BIBLIOTECA ONLINE Watchtower
BIBLIOTECA ONLINE
Watchtower
Italiano
  • BIBBIA
  • PUBBLICAZIONI
  • ADUNANZE
  • g96 22/5 pp. 22-23
  • Ci hanno salvato da un lahar!

Nessun video disponibile.

Siamo spiacenti, c’è stato un errore nel caricamento del video.

  • Ci hanno salvato da un lahar!
  • Svegliatevi! 1996
  • Sottotitoli
  • Vedi anche
  • Inizia la terribile prova
  • Tratti in salvo, finalmente!
  • I lahar, conseguenza disastrosa dell’eruzione del Pinatubo
    Svegliatevi! 1996
  • Il giorno che piovve sabbia
    Svegliatevi! 1992
  • I lettori ci scrivono
    Svegliatevi! 1997
  • Amore cristiano all’opera durante una calamità in Cile
    Svegliatevi! 1992
Altro
Svegliatevi! 1996
g96 22/5 pp. 22-23

Ci hanno salvato da un lahar!

IL 1º OTTOBRE 1995 fu un giorno diverso da tutti gli altri nella vita della famiglia Garcia. I Garcia sono attivi testimoni di Geova nelle Filippine; la loro casa era situata a Cabalantian, una contrada nel comune di Bacolor, nella provincia di Pampanga. Benché si trovasse nei pressi delle zone a rischio, la loro casa non era stata direttamente toccata dai lahar del Pinatubo. Cabalantian era protetta da dighe fatte costruire dal governo per arrestare l’avanzata del lahar. Ma le cose stavano per cambiare in fretta.

Si era abbattuto un forte uragano, che aveva scaricato sul Pinatubo 216 millimetri di pioggia. Nelle prime ore del mattino squillò il telefono in casa Garcia. Era qualcuno che aveva sbagliato numero, il quale però fece sapere che si era rotta una diga e che la famiglia avrebbe dovuto prepararsi a un’inondazione.

Inizia la terribile prova

Nonato Garcia, il capofamiglia e sorvegliante che presiede della congregazione Villa Rosemarie, narra: “La domenica mattina prima delle cinque l’acqua cominciò a salire intorno alla nostra casa.

“Pensai si trattasse di una semplice inondazione, perciò cominciammo a portare le nostre cose al piano di sopra. Ma in mattinata dopo le dieci vidi che insieme all’acqua c’era il fango del lahar. La colata diventava sempre più alta e più forte, quindi minacciosa, e trascinava con sé dei macigni. Ci arrampicammo sul tetto.

“Più tardi vedemmo auto e anche case trascinate dalla colata. Una casa che era stata colpita da un grosso macigno era crollata e veniva portata via. Il tetto era stato deposto accanto alla nostra casa dal lahar, e su di esso c’erano delle persone. Le chiamai, incoraggiandole a trasferirsi sul tetto della nostra casa. Per farlo si aggrapparono a una fune che lanciammo loro. La fune era legata al mio corpo, e io tirai quelle persone una alla volta dalla nostra parte. Vennero anche altri da altri tetti che stavano per essere sommersi. Nel frattempo continuava a piovere.

“Nel pomeriggio la zona cominciò a essere sorvolata da elicotteri. Ma nessuno scese a trarci in salvo, nonostante ci sbracciassimo per farci notare. Pensammo che c’era gente che stava peggio di noi, e che stavano prima andando a prendere loro. Non pensavo che sarebbero venuti a prenderci subito, perché erano tante le persone in difficoltà sui tetti delle case.

“In una situazione del genere la preghiera è molto importante. Anche quando si è in grave pericolo, dopo aver pregato non si ha più timore. Non pregammo Geova di fare un miracolo ma qualunque cosa fosse la sua volontà, riconoscendo che chiunque può essere colpito da una calamità. Chiesi però forza, coraggio e sapienza. Tutto questo ci aiutò a far fronte alla situazione del momento”.

