Quando muore una persona cara . . .
Riccardo e Marianna erano felicemente sposati da 18 anni e avevano un figlio. Ma da circa un anno Riccardo accusava un dolore a una spalla. Nell’estate del 1981 il dolore si era intensificato ed egli stava lentamente diventando paralizzato. Operato d’urgenza, si scoprì che aveva un tumore maligno alla parte superiore della spina dorsale. Vari mesi dopo, il 2 febbraio 1982, Riccardo morì all’età di 48 anni. “Fu difficile rassegnarsi”, spiega Marianna. “Per molto tempo ebbi la sensazione che stesse ancora per entrare in casa”.
VOI o qualcuno che conoscete siete stati vittime di una tragedia simile? Quando muore una persona cara, possono venire a galla sentimenti e pensieri mai avuti prima. Forse vi chiedete se riuscirete mai a sentirvi normali. O forse, come Marianna, avete difficoltà a rassegnarvi, anche se è passato del tempo.
Ciò nondimeno è possibile riprendersi, non dimenticare, bensì riprendersi. ‘Ma come?’, chiedete. Ebbene, prima di rispondere a questa domanda, è utile sapere qualcosa di più su ciò che si prova quando muore una persona cara. Recentemente Svegliatevi! ha intervistato alcuni a cui era morto un familiare. Pubblichiamo i loro commenti in questa serie di articoli. Può essere rassicurante sapere che altri hanno provato i vostri stessi sentimenti. E può esservi di grande aiuto capire come hanno reagito.
Spiegando come si sentì subito dopo la morte di Riccardo, Marianna spiega: “Parlavo incessantemente di lui. Era un modo per mantenerlo in vita. Nel primo anno fui in stato di shock. Ci sono tantissime faccende da sbrigare per mettere a posto le cose. Si è così presi da quelle cose che non c’è tempo per occuparsi del lato emotivo.
“Fui ricoverata all’ospedale con la pressione alta. Infine, mentre ero all’ospedale, lontano dai problemi della casa e da tutto il resto, allora fui in grado di guardare in faccia l’accaduto. Fu come dire: ‘E adesso cosa faccio?’”
Una reazione insolita? In realtà no. Non appena si apprende che un proprio caro è morto, è abbastanza comune avere uno shock psicologico. Infatti, altri che hanno avuto questa esperienza dicono: ‘Tu senti quello che ti dicono eppure non senti tutto. La tua mente è parzialmente accentrata sulla realtà attuale e parzialmente no”.
Questo shock può quasi agire da anestetico. In che senso? Il libro Death and Grief in the Family (Morte e lutto in famiglia) spiega: “È una specie di protezione grazie a cui l’enormità dell’accaduto viene accettata gradualmente”. Questo shock può aiutarvi ad attutire il dolore causato dalla perdita. Stella, una vedova di New York, spiega: “Si è storditi. Non si sente nulla”.
“Dev’esserci un errore!”
Oltre a provare questo iniziale stordimento, non di rado alcuni tentano in vari modi di negare la realtà. “Dev’esserci un errore!”: queste sono parole che si odono spesso nelle prime ore di cordoglio. Per alcuni è difficile accettare la perdita, specie se non erano insieme al loro caro quando è morto. Stella rammenta: “Non ho visto morire mio marito; è accaduto all’ospedale. Era difficile credere che fosse morto. Quel giorno era uscito per andare al negozio, e avevo la sensazione che sarebbe tornato”.
Voi sapete bene che quella persona cara è morta, eppure le vostre abitudini e i vostri ricordi forse si rifiutano di accettare la realtà. Ad esempio, nel suo libro Widow (Vedova) Lynn Caine spiega: “Quando accadeva qualcosa di divertente, dicevo fra me: ‘Stasera lo dirò a Martin! Non ci crederà’. A volte, in ufficio, mi capitava di allungare il braccio per sollevare il telefono e chiamarlo, per fare due chiacchiere. Tornavo sempre alla realtà prima di fare il numero”.
