BIBLIOTECA ONLINE Watchtower
BIBLIOTECA ONLINE
Watchtower
Italiano
  • BIBBIA
  • PUBBLICAZIONI
  • ADUNANZE
  • g97 22/3 pp. 10-13
  • Alla ricerca di soluzioni

Nessun video disponibile.

Siamo spiacenti, c’è stato un errore nel caricamento del video.

  • Alla ricerca di soluzioni
  • Svegliatevi! 1997
  • Sottotitoli
  • Vedi anche
  • Una rivoluzione “verde” ma non troppo
  • Tre passi avanti
  • Investire denaro
  • Utilizzare gli alberi
  • Fare rivivere la terra brulla
  • Come ‘raddrizzare ciò che è curvo’
  • È prossima una soluzione
  • Ombre sulla foresta pluviale
    Svegliatevi! 1997
  • Amazzonia, un punto scottante
    Svegliatevi! 1980
  • Lo scempio delle foreste pluviali
    Svegliatevi! 1998
  • Rinverdire la foresta amazzonica
    Svegliatevi! 2000
Altro
Svegliatevi! 1997
g97 22/3 pp. 10-13

Alla ricerca di soluzioni

“DISCUTENDO dell’ombra”, disse lo scrittore inglese John Lyly, “trascuriamo la sostanza”. Per non cadere in questo errore dovremmo ricordare che le ombre che esistono oggi sulla foresta pluviale non sono che il riflesso di problemi più profondi, e che finché non se ne affronteranno le cause, la distruzione della foresta continuerà. Quali sono queste cause? Le “principali forze che minacciano il futuro dell’Amazzonia”, afferma uno studio sponsorizzato dall’ONU, sono “la povertà e le ingiustizie umane”.

Una rivoluzione “verde” ma non troppo

Secondo alcuni ricercatori, la distruzione della foresta è in parte un effetto collaterale della cosiddetta “rivoluzione verde” che ebbe inizio qualche decennio fa nel Brasile meridionale e centrale. In precedenza, in quelle regioni, migliaia di famiglie di piccoli agricoltori si procuravano da vivere coltivando riso, legumi e patate e allevando qualche capo di bestiame. Poi le loro terre furono inghiottite da enormi coltivazioni di soia condotte con mezzi meccanici e da impianti idroelettrici, e i prodotti locali e il bestiame furono sostituiti da prodotti agricoli destinati a sfamare i paesi industrializzati. Solo tra il 1966 e il 1979 i terreni agricoli riservati ai prodotti di esportazione aumentarono del 182 per cento. Di conseguenza, 11 agricoltori tradizionali su 12 persero la terra e i mezzi di sostentamento. Per loro, la rivoluzione verde ebbe effetti alquanto negativi.

Dove potevano andare questi agricoltori senza terra? Gli uomini politici, non disposti ad affrontare il problema dell’ingiusta distribuzione del terreno nella loro regione, offrirono una soluzione pubblicizzando la regione amazzonica come “una terra senza uomini per uomini senza terra”. Nel giro di un decennio dall’apertura della prima autostrada amazzonica, oltre due milioni di agricoltori poveri provenienti dalle regioni meridionali del Brasile e da quelle nord-orientali colpite dalla siccità e dalla povertà si erano insediati in migliaia di baracche lungo l’autostrada. Quando furono costruite altre strade, altri aspiranti agricoltori si trasferirono in Amazzonia, pronti a trasformare la foresta in terreno agricolo. Ripensando a questi programmi di colonizzazione, i ricercatori dicono che “il bilancio di quasi 50 anni di colonizzazione è negativo”. Povertà e ingiustizie sono state “esportate in Amazzonia”, e in più “nella regione amazzonica si sono creati nuovi problemi”.

