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  • g87 8/12 pp. 18-21
  • La mia lotta per abbandonare una vita violenta

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  • La mia lotta per abbandonare una vita violenta
  • Svegliatevi! 1987
  • Sottotitoli
  • Vedi anche
  • Amore a prima vista
  • La “famiglia” dei motociclisti
  • Gli effetti di un omicidio
  • Qual è lo scopo della vita?
  • Una decisione difficile
  • Non mettete la mano nel fuoco
  • È vero che le moto sono pericolose?
    Svegliatevi! 1992
  • I lettori ci scrivono
    Svegliatevi! 1992
  • I lettori ci scrivono
    Svegliatevi! 1983
  • Due “schiavi di Satana” trovano un nuovo padrone
    Svegliatevi! 1981
Altro
Svegliatevi! 1987
g87 8/12 pp. 18-21

La mia lotta per abbandonare una vita violenta

PER otto anni feci parte di un noto club di motociclisti. La maggior parte di questi gruppi non va d’accordo con gli altri e c’è perenne rivalità. Una sera eravamo in parecchi al centro di New Orleans alla ricerca di un club rivale di fuori città. Eravamo impazienti di “rompere qualche testa” per appianare certe divergenze.

Non essendo riusciti a trovare l’altro gruppo, ci separammo e prendemmo strade diverse. Alcuni tuttavia rimasero in un bar, dove scoppiò un tafferuglio con due poliziotti in borghese. Gli agenti spararono e ferirono uno dei miei amici. Io me ne stavo seduto in un tranquillo, vecchio bar del quartiere quando udii dell’accaduto. Non sapevo se il mio amico era vivo o morto, così andai all’ospedale per appurarlo. Al mio arrivo un uomo fece segno verso di me, gridando: “C’era anche lui! Prendetelo!” Benché io non fossi stato implicato nella rissa, suppongo che con i capelli lunghi e la barba sembrassimo tutti uguali. Ad ogni modo, mi presero e mi misero in prigione dove rimasi diverse settimane. Ma come avevo fatto a intraprendere questo modo di vivere violento? Lasciatemi tornare indietro, fino alla mia adolescenza.

Amore a prima vista

La maggioranza dei genitori sarebbero delusi se i loro figli venissero coinvolti in questo tipo di vita, e mia madre e mio padre lo furono senz’altro. Furono gentili ma fermi con me, poiché credevano nell’efficacia della disciplina.

Il mio problema ebbe inizio l’ultimo anno della scuola superiore quando cominciai a ribellarmi all’autorità dei miei genitori e anche a bere molto. Un giorno, mentre ero sulla scalinata principale della scuola, vidi qualcosa che suscitò in me una forte emozione, emozione che avrei continuato a provare per anni. Una motocicletta “Harley Chopper”, cromata e dai colori brillanti, mi passò davanti, quasi scivolando. Pareva che il motociclista non avesse nessuna preoccupazione al mondo. Mi innamorai delle moto all’istante!

Quell’anno, dopo essermi diplomato, usai i miei sudati guadagni degli anni precedenti per comprare una grossa motocicletta inglese da 750 cc. Quell’estate percorsi in lungo e in largo gli stati del Midwest, approdando nello Iowa, dove mi iscrissi all’università.

La “famiglia” dei motociclisti

Si stava combattendo la guerra del Vietnam e per molti di noi giovani era un periodo difficile. Il pensiero di andare in guerra e uccidere mi ripugnava. Tuttavia, se non continuavo l’università, sarei andato lì, per forza. Decisi di partecipare a proteste, insieme a molti altri giovani disillusi. Mi unii a un gruppo che era contro la guerra, ma le riunioni erano molto disorganizzate. Dopo breve tempo mi resi conto che questo gruppo non poteva cambiare il sistema e portare condizioni migliori. Pensai allora di unirmi a un altro gruppo, ma scoprii che era immischiato in altri atti di violenza. Non mi sembrava giusto, però, ricorrere alla violenza per protestare contro la violenza.

Negli anni dell’università mi resi anche conto dell’ipocrisia religiosa. Essendo cattolico, mi avevano insegnato che chi si comportava male avrebbe sofferto per sempre nell’inferno di fuoco dopo la morte. A mio avviso, erano pochi quelli che potevano condurre una vita così santa da andare in cielo. Quando seppi che la chiesa come organizzazione approvava il fatto di andare in guerra e uccidere, la cosa mi sembrò irragionevole. Deluso, smisi di assistere alle funzioni e ritenni di non fare più parte della Chiesa Cattolica. Desiderando capire di più, mi iscrissi a un corso di filosofia della religione. Il professore si rivelò ateo e ci insegnò che come non esiste Babbo Natale, così non esiste Dio!