Altri hanno fatto cose simili, come quella di mettere regolarmente un piatto in più a tavola o stendere la mano per prendere i cibi preferiti del defunto al supermercato. Alcuni sognano addirittura il defunto in modo molto reale o immaginano di vederlo per strada. Non di rado i familiari del defunto temono di perdere la ragione. Ma queste sono reazioni comuni quando avviene un cambiamento così drastico nella propria vita.
Infine, però, si comincia ad avvertire il dolore, forse insieme ad altri sentimenti a cui non si era preparati.
“Ci ha lasciato!”
“I miei ragazzi erano sconvolti e dicevano: ‘Ci ha lasciato!’”, spiega Clara, che ha perso il marito un paio d’anni fa. “Io dicevo loro: ‘Non vi ha lasciati. Non poteva impedire quello che gli è accaduto’. Ma poi pensavo fra me: ‘Io dico loro così, ma mi sento allo stesso modo!’” Sì, per quanto sembri strano, molto spesso il dolore è accompagnato dall’ira.
Può essere ira contro i medici e le infermiere, pensando che avrebbero dovuto prendersi maggior cura del defunto. O può essere ira contro gli amici e i parenti i quali, sembra, dicono o fanno la cosa sbagliata. Alcuni si arrabbiano con il defunto per avere trascurato la sua salute. Stella ricorda: “Rammento che ero arrabbiata con mio marito perché sapevo che le cose sarebbero potute andare diversamente. Era stato molto male, ma aveva ignorato gli avvertimenti dei medici”.
E a volte si prova ira contro il defunto per i problemi che la sua morte causa al familiare superstite. Clara spiega: “Non sono abituata ad assolvere tutte le responsabilità che la cura della casa e della famiglia comporta. Non puoi chiamare gli altri per ogni piccola cosa. A volte mi arrabbio per questo”.
L’ira è spesso seguita da un altro sentimento: il senso di colpa.
“Non sarebbe morto se solo avessi . . .”
Alcuni si sentono in colpa per l’ira che provano, cioè si condannano perché si arrabbiano. Altri si incolpano della morte del loro caro. “Non sarebbe morto”, si convincono, “se solo lo avessi fatto andare prima dal medico” o “se l’avessi fatto andare da un altro medico” o “se l’avessi incoraggiato a pensare di più alla sua salute”.
Per altri il senso di colpa è più profondo, specie se il loro caro è morto all’improvviso, inaspettatamente. Cominciano a ricordare tutte le volte che si sono arrabbiati o che hanno litigato con lui. O forse pensano che in effetti non sono stati tutto quello che avrebbero dovuto essere per il defunto. Sono tormentati da pensieri come: ‘Avrei dovuto — o non avrei dovuto — fare questo o quello’.
Michele, un giovane poco più che ventenne, rammenta: “Non avevo mai avuto una buona relazione con mio padre. Solo negli ultimi anni avevo cominciato a parlare veramente con lui. Ora [da che suo padre è morto] ci sono tante cose che penso avrei dovuto fare o dire”. Naturalmente, il fatto che ora non sia possibile riparare può solo accrescere il senso di frustrazione e di colpa.
Per quanto sia doloroso perdere il coniuge, un genitore, un fratello o una sorella, per alcuni la perdita più tragica è la morte di un figlio.
[Riquadro a pagina 5]
Comuni reazioni al dolorea
Shock: (“Non sento nulla”)
Diniego della realtà: (“Dev’esserci un errore!”)
Ira: (“Come ha potuto lasciarmi così?”)
Colpa: (“Non sarebbe morto se solo avessi . . .”)
Ansia: (“Che ne sarà ora di me?”)
Timore di impazzire: (“Mi sembra di perdere la ragione”)
[Nota in calce]
a Con questo non si vuole intendere che ci siano necessariamente vari stadi del dolore, che si susseguano l’uno all’altro secondo un certo ordine. Ogni persona è diversa. Quindi le reazioni al dolore possono variare notevolmente di intensità e durata.
[Immagine a pagina 4]
“Morto? Non posso crederci!”
[Immagine a pagina 5]
Molti che hanno perso un familiare si sentono in colpa: “Se solo avessi . . .”