dormire in un letto. Emeli ha detto: “Passai le prime due notti presso una sorella cristiana. Ma quando gli ospiti del kilio si furono abituati a non vedermi seduta con loro per terra, ricominciai a dormire nel mio letto”. Anche Richard ed Ernest uscivano di casa a tarda sera e rimanevano da un amico. “Ce ne andavamo uno per volta”, hanno detto Richard ed Ernest, “per non dare troppo nell’occhio, e tornavamo la mattina presto per trascorrere la giornata con la famiglia”.

Il settimo giorno

È un giorno speciale del kilio, un giorno di gioia per concludere la settimana di lutto.

I partecipanti di solito cantano e ballano attorno a un fuoco, e in certi casi pagano anche un’orchestra. Ora fanno il bagno (per la prima volta dopo una settimana), si cambiano d’abito e dormono in un letto. La loro allegrezza continua per ventiquattro ore.

I familiari scelgono i kaniki, o abiti da lutto (di solito neri), che indosseranno per un anno. Le donne si rasano a zero, e questo indica che il kilio è terminato. “Ecco un’altra cosa che non potevamo fare”, rammenta Richard, “dato che in Deuteronomio 14:1 la Bibbia dice: Non vi dovete ‘imporre calvizie sulla fronte per una persona morta’”.

La giornata infine si concluse. Il fuoco fu spento, gli amici tornarono alle loro case e i parenti rimasero per discutere la divisione della proprietà. Il fratello maggiore di Mangaza decise di tenere la casa in cui abitava la famiglia di Mangaza. “Ma”, ha detto Ernest, “disse che ci avrebbe permesso di abitare in quella casa solo se uno di noi tornava ad essere cattolico. Così pregammo Geova di aiutarci a risolvere questo problema”.

Anziché andare contro la loro fede, Emeli, Richard ed Ernest decisero di trovare un posto in cui vivere. Ora abitano vicino a una congregazione dei testimoni di Geova e così continuano a servire il loro Dio “con spirito e verità”. — Giovanni 4:24.

Ciò che voi potete fare

Le usanze funebri variano da una parte all’altra del mondo, e dato che molte di esse sono contrarie all’insegnamento biblico il cristiano non vorrà parteciparvi. Perciò è saggio informare i parenti di come la pensate su tali cose. E, come aveva fatto Mangaza, è opportuno che voi genitori insegniate ai vostri figli ciò che dice la Bibbia e diciate loro come regolarsi in caso doveste morire.

Potete anche fare molto per aiutare chi ha perduto una persona cara. Emeli rammenta: “I nostri fratelli cristiani ci incoraggiarono veramente. Ci erano sempre vicini; erano gentili; salutavano tutti; ci dicevano parole edificanti. Non si trattenevano molto quando venivano, ma per tutto questo difficile periodo abbiamo sempre avuto dei buoni amici vicino”.

Avendo il giusto intendimento sulla condizione dei morti e la sicura speranza della risurrezione, si può far fronte anche alla morte. E mentre il kilio — lutto all’africana — fa ben poco per alleviare il dolore causato dalla morte, la sicura speranza contenuta nella Bibbia l’allevia senz’altro!

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