Le sole cose che rimasero invariate in quel periodo furono il fatto che bevevo parecchio e che andavo in moto. Deluso dall’università e dalla vita in generale mi trasferii a New Orleans, nel profondo Sud. Lì mi unii a un gruppo che ricercava le stesse cose che ricercavo io. Anche molti di loro erano disgustati della società. Essi mi insegnarono tutte quelle cose che bisogna sapere per montare una moto; mi trovarono un lavoro e si occuparono di me quando ero malato. Fu questo interessamento che mi attirò verso quel gruppo.

La nostra “famiglia” crebbe e finì per includere gruppi di città di ogni parte degli Stati Uniti. D’estate percorrevamo il Midwest in lungo e in largo, su su fino al Minnesota e al Wyoming a nord, fino in California a ovest, arrivando anche in Messico. Visitammo molti parchi, godendo la bellezza e la pace della campagna.

Il nostro modo di vivere ci portava a passare molto tempo nei bar, bevendo. Ad alcuni piaceva fare a pugni, ma non a me. Divenni abile nello scorgere le situazioni che sfociavano in risse e cercavo con garbo di evitarle. A volte, però, qualcuno faceva cose che non potevo mandare giù e intervenivo per dargli una lezione. In un’occasione me ne stavo fuori di un bar quando passò una moto. Guardavo per vedere chi era quando il motociclista mi puntò una pistola contro e sparò. Come facesse a mancarmi, non lo so.

Gli effetti di un omicidio

Cominciai a rendermi conto che non c’era vera felicità in questo edonistico modo di vivere. In seguito mi sposai, ma le cose non andarono bene e il matrimonio durò solo tre mesi. Successivamente mi rubarono la moto. Poi una sera, dopo che avevo bevuto parecchio, ebbi un violento litigio con il mio migliore amico. Di conseguenza mi sentii molto depresso. Volendo farla finita ingoiai una manciata di pillole e poi mi sdraiai sulla riva del Mississippi. Mi svegliai all’ospedale. In due altre occasioni finii all’ospedale a causa del bere.

Poi ci fu quella mattina che non dimenticherò mai. Alle cinque ricevetti una telefonata con cui mi si informava che avevano sparato a uno dei miei migliori amici, uccidendolo. Era andato a bere con altri due amici del club e avevano cercato di impedire a un uomo di picchiare una donna, che poi si seppe essere sua moglie. L’uomo sparò e uccise il mio amico. Eravamo tutti in stato di shock e trascorsi l’intero giorno dopo con suo fratello, prendendo disposizioni per il funerale.

Durante la veglia funebre, mentre ero tutto solo, toccai il viso del mio amico. Era freddo, rigido e senza vita. Dov’era andato? Era quella la fine di tutto? Certo doveva esserci qualcosa di più di questo, della vita per qualche anno soltanto, e poi la morte. Mi resi conto di non capire affatto la vita, e da quel momento in poi avrei cercato di scoprire qualcosa. Cominciai a occuparmi di spiritismo e varie volte sembrò che potessimo metterci in contatto col mio amico. Ma era tutto piuttosto vago e non rispondeva comunque alle mie domande.

Qual è lo scopo della vita?

Una sera bevvi troppo e persi i sensi mentre ero sulla moto. Nell’incidente che seguì riportai una grave ferita a una caviglia. Non potevo camminare e per due settimane dovetti rimanere in casa. In quel periodo un uomo e suo figlio bussarono alla mia porta. Volevano parlarmi della Bibbia. Li invitai a entrare. Mi dissero che erano testimoni di Geova. Non avendo mai sentito prima quel nome chiesi loro se si trattava di un nuovo gruppo religioso. Gentilmente l’uomo mi mostrò con la Bibbia che il nome di Dio è Geova e che essi parlavano alla gente di lui. Che Dio avesse un nome, Geova, mi riusciva nuovo. Da ragazzo avevo ricevuto un’educazione religiosa, ma questo non me lo avevano insegnato. Mi chiesi quali altre cose non mi avessero insegnato.

