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  • g90 22/8 pp. 21-24
  • “Mi dissero che non avrei più camminato!”

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  • “Mi dissero che non avrei più camminato!”
  • Svegliatevi! 1990
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  • La prima reazione
  • Accettare la sfida
  • Far fronte alle difficoltà
  • Cosa si può fare?
  • Si può trovare aiuto
  • La vera guarigione
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Svegliatevi! 1990
g90 22/8 pp. 21-24

“Mi dissero che non avrei più camminato!”

ED AVEVA 20 anni quando rimase coinvolto in un grave incidente d’auto. Allorché riprese i sensi, non riuscì ad alzarsi. Si rese conto d’essere paralizzato ma pensò si trattasse di qualcosa di temporaneo. Ed ricorda ciò che accadde poi all’ospedale: “Mi dissero che non avrei più camminato!” Era paralizzato dal petto in giù.

“Fui sconvolto quando mio figlio rimase ferito”, ha rammentato il padre di Ed. “Era un giovane sano, ma ora non poteva più camminare. La sua vita si arrestò di punto in bianco”. Ed svolgeva il ministero a tempo pieno, che i testimoni di Geova chiamano servizio di pioniere.

Bill, un altro giovane poco più che ventenne, si divertiva a tuffarsi nelle onde e picchiò la testa contro il basso fondale sabbioso. Sul momento non poté né muoversi né respirare. Grazie agli amici che erano nelle vicinanze Bill non affogò. Tuttavia rimase paralizzato dal collo in giù. Anche a Bill i medici dissero che non avrebbe più camminato.

La prima reazione

“Volevo suicidarmi”, ha confessato Bill, “ma nel letto d’ospedale non potevo”. Bill aveva fatto la guerra del Vietnam e intendeva diventare pilota di aerei. Dopo l’incidente del 1969 tutti i suoi sogni andarono in frantumi e non vedeva nessuna ragione per vivere.

La prima reazione di Ed, quando gli fu detto che sarebbe rimasto paralizzato per tutta la vita, fu diversa. “Non ero scoraggiato, e la ragione era la mia fede nelle promesse di Dio contenute nella Bibbia. Mi rendevo conto che potevo rimanere paralizzato per tutta la mia vita attuale, ma che non lo sarei stato in eterno”. Grazie alla speranza che nutre, da oltre 25 anni Ed riesce egregiamente a far fronte alla sua invalidità.

Accettare la sfida

Bill invece non conosceva le promesse di Dio. Tuttavia un giorno accadde qualcosa che lo spinse a darsi da fare.

Dopo otto mesi di ospedale trascorsi semplicemente vegetando, Bill fu portato sulla sedia a rotelle in un bagno per farsi fare la barba da un infermiere. “Quando mi guardai allo specchio”, disse, “vidi qualcuno che non ero io!”

Bill era stato un uomo robusto di 90 chili alto un metro e ottantacinque, ma ora era ridotto a uno scheletro di soli 40 chili. Si rifiutava di credere che l’immagine riflessa nello specchio fosse la sua. Questo fatto suscitò in lui uno spirito combattivo, che lo spinse ad accettare la sfida della sua invalidità. “Quando si rimane invalidi, il primo anno è quello critico”, dice Bill, “perché è allora che decidi da che parte andrai”.

Far fronte alle difficoltà

Ed non è un tipo nervoso ma ammette d’avere i suoi alti e bassi. “A volte non riesco neppure a fare cose così semplici come allungare una mano per prendere qualcosa”, spiega Ed, “e posso sentirmi depresso”.

Per Bill la difficoltà più grande è vivere con un corpo che ha dei limiti e un cervello che non ne ha. “È come avere una mente che va a razzo e un corpo simile a un carro trainato da buoi”, dice.