Carmen, la moglie di Nonato, ne conviene: “Quello che mio marito dice della preghiera è proprio vero. Tendo a sentirmi molto nervosa se mi trovo in una situazione in cui la vita dei miei cari è in pericolo. Quando vidi che il tetto si stava riempiendo di fango e veniva urtato da macigni, dissi a mio marito: ‘Sembra che non ci sia più speranza per noi’. Ma lui mi incoraggiò dicendo: ‘Preghiamo’”.

Nonato continua: “Alle quattro del pomeriggio la colata era ancora molto forte. Grosse pietre urtavano la casa. I detriti del lahar avevano coperto quasi metà del tetto. Cominciai a pensare che presto sarebbe calata la sera e che sarebbe stato molto difficile spostarsi. Perciò mentre era ancora giorno decidemmo di cominciare a muoverci.

“Provai a gettare una sedia nel fango del lahar per vedere se sarebbe affondata, e mi ci sedetti anche sopra, ma non affondò. Allora presi un lungo pezzo di legno per tastare il fango. Lo usai per trovare punti abbastanza duri da poterci camminare sopra. In questo modo, insieme a diversi nostri vicini, potemmo iniziare a farci strada attraverso il fango. Eravamo in tutto 26 persone.

“Ci dirigemmo verso un tetto molto più alto che stava a una certa distanza. Usando il pezzo di legno continuammo a tastare il fango per capire dove potevamo mettere i piedi. Nei tratti in cui era ancora molto morbido andavamo carponi”.

Con le lacrime agli occhi Carmen spiega: “In certi punti eravamo proprio al margine della colata e dovevamo camminare di fianco su una striscia molto stretta. A un certo momento affondai fino al petto e dissi a mio marito: ‘Non posso andare avanti. Sto per morire’. Ma lui mi disse: ‘No, puoi farcela. Alzati’. Con l’aiuto di Geova proseguimmo”.

Nora Mengullo, una parente dei Garcia, aggiunge: “Nei punti in cui era troppo molle per andare carponi, ci spingevamo con i piedi stando sdraiati sulla schiena. A volte affondavamo troppo, ma ci davamo una mano l’un l’altro per tirarci fuori e proseguire, aiutando soprattutto i bambini”.

Tratti in salvo, finalmente!

Nonato prosegue: “Mentre avanzavamo a fatica lungo il bordo del lahar, un elicottero ci sorvolò e vide la nostra situazione precaria: non eravamo su un tetto, ma in mezzo ai detriti del lahar. Una donna del nostro gruppo tenne in alto il suo piccino di otto mesi, sperando che i soccorritori vedessero in che condizioni eravamo. Scesero a prenderci. Facemmo prima andare le donne e i bambini, dato che non potevamo entrarci tutti.

“Infine anche noi fummo raccolti e portati in un campo sfollati. Lì non poterono darci nessun indumento da indossare, sebbene i nostri fossero pieni di fango. Dissi loro che la mia famiglia non sarebbe andata con gli altri nel campo sfollati, ma che volevamo andare in una Sala del Regno. Appena vi giungemmo, ricevemmo immediatamente vestiti, cibo e altri aiuti. Poi vennero altri fratelli della congregazione, e anche loro ci aiutarono”.

Carmen aggiunge: “Anche se non potevamo sperare che giungesse aiuto da altre fonti, sentivamo il calore della nostra fratellanza cristiana”.

Benché la loro casa sia stata coperta dal lahar, è bello sapere che loro e i loro tre bambini, Lovely, Charmy e Charly, sono sopravvissuti a questa terribile prova insieme ad altri Testimoni della zona.

[Immagini a pagina 23]

Il piano superiore della casa dei Garcia parzialmente riportata alla luce

Nonato Garcia con la famiglia davanti alla loro casa sepolta

    Pubblicazioni in italiano (1950-2025)
    Disconnetti
    Accedi
    • Italiano
    • Condividi
    • Impostazioni
    • Copyright © 2025 Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania
    • Condizioni d’uso
    • Informativa sulla privacy
    • Impostazioni privacy
    • JW.ORG
    • Accedi
    Condividi