Poi mi mostrarono che la Bibbia parla della fine del mondo, o sistema di cose, nel quale viviamo. La “fine del mondo”! Perché non me l’avevano detto prima? Fu così preparato il terreno per diverse altre conversazioni durante le quali feci molte domande. Mi lasciarono il libro È questa vita tutto quello che c’è? Non vedevo l’ora di finirlo, poiché finalmente scoprivo cos’era la vita.

Appresi che non è proposito di Dio che viviamo per un così breve periodo di tempo e poi moriamo. Appresi che la morte cesserà e che c’è la prospettiva di vivere per sempre su una terra paradisiaca. In quanto al mio caro amico, appresi che non era cosciente e che non soffriva in alcun luogo; invece dormiva profondamente, in attesa della risurrezione dai morti. Che meravigliosa speranza era quella! Forse l’avrei rivisto! — Rivelazione 21:4, 5; Ecclesiaste 9:5; Giovanni 5:28, 29.

Una decisione difficile

Le nostre conversazioni bibliche furono interrotte quando partii per il più grande viaggio organizzato dal motoclub durante quell’estate. Dissi a Daniel, il mio amico Testimone, che gli avrei telefonato al mio ritorno. Mi diede il libro La Verità che conduce alla Vita Eterna. Nelle successive quattro settimane di viaggio, ogni volta che ci fermavamo per riposare leggevo un brano del libro. Al mio ritorno telefonai a Daniel. Disponemmo di studiare insieme la Bibbia e dopo il primo studio mi invitò ad assistere a un’adunanza nella Sala del Regno la successiva domenica pomeriggio.

Quella domenica il club aveva programmato un giro in moto e io dovevo prendere la direttiva. Giunse la domenica mattina e partimmo. Ci fermammo in un bar e tutti si misero a bere. Verso le tredici uscii senza dare nell’occhio, inforcai la moto e tornai in città. Alle 15 ero alla Sala del Regno, in maglietta, blue jeans, stivali, barba, e capelli legati a coda di cavallo. I Testimoni mi fecero una calorosa accoglienza, senza fare nessun accenno al mio aspetto. Mi incoraggiarono a tornare e così feci. Da allora non sono più mancato alle adunanze.

Il primo mese però fu difficile, perché andavo ancora alle settimanali riunioni del club. Ben presto capii che se rimanevo nel club avrei fatto fatica ad applicare i princìpi biblici nella mia vita. Decisi dunque di lasciare il club. Fu difficile staccarmi da quella gente. Nel corso degli anni avevamo fatto tante cose insieme e questo ci aveva uniti molto. D’altra parte fu un sollievo lasciare alle spalle quel mondo violento ed entrare a far parte della pacifica organizzazione mondiale di Geova. Vendetti anche il fucile che tenevo sempre accanto al letto.

Non mettete la mano nel fuoco

Sei mesi dopo che avevo cominciato a studiare fui battezzato. In quel breve periodo, con l’aiuto di Geova, ero riuscito a vincere il vizio del bere e la mia condotta in generale era migliorata. Ora ho la gioia di visitare le persone nelle loro case, proprio come fece con me Daniel all’inizio. Cerco di mostrare al mio prossimo con la Bibbia che Geova Dio ha un governo che bandisce la violenza, che domina con giustizia e che provvederà tutte le cose buone che i governi umani non possono provvedere, e che presto non ci saranno più persone violente sulla terra. Questa è una cosa che mi piace particolarmente a motivo del mio passato violento, per cui lo ribadisco più che posso. — Rivelazione 11:18.

Geova Dio mi ha benedetto dandomi una moglie cristiana devota e due bei figli. Tutt’e quattro insieme andiamo di porta in porta e assistiamo alle adunanze e alle assemblee cristiane. Ho il privilegio di servire come servitore di ministero nella congregazione cristiana. Ho abbandonato la violenza e ho trovato vera pace. Che contrasto! Tornato a New Orleans appresi della morte di due miei ex amici. Da che sono qui nella Louisiana, altri tre sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco. Se non fosse stato per Geova, dove sarei io?

Ai giovani desidero dire: Anche se il mondo appare affascinante ed eccitante, non mettete la mano nel fuoco. Io ho assaporato tutto ciò che può esserci nel mondo. Non perdete nulla. E a quelli che vogliono stringere una relazione con Geova ma che pensano di non poter fare i cambiamenti necessari faccio notare le incoraggianti parole di Gesù: “A Dio ogni cosa è possibile”. (Matteo 19:26) — Narrato da David L. Wirges.

[Immagine a pagina 20]

Nei miei giorni più violenti

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