Tre passi avanti

Per aiutare a combattere le cause della deforestazione e per migliorare le condizioni di vita degli abitanti della foresta pluviale amazzonica, la Commissione per lo sviluppo e l’ambiente dell’Amazzonia ha pubblicato un documento in cui raccomanda, fra l’altro, che i governi del bacino amazzonico compiano tre passi iniziali. (1) Affrontare i problemi economici e sociali che colpiscono le regioni povere al di fuori della foresta pluviale amazzonica. (2) Utilizzare la foresta che rimane e riutilizzare le aree già disboscate. (3) Eliminare le gravi ingiustizie sociali, che sono la vera causa delle sofferenze umane e della distruzione della foresta. Osserviamo più da vicino questi tre passi.

Investire denaro

Affrontare i problemi socioeconomici. “Uno dei modi più efficaci per ridurre la deforestazione”, osserva la commissione, “è investire denaro in alcune delle zone più povere dei paesi del bacino amazzonico, quelle che costringono gli abitanti ad emigrare in Amazzonia in cerca di un futuro migliore”. Tuttavia, i commissari fanno notare che “questa possibilità è raramente presa in considerazione nei programmi di sviluppo nazionali o regionali o da parte di quei cittadini dei paesi industrializzati che si battono per una drastica riduzione del ritmo di deforestazione dell’Amazzonia”. Ad ogni modo, spiegano gli esperti, se funzionari governativi e governi stranieri preoccupati useranno la loro esperienza e il loro denaro per risolvere problemi come l’insufficiente distribuzione della terra o la povertà nelle città dei paesi intorno all’Amazzonia, rallenteranno il flusso di agricoltori verso l’Amazzonia e contribuiranno a salvare la foresta.

Ma cosa si può fare per i piccoli agricoltori che vivono già in Amazzonia? La loro sopravvivenza dipende dal coltivare un terreno inadatto all’agricoltura.

Utilizzare gli alberi

Utilizzare e riutilizzare la foresta. “Le foreste tropicali sono troppo sfruttate e poco utilizzate. Da questo paradosso dipende la loro salvezza”, afferma The Disappearing Forests (Foreste che scompaiono), una pubblicazione dell’ONU. Anziché sfruttare le foreste abbattendole, dicono gli esperti, l’uomo dovrebbe utilizzarle estraendone o raccogliendone i prodotti, come frutti, noci, oli, gomma, essenze, piante medicinali e altri prodotti naturali. Si dice che questi prodotti rappresentino “qualcosa come il 90 per cento del valore economico della foresta”.

Doug Daly, del Giardino Botanico di New York, spiega perché ritiene che nello sfruttamento delle foreste sarebbe sensato passare dalla distruzione all’estrazione: “Questo tranquillizza il governo: non si vedono più sparire dal mercato grosse fette di Amazzonia. . . . Può provvedere un’occupazione che permetterà alla gente di vivere e lavorare, e salva la foresta. È molto difficile trovare qualcosa di negativo da dire al riguardo”. — Wildlife Conservation.

In effetti, conservando la foresta per utilizzarne gli alberi si migliorano le condizioni di vita dei suoi abitanti. Alcuni ricercatori di Belém, nel Brasile settentrionale, hanno calcolato, ad esempio, che trasformando un ettaro di foresta in pascolo si ricava un profitto di soli 25 dollari l’anno. Perciò, solo per guadagnare lo stipendio mensile minimo per il Brasile, un uomo dovrebbe lavorare 48 ettari di pascolo e possedere 16 capi di bestiame. Tuttavia, secondo la rivista Veja, un aspirante allevatore potrebbe guadagnare molto di più raccogliendo i prodotti naturali della foresta. E la varietà di prodotti in attesa di essere raccolti è straordinaria, dice il biologo Charles Clement. “Ci sono decine di piante da coltivare a fini alimentari, centinaia di tipi di frutta, resine e oli da trattare e raccogliere”, aggiunge il dott. Clement. “Ma il problema è che l’uomo deve imparare che la foresta è la fonte della ricchezza anziché un ostacolo all’arricchire”.

Fare rivivere la terra brulla

Sviluppo economico e conservazione dell’ambiente possono andare di pari passo, afferma João Ferraz, un ricercatore brasiliano. “Guardate quanta foresta è già stata distrutta. Non c’è bisogno di abbattere altra foresta vergine. Piuttosto, possiamo ricuperare e riutilizzare le aree già deforestate e degradate”. E nella regione amazzonica il terreno degradato abbonda.