Ci sono anche complicazioni fisiche legate alla lesione spinale, come incontinenza rettale e vescicale, piaghe da decubito e disturbi della respirazione. Dal tempo dell’incidente Ed ha sempre avuto disturbi renali e in certi periodi, che durano sei-sette giorni di fila, ha 40 di febbre. Anche il fatto d’essere incontinente è molto frustrante per Bill. Infatti dice: “Non ci si abitua mai ad avere il corpo di un neonato”.

Ed raccomanda a tutti i disabili di essere il più possibile indipendenti. “Sforzatevi in ogni modo di fare da soli”, dice, “e lo farete molto meglio”. Per tale motivo, uscito dall’ospedale, la prima cosa che fece fu di dotare la sua auto di comandi a mano per poter guidare. Ora Ed, nella sua prospera attività di pulizie, usa perfino un furgoncino specialmente attrezzato.

“Cercate di dimenticare che siete disabili”, consiglia Bill, “e vivete la vostra vita meglio che potete. Se non vi comportate da disabili, gli altri non vi tratteranno da disabili”. Bill fa quello che dice. È proprietario di un’attività che gestisce molto bene, si sposta sul suo carrello da golf, sulla sedia a rotelle e con le stampelle.

Cosa si può fare?

Si potrebbe dire che una barriera che il disabile incontra sia nella mente di quelli che non sono disabili. Il modo migliore per rimuovere questa barriera è attraverso la comprensione. I disabili vogliono la stessa considerazione e comprensione che sarebbe mostrata a chi non ha menomazioni fisiche.

Alcuni pare si sentano minacciati o a disagio quando si trovano davanti a qualcuno disabile. Bill dice: “In effetti siamo tutti menomati in qualche modo. Solo che alcuni lo sono più di altri”. I disabili sono soltanto persone che, per esempio, non possono camminare, vedere o sentire come tutti gli altri. È essenziale considerare qualsiasi menomazione come una situazione e vedere la persona nel complesso.

“Sono molto grato a coloro che mi considerano come tutti gli altri”, ha detto Ed. “Guardate me. Non guardate la sedia a rotelle”. Poi ha raccontato un episodio che è capitato a lui e alla moglie in un ristorante: “La cameriera prese prima l’ordinazione di mia moglie e poi chiese a lei, invece che a me, cosa volevo. Non sono sordo! Solo non posso camminare!”

“La maggioranza delle persone vuole mostrare considerazione ai disabili”, spiega Ed, “ma non sanno cosa fare”. Egli consiglia: “La cosa migliore è aspettare e vedere cosa si può fare prima di precipitarsi a fare qualcosa”.

Perciò chiedete prima: “Posso essere utile?” Oppure: “Posso fare qualcosa per rendermi utile?” Non presupponete che chi è disabile voglia il vostro aiuto; forse non lo vuole.

“Il più grande complimento che si possa fare a un disabile”, afferma Bill, “è quello di trattarlo come una persona normale, di avere con lui la stessa relazione che si avrebbe con chiunque altro”. È vero che per alcuni è difficile farlo. Può esserci un barriera mentale o emotiva fra loro e i disabili. Tuttavia, più conosciamo queste persone, meno pensiamo alla loro menomazione.

Ed, che frequenta la stessa congregazione dei testimoni di Geova da molti anni, spiega: “La maggior parte degli amici non mi considera disabile. In effetti, nella nostra attività pubblica di predicazione capita che mi mandino a fare una visita ulteriore in una casa di dieci piani! Allora io torno indietro e dico di mandarci qualcun altro”.

Ed è turbato quando i suoi amici dimenticano i suoi limiti fisici? Al contrario. Infatti racconta: “È meraviglioso quando pensano che non ho bisogno di aiuto. Lo apprezzo, poiché allora sento che per loro non sono disabile, ma una persona normale come tutte le altre”.

Si può trovare aiuto

Recentemente, in molti paesi, si è fatto molto progresso per venire in aiuto di coloro che hanno menomazioni fisiche. È disponibile una vasta schiera di organizzazioni, prodotti e servizi per aiutarli a condurre una vita indipendente. In molti luoghi, per avere informazioni su questi servizi e organizzazioni basta solo consultare l’elenco telefonico del posto.

