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  • g88 22/7 pp. 5-8
  • Il movimento femminista: Che ne è stato?

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  • Il movimento femminista: Che ne è stato?
  • Svegliatevi! 1988
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    Svegliatevi! 1972
Altro
Svegliatevi! 1988
g88 22/7 pp. 5-8

Il movimento femminista: Che ne è stato?

IL MOVIMENTO di liberazione della donna ha avuto il suo prezzo, particolarmente nel nucleo familiare. Le donne che hanno dato ascolto all’invito di sottrarsi alla “schiavitù” della famiglia hanno contribuito al vertiginoso aumento dei divorzi, il cui indice in alcuni paesi è pari al 50 per cento dei nuovi matrimoni. La tensione è aggravata dal crescente numero di madri che entrano nelle file dei lavoratori a tempo pieno, solo per scoprire di lottare sotto il peso di due occupazioni: una al lavoro e una a casa.

Nel corso di uno studio effettuato negli Stati Uniti si è riscontrato che mentre nel 1960 un quarto delle mogli con figli lavoravano, nel 1986 la cifra superava la metà. “Ma mentre la maggioranza delle madri lavora, in casa non c’è stato nessun cambiamento”, osservava un articolo. “Continuano a fare la maggior parte delle faccende domestiche e gli asili per i loro figli sono spesso inadeguati o hanno un costo proibitivo”.

Le femministe dicono che per essere veramente libera la donna dev’essere assolutamente padrona del proprio corpo, avendo anche il diritto di interrompere una gravidanza indesiderata. Questo desiderio di ‘parità nella procreazione’ con l’uomo ha contribuito al crescente numero di aborti, di cui si calcola ne vengano eseguiti nel mondo 55 milioni all’anno.

Neppure la Bibbia è sfuggita all’ira delle femministe. “Confida in Dio. Lei provvederà”, dicono le femministe, applicando alla Bibbia il termine, denigratorio, sessista perché rappresenta Dio come “maschio”. “Alcune [femministe] . . . accusano la Bibbia d’essere ancora l’arma più potente per tenere le donne al ‘loro posto’ e mettono in dubbio che qualsiasi cosa usata in tal modo possa essere la parola di Dio”, scriveva The United Church Observer del Canada. Alcune chiese si sono piegate alle pressioni di seguaci femministe, adottando nel culto un linguaggio “ampio”, sostituendo gli appellativi maschili di Dio con altri nomi neutri.

Allo stesso tempo il movimento delle donne è entrato in ciò che una delle fondatrici del femminismo, Betty Friedan, ha definito “una profonda paralisi”. Le forze femministe sono divise su vari fronti: la lotta per la parità dei diritti davanti alla legge, uguale retribuzione, leggi più liberali sull’aborto, diritti delle lesbiche, congedo obbligatorio per maternità, e asili migliori, oltre alla battaglia contro la pornografia.

Crisi di identità

Il femminismo sta attraversando una crisi di identità, afferma la rivista Newsweek. “Le difficoltà del fare carriera, coltivare relazioni strette e badare ai bambini si sono dimostrate più gravi di quanto chiunque potesse prevedere nei primi esaltanti giorni del femminismo”.

In Woman on a Seesaw, Hilary Cosell riporta la lamentela di un’esasperata donna in carriera che aveva cercato di adempiere un ‘ruolo di superdonna’: “Ho così tanta carne al fuoco in questo momento che non credo sia rimasto qualcosa di me da dedicare a qualcos’altro. Sono una professionista che lavora troppo, una madre troppo stanca, un’amica delle ore liete e una moglie a mezza giornata. Altro che superdonna! Direi piuttosto una donna stordita”.