Alla fine degli anni ’60 il governo cominciò a concedere ingenti sussidi per incoraggiare i grandi investitori a trasformare la foresta in pascolo. Questi lo fecero, ma come spiega il dott. Ferraz, “dopo sei anni i pascoli erano degradati. In seguito, quando tutti capirono che era stato un grosso errore, i grandi proprietari terrieri dissero: ‘OK, i soldi che abbiamo ricevuto dal governo ci bastano’, e se ne andarono”. Il risultato? “Circa [200.000 chilometri quadrati] di pascoli abbandonati stanno inaridendo”.

Oggi, però, ricercatori come Ferraz stanno trovando nuovi modi per utilizzare questi terreni degradati. Quali? Alcuni anni fa piantarono 320.000 pianticelle di noce dell’Amazzonia in un allevamento di bovini abbandonato. Oggi quelle pianticelle sono alberi e stanno portando frutto. Visto che gli alberi crescono in fretta e provvedono anche un legno pregiato, ora in diverse parti del bacino amazzonico si piantano pianticelle di noce dell’Amazzonia su tratti di terreno disboscato. Estrarre prodotti, insegnare agli agricoltori a piantare piante perenni, adottare sistemi per raccogliere la legna senza danneggiare la foresta e ricuperare i terreni degradati sono, a detta degli esperti, alternative illuminate che possono permettere alla foresta di continuare ad esistere. — Vedi il riquadro “Lavorano per la conservazione”.

Tuttavia, dicono i funzionari, per salvare le foreste non basta trasformare i terreni degradati. Bisogna trasformare la natura umana.

Come ‘raddrizzare ciò che è curvo’

Eliminare le ingiustizie. Le ingiustizie e le violazioni dei diritti altrui sono spesso causate dall’avidità. E come osservò l’antico filosofo Seneca, “all’avidità non basta nemmeno tutta la natura”, compresa la vasta foresta pluviale amazzonica.

In contrasto con gli agricoltori poveri dell’Amazzonia, latifondisti e industriali stanno spogliando la foresta per gonfiare il proprio portafoglio. Secondo gli esperti anche i paesi occidentali sono da biasimare per l’appoggio che danno alle motoseghe all’opera in Amazzonia. Un gruppo di ricercatori tedeschi è giunto alla conclusione che “i paesi ricchi e industrializzati . . . sono responsabili in notevole misura dei danni ambientali già esistenti”. La Commissione per lo sviluppo e l’ambiente dell’Amazzonia afferma che per salvare l’Amazzonia è indispensabile “una nuova etica globale, un’etica che produca un modello di sviluppo migliore, basato sulla solidarietà umana e sulla giustizia”.

Le nuvole di fumo che continuano ad alzarsi dall’Amazzonia, però, ricordano che, nonostante l’impegno di uomini e donne di tutto il mondo che sono sensibili alle questioni ambientali, trasformare idee illuminate in realtà è difficile quanto afferrare il fumo. Perché?

Vizi come l’avidità hanno radici profonde nel tessuto della società umana, molto più profonde delle radici che gli alberi dell’Amazzonia affondano nel suolo della foresta. Anche se a livello individuale dovremmo fare il possibile per contribuire a salvare le foreste, non è realistico aspettarsi che gli uomini, per quanto sinceri, riescano a sradicare le cause profonde e intricate della distruzione delle foreste. Ciò che disse circa tremila anni fa l’antico re Salomone, un saggio osservatore della natura umana, continua ad essere vero. Con i semplici sforzi umani, “ciò che è fatto curvo non si può fare diritto”. (Ecclesiaste 1:15) Analogamente, un proverbio portoghese dice: “O pau que nasce torto, morre torto” (L’albero che nasce storto muore storto). Nondimeno, le foreste pluviali di tutto il mondo hanno un futuro. Perché?