Molti edifici e locali pubblici sono ora costruiti in modo da consentire l’accesso ai disabili. Alcune linee aeree e agenzie di viaggio offrono tour speciali per i disabili. E oggi i quadriplegici possono spostarsi da soli per mezzo di auto e furgoni appositamente attrezzati.

La tecnologia moderna, che in alcuni casi ha dato la possibilità di scavalcare i nervi lesi, ha permesso a certi paralitici di camminare. Il dott. J. Petrofsky, uno dei primi ricercatori in questo campo, ammette tuttavia che si potrebbero nutrire false speranze riguardo a questo tipo di tecnologia. Alcuni potrebbero arrivare a credere che permetterà a qualsiasi paralitico di camminare di nuovo. “Bisogna essere onesti”, dice il dott. Petrofsky, “e cercare di dire loro esattamente qual è lo stato delle ricerche. Vedete, non guariamo nulla”.

La vera guarigione

Tuttavia, a tempo debito, avrà luogo la vera e definitiva guarigione di tutte le malattie. Questa sicura speranza di poter camminare di nuovo ha sorretto Ed e lo ha aiutato in tutti questi anni a far fronte alla sua invalidità. La Bibbia promette: “Gli occhi dei ciechi saranno aperti, e i medesimi orecchi dei sordi saranno sturati. In quel tempo lo zoppo salterà proprio come fa il cervo, e la lingua del muto griderà di gioia”. — Isaia 35:5, 6.

La guarigione di tutte le malattie avrà luogo proprio qui sulla terra quando il Regno di Dio prenderà il posto del dominio di tutti i governi umani. (Daniele 2:44) In effetti il Regno di Dio, per il quale Cristo insegnò ai suoi seguaci a pregare, introdurrà un nuovo mondo dove si adempirà anche questa promessa della Bibbia: “Nessun residente dirà: ‘Sono malato’”. — Isaia 33:24; Matteo 6:9, 10.

All’epoca del suo incidente Bill non conosceva il significato di queste promesse bibliche, anche se aveva sempre avuto profondo rispetto per la Bibbia. Per cinque anni, dopo che era rimasto infermo, fece un forte uso di droga. “Nel Vietnam avevo fatto uso di droga per sfuggire agli orrori della guerra”, dice, “e in seguito ne feci uso per sopportare la vita sulla sedia a rotelle”.

Nel 1974, tuttavia, con l’aiuto dei testimoni di Geova, Bill si convinse che la Bibbia è verace e che le sue promesse sono attendibili. “Da quel momento in poi”, ha detto, “mi caddero le scaglie dagli occhi!” Sette mesi dopo Bill dedicò la sua vita a Geova Dio, e subito lui e la moglie intrapresero il ministero a tempo pieno come pionieri.

Riflettendo sulle sue passate vicende, Bill ammette che il suo incidente e l’invalidità che esso gli ha procurato sono stati dolorosi. “Ma”, sottolinea, “ci ho guadagnato tanto”. Come fa a dire una cosa del genere?

“Dubito che oggi sarei un vero cristiano se non fosse per la mia invalidità”, spiega. “Prima ero troppo superbo, troppo ambizioso, e probabilmente non sarei rimasto abbastanza a lungo nello stesso posto da accettare il messaggio cristiano”.

Così ora Bill, come Ed, nutre la ferma fiducia che presto, nel nuovo mondo di Dio, potrà di nuovo fare completo uso delle sue membra. E qualsiasi disabile, la cui situazione dovesse apparire disperata, può avere la stessa fede nel potere che ha Dio di guarire. Egli può trarre coraggio ogni giorno da questa convinzione: “So che camminerò di nuovo!” — Da un collaboratore.

[Immagine a pagina 23]

Nonostante la sua invalidità, Ed partecipa appieno al ministero cristiano

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