Le donne che per la carriera hanno sacrificato le occasioni di sposarsi e avere figli sono spesso piene di rimpianti. Una trentottenne, consulente di organizzazione aziendale, ha detto alla rivista canadese Chatelaine: “C’è un’intera generazione di donne come me che scenderanno nubili nella tomba . . . Nonostante il nostro successo conduciamo una vita molto vuota”. Newsweek parlava dell’ansietà di una trentanovenne, vicepresidente di una ditta di calzature: “Il mio lavoro è eccitante e gratificante ma sono perseguitata dalla paura di rinunciare all’aspetto più interessante della vita non avendo figli. A volte immagino che se morissi ora, sulla mia lapide ci sarebbe scritto: ‘Qui giace . . . Leggeva tante riviste’”.

Perfino alcune delle principali esponenti del femminismo pare stiano cambiando idea circa la morale della liberazione sessuale. La scrittrice australiana Germaine Greer, nel suo libro The Female Eunuch, del 1970, descriveva il matrimonio come “manodopera gratuita pretesa di diritto da un datore di lavoro in possesso di un contratto a vita, stipulato a suo favore”. Il desiderio della donna di migliorare la propria condizione “potrebbe, tanto per cominciare, dover essere rafforzato da effettiva ‘promiscuità’”, diceva la scrittrice. Mentre la Greer fu da molti considerata la principale sostenitrice della rivoluzione sessuale, un suo libro uscito nel 1984 ha sbalordito le femministe perché approvava la castità e condannava il permissivismo.

Posizione economica

Il movimento femminista, afferma la scrittrice americana Sylvia Ann Hewlett, ha peggiorato sotto certi aspetti la situazione delle donne. Essa sostiene che, dando risalto all’indipendenza e alla parità anziché cercare di ottenere riforme per aiutare le madri che lavorano, il movimento femminista ha fatto poco per migliorare la posizione economica della maggioranza delle donne. “La decantata indipendenza delle donne liberate e divorziate si è spesso rivelata una condizione di solitudine e di indigenza [estrema povertà]”.

Da uno studio effettuato negli Stati Uniti è emerso che negli stati dove sono state approvate leggi in virtù delle quali si può ottenere il divorzio senza colpa da parte dei coniugi, leggi sostenute in origine dalle femministe, le divorziate e i loro figli hanno visto calare immediatamente il loro tenore di vita del 73 per cento, mentre per gli ex mariti è salito del 42 per cento. Non si può certo parlare di miglioramento per le donne!

Anzi, negli Stati Uniti le donne guadagnano ancor oggi solo il 64 per cento circa di quello che guadagnano gli uomini, quasi la stessa percentuale di cinquant’anni fa. Nei paesi europei dove le femministe si sono date da fare soprattutto per ottenere un congedo per maternità e asili migliori, i guadagni delle donne, che nel 1970 erano pari al 71 per cento del guadagno degli uomini, sono saliti dieci anni dopo all’81 per cento.

Ora le femministe sono profondamente divise in merito a una questione: Cos’è veramente l’uguaglianza? Betty Friedan fa notare che le donne non sono cloni maschili. Essa dichiara: “È venuto il momento di riconoscere che le donne sono diverse dagli uomini. Deve esistere un concetto di parità che tenga conto del fatto che sono le donne ad avere i bambini”. Altre femministe sostengono che se le donne accettano leggi che riservano loro un trattamento speciale di cui gli uomini non possono avvalersi — come il congedo obbligatorio per maternità — ammettono di non essere uguali agli uomini, e questo può preparare il terreno alla discriminazione.

“Il dilemma del femminismo contemporaneo”, secondo uno studioso, è se le differenze di mentalità e desideri fra i sessi siano innate o siano il prodotto del condizionamento sociale. Molte donne non sono abbastanza aggressive o competitive per occuparsi di attività connesse alla vendita, hanno detto i datori di lavoro. “Le donne sono condizionate dalla società a essere passive”, sostiene Jody, direttrice femminista di un istituto di studi sociali. “Il ruolo di educatrice consiste in parte nel concepirsi in funzione degli altri senza avere aspirazioni proprie”, ha spiegato a Svegliatevi! Molte femministe credono che solo cambiando il modo in cui le donne vengono condizionate dall’educazione si avranno veramente pari opportunità.