È prossima una soluzione

Circa un secolo fa lo scrittore brasiliano Euclides da Cunha rimase così colpito dall’enorme abbondanza di forme di vita presenti in Amazzonia che definì la foresta “una pagina inedita e contemporanea della Genesi”. E per quanto l’uomo abbia insozzato e strappato questa “pagina”, ciò che resta dell’Amazzonia è ancora, per usare le parole del rapporto Amazonia Without Myths (Amazzonia senza miti), “un simbolo nostalgico della terra così com’era all’epoca della Creazione”. Ma ancora per quanto?

Riflettete: La foresta pluviale amazzonica e le altre foreste pluviali del mondo dimostrano l’esistenza, per usare le parole di Da Cunha, di “un’intelligenza ineguagliabile”. Dalle radici alle foglie, gli alberi della foresta dichiarano di essere l’opera di un architetto magistrale. Stando così le cose, questo grande Architetto permetterà forse agli uomini avidi di spazzare via le foreste pluviali e rovinare la terra? Una profezia della Bibbia risponde a questa domanda con un tonante no! Essa dice: “Le nazioni si adirarono, e venne l’ira tua [di Dio], e il tempo fissato . . . di ridurre in rovina quelli che rovinano la terra”. — Rivelazione (Apocalisse) 11:18.

Notate che questa profezia ci dice che il Creatore non solo risolverà il problema alla radice eliminando le persone avide, ma lo farà nel nostro tempo. Perché possiamo dirlo? Ebbene, la profezia dice che Dio sarebbe intervenuto in un tempo in cui l’uomo avrebbe ‘rovinato’ la terra. Quando queste parole furono messe per iscritto, quasi duemila anni fa, l’uomo non aveva né la consistenza numerica né i mezzi per fare questo. Ma le cose sono cambiate. “Per la prima volta nella storia”, fa notare un libro sull’argomento, “l’umanità è in grado di distruggere le basi della propria sopravvivenza non solo in singole regioni o in singoli settori, ma su scala mondiale”. — Protecting the Tropical Forests—A High-Priority International Task (Proteggere le foreste tropicali: Un obiettivo internazionale prioritario).

Il “tempo fissato” in cui il Creatore agirà contro “quelli che rovinano la terra” è vicino. La foresta tropicale amazzonica e altri ecosistemi in pericolo hanno un futuro. Lo garantisce il Creatore, e questo non è un mito, ma una realtà.

[Riquadro a pagina 13]

Lavorano per la conservazione

Un’area di quasi 400.000 metri quadrati di lussureggiante foresta secondaria nella città brasiliana di Manaus, nell’Amazzonia centrale, ospita i vari uffici dell’INPA, l’Istituto Nazionale per le Ricerche in Amazzonia. Questa istituzione, che esiste da 42 anni e conta 13 diversi dipartimenti che si interessano di tutto, dall’ecologia alla selvicoltura alla salute umana, è la più grande organizzazione di ricerca della regione. Essa ospita inoltre una delle più ricche collezioni del mondo di piante, pesci, rettili, anfibi, mammiferi, uccelli e insetti dell’Amazzonia. Il lavoro dei 280 ricercatori dell’istituto aiuta a capire meglio i complessi legami che esistono fra gli ecosistemi amazzonici. Chi visita questo istituto ne esce con un senso di ottimismo. Nonostante gli ostacoli di natura burocratica e politica, scienziati brasiliani e stranieri si sono rimboccati le maniche e si sono messi al lavoro per salvare il fiore all’occhiello delle foreste pluviali di tutto il mondo: l’Amazzonia.

[Immagine a pagina 10]

Una strada nella foresta per il trasporto del legname

[Immagini a pagina 11]

Prodotti della foresta pluviale: frutta, noci, oli, gomma e molto di più

[Fonte]

J. van Leeuwen, INPA-CPCA, Manaus, Brazil

    Pubblicazioni in italiano (1950-2025)
    Disconnetti
    Accedi
    • Italiano
    • Condividi
    • Impostazioni
    • Copyright © 2025 Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania
    • Condizioni d’uso
    • Informativa sulla privacy
    • Impostazioni privacy
    • JW.ORG
    • Accedi
    Condividi