Altre sostengono che le donne potranno più facilmente conseguire la parità riconoscendo che sono diverse dagli uomini. Betty Friedan ha auspicato un ‘secondo stadio’ del femminismo. “Occorre un nuovo pensiero femminista se . . . le donne vogliono continuare a progredire in un mondo maschile, . . . ‘senza diventare come gli uomini’”, dice. Altre disdegnano questo approccio più morbido e parlano di riportare il femminismo ‘nella strada’, con picchettaggi e marce per ottenere leggi più liberali sull’aborto e altre riforme.

Durerà?

Intanto le femministe si chiedono chi sosterrà la causa in futuro. “Le ragazze si sentono più minacciate [dal femminismo] che attratte da esso”, riferiva il Toronto Star. Alcune donne più giovani temono l’indipendenza che la maggior parità ha portato. “Moltissime donne oggi dicono di averne avuto abbastanza”, dice la femminista francese Benoite Groult. “Vogliono di nuovo che ci si prenda cura di loro; vogliono essere protette dagli uomini”.

In alcuni paesi le femministe hanno incontrato l’aspra opposizione di altri gruppi di donne decise a neutralizzare quello che considerano un attacco alla famiglia e ad altri valori “tradizionali”. In Canada uno di questi gruppi (REAL Woman) si è detto “organizzato e pronto per combattere”.

In altri luoghi il movimento femminista pare stia gradualmente scomparendo. Lo scrittore Peter H. Merkl dice che nella Germania Occidentale le donne hanno abbandonato in larga misura il femminismo. “La figura della madre è tornata di moda. Le donne che lavorano si stanno di nuovo rifugiando nei vincoli familiari . . . , mentre le femministe radicali si sono ritirate in un’isolata subcultura”.

Nuove scoperte scientifiche sulla natura del cervello umano potrebbero influire sul pensiero futuro circa il ruolo dei sessi. Il neurologo Richard Restak dichiara: “Ci sono prove indicanti che molte differenze di comportamento fra uomini e donne si basano su differenze nel funzionamento del cervello che sono biologicamente innate e che non è probabile siano modificate solo da elementi culturali”. No, le donne non sono cloni maschili ma sono fatte per scopi ovviamente diversi e con desideri e bisogni diversi nella vita.

Ma queste scoperte dovrebbero sorprendere? La scienza ha scoperto una verità enunciata molto tempo fa nel racconto biblico della creazione della prima donna, Eva. Genesi 2:18 indica lo scopo del Creatore: “Non è bene che l’uomo stia solo. Gli farò un aiuto, come suo complemento”. Perciò gli uomini e le donne avrebbero posseduto ognuno delle qualità che si sarebbero completate a vicenda. Non furono fatti per competere l’uno con l’altro. Ciascuno sarebbe stato più adatto a un ruolo particolare, complementare.

E la “scoperta” che le donne non sono cloni degli uomini — che le donne sono veramente ‘diverse dagli uomini’, che le donne ‘partoriscono i figli’ — è proprio così nuova? Di nuovo la Bibbia rese chiaro sin dall’inizio che Dio li creò diversi, “li creò maschio e femmina”, e che la donna fu dotata in special modo per partorire i figli. — Genesi 1:27, 28; 2:21-23.

Diverse, però, non significa inferiori. Non c’è nessuna scusa per trattare le donne in modo avvilente. La donna è “dall’uomo”, per cui nella congregazione cristiana il marito ama sua moglie “così come se stesso”. In una simile atmosfera la donna è rispettata, amata e si sente sicura. — Efesini 5:28-33; 1 Timoteo 5:2, 3.

Gli uomini e le donne sono diversi, ma non sono rivali. Uno è il complemento dell’altro; uno completa l’altro. Nell’istituzione matrimoniale che Geova ha creato, i due diventano uno solo. Oggi milioni di donne che seguono il vero cristianesimo riscontrano che la vera liberazione si trova nell’adempiere il proprio ruolo descritto nella Bibbia.

[Immagini a pagina 7]

La vita della donna che lavora è frenetica e frammentaria

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